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Autore: elizabeth88    17/08/2012    0 recensioni
Lotta interiore tra bene e male presa in considerazione attraverso il personaggio di Draco Malfoy. Un raccontino piccino picciò che non vuole essere niente di impegnativo o ambizioso...:)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarebbe stato un bellissimo bambino di otto anni, se fra le sue caratteristiche peculiari non vi fosse stata un’eterna espressione corrucciata, che lo dipingeva più snob e superbo di quanto non fosse in realtà. Un visino di porcellana sormontato da morbidi boccoli dorati, profondi occhi azzurri e un tenero nasino all’insù, il tutto guastato da un paio di labbra ostinatamente serrate e dal mento perennemente sollevato verso l’alto. Del resto, la sua era tra le più prestigiose famiglie dell’intero mondo magico, si aspettavano che mantenesse una certa durezza d’animo e la consapevolezza di valere molto di più dei suoi coetanei di rango inferiore. Ma non era sempre stato così per il piccolo Draco Malfoy.
Fino a non molti anni prima, manifestava un carattere mite e altruista, gli importava ben poco del denaro, del potere o della sua posizione al vertice delle classi sociali. Ricordava ancora il legame di fratellanza che si era creato con i figli dei domestici di Villa Malfoy, l’intenso e affettuoso rapporto materno, le risate e la gioia che facevano dei suoi primi anni, i più felici della sua vita.

- Dov’è il mio piccolo Draco? Dove mai si sarà nascosto?- si interrogò ad alta voce Narcissa Malfoy, mentre esplorava la cameretta del figlio a grandi passi, fingendo di non aver visto il paio di vispi piedini che facevano capolino da sotto una pesante tenda di velluto verde smeraldo. A quei tempo il piccolo Malfoy aveva circa tre anni.
- Oh cielo! Se non lo trovo sarò costretta a tempestare gli Auror di gufi…come potrei vivere senza il mio principino? – a questo punto la donna, recitava la parte della madre disperata, il momento che Draco preferiva, infatti:
- Eccomi mamma, sono qui! – urlò il bimbo apparendo dal suo nascondiglio come un prestigiatore provetto e sfoderando il più dolce dei sorrisi proseguì – No paura! Draco non va via senza mamma Cissa! -.
La donna lo abbracciò e gli schioccò sonori baci sul visino, Draco si lasciava coccolare mentre affondava le manine nei lunghi capelli color platino di Narcissa e aspirava estasiato fragranza di rosa e muschio, il profumo preferito della madre.
Una voce fredda e tagliente come una lama di ghiaccio, congelò quell’istante di tenerezza:
- Ma bene Narcissa, se vuoi che tuo figlio diventi uno smidollato o un collezionista di…margheritine, stai facendo davvero un lavoro eccellente!- il bimbo ingenuamente rispose allegro:
- Maritine per mamma Cissa! Belle! – sfoderò il migliore dei suoi sorrisi e puntò la manina paffuta verso l’inflessibile e severo padre, che sibilò ancor più duramente:
- Certamente, come ho fatto a non pensarci prima, MARITINE! Draco sarai il miglior sciocco che sia mai esistito, un adorabile ed inetto amico dei Babbani! -.
- LUCIUS non dire così, ha solo tre anni! Come puoi trattare tuo figlio in questa maniera?! – reagì Narcissa con la ferocia di una leonessa che difendeva il proprio cucciolo.
L’uomo gettò uno sguardo sprezzante alla donna e poi si soffermò sul piccolo, i due si osservarono per parecchi istanti, prima che il padre si girasse e lentamente abbandonasse la stanza. Draco tratteneva inutilmente i grossi lacrimoni che scivolando sulle sue delicate guance, lo inondavano di umiliazione. Lucius, di spalle, sorrideva maligno.


Ricordava quel giorno come se fosse appena trascorso, il primo momento in cui aveva sentito qualcosa smuovergli lo stomaco e una Voce che gli sussurrava dentro la testa. Quella Voce era simile alla sua, ma allo stesso tempo somigliava a quella del padre. Quella era la Voce del rancore.
Mentre sedeva a gambe incrociate, come un esotico principino indiano, Draco rifletteva su ciò che era accaduto quella mattina. Stava giocando con Quincy, il figlio del giardiniere di Villa Malfoy, l’unico amico che gli era rimasto, il solo che capiva e sopportava i suoi cambi d’umore, che lo trasformavano in un arrogante dalla lingua tagliente e Draco gli voleva molto bene.

