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Autore: Lynx__    17/08/2012    1 recensioni
[Seconda classificata al Nove d'amore contest indetto da Lefty su Writers Arena Rewind e Premio Miglior Personaggio]
Michel è uno studente universitario parigino che riesce a pagarsi gli studi lavorando come babysitter. È sempre sorridente e prende la vita con ottimismo e ironia, diversamente da Dèsirèe, una pasticciera, che difficilmente sorride e che crede che la propria vita finirà mentre starà guardando un film sul divano di casa mangiando cibo cinese. A Michel basta un solo sguardo per capire di voler uscire con lei. Il problema è: come farà a rompere la sua armatura d’acciaio?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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[Seconda classificata al Nove d'amore contest indetto da Lefty su Writers Arena Rewind e Premio Miglior Personaggio]


Titolo: Es-tu assez courageux pour briser mon armure d'acier?
Autore: angel_of_darkness_
Rating: Verde
Tipologia: One-shot
Lunghezza:2917 parole
Genere: Romantico
Disclaimer: Personaggi e trama sono una mia creazione e appartengono solo a me. 


Es-tu assez courageux pour briser mon armure d’acier?



Una foglia color mattone cadde sul marciapiede di Rue de Rivoli, per essere poi portata via dal leggero vento autunnale. Michel camminava tranquillamente, tenendo per mano Céline, la bambina a cui faceva da babysitter. Lei mostrava un sorriso raggiante e camminava facendo tintinnare i portachiavi che aveva attaccato alla cartella. Indossava un grembiulino rosa con due tasche davanti, coperto da un cappottino bianco. Ai piedi delle scarpette in vernice,nere.
Una folata di vento le scompigliò i capelli biondi, ornati da un cerchietto rosa.
«Oggi la maestra mi ha cambiato di posto» disse, stringendo ancora più saldamente la mano del ragazzo.
«E perché? Stavi di nuovo chiacchierando mentre lei spiegava?» chiese lui.
La bambina arrossì leggermente, chiudendo per un secondo gli occhi verdi.
«Certo che no! Era Jacques quello che chiacchierava, così la maestra lo ha messo accanto a me perché mi sto comportando bene…»
Michel sorrire, ricordando improvvisamente un particolare molto importante.
«Jacques è il bambino che ti piace, giusto?»
Celine arrossì di nuovo, per poi abbassare lo sguardo.
«Si… vorrei tanto che giocasse con me ogni tanto, invece di stare con gli altri maschi..»
Michel sorrise, pensando che sarebbe stato difficile che Jacques accettasse la corte della compagna di banco.
«Cosa pensi di fare?» le chiese, estremamente curioso.
Celine portò un dito al mento, arricciando le labbra.
«Penso che gli farò un disegno, appena torno a casa» disse, mostrando un sorriso. «Sarà pieno di cuoricini rosa, no, rossi! E ci sarà una scritta gigante “Per Jacques”! Si! E poi tanti fiorellini e stelline! E poi…»
«Ehi, fermati un secondo» la interruppe lui. «Deve essere un disegno, non una sfilata di carnevale!»
La bambina non colse il lato ironico della frase di Michel, ma, intuendo che non fosse una cosa che potesse piacere a Jacques,sospirò.
«Uffa… cosa faccio adesso?»
Michel mise la mano libera nella tasca del jeans scolorito che indossava, scostando leggermente il tessuto del cappotto nero. Spostò lo sguardo verso le vetrine del viale e notò una pasticceria mai vista fino a quel momento.
«Céline, c’era già questa pasticceria?» chiese.
Céline guardò nella direzione indicata dal babysitter e annuì, lasciando che il suo viso si illuminasse dalla felicità.
«La mamma mi ci porta sempre quando non lavora. Fanno delle paste buonissime! E anche i biscotti sono buoni…» disse, saltellando allegramente verso la porta a vetri del negozio.
Michel tentò di portarla via, ma ormai il danno era fatto: la bambina era più che determinata ad avere uno dei bignè con la cioccolata messi in bella vista nella vetrina e Michel non poteva farci niente, tanto che alla fine decise di lasciarle andare la mano.
«Dèsirèe! Dèsirèe! Mi dai un bignè con la crema, per favore?» chiese Céline, avvicinandosi al bancone.
