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Autore: E42Pres    14/08/2012    2 recensioni
Storia a tematica Gay, ossia una BoyxBoy, ambientata in Germania, o meglio nelle prigionie della Germania. 1940, un periodo di grande caos per l'America, tanto che i soldati tedeschi riescono a far prigioniero un mitragliere americano, Baker. Quest'ultimo viene affidato a Fisher, fuciliere tedesco, che si occupa di far parlare a qualsiasi costo il nemico. Ma con il passare dei giorni, rischia di provare qualcosa per l'americano, tanto che si deprime ogni giorno di più, sentendo rimorsi divorargli il petto.
Genere: Erotico, Guerra, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Germania. 1940, Giovedì.

Ci furono troppe persone coinvolte nel massacro di qualche giorno precedente. L’America era a completo vantaggio rispetto alla Germania e ben presto il Paese, sarebbe stato ridotto in un cumulo di macerie. Gli ordini del Sergente tedesco erano stati ben precisi: fare fuori qualsiasi cosa che si fosse mossa e tenere a bada il ragazzo. Fisher, soldato della germania, si sedette sul letto della stanza, osservandola come se non l’avesse mai vista prima d’ora. Era un fedele soldato del Sergente, ma anche un ragazzo che disubbidiva agli ordini impartiti.
Aveva su una ventina d’anni, giovane per un lavoro del genere. Un ragazzo particolarmente affascinante e ammirato da tutti per certi suoi “lavoretti”.
Da poco si era affezionato ad un ragazzo nemico, dell’America, prigioniero della base tedesca, cui doveva affidarsi per tirargli fuori dalla lingua, per così dire, tutti i segreti della base americana.
La stanza in cui alloggiavano era spoglia. All’interno c’era solamente un letto, un armadio e un piccolo bagno, anch’esso, mal ridotto. Il muro era di un semplice giallo sporco e appoggiato a quello, c’era il soldato Americano, che lo fissava con un certo odio e distacco.
C’era un inquietante silenzio in quella camera, ma continuò a durare a lungo, dato che nessuno dei due soldati, osò interromperlo.
Baker invece, al contrario di Fisher, era un uomo sulla trentina, alto e con un fascino davvero provocatorio. Entrambi avevano un qualcosa di adulto, con l’unica differenza, che uno era molto più giovane dell’altro. Il sangue di Baker, scorreva lungo la divisa militare verde, scurendosi e mischiandosi con la stoffa, diventando di un colore marrone sporco. Anche il pavimento contribuiva ad assaggiare quel suo sangue, ma ancora, nessuno dei due si decise a rompere il ghiaccio.
Fisher si alzò, avanzando verso di lui, prendendolo per il braccio e stringendoglielo con molta violenza, sbattendolo al muro. La mano che prima afferrò il braccio dell’uomo, andò a posarsi sul suo collo, stringendo anch’esso con violenza.  O parli, o muori, lurida testa di cazzo. Si decise, con un tono che lasciava intendere le sue parole reali. Non era un tipo che si faceva scrupoli di qualcuno, quando poteva, uccideva senza un minimo di ripensamento, divertito nel vedere le sue vittime cadere dal dolore e morire lentamente. Era una scena raccapricciante, ma anche molto bella alla vista del soldato tedesco. L'Americano rimase momentaneamente in silenzio, fissandolo con il suo solito disprezzo e odio, per poi sputargli in faccia, come per dire che mai avrebbe parlato.
Il Tedesco fece una smorfia di disgusto, sbattendolo di più contro al muro e lasciandolo qualche secondo dopo. Era da giorni che parlava senza alcun risultato, da giorni che lo minacciava e lo feriva, ma quest'ultimo non rispondeva mai a tutte quelle provocazioni. Era innervosito, il suo orgoglio stava perdendo di successo per ciò che stava succedendo.  Bestemmiò sotto voce, maledicendolo per l'ennesima volta e togliendosi la maglietta grigia, impregnata di sudore. Avrebbe fatto volentieri anche a meno di interrogare un idiota come quello, o così lo considerava. Avrebbe, invece, preferito andarsene in guerra contro gli Americani e vendicarsi di tutto quello che gli avevano fatto.
Aprì l'anta dell'armadio, guardando le cicatrici e le ferite ancora aperte che aveva sia sulle braccia, che sul busto. Tutti gli anni che passò lì dentro, furono Inferno e Paradiso allo stesso tempo. Malinconia, tristezza, era quello che provava quando rivedeva il suo corpo. Come se non gli appartenesse, come se non lo conoscesse. Avrebbe veramente voluto che fosse stato così, ma invece, il suo Destino era segnato da un enorme libro, cui non poteva cancellare le pagine. Perchè fai la guerra? Il silenzio fu nuovamente interrotto, ma questa volta non era stato il soldato tedesco a parlare, ma Baker. In tre giorni non aveva ancora sentito la sua voce. Aveva solamente comunicato con gesti muti. Fisher rimase in silenzio per qualche secondo, mettendosi una camicia pulita dal colore nero, come i suoi capelli, e girandosi verso l'uomo.  Nessun prigioniero aveva mai osato fargli quella domanda e in realtà, non sapeva nemmeno come rispondere. Abbassò un momento dopo lo sguardo, come se ci stesse realmente riflettendo, ma ancora, la sua mente non osò rispondere. Non sono cazzi che ti riguardano. La sua risposta fu fredda e incisiva, tanto che fece ammutolire tutto ad un tratto Baker, che a fatica, tentò di avanzare verso il tedesco.
