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Autore: Ignis    18/08/2012    2 recensioni
Hans e Lotte erano fratello e sorella, ed erano gemelli. Per certi aspetti non si somigliavano per niente: Hans aveva il viso un po’ più ovale di Lotte, e Lotte aveva un adorabile nasino all’insù; Hans aveva gli occhi con un taglio leggermente obliquo e Lotte aveva l’occhio sinistro che puntava un po’ troppo verso destra rispetto al normale. Per camminare Lotte mandava avanti sempre il piede destro, per Hans invece non faceva differenza.
Nonostante ciò, quando erano insieme – e Hans e Lotte erano quasi sempre insieme – non c’erano dubbi sul fatto che fossero gemelli.
Hans e Lotte non giocavano con gli altri bambini. Mai.
Hans e Lotte non sorridevano. Mai.
Hans e Lotte non parlavano con nessuno... ma se erano sicuri di essere da soli, e che nessuno li sentisse, si dicevano qualche piccola parola.
Quando si svegliavano al mattino, Hans dava a Lotte un bacino sulla guancia. Quando andavano a dormire, Lotte dava a Hans un bacino sul naso. E se lo sussurravano piano piano, quasi fosse un segreto:
«Buongiorno, Lotte».
«Buonanotte, Hans».

Due bambini, una fiera e... una storia tutta da decidere.
[ Fiction interrotta ]
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Hans und Lotte

01. Die Silbere Münze

Erano stati chiamati Hansjoseph ed Irmalotte per volere dei loro nonni, che avevano preferito dare loro i nomi dei loro antenati più importanti.
Hans si era fatto una vita costruendo barche. Joseph era governatore.
Irma gestiva una locanda insieme al marito. Lotte, quand’era nel fiore degli anni, era la donna più bella della regione.
Di conseguenza, dai due unici figli di Eustachius e Frieda, non ci si aspettava altro che questo: da uno guadagnare tanti soldi che lo aiutassero a raggiungere la felicità, dall’altra che si sposasse e che fosse ubbidiente e rigorosa.
I due bambini, però, pur essendo svegli e pur dovendo essere fieri dei loro antenati, decisero di chiamarsi solo Hans e Lotte. Ma solo quando erano da soli, altrimenti il nonno li prendeva e gli picchiava le gambe con la stecca. Non dovevano mai, mai dimenticare i loro antenati.

Hans era un bambino capace. Era tranquillo e docile, ubbidiva al papà, seguiva ed aiutava la mamma per aiutarla come poteva. I suoi capelli biondi erano lisci e tagliati dritti; le loro punte formavano una piccola curva verso l’interno e gli arrivavano appena oltre il mento, quasi a sfiorargli le spalle. Le ciglia bionde erano lunghe e ricurve, e i suoi occhi blu erano il riflesso del lago Braun. Le sue labbra erano sottili e morbide, con gli angoli che piegavano leggermente all’ingiù.
Ad Hans piaceva fare tante cose. Andava spesso in bicicletta, giocava a palla contro il muretto dietro casa, cercava le tane dei topi e qualche volta, se era stato bravo e la nonna gli regalava un soldino, andava in paese e comprava una brillante biglia di vetro, che poi andava a nascondere nella federa del cuscino. Compiuti gli undici anni, quando la mamma si chinava sul suo letto per dargli il bacio della buonanotte, Hans doveva fare molta attenzione perché le sue biglie non facessero rumore.
Un giorno papà Eustachius trovò Hans chino sul proprio scrittoio. All’inizio se ne compiacque, convinto che il figlio fosse intento a svolgere qualche esercizio di ortografia; poi, però, si avvicinò per guardare meglio.
Hans aveva in mano un carboncino e stava disegnando una casetta.
Offeso da tutta quella mancanza di disciplina e di buonsenso, Eustachius strappò via il disegno dalle mani del figlio e lo gettò tra le fiamme del camino. Dopodiché lo agguantò per un braccio e lo portò nel fienile, battendo venti volte la stecca contro il suo esile corpicino. Solo quando lo vide a terra, pallido e sul punto di svenire, gli ricordò che né Hans né Joseph avrebbero mai perso tempo, come lui, a fare scarabocchi.
«La carta serve per scrivere e per fare i conti, Hans. Mai per disegnare».
Da quel giorno Hans non si azzardò mai più a disegnare un’altra volta allo scrittoio del padre.