Dietro di esso, voltata di spalle, c’era una ragazza. Stava sistemando delle scatole di biscotti dorate sugli scaffali in ciliegio e non mancò di sorridere nel sentire la voce della piccola amica. Michel si fermò accanto a Céline, prendendola di nuovo per mano. Fu in quel momento che la ragazza si voltò, scrollandosi dal grembiule della farina.
Era poco più bassa di Michel, non troppo magra e con due grandi occhi color nocciola. I capelli neri e ricci erano nascosti dietro una retina bianca.
Salutò Céline con un gesto della mano e mostrandole un grande sorriso.
«Ciao piccola. Non c’è la mamma oggi?» chiese, poggiando i gomiti sul bancone.
«No. Oggi c’è Michel» disse l’altra, indicando con un dito il babysitter.
Il ragazzo squadrò Dèsirèe da capo a piedi e la cosa non piacque molto alla pasticciera. Si voltò, tornando alla collocazione delle scatole sui ripiani, cercando di non dare molto peso allo sguardo penetrante del biondo.
«Quindi tu sei il suo babysitter?»
«Dal lunedì al venerdì» puntualizzò l’altro.
«Questo spiega il perché lei venga con sua madre solo la domenica mattina»
«Dèsirèe, allora mi dai il bignè?» si intromise Céline, piazzando le mani sul vetro de bancone e lasciando quei segni che irritavano a morte i titolari dei negozi.
Dèsirèe fece finta di non aver visto, ma non poté fare a meno di osservare come Michel le aveva preso delicatamente le braccia e l’aveva allontanata, spiegandole dolcemente il suo errore.
«Sembra che voi andiate molto d’accordo» fu l’unica cosa che riuscì a dire.
«Certo! Michel gioca con me anche se voglio fare giochi da femmine! Mi racconta le storie e mi prepara la merenda!»
«Sono contenta» disse, porgendo il bignè alla bambina, che lo addentò non appena lo ebbe tra le mani.



Dèsirèe si tolse il grembiule, sospirando rumorosamente. Quella sera le aspettava uno di quei noiosissimi dibattiti in televisione e cucina cinese da asporto. Magari, se fosse stata fortunata, avrebbe trovato anche una confezione di gelato che non si era già sbafata.
«Stasera esci?» le chiese, quasi a farlo apposta, il proprietario.
Era un uomo piuttosto basso e robusto, completamente pelato.
«Non lo so… Le mie amiche sono tutte occupate stasera» mentì spudoratamente.
Non le piaceva che i suoi colleghi di lavoro pensassero che era una asociale, nonostante lo fosse. Non aveva mai fatto amicizia con nessuno, anche se abitava a Parigi da più o meno due anni. L’università aveva occupato tutto il tempo che non dedicava al lavoro ed era troppo timida per cercare di fare amicizia con qualcuno. Non sapeva perché, ma si sentiva molto più a suo agio nelle vesti della pasticciera. Sapeva che, dietro quel bancone, nessuno avrebbe potuto prenderla in giro per il suo comportamento un po’ rude e scortese. Era chiaro che preferisse i lavori manuali, dopotutto.
Solo i bambini come Céline riuscivano a tirare fuori quel poco di buono che c’era nel suo carattere, quel poco che riusciva ad avvicinare gli altri. Prese la sua borsa ed uscì dal retro, sbuffando non appena la porta le si fu chiusa alle spalle.
Dopo aver percorso il vicoletto, sbucò sulla strada principale e continuò a camminare verso casa, guardando in basso, senza un pensiero preciso nella mente.
Improvvisamente sentì dei passi veloci dietro di lei e una mano poggiarsi sulla sua spalla. Si voltò e sgranò gli occhi alla vista di Michel. Le sorrideva, lasciando che uno degli occhi castani venisse coperto da un ciuffo di capelli. Lei arrossì, abbassando lo sguardo.
«Non sei uscita dalla porta principale, vero?»
«No… perché?»
«Ho osservato ogni singola persona che è entrata ed è uscita, ma tu non eri tra queste» disse, togliendole la mano dalla spalla.
Dèsirèe sentì il suo calore che si allontanava, desiderando che tornasse ancora da lei. Era da un bel po’ di tempo che nessuno la toccava in quel modo e mostrava innocente interesse.
