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Autore: Denki Garl    18/08/2012    3 recensioni
-Ma del tipo che sei in pigiama, o sembra a me?-
-Sì, qualcosa del genere. Ma va be’…-
La fievole luce delle cinque e quaranta di agosto brilla come un faro, la stella del mattino che conduce i marinai alla fermezza della sollievo. Un leggero venticello li avvolge come una calda coperta, lasciando i loro cervelli indecisi se provare gratitudine o delusione, ed un quartiere tranquillo li circonda.
Foglie che cinguettano, giardini che abbaiano, fuggiaschi senza una meta. Troppo silenzio, due menti che elaborano, vicoli ciechi. Stiamo correndo in circolo.
-Scegli tu dove andare.-
-C-cosa? Ma Agnes…-
-Scegli!-, gli mette fretta, sente l’ansia arrivare.
-Verso la fermata del tram, andiamo al molo.-
S’incamminano, l’ansia sembra non reggere il confronto e restare indietro nella corsa, ma il dubbio si è appena scontrato con Logan.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ARE WE THE LAST LIVING SOULS?

 

 

 

 

 

 

 

Tamburella con le dita sul ginocchio, freneticamente. Non lo so. Guardati intorno, ansiosamente. Chi lo sa.
Mordicchiati il labbro, fa niente se poi sanguina. Tutto passa prima che ti sposi, dicono, ma forse è perché non ti sposerai mai.
Apri il cassetto della scrivania, cos’è tutta questa fretta? Squaglia, gira, lecca, infiamma. Aspira.

 

-Cos’è che combini, Agnes?-, una voce arriva alle sue spalle, ma lei non risponde. È troppo presa dal vorticare del nulla che ha nella testa in questo momento.
-‘Nes?-, ripete Logan, ma non è preoccupato. Si avvicina con calma, guardandosi attorno. Ha sempre amato quella stanza, gli ha sempre detto qualcosa, anche se non ha mai capito cosa. Gli dava una bella sensazione, di libertà, di adolescenza, di spreco. A ben pensarci, Agnes gli pare l’incarnazione del cosiddetto ‘live fast, die young’, ed è anche e soprattutto per questo che l’adora, molto probabilmente. Lei è una a posto, nonostante tutto. Si è persa e non fa niente per ritrovare la sua strada, ma questo semplicemente perché ha imparato a convivere con tale situazione. È una che sa il fatto suo, che non si arrende. È una che continua ad andare avanti, magari strisciando, ogni tanto, ma non si pone il problema. Non le interessa. È Agnes, niente di più, niente di meno. Una ragazza straordinaria, intelligente e brillante che nonostante i suoi diciassette anni ha già capito molto. Abbastanza per farsi le ossa ed avere palle a sufficienza per prendere a calci nel culo chi merita. Forse Logan la invidia un po’, in effetti, o forse ha una sorta di cottarella per lei, questo ancora non si è capito.
-Rifletto.-, risponde lei senza preoccuparsi di voltarsi e guardarlo in faccia, continua a dargli le spalle mentre si ostina a fissare l’azzurro del cielo fuori dalla finestra. -Anzi, contemplo.-, si corregge.
-Pensavo non ci fosse niente di degno, al mondo.-
-Infatti non c’è.-, lo rassicura, facendo scaturire in lui ilarità. -Contemplo la merda.-
-Ah, wow!-, fa sarcastico Logan. -E com’è?-
-Merda, Logan, è merda. Fa proprio schifo, non saprei come dirtelo.-
-Intendevo com’è contemplare la merda, genio del male!-
-Ah, scusa.-, fa una breve pausa. -Be’, è una merda comunque.-, chiude il discorso.


Ridete, sorridete, state bene, siete felici. Il mondo è chiuso fuori, siete voi in un microcosmo. Piccolo e perfetto, tutto è perfetto, è lì che siete nati per stare.

 

Agnes finalmente si volta e guarda Logan dritto negli occhi. Ha degli occhi così belli, sono così dolci. Sembra quasi un cucciolo, in alcune rare volte. Come adesso. Adesso sarebbe un momento perfetto per abbracciarlo e dirgli quanto gli vuole bene. Quanto significhi per lei che lui resti.
-Sei in ritardo, comunque, sai. Le donne non si fanno aspettare, lo dice il galateo.-
-Sul serio?-
-No. Cioè, non lo so.-, si corregge. -Oh, ‘fanculo. Lo dico io, okay?-
Logan ride, butta la testa all’indietro. Ad Agnes piace far ridere le persone, perché pensa che quando uno rida di cuore stia bene. Non è che sia una di quelle brave Madonne devote al bene e all’altruismo, anzi, le reputa delle gran puttanate. Facilmente, per qualche breve attimo non ha la sensazione di essere un fallimento ambulante, anzi, al contrario, sente d’aver compiuto qualcosa.
-Me lo dai un tiro?-
-Vuoi un pugno?-
-No, uno spinello.-
Agnes trattiene a stento un risolino, mentre lancia un’occhiataccia contrariata a Logan. -Ma mi hai preso per stupida?! L’avevo capito, eh!-
-È quello, effettivamente, che dice la tua maglietta.-, ribatte il ragazzo indicando il petto di lei. Stupid.
-Veramente dice ‘guardami le tette’.-, fa risaputa, e non si stupisce dell’espressione d’incomprensione dell’altro. Porta l’indice a indicare la scritta sulla t-shirt, poi spiega: -Vedi? È proprio sulle tette, è come a dire ‘guardamele’!-, ridacchia. Poi è un attimo, che lo zittisce autoritaria.

