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Autore: Pendragon of the Elves    16/08/2012    1 recensioni
Dedicata con tutto il cuore ad Hamber of the Elves
"A volte ci indispettiamo, e penso che non so perché siamo vicine, perché continuiamo a vederci, a parlarci: penso che ci detestiamo. Ma poi si sistema tutto e penso…
…che non possiamo fare a meno di essere amiche.
A volte, sballottata dal ricordo dei nostri alti e bassi, come una nave smarrita in una tempesta, temo e spero che riesca a durare, che continui così, anche se momenti belli si alternano a momenti brutti. Se c’è una cosa che ho capito in tutti questi anni, è che ogni momento buio all’ombra dei cavalloni della tempesta non è mai sprecato se, sulla cresta dell’onda, la luce è così intensa. Vale la pena vivere momenti brutti se poi posso godermi questo sole assieme a te.
A volte, anche se riesco a farmi detestare, so che ti voglio troppo bene per ferirti davvero, che sei troppo importante per me per lasciarti alla deriva. Perché senza di te sono una naufraga, una spiaggia senza mare, perché la mia vita sarebbe un oceano di vuoto.
Perché tu sei mia amica e sarò sempre al tuo fianco."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'll always be by your side, my friend
 

 





 

San

 
Mi ricordo…
…di ogni giorno trascorso al porto ad aspettarti,
…di tutti i momenti passati assieme,
…di tutti i discorsi, di tutti i litigi,
…di tutte le risate, di tutte le lacrime che abbiamo condiviso.
A volte mi dimentico…
…di come ci siamo conosciute,
…dei nostri primi momenti assieme,
…delle prime cose che ci siamo dette,
…della prima impressione che mi hai fatto.
A volte ci indispettiamo, e penso che non so perché siamo vicine, non so perché continuiamo a vederci, a parlarci: penso che a volte ci detestiamo proprio. Ma poi si sistema tutto, come sempre, e penso…
…che forse non possiamo fare a meno di essere amiche.
A volte, sballottata dal ricordo dei nostri alti e bassi, come una nave smarrita in una tempesta, temo e spero che questo riesca a durare, che continui così, anche se momenti belli si alternano a momenti brutti. In fondo, se c’è una cosa che ho capito in tutti questi anni, è che ogni momento buio all’ombra dei cavalloni della tempesta non è mai uno spreco se, sulla cresta dell’onda, la luce è così intensa. A volte vale la pena vivere momenti brutti se poi posso godermi questo sole assieme a te.
A volte, anche se so che riesco a farmi detestare, so che ti voglio troppo bene per ferirti davvero, so che sei troppo importante per me per lasciarti alla deriva. Perché senza di te sono una naufraga, sono una spiaggia senza mare; perché senza di te la mia vita sarebbe un oceano di vuoto.
Perché tu sei mia amica e sarò sempre al tuo fianco.
 
 

Il vento odoroso di salsedine le accarezzava il viso mentre l’ostacolo impetuoso dell’oceano si infrangeva sotto la sua figura immobile, in piedi sulla prua come se fosse una polena. E, in quel momento, sembrava proprio una sirena marina, così circondata da gabbiani e incorniciata dagli spuzzi delle onde infrante, anche se non poteva rendersene conto. In quel momento, era davvero bellissima, coi capelli al vento salato e i baci del sole su tutta la pelle, anche se non le importava.
Non si era mai curata molto di come appariva, forse per qualche sorta di strano orgoglio o una celata timidezza -nascosta comunque per orgoglio- o per il timore di apparire brutta. In ogni caso, la sua modestia era esagerata. Magari, se solo si fosse guardata un po’ meglio, avrebbe potuto fugare ogni dubbio.
Teneva una bandana ostinatamente legata attorno alla fronte sulla quale sfuggivano poche ciocche ribelli, bionde come l’oro. Il caldo umido -che aveva sempre sofferto moltissimo- del clima l’aveva costretta in quelle ultime settimane, anche se di malavoglia, ad indossare una canottiera, leggera ed aderente, stretta in vita da un rozzo nodo in modo che scoprisse la pancia. Il rigonfiamento fiacco, che veniva solitamente a crearsi, era generosamente riempito dall’ampio seno che lei cercava costantemente -ed inutilmente- di nascondere. L’estate ardente e i vestiti che le procurava il capitano fugavano purtroppo ogni suo tentativo di farlo passare inosservato. Il capitano non glie l’aveva mai detto, onde evitare dolorose conseguenze, ma le procurava apposta vestiti più femminili di quanto lei stessa avrebbe desiderato perché riteneva il risultato visivo parecchio apprezzabile, nonché grande motivo di buon umore nel resto della ciurma. Nessuno aveva mai provato a toccarla o le aveva mai avanzato proposte indecenti: lei era, anche se non ufficialmente, il vice-capitano di quella nave, e poi… quell’ampio petto aiutava a conferirle, assieme alle sue spalle e gambe robuste, un aspetto severo e importate. Senza contare che nessuno desiderava morire giovane e per mano di una ragazza.
C’era una sola persona al mondo che potesse azzardare commenti del genere ed uscirne illesa ma non si trovava su quella nave.
San aprì gli occhi, sorridendo, interrompendo il suo silenzioso calcolo delle miglia percorse. Si congratulò silenziosamente con se stessa quando, scrutando l’orizzonte terso, scorse la sottile linea della costa che si delineava in lontananza, a separare il cielo dal il mare.
Il vento era favorevole, la nave filava veloce sulla superfice dell’acqua, sollevando leggeri spruzzi mentre la prua robusta infrangeva le onde. Il mare scivolava placido sotto di loro come se li stesse accogliendo cordialmente verso terra. Ben presto, la  linea curva e scura della terra si fece più distinta: cominciarono a delinearsi le montagne, poi le colline, poi, prese a biancheggiare una città, con le sue alte torri bianche che parevano quasi delle vele spiegate al sole.
San rimase immobile, man mano che si distinguevano sempre più particolari, man mano che la terra si avvicinava: sembrava quasi fosse lei a venire loro incontro a dargli il benvenuto. Si sentiva felice: avvertiva l’odore di casa nell’aria.
Alla fine, vennero avvolti dal bianco abbraccio del porto e gli uomini cominciarono le manovre di attracco e a sbraitare.
Lei ignorò tutto quel trambusto ed un sorriso a trentadue denti le illuminò il viso quando, alla fine, scorse su un pontile una piccola, sfumata, figura azzurra.
 
