Non doveva dirlo
« Cosa hai detto che studi? »
« Farmacologia. Non mi pento di questa scelta nemmeno per un istante! »
« Quindi avete anche tutti i vostri laboratori e robe varie? »
« Certo. Se vuoi posso mostrarti qualcosa. »
« E quindi studiate qualunque tipo di sostanza? Anche robe tipo i veleni? »
« Ma cos’è, vieni a spiare le mie lezioni? Proprio l’altro giorno abbiamo
studiato un campione di Tetradotossina. »
« Di che? »
« Un veleno cento volte più potente del cianuro di potassio. Si trova nel
fegato dei pesci palla. Pensa che 25 milligrammi di tetradossina
uccidono una persona di 75 kilogrammi. »
« E in quanto tempo? »
« Dipende dalla quantità del veleno che viene ingerito e dalla persona che lo
ingerisce. Ma si va dai venti minuti alle otto ore circa. »
« Quindi la morte non è istantanea? »
« Non mi pare… Ma perché tutte queste domande? Sembra
che tu voglia uccidere qualcuno! »
Harry scuote la testa e ride mostrando i denti bianchi, poi porta una mano
dietro la nuca, a mo di scusa.
« Mi ci fai fare un giro, ai laboratori? »
___
“Un giorno tu ed io saremo liberi di
vivere e morire secondo le nostre regole.”
Sono già due settimane che Harry tira polvere, prima un
giorno sì e uno no, poi anche due volte al giorno, ma lui giura che gli sono
sembrate molto più lunghe. La sensazione di stanchezza interiore sembra essere
raddoppiata, nonostante agli altri dia la sensazione di essere particolarmente
attivo e voglioso di fare e concentrato sul lavoro. Niall
non fa che assecondarlo ultimamente, ride ad ogni sua battuta, gli dà pacche
sulle spalle e gli dice che non è mai stato così divertente e buffo. Liam vive nel suo mondo, e molto probabilmente non s’è
neanche accorto del cambiamento negli occhi di Harry; anche lui gli poggia
spesso una mano sulla spalla e gli dice “Ben fatto” di tanto in tanto, anche se
Harry non ha idea di cosa possa aver fatto per meritarsi gli elogi di Liam. Louis è convinto che Styles
si stia risollevando in qualche modo: d’altra parte è da una settimana che non
litigano, e lui si sente decisamente più leggero, e inizia a pensare che possa
esistere la possibilità di tornare ad essere il migliore amico di Harry senza
ricevere sguardi accusatori o risposte acide.
L’unico a sospettare qualcosa è Zayn. Osserva come
Harry sia piegato su alcune cartoline da autografare, gli occhi sbarrati, le
labbra secche e screpolate, così come il naso, che continua a tirare su come in
un costante raffreddore. Poi si accorge di come i movimenti delle mani rallentano
improvvisamente, di come il sorriso derisorio si affievolisce lentamente, di
come le palpebre vogliano calare pesanti sugli occhi rigati da venature rosse.
Si alza barcollando dalla sedia, tira su la mano aperta in segno di scusa e
dice che va un secondo al bagno e poi torna. E mentre si allontana, si sistema
la maglia grigia e il capello dello stesso colore e si ficca le mani nelle
tasche dei jeans. Quando torna a sedersi, lo fa con velocità impressionante e
gli occhi di nuovo sbarrati, la mano pronta a scrivere e la fronte imperlata di
sudore, il respiro affannoso. Zayn lo guarda senza
troppa emozione e intanto dà una gomitata a Louis accanto a lui.
« Dimmi. » dice quello senza nemmeno alzare il capo dalle cartoline che sta
autografando.
« Devo parlarti, poi. » borbotta Zayn mentre
scarabocchia un mezzo autografo su uno di quei dannati pezzi di carta colorata.
« Di cosa? »
« Harry. »
Louis sospira forte col naso, quasi ne avesse abbastanza, si sposta
nervosamente il ciuffo dalla fronte, ignorando di proposito un Niall che si diverte a lanciargli tappi di pennarelli.
« Ci siamo lasciati da un pezzo, Zay. » dice
prontamente, quasi a voler chiudere in quel modo la conversazione.
« Non mi interessa, solo tu puoi farlo ragionare. »
« Non m’ascolta. »
« Sei tu che non ti fai ascoltare. » insiste Zayn
senza alzare troppo la voce.
