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Autore: onda1965    15/08/2012    8 recensioni
La piccola Astoria Greengrass di quasi cinque anni, già innamorata di Draco Malfoy, gelosissima della sorella più grande Daphne, coetanea del giovane Lord, combina un bel pasticcio con una magia involontaria e "vivacizza" la riunione per il tè della mamma.
Riuscirà a non essere scoperta?
Quale sarà la reazione della sua "Fata Madrina" l'algida e fredda Lady Narcissa Malfoy?
Questa fic ha partecipato all'HP contest "Di pasticci e capricci" su Nocturne Alley.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Astoria Greengrass, Daphne Greengrass, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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«… e Cenrentola sposò il Principe, abitò con lui nel Palazzo Reale e vissero per sempre felici e contenti.»

L'antica fiaba, che affondava le proprie radici nella notte dei tempi, era stata snocciolata dalla Tata della piccola Astoria con voce suadente, mentre, con gesti gentili e misurati, le pettinava i lunghi capelli castani facendoli diventare lisci e luminosi durante la cerimonia della sera, prima della nanna.

La bimba, carina e dai modi di una signorina da bene, malgrado i suoi quasi cinque anni, amava smodatamente quella favola e la faceva ripetere invariabilmente alla giovane Maganò mentre si lasciava accudire.

Non esisteva un testo ufficiale della storia, diffusa in tutto il pianeta, ma ella non tollerava che ne fosse modificato il minimo particolare. Se la ragazza, inavvertitamente, avesse usato anche solo un sinonimo rispetto alla versione raccontata ad Astoria dall'adorato Papà, nonché padrone di Casa Greengrass, la piccola l'avrebbe bloccata immediatamente pretendendo che ricominciasse da capo.

Questo faceva sì che, a volte, quando capitava che la giovane Libby fosse molto stanca e più disattenta del solito, le toccasse raccontare l'antica novella dall'inizio anche per tre volte consecutive.

Quasi un mese prima Rudolph Greengrass, di ritorno da un viaggio d'affari a Venezia, aveva portato alla propria piccina un bellissimo vestito di pizzo fatto a mano, con un'infinità di sottogonne della seta più pura e pregiata, che indossato la facevano somigliare ad una candida bomboniera.

Così agghindata, la bimba era volata tra le braccia del genitore, lo aveva baciato con trasporto sulla guancia e lui, invariabilmente stregato da quella fattucchiera in erba -che aveva rubato il suo cuore di padre e cui non riusciva a negare nulla- l'aveva tratta sulle proprie ginocchia e le aveva raccontato la fiaba di Cenerentola.

In quella storia erano presenti un sacco di personaggi, ma la piccola, come del resto tutte le bambine del mondo, si vedeva nei panni della protagonista, soprattutto se i panni erano quel vestito fantastico che le aveva regalato il suo adorato Papino.

Certo l'affascinava tantissimo anche la figura della fata madrina, forse anche perché al sostantivo “madrina” lei associava la figura splendida ed algida di Lady Narcissa Malfoy, che l'aveva tenuta a battesimo e che raramente faceva visita a Casa Greengrass.

In quelle sporadiche occasioni la bellissima donna era scortata dal marito, un uomo prestante, elegante e gelido, mai sorridente, ma dalla presenza viva anche se silenziosa: uno che non sarebbe mai passato inosservato.

Una volta, per un tè, avevano portato anche il loro erede, il giovane Lord Malfoy, anche lui biondissimo e con gli occhi così chiari da potercisi specchiare dentro.

Certo Draco, così si chiamava il bel figlio della sua madrina, ad Astoria era sembrato proprio un principe come quello della favola.

La sera stessa, non vista dai genitori, li aveva sorpresi a parlare di quanto sarebbe stato “opportuno” che le loro figliolette, da lì a poco tempo, cominciassero a frequentare famiglie di quella levatura, soprattutto in vista del fatto che un giorno avrebbero sposato proprio un giovane di nobile estrazione.