Quell'uomo era particolarmente strano agli occhi di Fisher, e dire che aveva avuto molti prigionieri a cui "badare", per così dire, ma nessuno di questi fu così sfacciato da comportarsi in quel modo. Rimase in allerta, stringendo il pugnale che aveva nella fodera in pelle, stretta nella vita, ma non dovette usarla, dato che l'americano, si fermò a pochissimi passi dal letto, al quale si appoggiò, non riuscendo più a reggersi in piedi. Doveva ammettere che un po' gli faceva pena. In fondo era pur sempre un essere umano ma... Scosse il capo lentamente, tra se e se. Non doveva nemmeno pensare a quelle cose. Il Sergente ribatteva ogni volta che L'America è il nemico, noi dobbiamo abbattere il nemico. Un insegnamento duro e senza alcuna legge o pena. Un insegnamento che doveva rimanere impresso nelle fondamenta del cervello e  non dimenticarselo mai. Ma Fisher, non poteva dimenticarsi di quella tarda notte. Era bastata solo una carezza da parte dell'americano e un debole sorriso, che nemmeno ferendosi da solo, riusciva ad eliminare. L'immagine di quella notte insieme a Baker, era visibile come il sole nei suoi occhi, nonostante si comportasse come se nulla fosse, come se tutto quello fosse stato un sogno.

"Non ti avvicinare a me! Urlo, non sapendo come staccarmelo di dosso. Odio quel tipo di vicinanza, non lascio nemmeno avvicinare un cane in questo modo, figuriamoci uno stupido americano! Ma niente, lui continua a venirmi incontro, con quel mezzo sorriso che potevo intravedere la sofferenza e la tristezza. Anche io mi sento spesso così: mi pento di aver fatto scelte così dure, mi pento di aver ucciso persone innocenti, nonostante fossimo nemici. Mi pento di essere quello che sono, odio me stesso, odio gli altri, odio chi mi ha ferito e soprattutto odio chi mi ha creato. Ma questo odio... perchè non può essere ricambiato? Molti sono stati miei prigionieri, molti mi hanno capito, molti hanno percepito ciò che sentivo... Ma per mano mia sono morti, e questo ragazzo di cui non ricordo il nome, sarà il prossimo. Mi lascio andare. Ho deciso, questa notte sarò un essere umano normale, voglio provare che cosa significa esserlo. Sembro quasi un bambino, questi pensieri non sono da me, ma capita spesso... Quando sono in compagnia di una persona, riesco a lasciarmi andare e non comprendo il motivo di questa mia pazzia. L'americano non parla, si limita a dare segni muti, come se lo fosse veramente. Ma quei suoi gesti, per quanto possano essere pericolosi per la mia mente, per il mio corpo sono troppo piacevoli. Non ho mai ricevuto in tutta la mia vita un trattamento del genere, e ora... come se nulla fosse... Sospiro. Non so che cosa fare, come reagire. Riesco solamente a stare fermo, intento a fissare i suoi occhi color azzurro cielo. Non sono un debole, non mi faccio nemmeno sottomettere. Nessuno deve osare toccarmi, ma lui... Il suo tocco mi faceva ricordare tanto quello di una persona. Chiudo gli occhi, rispondendo, anche se rimango immobile. Ho paura di sbagliare. Così mi limito ad accontentarlo e rispondo a quel suo lento bacio. Non mi piacciono le cose sdolcinate, anzi, le odio con tutto il mio cuore, ma ripeto: per una sola notte... Il mio cuore prende un acceleramento impressionante. Le mani dell'americano, vanno a toccare la mia pelle, il mio stomaco. Con un susseguirsi di baci, che lentamente sono sempre più violenti. Bene, questo era un punto a mio favore. Amo la violenza. Le dita del moro vanno a posarsi sui miei capezzoli, stringendoli e torturandoli, facendomi stringere i denti per il nervoso. Non volevo essere sottomesso, non un'altra volta, ma purtroppo così sta succedendo. Il mio respiro diventa affannato, e senza rendermene conto, dalle mie labbra escono gemiti di... piacere. Mi tolse la maglia, buttandola a terra, incurante se accettassi o meno quella sua tortura. Un altro sospiro di piacere. Le sue labbra toccarono il mio petto, scendendo di nuovo, prendendo posto delle sue dita. La sua lingua calda, torturò ancora una volta i miei capezzoli, mentre le mani, andarono con lentezza a togliere la cintura dei miei pantaloni, anch'essa buttandola a terra. Mi chiedo che cosa mi sia saltato in mente. Sono realmente così stupido? Sono un soldato tedesco e me la sto facendo con uno dell'America? Niente, quei pensieri tornarono nel cestino personale del mio cervello, e da solo mi diedi dell'idiota, perchè sì, quello ero. Il