« Mi detesta. »
E il solo fatto che Zayn e Louis stiano parlocchiando in modo così complice fa venire a Harry un
gran mal di testa. Scribacchia qualcosa sopra la propria faccia sulla
cartolina, e Liam accanto a lui si prende un colpo
quando lo sente battere il pugno sul tavolo all’improvviso e quasi con
violenza.
« Lou. » dice con la voce che vibra, ancora più grave
del solito. Louis tira finalmente su il capo, e Harry sente di essere già morto
quando incontra quei due spilli blu e luminosi. « Prendiamo un caffè insieme
più tardi? » e si sforza di sorridere, di sembrare normale, quando sa che è da
un po’ ormai che non lo è più. Louis ricambia il suo sorriso, poi stringe le
labbra e annuisce più volte con un “certo” quasi entusiasta. Poi si gira verso Zayn e « Visto? Non c’è nulla che non va. » gli dice, e sa bene
di aver appena pronunciato parole bugiarde.
___
Harry fa tutto quello che Louis gli dice di fare. E’ sempre stato così, Louis
ha saputo dominarlo sin dal primo momento, ma lui mai s’è sentito sottomesso,
perché gli piaceva, gli piaceva obbedirgli, acconsentire a qualunque sua
richiesta, seguirlo in qualunque sua decisione, appoggiarlo in qualunque sua
scelta, ridere a qualunque sua battuta, arrendersi a qualunque suo capriccio,
abbandonarsi ad ogni suo abbraccio, annuire ad ogni sua affermazione. E non è
andata diversamente durante quella sera che gli sembra tanto lontana ormai,
quella sera in cui Louis ha cercato di fargli aprire gli occhi.
« E’ questo che non mi piace di te. » ha
iniziato col dire dopo che Harry s’è allungato a chiedergli un bacio.
« Cosa? »
« Che non ti rendi conto di quando è il momento di smetterla. Continui
imperterrito. »
« Se non ti va di baciarmi, non importa… » ha detto
Harry tranquillamente, perché mica era la prima volta che Louis s’allontanava
quasi con stizza.
« In realtà non mi va proprio di continuare a giocare a questo gioco. » ha
replicato Louis come capriccioso, e si è sistemato sulla larga poltrona mentre
Harry dietro di lui si è tirato lentamente su senza darsi la possibilità di
agitarsi.
« Che stai dicendo? »
« Ascolta, io e te siamo migliori amici, no? »
« Certo. » Harry ha annuito con la fastidiosa sensazione dietro le orecchie che
di lì a poco Louis avrebbe sputato parole che non avrebbe voluto mai sentire
neanche attraverso un apparecchio telefonico. Figuriamoci con l’ausilio di un
paio di occhi blu e freddi come il ghiaccio che si sentono liberi di
giudicarti.
« Lo siamo stati anche fin troppo. Sto solo dicendo che questa cosa nostra è
degenerata semplicemente perché ci vogliamo troppo bene. »
Harry ha storto il naso mentre stava con gli occhi fissi sulle sue larghe
spalle, da cui ha sollevato le mani poggiate lì in precedenza.
« Stai dicendo che sto confondendo l’amicizia con l’amore? » ha chiesto quando
gli è sembrato di aver trovato il senso di quella conversazione.
« Sì… Non nego nulla di quello che c’è stato tra di
noi, ma eravamo ragazzini. Adesso siamo cresciuti e dovremmo saper distinguere
i due sentimenti. » ha spiegato Louis con la voce ferma e il tono
particolarmente serio, tanto che a Harry è iniziato a venir su il respiro
affannoso, quasi avesse affrontato una corsa.
« Non ho problemi di questo tipo. Io sono sicuro di amarti. » ha detto, con la
voce che già tremava un po’.
« Come amico. »
« No... » ha negato con tono piagnucoloso, e a quel punto Louis si è girato
verso lo schienale della poltrona per poterlo guardare in faccia.
« E’ così, fidati. Tu non mi ami davvero. Ti piace pensarlo, ma non corrisponde
alla realtà. O sei convinto di amarmi semplicemente perché sei sempre a
contatto con me e sono diventato come parte della tua famiglia. Ma io ho una
fidanzata, Harry. E’ lei che devo amare. »
« Devi? » Harry ha fatto quella semplice domanda con tono adesso quasi
sprezzante, come non potesse credere alle proprie orecchie. Ha guardato il modo
in cui Louis ha annuito più volte convinto, e subito si è sentito in dovere di
rilassare le spalle. « Okay. » si è arreso poi. Perché Harry fa tutto quello
che Louis gli dice di fare.