 

Quel pomeriggio la sua mamma avrebbe ricevuto per il tè alcune amiche, tra cui Lady Malfoy, per questo motivo la padrona di casa aveva chiesto a Libby di tenere occupata la piccola Astoria con qualsiasi gioco, purché non disturbasse il loro incontro.

La bambina però non era dello stesso avviso della propria madre: avrebbe infatti voluto partecipare attivamente a quel tè, soprattutto per aver occasione di vedere la propria madrina e per avere da lei notizie di Draco.

Si può solo immaginare il disappunto della piccola quando scoprì che la sorella Daphne, di soli due anni più grande di lei, sarebbe intervenuta a quel consesso, scortata dalla propria istitutrice, anche se solo per salutare molto educatamente e scomparire subito dopo.

Perché Daphne sì e lei no? In fondo anche lei era ben educata ed era sicuramente più carina della sorella ... ebbene sì, lei aveva da un anno un'istitutrice invece che una bambinaia, ma Astoria si sentiva comunque al suo stesso livello.

È un'ingiustizia! Solo a pensarci mi viene una di quelle rabbie ...” disse allora tra sé sbattendo a terra il piedino rivestito dalla preziosa scarpina di vernice bianca.

 

Tra estenuanti richieste alla mamma ed altrettanti capricci con papà, trascorse l'ora del pasto e quella del pisolino, eluso bellamente, e la più giovane erede dei Greengrass era più che mai imbufalita dal non riuscire a spuntarla. Normalmente era una bimba assai ragionevole, ma in quell'occasione si stava dimostrando testarda, quasi caparbia, nel proprio insistere.

Il prezioso pendolo magico avvisò con voce suadente dello scoccare delle quattro del pomeriggio e, con l'ora, arrivarono anche le eleganti ospiti invitate per il tè.

Malgrado la serrata sorveglianza che Libby doveva osservare nei confronti di Astoria, non fu possibile negare alla bambina di osservare l'arrivo delle signore dalla finestra della propria stanza.

Quando Lady Malfoy scese dalla carrozza la sua figura slanciata ed elegantissima, fasciata della più preziosa seta indiana, lavorata nella più famosa casa di moda italiana, si distinse tra tutte le altre: era una donna bellissima e la sua algida sagoma sarebbe stata riconoscibile ovunque, anche da una bimba come la piccola di casa Greengrass.

Tutte le streghe intervenute erano vestite in modo impeccabile, eleganti ed accurate nelle acconciature e nel trucco: chi le avesse incontrate, avrebbe pensato ad un ritrovo dell'alta società, non ad un tè fra amiche.

Durante quegli inviti, ora a casa di una, ora a casa dell'altra gentildonna, si chiacchierava, si spettegolava e si gettavano salde basi per sodalizi tra le famiglie, per intese future in proposito a possibili matrimoni, anche se ancora lontani nel tempo.

Le dame vennero accolte, man mano che arrivarono, nel salotto privato dalla padrona di casa. Essendo in primavera, gli abiti avevano colori pastello come l'azzurro, il rosa, il lilla, il beige … ed i copricapo non avevano ancora le larghe tese caratteristiche del periodo estivo, ma si limitavano a cappellini di stoffe pregiate, alcuni ornati da leggerissime velette.

Quando anche l'ultima signora fu introdotta nella residenza, la bimba si strappò dalla finestra e corse vicino alla propria bambinaia, si chinò in ginocchio abbracciandole le gambe ed alzando su di lei un paio di occhioni disperati.

«Libby, solo tu puoi capirmi … Libby, ti prego, non permettere che mi facciano questa cattiveria» un singhiozzo straziò il torace della piccina, mentre la ragazza, oltremodo imbarazzata, si chinava su di lei per risollevarla dal freddo pavimento «Libby … a me basterebbe solo vederle da dietro la porta della cameretta che dà sul salotto della mamma» due lacrimoni rotolarono sulle guance rosee e vellutate della bambina «ti scongiuro: io sarò buona, non farò alcun rumore, lasciamele guardare di nascosto e io non mi farò scoprire, te lo prometto!»

