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Autore: Firelight_    16/08/2012    4 recensioni
Un attimo prima, tutto ciò che Harry desidera è che la sua vita finisca; un attimo dopo, ogni fibra dei suoi pensieri è concentrata sulla pelle di Louis Tomlinson contro la propria.
[Louis/Harry; slash]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Sorriso.
Genere: Introspettivo; romantico.
Rating: Giallo.
Parole: 882.

 




Quando Harry si risvegliò, si rese conto di essere steso su un letto di ospedale, e la prima cosa che gli venne da pensare fu: Perché sono ancora vivo?
Man mano che i secondi passavano e gli attraversavano svelti la mente, si ritrovò a ricordare con estrema precisione quel che l’aveva portato fin lì.
Il giorno prima si era recato nella farmacia dell’angolo, quella incastonata dietro al vicolo del Bronx – dove, da un anno a quella parte, lui risiedeva – e aveva attaccato bottone con l’unica farmacista di turno in quel pomeriggio sonnacchioso. Harry sapeva come affascinare gli altri, era una qualità che gli era da sempre propria, e dopo diversi minuti di spudorata adulazione e serrate lusinghe l’aveva baciata sulla bocca, senza esitazione alcuna.
Lei non l’aveva rifiutato – chi mai avrebbe respinto quell’angelico demonio che era Harry Edward Styles? – e lui, suadente, si era intrufolato dietro il bancone e le aveva sussurrato di chiudere gli occhi.
Mentre le sfiorava il corpo con le dita, con l’altra mano era riuscito a raggiungere e trafugare alcune scatoline impilate sugli scaffali alle sue spalle e infine, correndo veloce sulle lunghe gambe, se l’era filata, il bottino al sicuro nella tasca della giacca.
Non si era fermato per diversi isolati, almeno finché il fianco non aveva cominciato a fargli male, e a quel punto si era lasciato cadere su una panchina, controllando che nel cortile non ci fosse nessuno. Così, sotto il cielo plumbeo e triste di New York, aveva aperto quelle famigerate scatoline bianche e aveva ingoiato una pillola dopo l’altra, il sangue e il cuore che pulsavano fortissimi, come a dirgli per l’ultima volta addio.
Poi, tutto era diventato sconnesso: conati di vomito, fitte lancinanti e dolore, che gli dava la sensazione di starsi accartocciando su se stesso. Dopo un’attesa che gli era sembrata infinita, tutto era diventato buio, il che gli aveva fatto sperare nella tanto sospirata fine.
Dunque, perché si trovava lì, in quel letto d’ospedale, con un’etichetta di tentato suicidio cucita nei pensieri?
“Temevo che non ti saresti più svegliato”.
Harry sobbalzò visibilmente, mettendo a fuoco l’asettica stanza intorno a sé e individuando una figura seduta poco lontano da lui.
“Cosa?” gracchiò, la voce arrochita e fievole e la gola che bruciava.
Riuscì a distinguere degli abiti stravaganti, un paio d’occhi luminosi e un sorriso accecante che, non appena lo vide, lo mandò in stato confusionale.
“Non avresti dovuto farlo”.
Osservò per un po’ lo sconosciuto, analizzando la sua voce squillante ma calma e il tono ammonitore. Chi si credeva di essere per giudicarlo in quel modo?
“E tu chi saresti per dirlo?” sbottò, con le poche forze che aveva.
Il ragazzo scosse il capo e si alzò in piedi, per poi andare a sedersi sul bordo del letto; a quella vicinanza, Harry cominciò a sentirsi lievemente a disagio.
“Sono stato io a trovarti e chiamare i soccorsi” si passò una mano sulla nuca “Non avevi un gran bell’aspetto. Non che adesso sembri nel pieno della salute, ma almeno sono sicuro di non star cercando di aiutare un cadavere”.
L’ultima parola lo fece rabbrividire.
“Non volevo essere salvato” riuscì a dire il riccio “Volevo morire. Hai solamente rovinato tutto”.
Il giovane lo ignorò e, del tutto inaspettatamente, avvicinò una mano al suo viso e cominciò ad accarezzarlo delicatamente, con inimitabile dolcezza.
Harry non riuscì a non socchiudere gli occhi a quel contatto, beandosi della sua pelle liscia e fresca sulla propria.
“Diciotto anni sono pochi per farla finita, Harry” asserì con pacata fermezza.
“Come fai a…?”
“Il tuo documento di identità” lo anticipò questi “Ce l’avevi nella tasca dei jeans”.
“Dimmi il tuo nome” mormorò Harry, stentando a mantenere la lucidità a causa della carezza che gli percorreva il volto.
“Louis. Mi chiamo Louis”.
Il riccio fece un piccolo cenno con il capo, sfinito, maledicendo e ringraziando Louis per ciò che aveva fatto.
“Avresti dovuto lasciarmi languire” biascicò, le parole che tremavano e si confondevano fra i denti.
“Non puoi arrenderti: sento che in te c’è talmente tanto che ti offusca la vista, così da impedirti di vederlo. Ma, ti prego, quando sarai uscito di qui non cercare di nuovo di porre fine a tutto; non puoi privare il mondo di te”.
Harry era profondamente sorpreso. Il cuore – sì, aveva ancora un cuore pulsante! – gli batteva forte nel petto, scuotendosi e sbatacchiando.
“Come puoi dire questo?”
Louis si chinò di lui, immergendo i propri occhi nei suoi, riversando quella cascata di cobalto nelle sue iridi verdi e disperate.
“Lo so, e non ti permetterò di rovinare te stesso”.
“Tu… tu non mi conosci” farfugliò il più piccolo “Non hai motivo di  metterti in mezzo in qualcosa che…”
Non riuscì a proseguire nel suo caotico discorso, perché il castano premette con forza le labbra sulle sue, cancellando ogni rimpianto.
Fu un semplice bacio a fior di labbra, uno sfioramento leggero di pelle contro pelle, ma prima di separarsi da lui Louis gli passò lentamente la lingua sul labbro inferiore, per catturare un po’ della sua morbida fragranza.
“Forse non ti conosco, hai ragione” concesse, con uno sguardo indimenticabile “ma imparerò a farlo; imparerò tutto ciò che vorrai, e non importa quanto tempo occorrerà”.
Harry era senza parole e – per la prima volta dopo troppi mesi di crudele agonia – sorrise, dimenticando il resto.