«Meno male che ti ho vista, altrimenti avrei aspettato tutta la notte lì al freddo» disse ridendo e grattandosi la nuca.
Lei arrossì di nuovo, nascondendo la testa tra le spalle.
«Sei diventata timida tutto ad un tratto?» chiese lui, avvicinandosi docilmente.
«Non sono dell’umore giusto per accettare delle avance» disse voltandosi e cominciando a camminare a passo sostenuto.
«Aspetta, lascia che almeno ti offri la cena!»
«Scusa, ma ho già tutto pronto a casa» disse la ragazza, continuando a camminare.
Sei abbastanza coraggioso da rompere la mia armatura d’acciaio, Michel?
Michel continuò a correrle dietro, arrivando a prenderla per un polso. Non voleva passare per un maniaco o per qualcuno di pericoloso, ma non avrebbe rinunciato a lei così facilmente. Nonostante non avesse ancora realmente conosciuto la ragazza che si nascondeva dietro quel viso angelico, aveva il presentimento che fosse quella giusta per lui.
Dèsirèe si voltò verso il ragazzo irritata, ma allo stesso tempo sorpresa. Guardava insistentemente il proprio polso, sperando che venisse liberato dalla presa di Michel. Lui si morse il labbro inferiore, intuendo di aver fatto proprio ciò che avrebbe dovuto evitare.
«Scusa..» disse, lasciandola andare. «Non voglio farti male, o costringerti. Voglio solo che tu consideri attentamente la mia proposta»
Dèsirèe represse il desiderio di correre via a gambe levate e iniziò a riflettere sulla cosa più giusta da fare. Dopotutto Michel era un babysitter, si occupava di bambini… Poi, visto che le aveva offerto una cena, aveva guadagnato più o meno un centinaio di punti sulla sua scala di gradimento. Guardò Michel, il quale sfoderò una delle migliori “facce da cucciolo” viste in circolazione. Sospirò ed accettò la proposta.
«Perfetto! Ti va bene un ristorante cinese?» chiese il ragazzo.
Dèsirèe acconsentì, abbassando lo sguardo sconsolata. Era destino che dovesse passare il resto delle sue cene a mangiare cibo cinese. Percorsero tutto Boulevard de Sébastopol e, quando Dèsirèe pensò di aver iniziato a perdere l’uso delle gambe, svoltarono in rue de la Grande Truanderie. Michel camminava tranquillamente accanto a lei, tenendo le mani in tasca e osservandola con la coda dell’occhio.
Era molto carina, soprattutto alla luce dei lampioni, o forse era più carina solamente perché era lì vicino a lui. La distanza tra loro era talmente insignificante che con un solo gesto Michel avrebbe potuto prenderla per mano. Entrarono nel ristorante, meravigliandosi del tepore che vi era all’interno. Un ragazzo cinese li accompagnò ad un tavolo precedentemente prenotato e gli porse il menù.
Michel scostò la sedia a Dèsirèe, suscitando lo stupore di lei. Sapeva essere davvero galante quando voleva.
Le tolse anche il cappotto, appoggiandolo delicatamente sulla spalliera della sedia. Si sedette, porgendole uno dei due menù e aprendolo. Poggiò un fazzoletto sulla colonna dei prezzi.
«Non guardare lì. Scegli quello che ti piace di più» disse, sorridendole.
Era un cliché vecchissimo, ma aveva colpito molto la ragazza, ormai non più abituata a gesti di quel tipo.
Dopo varie incertezze e ripensamenti, decisero di condividere insieme un antipasto vario e di ordinare due filetti di branzino. Quando arrivarono al tavolo non sembravano neanche tanto cinesi, come piatti. Dèsirèe capì improvvisamente di non aver mai mangiato cibo cinese in un posto tanto raffinato.
«Come mai fai la pasticciera?» le chiese Michel più o meno a metà serata.
Dèsirèe titubò prima di rispondere.
«Beh.. io… Sono piuttosto brava con i lavori manuali, insomma le cose pratiche. Mi piace decorare i dolci e ideare nuove forme di biscotti… Mi piace che le persone apprezzino l’impegno che metto nel prepararli, dicendo che sono buoni…»
« E hanno ragione a dirlo. Quei bignè oggi erano buonissimi» disse lui, leccandosi le labbra come se fosse ancora sporco di cioccolata.