Una cruenta battaglia di cuscini si stava svolgendo nella camera da letto dei genitori di Draco, per decretare chi fosse il miglior mago di tutti i tempi.
I due ragazzini lanciavano i loro soffici proiettili, sghignazzando vittoriosi ogni qualvolta uno dei due veniva centrato. Come tutti i maschietti della loro età, prendevano un gioco di guerra seriamente, la competizione li trascinava ad attacchi sempre più animati e rischiosi.
Durante uno di questi attacchi Draco, che era appena stato centrato sul sedere da un antico cuscino ricamato da chissà quale ava dal nome altisonante, si era lanciato da dietro un cassettone di mogano e aveva scagliato un missile in direzione di Quincy. Purtroppo il cuscino aveva mancato e il bersaglio e si era scontrato con un antico vaso di porcellana, che abbelliva la camera matrimoniale di quella casa da innumerevoli generazioni.
I due si immobilizzarono pietrificati, osservando il prezioso vaso che compiva due pericolose oscillazioni ed infine si fracassava sul pavimento, infrangendosi in migliaia di schegge. Quincy fissava Draco negli occhi:
- Questa volta ti ammazza! Mi sa che sei in guai seri! –
Draco stava ancora fissando i pezzi del vaso sparsi lungo tutto il pavimento della stanza, non si era nemmeno accorto di tremare, il suo compagno di giochi riprese:
- Non abbatterti! Possiamo dire che è stato un incidente, che non l’hai fatto di proposito! - .
Il ragazzino biondo fulminò con lo sguardo il suo amico e vomitò in un fiume di parole:
- Non l’ho fatto di PROPOSITO?! Ma ti sei bevuto il cervello, mio padre me la farà pagare! Se pensi che mi perdonerà perché è stato un incidente, allora sei più stupido di quello che pensavo! - .
Quincy lanciò a Draco uno sguardo scocciato, sapeva bene che il suo amico possedeva un bel caratterino, ma quando si trattava di suo padre rasentava il limite del sopportabile.
- Forse è meglio se ti lascio solo, devi sbollire un po! Vado ad aiutare papà, a dopo! – così dicendo il ragazzo si allontanò dal luogo del misfatto, tra l’irritato e il dispiaciuto.


Questi erano i fatti e Draco non era ancora riuscito ad inventare una scusa plausibile per evitare una punizione, inoltre una strana sensazione lo disturbava, confondendogli le idee già piuttosto annebbiate.
Immagini di tempi migliori gli apparivano davanti agli occhi cerulei, in un momento decisamente poco consono, quasi a volergli ricordare l’inesorabilità del tempo. Ricordava momenti trascorsi con il suo giovane amico, i periodi difficili in cui era stato consolato e le gioie che avevano condiviso, ma non si trattava solo di questo.
C’era qualcosa che grattava insistentemente per affiorare in superficie, come una bolla d’aria formatasi nelle profondità delle acque, che lottava disperatamente per fuoriuscire allo scoperto. Iniziava a pensare che se si trovavano in camera dei genitori di Draco quella mattina, dopo tutto era colpa di Quincy; Lucius non tollerava quel cameratismo tra suo figlio e quello di un domestico e di conseguenza i ragazzi erano costretti a vedersi lontano dagli inclementi occhi del genitore.
“Se Quincy non fosse così inferiore a me a quest’ora il vaso si troverebbe ancora integro al suo posto e poi bell’amico che mi molla in una situazione del genere invece di sostenermi! Forse dopotutto papà ha ragione, i domestici sono solo domestici, non hanno le stesse responsabilità di una famiglia nobile e non sono altro che canaglie da domare!”
L’erede Malfoy non si era nemmeno reso conto del ghigno che gli era comparso, storpiava il paffuto viso angelico e lo tramutava in una maschera diabolica.
“Ma che dico? Quincy ha sempre cercato di essere un buon amico, la colpa è solo mia! Non capisco che mi è preso!” ma lo sapeva bene cosa gli era preso e conosceva la causa di quel modo di ragionare così incoerente e discordante. La Voce, il rancore.
Quello che lo tormentava ogni volta che riceveva un rimprovero dal padre, che lo spingeva ad essere arrogante ed insensibile verso il prossimo, che lo accecava e lo rendeva incapace di ascoltare il proprio cuore.
TOC-TOC.
Due leggeri colpi all’uscio arrivavano ad interrompere la sua lotta interiore, si trattava di Urfen, uno dei tanti elfi domestici che lavoravano alla villa.
- Padroncino Malfoy, mi rammarica enormemente disturbarla, ma padron Lucius mi ha incaricato di accompagnarla presso il suo studio! – detto questo, l’elfo fece il più profondo inchino che Draco avesse mai visto.
I ragazzo si alzò e senza proferire verbo, fece un cenno al servo e si incamminò davanti ad esso, come un condannato che si trascinava al patibolo.

