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Autore: wrjms    15/08/2012    2 recensioni
Sconfortato, si rivolse al vecchio che sedeva con John e Lestrade. «Che cosa sarebbe, questo?», chiese alzando l’aggeggio rosso.
Davies pareva sorpreso. «Oh, è il Nintendo di Annie, mia nipote. Deve averlo dimenticato qua l’altro giorno…».
«Una console di videogiochi», aggiunse John, notando il disappunto sul volto del consulente investigativo. A volte gli sembrava proprio che il detective provenisse da un pianeta alieno.
«Si inserisce la schedina nella console e poi si inizia a giocare».
Sherlock osservò di nuovo le cinque scatolette in plastica contenenti le schedine di gioco, colto da nuova curiosità. Enigmi, mmh?
«Può prenderlo con sé, se vuole», borbottò il vecchio Davies. «Annie voleva buttarlo per comprare una nuova versione».
Non avrebbe potuto azzardare proposta più stupida.
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Cross-over, Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I don't have friends. I've just got one.'
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Mai Contestare Sherlock Homes!

«Questa non è casa tua, Sherlock. Un po’ di contegno».
Il consulente investigativo non badò ai rimproveri di Lestrade, continuando a sbirciare ogni anfratto del salotto dell’anziana signora Davies, prima scomparsa e poi ritrovata deceduta la stessa sera inspiegabilmente nella rete fognaria, a due miglia dalla sua abitazione a Waterloo.
Da una seggiola a capotavola dell’ampio tavolo da pranzo, John Watson si mise a fissare l’amico nelle sue strane investigazioni. Questo frugava in ogni cassetto con nonchalance, come se incasinare gli oggetti personali della signora deceduta fosse d’aiuto per il risolvimento del caso. Tuttavia, non aprì bocca per sgridarlo, al corrente che sarebbe stato inutile.
«Allora, Mr. Davies», mormorò al novello vedovo mentre questo versava il tea nelle tazzine. «Ci racconti qualcosa».
Non dirà nulla di diverso di quanto ha detto agli altri agenti di polizia, John, la domanda è inutile, avrebbe voluto replicare il consulente investigativo, ma straordinariamente si trattenne. La sua attenzione gravitò attorno ad una scatolina rosso fuoco, apribile e dotata di due piccoli schermi.
«Mio figlio, mia nuora e mia nipote erano venuti qui per pranzare con noi», iniziò a raccontare Davies, interrompendo le riflessioni di Sherlock. Nella sua voce si leggeva un chiaro rammarico, una desolazione che tardava a scomparire dal cuore del povero marito. «Angela era uscita per comprare il giornale, poco prima che i nostri ospiti arrivassero. Non è più tornata, ecco tutto. Fine della storia».
Sotto alla scatolina rossa Sherlock notò quattro confezioni in plastica, coperte di scritte e con stupidi disegni sul davanti. Sembravano gli schizzi di un bambino, con occhi simili a puntini e tratteggi semplici. Holmes non ci avrebbe prestato molta attenzione se, su ogni scatolina, non fosse risaltata la scritta “più di centotrenta  nuovi enigmi!”.
Enigmi?, si chiese, curioso. Ogni confezione pareva leggerissima, come se fosse vuota; in effetti, aprendone una, non ci trovò che un inutile rettangolino di plastica.
Sconfortato, si rivolse al vecchio che sedeva con John e Lestrade. «Che cosa sarebbe, questo?», chiese alzando l’aggeggio rosso.
Davies parve sorpreso. «Oh, è il Nintendo di Annie, mia nipote. Deve averlo dimenticato qua l’altro giorno…».
«Una console di videogiochi», aggiunse John, notando il disappunto sul volto del consulente investigativo. A volte gli sembrava proprio che il detective provenisse da un pianeta alieno.
«Si inserisce la schedina nella console e poi si inizia a giocare».
Sherlock osservò di nuovo le quattro scatolette in plastica contenenti le schedine di gioco, colto da nuova curiosità. Enigmi, mmh?
«Può prenderlo con sé, se vuole», borbottò il vecchio Davies. «Annie voleva buttarlo per comprare una nuova versione».
Non avrebbe potuto azzardare proposta più stupida.


