Maschera
sull'anima
Quinte,
palco, sipario, in scena. Lascio che la voce danzi sul parquet fino a
giungere
alla prima fila, e con una glissade vola, si allontana verso gli ultimi
posti.
Son fatta per stare in scena, io che con concentrazione modello il mio
essere
come creta per rendermi altro, abbandonando me stessa in favore del
testo. Non
son più chi sono, ora una damigella in pericolo, ora un
fantasma, ora solo una
nuvola che libra nel cielo per poi dissolversi. Lascio che lo
spettatore veda
in me ciò che voglio che appaia, spesso ciò che
non sono, do vita a chi non
respira, do corpo ai grafemi sulla carta, il mio incedere richiama
fatica,
angoscia oppure leggerezza. Sono quello che devo essere, non quel che
sono.
Faccio capolino dietro al personaggio che interpreto, ne vivo le
emozioni, le
speranze, o ne resto completamente indifferente, risultando epica,
quasi
distaccata, senza un reale coinvolgimento in ciò che dico se
non il senso della
narrazione. Movimento e battiti scandiscono all’unisono ogni
battuta, ben
calibrata e studiata per l’occasione, benché ad
uno sbaglio io possa
improvvisare in modo così perfetto da non far intendere la
più piccola defiance
Ogni mio impeto, ogni mio sospiro, sono dettati dal mio amore,
impetuoso,
funesto, a volte timido per ciò che ancora non conosce.
E’ questa cortina che
mi avvolge, la sensazione di essere invincibile e avere qualcosa in
più
rispetto agli altri: la facoltà di essere chiunque, quando e
come voglio.
Vantaggio e nello stesso tempo discapito del mio stesso essere, quando
a volte
non riesco a cogliere dove questo abbia principio e fine. Interpreto la
mia
parte, anche quando non sono sulla scena. Difficile tornare me, quando
abbandono il teatro. Quella maschera è sempre presente,
seppure d’altri colori,
non lascia mai il suo posto sul mio volto, poiché son io che
l’ho costruita.
sbaglio se penso di non essere io a guidare la mia interpretazione, son
io che
come un burattinaio permetto al personaggio di venir fuori, ma nel modo
in cui
lo farei io, non ci sarà un’interpretazione uguale
alla mia, perché pur
divenendo ciò che metto in scena io resto ancora me stessa,
coi miei timori, le
mie passioni. Forse è proprio su quel palco che il mio
essere si mette in gioco
e getta la sua maschera, là dove per antonomasia si crede ci
sia finzione, lì
risiede la mia verità. E’ solo lì che
la mia anima trova il coraggio di
mostrarsi a tutti senza aspettarsi di esser giudicata, non curandosi
delle
critiche che verranno dopo, perché di qualunque tipo siano,
non mi priveranno
mai dell’emozione che provo a mostrarmi al mondo. E non si
tratta di
esibizionismo, ma solo desiderio di esser vista veramente, di lasciare
che gli
altri leggano il mio cuore. Quando sono su quel palco non ho maschera,
perché
sto abbracciando la mia anima.