Lotte era una bambina intelligente. Era dolce e mite, ubbidiva ai genitori e ai nonni, guardava con attenzione tutto quello che la mamma preparava e la aiutava a cucinare e ad occuparsi della casa. I suoi capelli castani erano lisci e tagliati dritti; le loro punte formavano una piccola curva verso l’interno e le arrivavano oltre le spalle, quasi a sfiorarle i gomiti. Le ciglia scure erano lunghe e ricurve, e i suoi occhi blu erano uguali alla sfumatura del cielo di mezzanotte. Le sue labbra erano sottili e morbide, con gli angoli che piegavano leggermente all’ingiù.
A Lotte piaceva fare tante cose. Andava spesso a passeggiare, giocava con la propria bambola Clara, cercava i frutti di bosco da raccogliere e qualche volta, se era stata brava e il nonno le regalava un soldino, andava in paese e comprava un nastrino, che poi andava a nascondere nella federa del cuscino.
Compiuti gli undici anni, quando il papà tornava dal lavoro e le baciava la fronte, Lotte doveva fare molta attenzione perché non notasse che i suoi nastri erano ogni giorno di un tipo diverso.
Un giorno mamma Frieda trovò Lotte in giardino, china su un vaso. All’inizio se ne compiacque, convinta che la figlia fosse intenta a prendersi cura della loro pianticella di rosmarino; poi, però, si avvicinò per guardare meglio.
Lotte stava guardando un germoglio di Lobelia.
Offesa da tutta quella mancanza di disciplina e di buonsenso, Frieda sradicò il germoglio senza pensarci due volte e lo gettò tra le fiamme del camino. Dopodiché la afferrò per i capelli e la portò nello scantinato, colpendola venti volte a suon di schiaffi sulle sue morbide guance. Solo quando la vide a terra, con le guance rossissime e il labbro spaccato, le ricordò che né Irma né Lotte avrebbero mai perso tempo, come lei, a prendersi cura delle erbacce.
«Il terreno serve per far crescere gli alberi da frutto e gli ortaggi, Lotte. Mai per far crescere i fiori».
Da quel giorno Lotte non si azzardò mai più a piantare semi di fiori in giardino.

Hans e Lotte erano fratello e sorella, ed erano gemelli. Per certi aspetti non si somigliavano per niente: Hans aveva il viso un po’ più ovale di Lotte, e Lotte aveva un adorabile nasino all’insù; Hans aveva gli occhi con un taglio leggermente obliquo e Lotte aveva l’occhio sinistro che puntava un po’ troppo verso destra rispetto al normale. Per camminare Lotte mandava avanti sempre il piede destro, per Hans invece non faceva differenza.
Nonostante ciò, quando erano insieme – e Hans e Lotte erano quasi sempre insieme – non c’erano dubbi sul fatto che fossero gemelli. Non solo per i lineamenti delicati o per le loro labbra curve all’ingiù, ma soprattutto per il modo di comportarsi.
Il modo in cui Hans fissava le barrette di croccante era lo stesso in cui Lotte fissava i biscotti alle mandorle. Il modo in cui Lotte fissava le bambine mentre giocavano a campana era lo stesso in cui Hans fissava i bambini mentre giocavano a nascondino. Il modo in cui Hans fissava le persone era lo stesso modo in cui Lotte fissava le persone.
E quando una persona guardava negli occhi Hans, o guardava Lotte in uno dei suoi due occhi, si sentiva sempre un po’ perso. Di solito i loro genitori erano costretti a richiamarli per evitare che si imbambolassero per ore a fissarsi l’un l’altro, che si trattasse di Hans o di Lotte.
Hans e Lotte non giocavano con gli altri bambini. Mai.
Hans e Lotte non sorridevano. Mai.
Hans e Lotte non parlavano con nessuno... ma se erano sicuri di essere da soli, e che nessuno li sentisse, si dicevano qualche piccola parola. Si curavano l’un l’altro le ferite delle rispettive punizioni, magari, o si facevano dei piccoli regali. Lotte aveva nascosto con estrema cura una margherita essiccata, regalo di Hans, nella rilegatura della loro Bibbia, e Hans aveva nascosto dietro un mattone del muretto dietro casa un foglio di carta, regalo di Lotte, su cui ogni tanto disegnava qualcosa. Ma neanche Lotte sapeva di che disegno si trattasse.
Quando si svegliavano al mattino, Hans dava a Lotte un bacino sulla guancia. Quando andavano a dormire, Lotte dava a Hans un bacino sul naso. E se lo sussurravano piano piano, quasi fosse un segreto:
«Buongiorno, Lotte».
«Buonanotte, Hans».