La giovane Maganò era dispiaciuta, fin nel profondo del proprio essere, dalla scena di dolore improvvisata da Astoria, tanto più che normalmente, a parte la favola della buonanotte, la padroncina era abbastanza tranquilla ed accomodante. Fu così che la bambinaia si lasciò intenerire e portò la bimba a giocare in quella stanza dove spesso le era permesso recarsi, per trascorrere pomeriggi tranquilli in prossimità della mamma che leggeva o chiacchierava nel proprio salotto.

Quando arrivarono in punta di piedi, la giovane socchiuse appena la porta laterale e, dallo spiraglio, fu possibile rimirare, non viste, il tavolo coperto di tazze di ceramica preziosa, piatti di pasticcini e teiere fumanti mantenute alla giusta temperatura da appositi incantesimi.

Le dame non si erano ancora sedute e si sentiva il loro chiacchiericcio provenire dal fondo del salotto, vicino alle finestre che davano sul giardino.

La bimba si ritirò un attimo per cercare qualcosa e Libby, invece, rimase a guardare con una punta d'invidia i preziosi capi d'abbigliamento che le signore indossavano atteggiandosi con studiata urbanità.

Astoria era sicura che lì ci fossero dei giochi, quindi li scovò con l'intenzione di andarsi ad accucciare vicino alla porta ed aspettare lì che le signore si sedessero, per poterle poi ammirare con tranquillità di non essere vista né castigata.

Trovò alcuni contenitori di colori liquidi e fogli di carta su cui aveva intenzione di disegnare direttamente con le mani, così portò tutto vicino alla soglia. Iniziò il proprio disegno: voleva farne uno bellissimo da regalare a Lady Malfoy.

Intanto le signore si stavano lentamente spostando, dopo aver ammirato dall'alto il nuovo progetto di vialetti che i giardinieri avevano realizzato con piante, fiori, sabbie e ciottoli di colori e tonalità diversi.

La piccola era silenziosa ed intenta nel proprio capolavoro e la bambinaia era contenta di poter inaspettatamente osservare così da vicino quel consesso di streghe nobili e ricche.

Dal proprio posto privilegiato di capotavola, proprio di fronte alla porta laterale, Lady Malfoy -mortalmente annoiata dalla deferenza ostentata da parte di tutte le astanti- si accorse che qualcuno aveva socchiuso l'uscio e che due paia di occhi scrutavano l'interno della sala: uno ad altezza adulto, l'altro a pochi palmi da terra. Soffocò abilmente un piccolo sorriso, appena accennato, di cui nessuno infatti si accorse, ma non riuscì ad impedirsi il brillio divertito degli occhi di diamante.

Tutto filò perfettamente, finché la Signora di casa non attirò l'attenzione delle altre gentildonne, e malauguratamente anche della propria secondogenita, per presentare la figlia più grande.

Daphne era stata preparata a dovere al suo ruolo di primogenita, così entrò, seguita dalla propria istitutrice –un'austera strega scozzese di mezza età– fece un leggero inchino ed andò a salutare, una per una, le dame sedute al tavolo.

NO! Non doveva andare così!!!” pensò Astoria corrucciando la piccola fronte “Mamma aveva detto che Daphne avrebbe fatto solo un saluto, non che avrebbe dato la mano e parlato con ogni signora … questo significa che parlerà anche con LEI!

I pensieri si affollavano nella giovane mente, spingendosi e rincorrendosi, uno più insidioso dell'altro, uno la consecuzione inevitabile dell'altro. “E se parlerà con LEI, mi porterà via il MIO Principe e questo non può succedere: il Principe è MIO e di nessun'altra!”

Il primo istinto fu quello di uscire dal proprio nascondiglio e di andare a stazzonare il bel vestito della sorella, macchiandolo magari di tutti i colori che stava usando per il disegno ... ma l'avrebbero fermata, ne era sicura, per prima Libby e poi gli elfi: non sarebbe riuscita a fare tre passi in quella stanza.

Le veniva una di quelle rabbie!!!!

Senza che la bimba ne avesse coscienza -né lei, né tanto meno la povera bambinaia intenta ad osservare le acconciature- i colori liquidi si suddivisero in mille goccioline che presero a librarsi a mezz'aria, sospinte dall'ondata di rabbia, e conseguente magia involontaria, generate da Astoria.