«Saaaan!», si sbracciava la ragazza, «Saaan! Qui! Da questa parte!».
«Ti ho vista, pazza! Smettila di turbare la quiete pubblica!», urlò a sua volta, ridendo, col risultato di far ammutolire, mortificata, l’amica.
Quando la nave attraccò, San balzò giù con un salto sul pontile facendo risuonare il legno. Alzò la testa sorridendo e guardò la ragazza ferma di fronte a lei.
Anche lei vestiva con un paio di pantaloni corti e una canottiera azzurra, anche se non le donava allo stesso modo e ondeggiava attorno alla sua figura più asciutta e più povera di forme. Teneva i capelli scuri sciolti sulle spalle a incorniciare il viso come un cespuglio di rovi scarmigliati che il vento strapazzava allegramente. Stava lì a piedi scalzi, torturandosi, forse inconsciamente, le mani: per qualche strano motivo, sembrava che, in qualsiasi punto si trovassero, fossero fuori posto. Si protendeva timidamente davanti, come indecisa su come muoversi, ma i suoi occhi neri comunicavano tutta la felicità che il sorriso impacciato non riuscivano a esprimere.
«Sono tornata, Mai!».
«Lo vedo!», sorrise la ragazza, prendendola per le mani, «Oh! Ti sei abbronzata tantissimo!».
«Oh, dici? Non me ne sono accorta…», fece guardandosi le braccia e le gambe.
«E guarda come sei vestita!», Mai aveva gli occhi che brillavano, «sembri così donna!».
Ecco l’unica persona al mondo che poteva permettersi di farglielo notare senza dolorose e spiacevoli conseguenze.
«Tsk, lascia perdere!», fece con una nota di insofferenza nella voce, «è il capitano che mi procura questi vestiti indecenti…».
«È un grand’uomo!», esclamò, «È riuscito a fare quello che io ho tentato inutilmente per anni e anni… Oh, hai perfino un orecchino!».
«Sì, sono stata costretta a metterlo: serve per identificarci tra compagni…».
I compagni di San erano pirati. La ragazza fin da piccola sognava le meravigliose gioie della vita per mare e della navigazione, delle avventure. Divenire un pirata era stato il suo più grande sogno da sempre: non le importava di quanto immorali si diceva che fossero, lei li vedeva come coraggiosi avventurieri del mare, con gli occhi sempre puntati all’orizzonte verso nuovi, entusiasmanti viaggi o la ricerca di qualche favoloso tesoro. Vagabondi senza un posto fisso, senza bisogno di una casa, perché la loro casa era l’immenso oceano, e senza leggi, perché le leggi degli uomini non avevano valore tra i capricci del vento e delle onde. Per lei i pirati erano un simbolo di libertà e, anche se la pensava diversamente e storceva il naso, anche Mai era affascinata dal modo in cui ne parlava l’amica, e dal mondo turchino e dorato che le sue parole dipingevano.
Mentre, alla fine, San era riuscita a coronare il suo sogno e si era arruolata su una nave pirata, Mai non l’aveva seguita, ed era rimasta a terra ad aspettarla. Tanto, la loro città era un posto sicuro, anche se era anche un sicuro porto dove le navi pirata potevano fare rifornimento. Si poteva dire che la città viveva più con le ricchezze portate da questi che con la pesca, svogliatamente praticata nel golfo.
«Su, non credo che il capitano voglia fermarsi per più di un paio di giorni: portami a casa e vediamo di far fruttare il tempo a nostra disposizione… Così posso cambiarmi e indossare qualcosa di decente!».
«Eh? No! Io volevo vederti indossare altri degli abiti che ti ha dato il capitano!».
«Neanche per idea: dovrò cambiare anche quelli alla prima occasione!».
«Cattiva!», Mai mise il broncio.
«No: giusta. E ora andiamo a casa che ho fame: ti va se prepariamo una torta?».
«Andata».
E si allontanarono dal porto ridendo e scherzando come se nulla fosse, come se si fossero vista solamente il giorno prima e non fossero passati mesi.
 

  
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