Il giorno della fiera era un giorno di sole.
Lotte ce l’aveva messa tutta: aveva munto la mucca, aveva pulito la casa, e aveva anche fatto il burro. Così il nonno le sorrise, le accarezzò il visetto e le diede il soldino. Mentre Lotte abbassava lo sguardo sul proprio soldino appena guadagnato, il nonno fissava per l’ennesima volta, con una smorfia, il suo occhietto strabico. Irmalotte era davvero una bella bambina, ma forse era proprio quello il motivo per cui il suo unico difetto era così evidente per tutti.
Hans ce l’aveva messa tutta: aveva pulito la stalla, aveva estirpato le erbacce, e aveva anche spostato i sacchi di orzo. Così la nonna gli sorrise, gli diede un buffetto sulla guancia e gli diede il soldino. Mentre Hans abbassava lo sguardo sul proprio soldino appena guadagnato, la nonna gli prese la mano libera e si frugò sotto la veste, tirando fuori un altro soldino.
Hans corrugò la fronte. Anzi, no, non la corrugò, ma le sue sopracciglia si abbassarono un po’, in un’espressione di tenue ma sincera confusione. Guardò il proprio soldino, poi il secondo soldino, poi il viso della nonna.
La nonna si limitò a sorridergli, poi si frugò di nuovo sotto la veste, tirando fuori... no, non un soldino. Stavolta era una moneta d’argento.
Nel momento in cui la nonna fece per mettergli la moneta in mano, Hans fece un passo indietro, un’espressione cupa in viso.
«Cosa succede, Hansjoseph?» domandò la nonna con voce dolce. «Non preoccuparti. Avvicinati e prendila».
Hans strinse le labbra e fece cenno di no con il capo.
Due o tre anni prima il nonno – non quello che avevano in casa, ma un altro nonno che era morto l’anno passato – gli aveva dato cinque monete di bronzo per andare da un suo amico e comprargli l’oppio da fumare. Hans non aveva fatto in tempo ad arrivare in paese che suo padre l’aveva trovato, l’aveva trascinato a casa e l’aveva riempito di botte. Il giorno dopo si era sentito così indolenzito da non riuscire a muoversi dal letto, ed Eustachius per punirlo per la sua pigrizia gli aveva fatto saltare tutti i pasti. Insomma, avere grosse monete a disposizione, per Hans, era sinonimo di guai.
La nonna gli carezzò piano i capelli. «Prendi la moneta, Hans. Nascondila nella tasca insieme ai tuoi soldini. Te la sei meritata».
Hans esitò, indeciso, ma alla fine tese le mani e prese anche la moneta d’argento.