 

Clock. La serratura scatta e subito dopo anche Agnes. Sguardi allarmati, movimenti bruschi, spiegazioni celeri, ordini autoritari. È mia madre. Andiamo.

 

Agnes allunga un braccio e afferra una maglia, poi mette un piede sulla sedia, uno sulla scrivania e salta. Logan vede la sua chioma lilla sbiadito troneggiare il contrasto con la maglia a righe che si è infilata uscendo dalla finestra. La segue d’improvviso, come se si fosse appena ripreso da uno stordimento momentaneo. Fa una breve corsetta per avvicinarsi alla ragazza che, senza preoccuparsi di controllare se lui la stesse seguendo, aveva preso a marciare fuori dalla porta in legno sconquassata, diretta non si sa bene dove. Lo sguardo gli cade sulle sue caviglie nude, nota che non ha i calzini, immagina che tra un po’ se ne lamenterà. Poi sale per le gambe spaventosamente magre, nivee, e giunge ai pantaloncini azzurrini del suo pigiama.
-Perché?-
-Non mi andava di vederla. O sentirla.-
-Ahn.-, fa poco interessato il ragazzo. -Ma del tipo che sei in pigiama, o sembra a me?-
-Sì, qualcosa del genere. Ma va be’…-
La fievole luce delle cinque e quaranta di agosto brilla come un faro, la stella del mattino che conduce i marinai alla fermezza della sollievo. Un leggero venticello li avvolge come una calda coperta, lasciando i loro cervelli indecisi se provare gratitudine o delusione, ed un quartiere tranquillo li circonda.

 

Foglie che cinguettano, giardini che abbaiano, fuggiaschi senza una meta. Troppo silenzio, due menti che elaborano, vicoli ciechi. Stiamo correndo in circolo.

 

-Scegli tu dove andare.-
-C-cosa? Ma Agnes…-
-Scegli!-, gli mette fretta, sente l’ansia arrivare.
-Verso la fermata del tram, andiamo al molo.-
S’incamminano, l’ansia sembra non reggere il confronto e restare indietro nella corsa, ma il dubbio si è appena scontrato con Logan. -Perché questo?-
-Cosa?-
-Perché ho dovuto scegliere io.-, spiega contrariato. La risposta la conosce già, ha fatto scaturire la rabbia che ora gli sale in gola, trattiene le parole che questa ha condotto con sé perché vuole prima esserne sicuro. O forse spera solo di essersi sbagliato.
-Mi stava venendo ansia.-
-Sì, ma perché?-
-Dovevo scegliere. Non riuscivo a scegliere.-
-Hai scelto di non scegliere.-
-Ho scelto di non scegliere.-
-Lo fai tutti i giorni, Agnes…-, conclude abbattuto, la voce un filo di fumo che man mano si disperde nel cielo.
-Scegliendo la droga.-, sembra dispiaciuta.

 

Sensi di colpa, marea alta, pioggia di lacrime che si depositano nei polmoni. Profondi sospiri, gli intestini annodati, fronti aggrottate. Morsi alle labbra, timori nel cuore, voglia di sparire con un pop.

 

-Avrei dovuto prestare più attenzione al film, quel giorno a scuola.-
-Mh?-
-Quando Ricketts ci ha fatto vedere Trainspotting*, dico.-
-…-
-O, avanti Log’!-
-‘Nes?!-
-Non fare quella faccia!-
-Non sto facendo nessuna faccia.-
Il loro insegnante di biologia aveva fatto vedere loro quel film durante una delle troppe lezioni volte alla prevenzione della tossicodipendenza. Ad Agnes non era rimasto troppo impresso, le immagini proiettate nella sua mente non trovavano nessun ricordo per orientarsi nello smistamento e così erano svanite col tempo. Poi il caso aveva voluto che una frase si ripresentasse alla sua memoria, con irruenza, violenza, ci si era schiantata lasciando un calco indelebile. Ho scelto di non scegliere… Scegliendo la droga.
Ma non si trattava di questo, all’inizio. Quando il declino era cominciato, era semplicemente causa di quel futuro troppo evanescente per essere concretizzato, così velocemente che gli ‘adesso’ erano stati tutti sostituiti dai ‘poco fa’. Agnes aveva un presente in mattoni, tra le mani, ma non sapeva che farci, perché non aveva un futuro da costruire. Allora se lo gettava alle spalle, lasciando che il cumulo di detriti del passato aumentasse di livello a dismisura. Col tempo qualche opzione le capitava a tiro, ma le mancava tutte, quasi di proposito, potremmo azzardarci a dire. Aveva perso la strada e trovato un rifugio nella droga, così confortante che persino ora che più vie le erano state indicate, non se la sentiva di riprendere il cammino. Stava bene, non aveva bisogno di altro. Lasciava che la vita le scorresse addosso come una rinfrescante pioggia estiva, si beava nel flusso dei suoi pensieri, non si preoccupava di niente. E questa era l’unica cosa di lei che lasciava Logan contrariato. La soluzione non c’era solo perché Agnes non la guardava.