suo tatto caldo, andò immediatamente a penetrare all'interno dei boxer, stuzzicando la mia intimità. Trattengo a stento il respiro e mordendomi le labbra, cerco di non gemere. Non voglio dar nessuna soddisfazione a quello stronzo, nemmeno se mi avesse pagato. Inarco leggermente la schiena. Le mie mani stringono le lenzuola verdi militare del letto e le mie labbra questa volta, si serrarono, non lasciando passare alcun suono. Voglio che si fermi, ma non riesco a dirlo. Perchè non ce la faccio? No, basta. Non voglio più chiedermi niente. Oggi voglio essere diverso, nessuno mi vede, nessuno mi ascolta... Sono quasi tutti in missione e voglio sentire solamente ciò che il mio cuore dice. Stringo gli occhi ancora una volta, sentendo la sua mano stuzzicare il mio membro, ogni secondo sempre con più velocità. Nutro un altro senso senso di colpa. Non ce la facevo a vedermi con un uomo, né tanto meno, vedermi fare da un uomo. Ma niente, ancora mi sottometto a quei tocchi, gemendo leggermente e trattenendomi. Quella sua tortura durò svariati minuti. Gli mordo le labbra con violenza, sentendo il sapore del sangue invadere le mie papille gustative. Un attimo dopo, senza rendermene nemmeno conto, vengo nella sua mano. Lui sorride, quasi in modo divertito. Io invece faccio una smorfia di disgusto. Vedo che si leccò le dita e sento un caldo terribile sulle gote. Non mi sono mai sentito in questo modo, come può fare cose talmente imbarazzanti? Rimane in silenzio, non ho ancora sentito la sua voce e devo ammettere che sono davvero curioso. Di nuovo scende con le labbra, sentendo la sua calda lingua ancora una volta sui capezzoli, ma quel piacere -se così può chiamarsi- durò poco, nemmeno il tempo di assaporarlo totalmente, che scende fino al basso ventre. Con l'aiuto della mano sempre sulla mia intimità, inizia a stuzzicare il mio membro, leccandone la punta quasi con avidità. Gemo più forte. Dannazione, devo stare zitto, se mi avessero sentito sarei morto all'istante! Così, ancora, trattengo i gemiti, portandomi una mano dinnanzi alle labbra e tappandola, inarcando sempre di più la schiena, per quel lavoro di bocca che stava facendo. Vedo che sorrise, divertito. Io invece sono piuttosto nervoso. Non capisco che cosa ci sia di divertente in una cosa del genere! Automaticamente gli porto una mano sul capo, stringendo tra le dita i suoi capelli e facendo una pressione sulla sua testa verso il mio membro, ormai voglioso di più attenzioni. Lui mi accontenta, senza fare obiezzioni. Schiude di più le labbra e spinge la sua testa verso il mio membro, sentendo la sua lingua che faceva lo stesso gioco di prima. Troppo piacevole e troppo peccato insieme. Quei minuti passarono velocemente e ancora non ne avevo abbastanza. Sto per venir... Non faccio in tempo a finire la frase, che subito mi precedette. Vengo dentro la sua bocca e nella mente urlo una bestemmia, come il mio solito. L'americano alza la testa, guardandomi quasi con compassione. Odio quel tipo di sguardi, non sono un tipo da elemosina. Si lecca le labbra, soddisfatto per quel suo lavoro e di nuovo ritorna sul mio corpo. La mia mano fa tutto in automatico. Andò a stuzzicare il membro di lui, con velocità, ma non me lo permise. Mi blocca i polsi sul letto, stringendoli con violenza e premendo le sue labbra con le mie allo stesso modo. Cerco di divincolarmi, ma la sua forza è decisamente più grande della mia.Lurido stronzo lasciami andare! Dico ad alta voce, ma senza alcun risultato, come sempre. Purtroppo non riesco nemmeno a muovermi sotto il suo peso e lascio che tutta la sua violenza mi penetrasse. Stringo i denti; nella mente altre bestemmie, mentre cerco invano di liberarmi. I miei gemiti sono coperti da quel suo bacio, e le sue spinte sono sempre più violente, facendomi un male cane. Pensavo che uno come lui fosse delicato nei modi, e invece era un bastardo senza un minimo di grazia. La paga, oh sì se la paga. Inizia a spingere sempre più in fondo, facendomi sussultare sia per il dolore che per il leggerissimo piacere che provavo. Le lacrime escono da sole, senza nemmeno che io le abbia chiamate. E' tutta colpa di quell'imbecille, ma in fondo... è così dannatamente piacevole. Non riesco a parlare, né a dirgli di smetterla. Lo lascio fare, godendomi le sue spinte violente e quella prigionia che mi sono costruito da solo."



  
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