Nella sua cameretta, Hans prese la lavagnetta per gli esercizi e si mise a fare i conti.
Un soldino era una moneta di rame.
Una moneta di bronzo era uguale a dieci monete di rame.
Una moneta d’argento era uguale a dieci monete di bronzo.
Una moneta d’oro era uguale a dieci monete d’argento.
10 x 10 = 100
Una moneta d’argento, quindi, era uguale a cento soldini. Ma Hans quel giorno aveva ottenuto anche altri due soldini. Perciò...
100 + 2 = 102
...aveva ottenuto centodue soldini. Facevano centodue biglie. Probabilmente il suo cuscino sarebbe diventato così pieno di biglie che sarebbe stato impossibile appoggiarci la testa comodamente. Ma i calcoli non erano finiti.
102 : 2 = 51
Con tutti quei soldini avrebbe potuto non solo riempirsi il cuscino, ma anche riempire il cuscino di Lotte di nastri colorati. Cinquantuno nastri per Lotte e cinquantuno biglie per sé.
Hans ripulì la lavagnetta, la rimise al suo posto e si alzò per andare a cercare la sorella. Non fece però in tempo ad avvicinarsi alla porta, che quella si schiuse lentamente. Dietro c’era proprio Lotte, che gli mostrò il proprio soldino appena ottenuto con sguardo inespressivo.
Hans abbassò lo sguardo sul soldino. Le prese le mani e la condusse dentro facendo un paio di passi indietro, mentre correggeva a mente i calcoli che aveva appena fatto.
Da centodue diventavano centotre soldini. Ma con un soldino in più non riusciva a fare due metà uguali. Il suo sguardo si colmò all’improvviso di disagio, tanto da spingere Lotte a liberarsi dalla sua presa e ad abbracciarlo forte.
Hans si liberò dall’abbraccio in fretta. Si frugò in tasca e le mostrò la moneta d’argento, insieme ai due soldini. Poi recuperò la lavagnetta per rifare i calcoli... e spiegarle cosa c’era che non andava.
Un soldino in più. Anche sul viso di Lotte apparve un’espressione triste, tanto da spingere Hans a darle un bacino sulla fronte. Poi le accarezzò piano il braccio per rassicurarla, mentre guardava la moneta d’argento e i tre soldini.
Dovevano trovare una soluzione per quell’intoppo. Se i soldini erano centodue potevano comodamente dividerli tra loro e comprarsi lo stesso numero di oggetti... ma cosa potevano fare con quel soldino?
Con lo sguardo cupo, Hans prese tutti i soldi, compreso il soldino di Lotte, e li mise tutti nella tasca. Poi prese la mano di Lotte e le si avvicinò all’orecchio.
«Andiamo insieme».