Narcissa, era presente al colloquio e sedeva su una poltrona di velluto blu, mentre osservava intensamente il figlio cercando di trasmettergli un po’ di fermezza.
- Notevole Draco! In pochi istanti di totale mancanza di senno e assoluta abbondanza di stupidità, sei riuscito a mandare in frantumi un vaso di valore inestimabile! Perché sei stato tu, non è vero ragazzo? – l’interrogatorio di Lucius era appena cominciato e già la Voce risuonava incalzante nella mente di Draco.
Draco strizzò nervosamente gli occhi e cercò di scacciare quell’intruso che pretendeva di averla vinta su di lui e sulla sua capacità di riflettere.
Il giovane lanciò un brevissimo sguardo alla madre e si rivolse subito al padre, cercò di mostrarsi deciso, ma tutto ciò che ottenne fu un debole:
- M-mi dispiace…è stato un incidente, io e Quincy stavamo giocan… - non terminò la frase:
- Tu e Quincy!? Il figlio del…giardiniere!? – il tono era decisamente sprezzante – Stai forse suggerendo un diverso svolgimento dei fatti? Devi essere più chiaro se vuoi che la gente ti ascolti, tira fuori un minimo di carattere per la miseria! Comportati come un Malfoy e non come una ridicola caricatura di esso! – comandò il capofamiglia.
Ed ecco la Voce che si imponeva con maggiore insistenza tra i suoi pensieri:
“Caricatura?! Io sono l’unico figlio di questa famiglia, colui che un giorno sarà padrone assoluto di tutto quello che mi circonda, che diritto ha di trattarmi così?
Vuole che gli dimostri quello che so fare? Bene, devo solo dire che…”

“No! Non posso fare una cosa del genere, cosa mi sta succedendo? Questa Voce non mi lascia pensare, non posso decidere se…” le sue riflessioni furono nuovamente interrotte dalla Voce:
“Pensi che tutto sia suddiviso fra giusto o sbagliato? SCIOCCO! Esiste un’infinita quantità di sfumature, tutto è lecito! Specialmente se si tratta di autoconservazione!”
Il ragazzo si portò una mano alla testa e sfregò con energia la tempia sinistra, sapeva di trovarsi su una linea di confine, l’unica incertezza era quanto sarebbe sopravvissuta la sua sanità mentale nell’attesa che una delle due parti vincesse la faida che lo divorava.
“È semplice, non essere inetto! Devi solamente dire una parolina e sarai libero…”
- Quincy – disse il ragazzo. Il padre, impiegando un tono falsamente basito, lo interrogò:
- Non credo di aver compreso…Quincy? – il ragazzo proseguì:
- È stato Quincy! Lui ha rotto il vaso, era in camera vostra, l’ha urtato e l’ha distrutto! -.
Il silenzio calò nello studio. Narcissa tristemente si alzò dalla poltrona e si posizionò di fronte all’ampia finestra che dava sul cortile interno dell’edificio.
Lucius trionfante esclamò:
- Quindi è stato quel ragazzo a distruggere il vaso! Provvederò a licenziare il padre, lui e la sua famiglia se ne andranno oggi stesso! Non fare quella faccia Draco, hai fatto un ottimo lavoro, un giorno ti accorgerai di aver preso la decisione giusta! -.

- Hai mentito, ora la mia famiglia non ha di che vivere! Come hai potuto farmi questo Draco?! – Quincy era addolorato, non poteva credere che il suo migliore amico l’avesse tradito, ferendolo come nessuno aveva mai fatto prima di quel momento. I due ragazzi si trovavano in giardino, di fronte all’ingresso di Villa Malfoy, il padre di Quincy era appena stato licenziato. - Io ho dovuto! Mi avrebbe punito! – rispose furente Draco, i sensi di colpa iniziavano a farsi sentire e anche qualcun altro:
“Non ti devi giustificare, è un servo!” poi l’erde Malfoy continuò ad alta voce:
- E poi non ti devo spiegazioni, tuo padre è un giardiniere! – Malfoy lo disse con crudeltà, non riusciva più a sopportare lo sguardo accusatore dell’amico.
- Bene, dato che le cose stanno così, addio Draco! – si incamminò verso le abitazioni dei domestici, poi come colpito da ispirazione si voltò e proseguì:
- Non pensavo che avresti lasciato vincere tuo padre! Così ora sarai infelice per tutta la vita! – e se ne andò, lasciando Draco solo con i suoi pensieri. Le parole dell’amico l’avevano scosso, il dubbio lo stava assalendo:
“Forse dovrei andare a parlargli, forse dovrei scusarmi!” pensò.
-Draco! Vieni in casa figliolo! – la voce del padre risuonò alle spalle del ragazzo, che si voltò con un espressione sbalordita stampata sul volto. Che Draco ricordasse, era la prima volta che suo padre si rivolgeva a lui chiamandolo per quella che era: suo figlio! Raggiunse il padre che gli poggiò saldamente una mano sulla spalla e disse:
- Oggi hai scelto la tua strada ragazzo, la strada di un vero Malfoy! Sono fiero di te! -.
Draco volse lo sguardo verso il padre e annuì solennemente, ma se quella strada l’avrebbe portato ad essere un vero Malfoy, perché aveva la sensazione di aver appena firmato un patto col diavolo?

  
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