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Autore: Tilly_moonlight    16/08/2012    0 recensioni
Non voglio dirvi molto su questa storia, solo che è una One-shot e che l'ho scritta ispirandomi al video della canzone "Concrete Angel" di Martina McBride. Spero che, se prendete la decisione di leggerla, non rimaniate delusi!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Seduta sopra ad una panchina lurida, fissava il mondo con due occhi spenti. Non aveva quella solita luce nello sguardo, tipica di una bambina. Non aveva quel sorriso birichino stampato sulle labbra. La piccola era indifferente alla vita che le stava intorno e non si mosse, né cambiò espressione, nemmeno quando al parco arrivò il gelataio. Sapeva che non poteva comprarsene uno, perché le sue tasche erano vuote come il suo cuore. Presto il sole sarebbe scomparso e lei sapeva che non aveva più tempo. Doveva tornare a casa, da quella donna cattiva che l’aveva messa al mondo per farla soffrire. Piangeva, la piccola, mentre camminava verso l’abitazione, ma sapeva che doveva asciugarsi quelle lacrime amare perché non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Come ogni giorno, davanti alla porta di casa, l’attendeva quella strega, con due occhi già pieni di rabbia. L’afferrò per un braccio e la trascinò con forza dentro. Cominciò ad urlare e a strattonarla. Si era sporcata il vestitino che indossava da tre giorni e questo bastò a scatenare l’ira della madre. Trattenne le lacrime: sapeva che la donna si sarebbe arrabbiata ancora di più. Trattenne le urla di dolore, quando il suo volto candido fu colpito da uno schiaffo violento: ne sarebbero susseguiti di più. Doveva stare immobile e aspettare che quella tortura quotidiana finisse, ma quella sera sembrava più lunga. La donna doveva essere più ubriaca del solito e cominciava a diventare difficile trattenersi dal ribellarsi. Chiuse gli occhi, stanca per tutte le botte che aveva preso e che continuava a ricevere, miste ad insulti velenosi. Avrebbe dovuto giocare, essere felice, piangere per le ferite che si procurava da sola, mangiare gelati, cantare e colorare, lei che era solo una bambina, desiderava tutto ciò più dell’aria che respirava. Si lasciò andare a quei bei pensieri, giusti per una bimba, innocenti e candidi come la vita dei bambini dovrebbe essere. Se si concentrava riusciva a sentire la musichetta del gelataio di quel pomeriggio e quasi non percepiva quelle rozze mani che la toccavano. La bambina da quel giorno, ogni volta che rincasava, ripeteva quella sorta di rituale e così fu per anni, finché, quella che prima era solo una bimba, diventò una ragazza decisa a porre fine a quella storia. Un giorno, mente litigavano in cucina, la polizia fece irruzione nella casa e ammanettò quel mostro di donna, sotto gli occhi freddi della figlia. La giovane sapeva che quello avrebbe significato Assistenti Sociali, non aveva nessun’ altro lei, ma tutto era meglio in confronto a quello strazio di vita.


Sei anni dopo, una ventiduenne dal passato incancellabile, era seduta su una panchina di un parco. La ragazza non era sola, non più ormai. Era con un ragazzo di qualche anno più grande di lei, che la stringeva a se con fare dolce e protettivo. Lui era tutto per lei e lei per lui. Erano soli al mondo, con un passato in comune ed ora che si erano ritrovati potevano essere una famiglia vera, fatta d’amore. Il ragazzo, tanto simile ad un angelo, posò le sue labbra su quelle della ragazza, che finalmente era libera di vivere e di sorridere. Il suo cuore vuoto si era riempito d’amore, i suoi occhi freddi si erano scaldati con la più potente scintilla: quella degli innamorati. La tasca le vibrò, così prese il telefono e rispose curiosa. Una voce gentile le diceva che una donna all’ ospedale chiedeva di lei, secondo quest’ ultima era meglio andarla a trovare presto perché la paziente non era in buone condizioni. La ragazza sapeva di chi si trattava e inevitabilmente si rabbuiò. In quel momento, al parco, comparve un furgoncino bianco, accompagnato da una musichetta molto familiare per la ragazza. Una folla di bambini corse nella direzione del gelataio, accompagnata da madri felici. “ Mi dispiace, ma credo che non riuscirò a venire. Le dica che sono impegnata a vivere la mia vita. Buona giornata!” Si alzò stringendo la mano del suo amato che la guardava rassicurandola col solo accenno di un sorriso. Ormai si capivano solo incrociando i loro sguardi. Arrivarono davanti al furgoncino e comprarono due enormi gelati. Se li gustarono chiacchierando allegramente e ridendo nel vedere tutti quei bambini divorare coppe intere sotto gli occhi leggermente indispettiti delle loro madri.