« Hai capito cosa intendo? » ha chiesto il più grande per conferma, e Harry
neanche è riuscito a guardarlo in faccia.
« Che dobbiamo smetterla. » ha detto, voce ormai inesistente. « Va bene. » ha
acconsentito senza troppa emozione.
« E’ davvero così importante per te? Non sarebbe meglio concentrarci sul
lavoro? »
Questo non doveva dirlo, ha pensato
Harry, con la voglia vivida di alzare un pugno e sbatterglielo in faccia.
Perché l’unica cosa che non doveva fare era prendere i sentimenti di Harry alla
leggere.
Non doveva dirlo.
« Certo. Hai ragione. Sta’ tranquillo, non farà molta differenza. » il più
piccolo ha fatto una fatica immane a pronunciare quelle parole senza scomporsi
più di tanto.
« Sono contento tu l’abbia presa bene. » poi Louis si è alzato, l’ha raggiunto
e « Abbracciami. » ha detto, e Harry gli ha obbedito senza battere ciglio.
Perché Harry fa tutto quello che Louis gli dice di fare.
___
“Se ti porti dietro il mondo, porta
dietro pure me.”
Quando Louis raggiunge la caffetteria al piano terra degli
studi, trova Harry seduto al tavolo rotondo contro al muro, in fondo alla
stanza, praticamente vuota. Ha il solito cappello grigio calato da un lato, i
jeans sbiaditi che lasciano scoperta una parte dei boxer bianchi, la maglia
grigia e sgualcita con un cuore rosa sul petto a sinistra, gli occhi bassi e la
mano che gira uno dei due caffè posizionati sul tavolo.
« L’hai già preso anche per me? Grazie. » è la prima frase di Louis, che indica
il proprio caffè e poi si siede di fronte ad Harry. Questo annuisce senza
scollare gli occhi dal suo bicchiere, da cui prende un sorso veloce.
« Questi dannati signing sono durati più a lungo del
previsto, ho la mano che chiede pietà e il callo dello scrittore. » scherza il
più grande per poi prendere a girare il suo caffè. Ne beve un po’ per poi fare
una smorfia e mordersi il labbro inferiore. Probabilmente è troppo caldo,
perché subito dopo Louis inizia a soffiare sul liquido scuro.
« Non me ne parlare. » dice Harry senza troppa enfasi per poi massaggiarsi il
dito medio ancora dolorante.
« Ma se tu eri un pazzo! Sembravi instancabile. Firmavi cartoline senza battere
ciglio e ti interrompevi solo per andare in bagno. » gli fa notare Louis con un
sorriso per poi avvicinare il bicchierino alla bocca e prendere un breve sorso,
ché il caffè è bollente. Harry lo guarda di sottecchi, osserva come la punta della
sua lingua raccoglie le gocce della bevanda rimasta sulle labbra, e quando abbassa
di nuovo lo sguardo gli viene come un tremore alla bocca e le lacrime ai lati
degli occhi che spingono per uscire.
« Sì, in effetti sono piuttosto in forma in questi giorni. » si sforza di dire
con voce ferma e tono amichevole.
« Quindi posso assumere che quel nostro… » Louis fa
un gesto con le dita, che Harry si sente in dovere di seguire, nonostante voglia nascondere gli occhi, perché
probabilmente sono già rossi e gonfi. « …contrattempo sia superato. »
conclude, le mani in aria, gli occhi che hanno quasi timore di incontrare
quelli di Harry. Quest’ultimo si fa scuro in volto, e le lacrime che volevano
venir fuori a tutti i costi si bloccano come pietrificate, come congelate, e
un’espressione rabbiosa si fa largo sul suo viso.
« Contrattempo? » chiede, la voce
tremante pronta a esplodere. « Quindi ritieni che la nostra storia sia stata un… contrattempo? »
Non doveva dirlo, pensa mentre lotta
nuovamente contro le sue lacrime. Non
doveva dirlo. E per un attimo i
sensi di colpa smettono di mangiarlo, sente di aver fatto la cosa giusta,
qualcosa che in un modo o nell’altro avrebbe comunque fatto, prima o poi.