Le stille di tempera migrarono nell'ampia stanza fino a sorvolare il tavolo dov'erano sedute le amiche con la mamma … LA SUA MAMMA CHE LE AVEVA RACCONTATO UNA BUGIA!!!!

Gli occhi della bimba si chiusero furibondi e le innumerevoli gocce di colore caddero improvvisamente come uno spruzzo di coriandoli sulla mamma traditrice, sulla sorella usurpatrice che voleva rubarle il SUO Principe, su tutte le dame sedute ... su tutte tranne che su Lady Malfoy.

La reazione fu immediata: in tutta la sala si sollevò un subitaneo starnazzare proteste, alcune delle astanti si lamentarono in modo non proprio signorile dell'accaduto e la padrona di casa restò basita ed incapace di reagire.

Gli elfi domestici intervennero immediatamente, castando delicatissimi incantesimi di pulizia, per evitare di rovinare irrimediabilmente gli abiti preziosi.

In tutto quel baccano, Lady Malfoy, rimasta miracolosamente illesa, si spostò inosservata verso la porta che aveva visto aprirsi e poi repentinamente richiudersi, nel momento della pioggia colorata. Entrò nella stanza laterale e vi trovò la povera bambinaia Magonò, che nulla avrebbe potuto fare per evitare la magia della bimba, e la piccola stessa, ancora con le mani sporche di tempera.

Certo l'algida donna forse non sarebbe stata tanto magnanima nei confronti della sventata servitrice e della terribile bambina se fosse stata vittima dei colori, ma fortunatamente non era andata così.

Quindi, nascondendo il proprio divertimento per l'inaspettato siparietto, si rivolse alla propria figlioccia «Tu sei Astoria, vero?» iniziò sorprendendo le due clandestine «o mi sbaglio?»

Libby non ebbe il cuore di parlare, cadde invece in ginocchio singhiozzando con le mani sul viso. La bimba, invece, improvvisò una riverenza e poi rispose:

«Sì, madam, sono io …» poi nascose le mani ancora sporche di colore dietro la schiena continuando impettita «e quello che è successo non è colpa mia.»

«Oh, so quanto possano essere impertinenti i contenitori di colore: mai una volta che sappiano stare al loro posto ...» sogghignò la donna con finta aria comprensiva «vorresti chiedermi qualcosa?» azzardò poi vedendo che la piccina non stava più nella pelle dall'emozione.

«Beh … io volevo chiedervi come sta il Principe, vostro figlio» osò Astoria.

«Molto bene, grazie» le diede corda la Lady «ma Draco non è un Principe, diverrà Lord, quando sarà grande ...»

«Oh, non importa» la bloccò la bambina impudente «Principe, Lord … non m'importa un gran ché, l'importante è che lo sposi io e non quella svergognata di mia sorella!!!» concluse utilizzando quella parola “svergognata” che aveva sentito pronunciare dai genitori in un contesto sicuramente negativo, di cui non conosceva il senso, nella speranza comunque che fosse sufficientemente dispregiativo.

L'algida Narcissa non riuscì più a trattenersi dall'ilarità e, lasciando trasparire un inusuale quanto raro sorriso, agitò la bacchetta sussurrando un incantesimo che pulì la bimba, il pavimento, la bambinaia sventurata, e fece sparire i contenitori di colore.

Poi si chinò a baciare la piccola sulle guance e a stringerla a sé con inaspettata tenerezza. Ci sarebbe voluta una piccola donna di polso come quella accanto al suo Draco, pensò.

«Ora scomparite velocemente da qui e … noi non ci siamo mai viste, d'accoro?» concluse con uno sguardo complice verso la bambina e uno severo verso la poco astuta Maganò.

Si risollevò in tutta la propria statura, con una mano guantata eliminò un'invisibile piega dal proprio abito e si diresse verso il salotto -dove ancora regnava lo scompiglio– richiudendosi alle spalle la porta della stanza laterale, come se nulla fosse accaduto.

  
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