Dopo cinque mesi, i due ragazzi erano davanti ad un cancello nero. “ Sicura di voler andare da sola?” le chiese lui gentile. “ Si…e poi non sono sola, ricordi?” disse sorridendogli e mettendo due mani amorevoli sulla pancia appena tonda. Lui le baciò la fronte e si chinò all’ altezza della sua pancia.“ Dai forza alla mamma” sussurrò dolce. Sorridente, la ragazza si avviò tra le numerose lapidi di marmo bianco, finché non trovò quella che cercava. La fissò un po’ di tempo, stringendo la rosa bianca che aveva in mano, poi sospirò. “ Di solito qui si dicono parole dolci” disse alla foto raffigurante la madre, “ ma io non posso dedicarti parole dolci. Avrei voluto, credimi, ma tu non me lo hai permesso. “ Hai rovinato tutto ciò che poteva avere di bello il nostro rapporto. Hai trattato tua figlia come neanche le bestie fanno” disse con voce spezzata. Ad un tratto tutte le lacrime trattenute negli anni parvero riempirgli gli occhi, ma non smise di parlare. Se davvero esisteva un Aldilà e i morti potevano sentire quello che dicevano i vivi, allora quella donna avrebbe dovuto sentire le parole rimaste dentro il cuore di quella giovane ragazza. “ Non sai quello che mi hai fatto provare, quanto mi hai fatto soffrire! Ma ora capisco che ti devo ringraziare di una cosa, perché nella tua sporca esistenza una cosa buona l’hai fatta: mi hai fatto capire come non bisogna diventare. Io sono e sarò il tuo esatto opposto. Mi sono sposata un mese fa con un uomo meraviglioso e porto in grembo il frutto del nostro amore sincero e puro. Sai una cosa? Sono felice che non potrà mai conoscerti”. Si asciugò le ultime lacrime e tirò su con il naso. Buttò sulla lapide la rosa bianca. “ Questo credo che sarà l’unico fiore che riceverai. Io non verrò mai più in questo posto. Addio mamma!”,concluse con tono glaciale. Si pulì meglio il viso e uscì di lì più forte di prima. Sorrise al suo angelo che l’accolse tra le sue calde braccia e il sorriso tornò sul suo volto. “ Dai, andiamo a casa nostra. Comincia a far freddo!” disse lei, afferrandogli la mano. “ Che ne dici se mentre accendo il fuoco tu ordini una pizza?” propose il giovane mentre raggiungevano l’auto. “ Dico che è davvero un’ ottima idea” rispose lei raggiante. Così i due ragazzi cominciarono a costruire mattone per mattone la loro famiglia. Anche se avevano dovuto lottare con le unghie e con i denti per prendersi quello che gli spettava, alla fine ce l’avevano fatta, avevano raggiunto il loro obbiettivo che un tempo era stato un desiderio irrealizzabile: essere felici. ____________________________________________________________________________________________________________________________ NOTA DELL’ AUTRICE: spero che questo breve racconto vi piaccia perché io l’ho scritto davvero immedesimandomi nei personaggi a me molto lontani. Devo dire che mi ha ispirato il video della canzone “Concrete Angel” di Martina McBride: l’ho visto pochi giorni fa e il finale mi aveva intristito, così ho deciso di scrivere una storia simile ma con un lieto fine che non fa mai male a nessuno…se vi è piaciuta recensite please! Anche se dovete criticarmi o evidenziare degli errori che mi sono sfuggiti! ;)
xoxo Tilly

  
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