 
 











Autrice:

Sono di nuovo qui!
Allora, non ho voglia di rileggere ciò che ho scritto perché so che in questo modo perderei la voglia di postarlo, e ho pochissimo tempo a disposizione: c’ho i panni da stendere, la cena da preparare e un’ispirazione da resuscitare. E in più devo aiutare mia sorella con della roba per l’università (che poi, cosa dovrei saperne io, che sono al liceo?)
Ma non siamo qui per parlare della mia desolante vita – è mai possibile avere l’influenza in agosto, con 40 gradi fuori?
Non so da dove sia uscita questa brevissima one shot Larry, ma dato che ne ho già scritte due e oggi è la mia unica possibilità di pubblicare qualcosa per un po’ di tempo, mi sono decisa a farlo. Obiettivamente sono abbastanza convinta che non abbia senso e che non valga affatto la pena di averla letta, però sono di malumore (nah, quando mai?) e non mi va molto di star qui a blaterare.
Spero soltanto che vi sia piaciuta – siete seriamente dei lettori stupendi, non so come dirvelo! – e che mi lascerete una piccola recensione.
Tenete d’occhio il mio account, perché quasi certamente entro stasera arriverà una nuova one shot ;) un’altra Larry, ma stavolta rossa: non dico altro.
A prestissimo, un bacio!
 
firelight_
 
ps. solito poscritto rompipalle: cagate un po’ le altre mie patetiche storie, su <3
 
pps. Vi state chiedendo se continuerò la Ziall? Lettori di poca fede, certo che sì! Abbiate pazienza, e vedrete che il terzo atto arriverà il prima possibile c:
   
 
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