Quel piccolo e semplice gesto bastò per far avvampare la povera Dèsirèe, che ora era ancora più imbarazzata di prima.
«Tu perché fai il babysitter?» gli chiese, cercando di far scomparire il rossore apparso sulle guance.
«All’inizio l’ho fatto solo per pagarmi gli studi . Odiavo con tutto me stesso quei marmocchi piagnucoloni che mi si attaccavano alle gambe o che mi colpivano con qualsiasi cosa trovassero in giro per casa. Alla fine però ho imparato ad essere più paziente e gentile. L’ho dovuto fare, per non essere licenziato, ma poi ho scoperto che essere così mi piaceva» disse avvicinando la mano a quella di lei, poggiata tranquillamente sulla tovaglia di tessuto bianco.
Sembrava volesse toccarla, ma non lo fece.
«Cosa studi?»
«Medicina» disse lui, piuttosto fiero. « Se tutto va bene, forse presto potrei iniziare a lavorare come assistente di un pediatra»
«Ti piacciono proprio tanto i bambini, eh?» Lui sorrise.
«Già, ma ricordati che è un amore recente»
Dèsirèe sorrise e iniziò a immaginare Michel come un pediatra. Effettivamente quel ruolo gli calzava a pennello.
«Ti piace?» chiese lui, indicando con un dito il piatto ancora pieno di pesce.
Dèsirèe ingoiò velocemente il boccone che aveva appena portato alla bocca.
«È davvero squisito, Michel. Non sono abituata a mangiare cose così eleganti e raffinate» disse, ricordando molti dei suoi pasti da due anni a quella parte.
«Sono contento» fece l’altro, appoggiandosi allo schienale della sedia e rilassandosi.
Era stato teso per quasi tutta la sera, anche se aveva fatto in modo che non si notasse. Aveva programmato quella serata in poche ore, riuscendo a procurarsi un tavolo all’ultimo minuto, solo grazie all’aiuto di un amico. Non era stato facile neanche scegliere cosa mettersi, visto che aveva lasciato casa di Céline solo un quarto d’ora prima della chiusura della pasticceria. Per assicurarsi dell’orario di lavoro della pasticciera, aveva interpellato alcune delle clienti più affezionate, sedute ai tavolini accanto al bancone. Insomma, se lei non avesse accettato, tutto quel duro lavoro sarebbe andato a farsi friggere.
«Vado un secondo in bagno» disse, alzandosi e toccando dolcemente la spalla di lei.
Dèsirèe arrossì come suo solito e ,non appena Michel ebbe superato la porta del bagno, afferrò uno dei menù che un cameriere stava portando. Quasi cadde dalla sedia notando che i prezzi dei piatti che aveva scelto erano esorbitanti. Dando una veloce scorta a tutti i prezzi, non poté fare a meno di sgranare gli occhi, quando capii che quelli che aveva scelto erano i più costosi.
Si sentiva in colpa e allo stesso tempo molto spaventata. Avendo speso tutti quei soldi, forse Michel voleva qualcosa in cambio. Qualcosa che Dèsirèe non era disposta a concedergli su un piatto d’argento. Insomma, non avrebbe condiviso il letto con lui la prima notte che uscivano insieme.
Decise: se avesse provato a salire a casa sua o a metterle le mani addosso, avrebbe urlato come una pazza, sfoderando lo spray al peperoncino che aveva nascosto in una tasca della borsa.
Riuscì finalmente a tranquillizzarsi e iniziò a sistemarsi la camicetta lilla che indossava.
Non sono un sprovveduta, caro il mio Michel. Ti farò vedere cosa succede quando si cerca di abusare di me.

Dopo la cena e dopo aver pagato il conto, Dèsirèe utilizzò la scusa della stanchezza per essere riaccompagnata a casa. Michel non fece obiezioni e, messe le mani in tasca, percorse tutta la strada di ritorno accanto a lei. A volte capitava che le loro braccia si sfiorassero o che incrociassero gli sguardi nello stesso momento, ma non successe altro. Anche quando salirono insieme sulla metropolitana e percorsero vicoli piuttosto bui e spaventosi.
