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Autore: altemaree    16/08/2012    4 recensioni
. Avevo sei anni quando vidi per la prima volta il mare e non ricordo di avere amato qualcosa più di esso nella mia stessa vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi porto lentamente nel terrazzo, affacciandomi oltre la ringhiera, osservando il mare. Avevo sei anni quando vidi per la prima volta il mare e non ricordo di avere amato qualcosa più di esso nella mia stessa vita. Io sono il mare. Io sono le onde che si gettano contro gli scogli abbandonando la loro forma per diventare spuma e poi aria , io sono in quell’aria.
Il sole sta per scavarsi uno spazio tra le verdi colline e sulla pelle aspetto paziente che il gelido e tagliente vento mi accarezzi le gote rosee.
Socchiudo gli occhi e aspetto. Con l’avanzare dei gabbiani vicino al mio faro arriva anche il vento , che mi taglia la carne attraverso la debole vestaglia. Nonostante avessi sperato in un tocco più delicato affondo in quel freddo, confidando in una reazione migliore, domani. Sono portata a pensare che il vento non ti è amico se si è troppo altezzosi da pensare che ti sarà amico fin da subito. Assomiglia ai gatti, il vento. Giorno dopo giorno attendevo l’alba sul mio terrazzo, nella mia vecchia casa, sperando nelle carezze del vento, ricevendo invece scariche gelide, che sembravano migliorare giorno dopo giorno. Ero pronta ad ascoltare il rumore del vento e delle onde suicide. 
Mio nonno morì quando ero ancora giovane, quasi non lo conobbi . Ma essendo la sua unica nipote mi lasciò la casa del faro nella piccola isola di Panarea. O meglio, la lasciò a mio padre, che arrivato ad una certa età lasciò a me. Non la voleva, mio padre, la piccola isola nel mare della Sicilia, diceva che ci abitavano genti di paese rozze e crude , persone che non voleva che incontrassi. Mi chiedevo allora come potesse affermare ciò non essendo mai stato da quelle parti, ma lui era da sempre rimasto su quella posizione e ben presto abbandonai l’intento di portarlo nella casa del faro. Quando anche mio padre passò a miglior vita non rimanevano che io e mia madre . Lei decise di rimanere nella casa della sua infanzia, a rimpiangere i giorni felici con mio padre, ma io presi la ferma decisione di scappare da tutto quella tristezza e venire a vivere a Panarea, nella casa del faro.
Rientro nella mia piccola camera da letto. Sono arrivata circa tre anni fa , qui a Panarea.
Il faro e tutto il piccolo villaggio di case attorno era ridotto male quando sono arrivata, e lo è anche adesso, non che sia cambiato qualcosa, eppure io lo vedo diverso. Ogni giorno c’è una nuova crepa sul muro della cucina, o un bambino che è nato nella notte. Qualcosa di nuovo c’è sempre.
   
 
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