«Ma che razza di domande sono? E perché vorrei sapere la strada più corta per far arrivare a casa questo idiota?».
«È solo un videogioco, Sherlock, calmati».
Sherlock Holmes spalancò i grandi occhi azzurri e, senza modificare la sua posizione – “sdraiato” sul divano, con i piedi poggiati sullo schienale e la testa penzoloni - lanciò un’occhiata torva al coinquilino, appena entrato nel 221B.
«JOHN! È un’ora che urlo e non mi senti. Il numero dei produttori di questa baggianata, subito».
«Sherlock…».
«Gli enigmi numero 79, 27 e 121 sono scorretti. Non vedi? La ragazzina non può essere sorella di questo moccioso, guarda i fermagli dei suoi capelli!».
Il medico sbuffò e, rilassando la sua postura, si lasciò scivolare sulla poltrona di pelle davanti all’amico. «Lestrade continua a chiedermi del caso. Non credi che dovresti finire il tuo lavoro, Sherlock?».
«Oh, al diavolo quello stupido caso. State solo perdendo tempo, non vedete? È ovvio che è stata la mocciosa ad uccidere la nonna, ma, d’altronde, chi non desidererebbe sfogare i suoi istinti omicidi su qualcuno dopo aver giocato a questa buffonata? Mi fa pena».
A quel punto, Watson lasciò cadere il quotidiano sulle proprie ginocchia. Aveva invano pensato che, dato che l’amico era sempre annoiato, avrebbe potuto allenarsi con qualcosa alla sua altezza. Ma, in effetti, avrebbe dovuto riflettere sulle conseguenze.
Il primo giorno era stato relativamente tranquillo. La console e i videogiochi giacquero per tutto il pomeriggio nella tracolla di John, senza che Sherlock ci prestasse troppa attenzione e curiosità. In realtà, entrambi sembravano aver dimenticato della concessione del signor Davies.
Il medico era andato a dormire tranquillamente, esausto per la giornata d’investigazioni. Per tutta la giornata non aveva fatto altro che ambire il morbido materasso che la notte prima aveva toccato solo per un paio d’ore, e potersi finalmente riposare un po’ era stato una liberazione.
Fino a quando…
Erano le tre del mattino quando John era stato svegliato dalle imprecazioni di Sherlock. Generalmente non si sarebbe preoccupato: non era la prima volta che sentiva il suo coinquilino urlare a squarciagola nel pieno della notte, ma quella volta scattò in piedi all’istante. Non aveva mai udito Sherlock usare un simile turpiloquio, mai.
Un nuovo caso, aveva immaginato. Finalmente aveva trovato qualcosa al di fuori delle sue capacità e si era arrabbiato per non essere riuscito ad arrivare alla conclusione in meno di cinque minuti.
No, invece: scendendo le scale in un moto di curiosità lo aveva trovato steso sul pavimento con la testa sotto un tavolino basso, intento a imprecare contro un oggettino rosso fuoco che illuminava fiocamente il suo viso pallido.
Completamente assurdo.
Sei giorni erano passati ormai da quando aveva acquisito il giocattolino e,  nonostante la disapprovazione che questo provava verso quello che chiamava uno stupido videogioco per mocciosi non lo aveva mai visto impegnato in qualcosa che non fosse risolvere gli enigmi che gli venivano proposti. Aveva già concluso due dei quattro videogiochi, e si apprestava a completarne un terzo. La conclusione della curiosa situazione si verificò proprio la notte fra il sesto e il settimo giorno, precisamente alle due e mezza del mattino.
Questa volta John era stato svegliato dagli spari di una pistola e, incuriosito dal fatto che per la prima volta in una settimana avesse ripreso a sparare al muro, scese di nuovo al piano superiore.
Trovò Sherlock seduto sul pavimento in una posizione stranamente composta, mentre fissava qualcosa bruciare nel camino. La pistola giaceva a pochi metri da lui, abbandonata sotto il divano.
«Che hai fatto?», mormorò John, allucinato, ma il coinquilino continuò a fissare il fuoco.
Fra le fiamme si scorgevano ancora i resti bucherellati della console e delle scatole dei videogiochi.

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Angolo Autrice
Gionbuorno.
Questa storiella mi salta  fuori da un momento di sfaso pomeridiano in seguito al millemillesimo terribile incontro  fra me e i miei videogiochi del caro Professor Layton -  videogiochi che, ovviamente, sono quelli che compaiono nella storia.
Era un po’ che non ci rigiocavo ed era la prima volta che lo facevo da quando avevo visto Sherlock – ebbene si, sono fan solo da un mese della serie! – e improvvisamente mi è balenata in mente l’idea. Premetto che l’ispirazione però ultimamente lascia un po’ a  desiderare, e che questa storia l’ho scritta proprio male. Però non potevo tenermi dentro l’idea, mi piaceva troppo!
Ok, non ho altro da dire. Spero che comunque la storia vi piaccia.
Baci!
WJ

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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