 

Accuse. Carenze motivazionali. Ispirazione agli sgoccioli. Apatia. Assenza di senso. Paranoia. Paura.

 

-Ag… Agnes, che… ?-, si allarma,  anche il suo cuore inizia a battere all’impazzata nel buffo tentativo di apparire come quello della ragazza. -Respira. Respira. Piano, con calma. Ecco, così…-, le posa una mano, aperta, sulla schiena piegata in avanti, e l’altra la porta al suo petto.
-Non lo so…-, singhiozza lei, inizia a tremare. -Non lo so…-, ripete, -Non lo so…-.
-Voglio un latte alla ciliegia.-, sentenzia in chiusura, la voce flebile e lo sguardo docile. Logan le sorride, felice che si senta già meglio, e l’aiuta a mettersi su diritta con la schiena. Poi lei gli afferra la mano, sentire la stretta fredda e sudaticcia di Agnes gli ha acceso un fuoco nel cuore.
I passi si susseguono lenti e cadenzati, i battiti del cuore si sincronizzano, davanti a loro la discesa che li condurrà alla riva.

 

Tranquillità,

armonia,

pace interiore.

 

-Te lo immagini come sarebbe se al mondo restassimo solo io e te?-
-Sarebbe bello. Ma non avremmo Nathan, penso che dopo un po’ mi mancherebbe. A te no?-
-Mh, anche, credo, sì. È un po’ difficile da dire, non pensi?-
-Sì, infatti.-
-Però, in effetti, senza la band… Oh, senti, non farmici pensare che non ne vengo fuori!-, taglia corto Agnes, mentre lascia andare la mano di Logan per sventolarla in aria, come stesse cacciando una mosca fastidiosa che le ronza attorno alla testa. Poi si avvicina un po’ di più a lui e posa la testa sulla sua spalla, si fa cingere i fianchi dolcemente. Lo sente, il tocco di Logan, lo sente che non è quello di un amico. Realizza che le va bene così; il bene che si vogliono è qualcosa di puro, non va detto, va sentito. E quell’affetto, non a condiviso con la persona cui esso è indirizzato, va regalato e basta. Ed è così che quel sentimento è reso possibile: entrambi sanno che c’è, da qualche parte, nel profondo dei loro cuori, ma non ne fanno parola, a malapena ci pensano.
Tuttavia, il loro bassista, quel Nathan che vengono da nominare, se n’è ben accorto, ed è loro grato per l’atteggiamento che hanno assunto. Quando aveva trovato la band, aveva trovato la salvezza, era giunto al riparo tra quattro mura casalinghe, e sapeva che Agnes e Logan, ormai consci dei loro sentimenti, li tacevano per non rovinare quell’atmosfera familiare che era venuta a crearsi. Perché se c’era qualcuno che non potevano permettersi di perdere, erano proprio loro.
E allora andava bene così.

 

Un passo, ancora un altro. Un battito, ancora un altro. Uno sguardo, ancora un altro. Osserva il mondo, cattura quei momenti e imprimili nel cuore. Un passo, ancora uno. Un battito, ancora uno. Uno sguardo, soltanto un altro ancora. Non c’è niente che non vada, quando l’aria marina invade i tuoi polmoni. Un passo, un altro soltanto, un battito, ancora uno. Il tempo fluttua leggero e ti lascia un vuoto nel petto senza che tu te ne accorga. Avanti, ancora un altro po’, presto potrai fermarti.

 

Non è sempre vero che la curiosità uccide. Ciò che tiene in vita Agnes è proprio questa. Perché ciò che ha vissuto finora nulla le ha dato se non sconforto. È delusa dal genere umano, ha perso ogni speranza. Ma non sa quello che domani può riservare, ed è dannatamente curiosa di scoprirlo, pur immaginando che non sarà nulla che non abbia già visto. Ma sa che, di tanto in tanto, la vita ti dà delle stupefacenti sorprese, e lei è avara. Non vuole perdersene una. Allora cammina, oggi non sarà più lungo di ieri. Sa di potercela fare.


Cos’è un brutto giorno in più, quando alle spalle ne hai da vendere?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 *film di cui vi consiglio di vedere almeno la scena iniziale, almeno per avere un po' più chiaro ciò cui si riferisce la storia.

DE’s:

Nulla da dire, sto sperimentando. Ma non come potreste credere voi.

Vi sarei grata se mi deste la vostra più sincera opinione, è importante. Molto. 

   
 
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