« Pensavo l’avessi superato. » dice Louis, interdetto dalla reazione di Harry.
Beve ancora due dita di caffè e aspetta quasi timoroso le sue parole.
« Non so come sei fatto tu –mi sembra di non averti mai conosciuto davvero- ma
io certe cose non le dimentico così facilmente. » indurisce lo sguardo mentre
guarda Louis che scuote il capo quasi gli girasse la testa. « E neanche tu
dovresti. »
Louis tossisce all’improvviso e si porta istintivamente una mano alla gola. Tira
fuori la lingua che da rossa ha preso un colore simile al viola, e se la morde
per poi fare uno sguardo preoccupato.
« Che c’era in quel caffè? » chiede storpiando le parole, quasi fosse diventato
improvvisamente incapace di mettere due parole in fila. « Non mi sento più la
lingua. »
Harry non dice niente, non emette suono, semplicemente lascia che gli occhi
vagano sulla figura di Louis, che fa fatica a muoversi, non riesce neanche ad
alzarsi dalla sedia.
« Aiutami! » esclama, e subito emette un suono strozzato con la gola, e sente
la lingua riempirgli la bocca col rischio di soffocarlo da un momento
all’altro. Harry è immobile, con le braccia incrociate, e gli viene da piangere
di nuovo davanti alla terribile immagine del ragazzo che ama più di ogni altra
cosa al mondo con gli occhi fuori dalle orbite. Tira su col naso e lascia
vibrare le labbra più intensamente, poi singhiozza e le lacrime scendono
liberamente, veloci sino al mento.
« P-Perdonami. » dice col respiro mozzato dai singhiozzi. Louis lo guarda col
labbro inferiore violaceo e secco, le spalle scosse da sussulti. I lati della
bocca si piegano poi all’insù, come se stesse sorridendo. Come se se
l’aspettasse. Come se fosse a conoscenza da tempo delle intenzioni di Styles. Ma lo stesso non lo ha fermato, non gli ha impedito
di farlo. Se è così che deve andare, se è stata questa la scelta del suo Harry,
non può fare altro che chiudere gli occhi e arrendersi a lui, per la prima
volta.
Ma se deve andarsene, non lo farà da solo.
Volta il capo con fatica alla sua destra, perché un conato di vomito lo ha
scosso profondamente. Tira giù del vomito scuro, lì per terra, e parte dello
staff che entra ed esce dalla caffetteria finalmente si rende conto che c’è
qualcosa che non quadra, e si dirige in blocco verso l’ultimo tavolo, in cui
Louis sbocca un’altra volta, e Harry porta le mani sugli occhi bagnati, perché
no, non vuole vedere altro.
« Ha-Harry… » Louis lo chiama senza pulirsi la bocca.
Vorrebbe farlo, ma il suo braccio destro sembra paralizzato, ed è come un
miracolo che riesca ancora a muovere il collo e la bocca per parlare. Harry
tira via le mani dal proprio volto e trattiene il respiro quando quella voce
rauca e instabile raggiunge le sue orecchie. « Bevi…Bevi
anche tu. Fallo. » gli ordina con le poche forze rimaste, le parole che si
capiscono a malapena. « V-vieni via con me. » e con gli occhi indica il proprio
bicchiere di caffè, ancora mezzo pieno. Harry ormai s’è lasciato andare al
pianto, e intanto i ragazzi dello staff soccorrono Louis che sembra aver
rotolato gli occhi e il capo all’indietro. Harry singhiozza forte e subito dopo
tira il bicchiere verso di sé. Nella confusione, beve, e piange. Bene caffè,
lacrime e veleno. Tutto d’un fiato. Poi aspetta.
Perché Harry fa tutto quello che Louis gli dice di fare.
“Se potessi far tornare indietro il mondo, farei tornare poi senz’altro
te, te che non sei parte dell’immenso, ma è l’immenso che fa parte solo di te.”
§
Devo farli morire per forza ultimamente,
mi spiace :(
La prima frase tra virgolette in corsivo proviene dalla canzone Half Alive di Secondhand Serenade, “One day you and I will
be free to live and die by our
own rules”, la seconda proviene da La Finestra dei Negramaro e l’ultima da L’immenso sempre dei Negramaro.
Saluti direttamente dal mare *__*
Mirokia