Dèsirèe iniziò a pensare che forse quel ragazzo non aveva strane intenzioni o altro e che, probabilmente, quella fosse un’uscita come un’altra. Quando arrivarono nei pressi del condominio dove viveva la ragazza, i due non sapevano cosa fare.
«Ehm.. bene…» iniziò Michel, portando la mano alla nuca.
Dèsirèe lo guardò, cercando di capire cosa avrebbe fatto. Avrebbe insistito per salire o se ne sarebbe andato?
«Mi ha fatto molto piacere aver passato un po’ di tempo con te stasera. Questo è il mio numero…» disse, porgendogli un foglietto.
«Oh, grazie…» disse lei, arrossendo leggermente e mettendo il pezzo di carta nella tasca del cappotto.
«Anche a me ha fatto piacere aver passato la serata con te…»
Michel sorrise, per poi voltarsi nella direzione da cui era appena venuto.
«Allora buonanotte, Dèsirèe»
«Buonanotte Michel» rispose lei, avvicinandosi al portone, ma continuando a seguire con lo sguardo la figura del biondo che si allontanava.
Prese le chiavi da una delle tasche della borsa e entrò nel palazzo, giusto in tempo per afferrare la porta dell’ascensore, che uno dei condomini stava per chiudere.
«Ah, sei tu cara» disse la signora Leroux.
Era una signora piuttosto magra, bassa e con i capelli completamente grigi, legati in un perfetto chignon.
«Scusi per l’intrusione, ma sono troppo stanca per fare le scale» disse la ragazza, mostrando un sorriso e premendo il tasto sulla pulsantiera con il numero 3.
La signora parve sorpresa. Aveva visto raramente Dèsirèe sorridere, e ancora più raramente l’aveva vista tornare tardi la sera.
«Sembra che tu ti sia divertita stasera, hai ancora gli occhi che ti luccicano…»
«Davvero?» chiese la ragazza, fissando la porta graffiata dell’ascensore.
«Già… Dovresti uscire più spesso, secondo me» disse l’altra nel momento esatto in cui Desiree si avvicinò alla porta del proprio appartamento.
La pasticciera stette qualche minuto a fissare le chiavi nella propria mano, prima di inserirle nella toppa. Aveva davvero un aspetto più allegro? E tutto grazie a Michel?
Entrò nell’appartamento e gettò le chiavi sul mobile accanto all’ingresso. Appese il cappotto ad uno dei ganci dell’attaccapanni e si diresse verso la cucina. Aveva bisogno di gelato.
Prese l’ultima vaschetta rimasta, al cioccolato. Iniziò a mangiarlo, portando alla bocca cucchiaiate piuttosto modeste.
Tornando nel soggiorno notò due DVD adagiati sul divano in tessuto nero. Uno era un film romantico, l’altro dell’orrore. Ricordava di averli presi al videonoleggio il giorno prima e che aveva dimenticato di riportarli, e tra l’altro anche di vederli.
Sbuffò, lasciandosi cadere rumorosamente sui cuscini del sofà. Non aveva voglia di spendere soldi inutilmente, ma non aveva neanche voglia di deprimersi con cose sdolcinate o tremare sotto una coperta. Il problema nasceva tutto dalla sua solitudine. Si alzò ed afferrò il telefono, posato sul tavolino davanti alla televisione, per poi dirigersi verso l’ingresso. Scavò nelle tasche del proprio cappotto e tirò fuori il pezzo di carta su cui Michel aveva scritto il proprio numero di telefono. Era una scrittura piuttosto incerta e spigolosa, proprio come quella di lei.
Compose il numero e attese qualche minuto prima di premere il pulsante verde.
Si morse il labbro inferiore fino a quando non premette quel pulsante e attese con agitazione che lui le rispondesse. L’attesa la snervava, dandole la sensazione che il pesce mangiato quella sera fosse ancora vivo e girovagasse per il suo stomaco.
«Pronto?» disse l’inconfondibile voce di Michel.
Dèsirèe inspirò profondamente.
«Ciao Michel, sono Dèsirèe. So che ci siamo lasciati poco fa, ma volevo chiederti se ti andrebbe di vedere un film con me. Sai, li avevo noleggiati ma non ho ancora avuto modo di vederli. Ho anche un’intera vaschetta di gelato, se può aiutare a convincerti...»
Lei non poteva saperlo, ma Michel sorrise.
  
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