Così, mano nella mano, Hans e Lotte andarono in paese e cercarono di pensare a un modo per spendere i soldi. Il papà probabilmente avrebbe preferito che li conservasse, ma l’idea di percorrere così presto le orme dei suoi antenati lo inquietava; per questo ogni volta che otteneva un soldino lo spendeva per una biglia. Non avere denaro era rassicurante, e se anche i suoi genitori lo vedevano con delle biglie mentre ci giocava, sicuramente non l’avrebbero picchiato.
Per Lotte, grossomodo, era la stessa cosa. I suoi soldi avrebbe potuto investirli in qualcosa di utile, ma se avesse fatto così, il suo matrimonio sarebbe arrivato molto presto. E Lotte, a undici anni, voleva restare zitella ancora per un po’.
A peggiorare la situazione c’era... il paese stesso. La via dei mercanti era così piena di negozi colmi delle cose più disparate che Hans e Lotte, inevitabilmente, iniziarono a pensare ad altri modi per spendere il loro denaro. Per esempio Lotte aveva visto un bel vestitino perfetto per Clara, la sua bambola, e Hans aveva una mezza idea di spendere parte dei soldi in un paio di barrette di croccante e forse qualche caramella.
Di oggetti che costassero solo un soldo ce n’erano davvero pochi e fino ad allora non era mai stato un problema scegliere cosa comprare. Adesso che avevano tutti quei soldi, invece, si facevano sempre più indecisi e nervosi, consapevoli che una volta fatta la propria scelta non sarebbero potuti tornare sui propri passi. Oltretutto non avevano mai ottenuto una moneta d’argento, e avevano ragione di credere che un simile avvenimento non si sarebbe ripetuto una seconda volta.
Lotte strinse forte le labbra tra loro e abbassò lo sguardo sui propri piedi mentre camminava. La situazione non le piaceva affatto e iniziava a pensare che fosse meglio tornare a casa e restituire la moneta d’argento, che era la causa di tutta la loro indecisione.
Hans si fermò all’improvviso, e Lotte tardò a fare lo stesso; un attimo dopo andò a sbattere contro la pancia di qualcuno. Fece un passo indietro, tornando accanto al fratello, poi alzò gli occhi.
Era uno sconosciuto. Aveva dei folti baffi neri, una grossa pancia, una camicia piena di macchie e un paio di calzoni logori. Il suo naso, pensò Lotte, aveva la forma di uno dei piedini di Clara.
«Che combinate, marmocchi? Vi siete persi?» domandò sbrigativo l’estraneo, usando poca cortesia.
Hans e Lotte non risposero e continuarono a fissarlo. Però fecero tutti e due un passo indietro, e le gambe esili di Hans parevano pronte a correre.
L’uomo grugnì, ricambiando i loro sguardi solo per i primi secondi. Poi distolse il proprio e si frugò nella tasca, tirando fuori un fogliaccio logoro piegato più volte.
«Ho capito. Piglia, marmocchio».
Hans sollevò impercettibilmente le sopracciglia alla vista di un foglio con un lato completamente privo di scritte o di disegni. Lo prese in mano, lo guardò un attimo, poi tornò a guardare l’uomo.
«Andate... e fatevi un giro con gli altri bambini. Non date noie agli adulti» borbottò lo sconosciuto. Poi, con andatura dondolante, si allontanò.
Hans fece per mettere via il foglio nella propria tasca, ma Lotte gli fermò la mano e glielo sfilò delicatamente di mano, aprendolo.
All’interno, approssimativamente, c’era scritto così:

Grande Fiera delle Meraviglie

La più grande fiera itinerante della regione presenta le sue più grandi attrazioni
Tutti gli artisti si esibiranno per voi in arena

E verrà presentato per la prima volta

Il Sospiro dell’Eden

Conosciuto anche come

L’Incantatore del Paradiso

Da un lato era ritratto un pagliaccio, dall’altro un’acrobata in costume. C’era una scritta molto più piccola sul bordo inferiore della pagina, che per colpa di una macchia scura non si leggeva bene.

Ing... ... ...mento. Pr... ... ... ... me.

Si guardarono, occhi negli occhi. Non esattamente, dato che l’occhio sinistro di Lotte non guardava mai dritto.
Se il papà o la mamma avessero scoperto che erano stati lì dentro senza di loro e senza il loro permesso, sicuramente sarebbero stati puniti con la stecca da tutta la famiglia, nonno e nonna compresi. Però non avevano neanche mai visto una fiera in vita loro, ed erano curiosi di scoprire cosa c’era di tanto straordinario da vedere.
Si ripresero per mano, Hans infilò il foglio nella tasca e insieme proseguirono.


Ciao a tutti e grazie per aver letto la fiction fino alla fine!
Questa storia nasce un po’ dal nulla. Per scriverla ho trovato ispirazione in storie diverse, ma faccio da subito del mio meglio per renderla una storia originale.
Soprattutto, questa fiction nasce con l’intenzione di essere una fiction interattiva. Per il momento non c’è nulla d’interattivo, ma più avanti nella storia comincerò a mettere una domanda alla fine del capitolo, con due opzioni tra cui scegliere per decidere come far andare avanti la storia. A seconda della maggioranza di voti che riceverò, scriverò il capitolo successivo e la storia andrà avanti.
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto. Scriverò tutti i titoli dei capitoli in tedesco... pur non sapendo il tedesco. Se faccio degli errori scrivendoli, ditemelo subito e modificherò. xD
Ci vediamo al prossimo capitolo.
Ignis

   
 
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