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Autore: AlexanderPlatz    19/08/2012    0 recensioni
La storia narra di come un ragazzo, vissuto nelle convinzioni che la vita gli ha insegnato, si ritrova catapultato in una nuova realtà che metterà in luce il suo risentimento e la sua angoscia.
Arrivato alla maturità con la voglia di svelare cosa abbia determinato la follia di sua madre, si imbatte in tutt'altro, dimostrando più fragilità di quanto non volesse ammettere.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una donna si accende la sigaretta che le ho porto con la fiamma della candela porta in mano, ammicca e me la restituisce. La mia vista è annebbiata dall’alcol e dal troppo fumo che intossica la stanza del locale, ma riesco a vedere i suoi occhi di pantera. Neri come l’abisso e belli come l’universo stellato.
Mi prende per mano e mi conduce su per le scale dove consumiamo le nostre energie in quello che più che amore si trasforma in uno scambio di corpi e di menti, finchè non ci spegniamo e mi abbandono alle ombre di un mondo che non conosciamo.
La mattina dopo la stanza è invasa dalla luce che filtra sottile sotto le mie palpebre e mi acceca gli occhi.
Alzo la testa ancora invasa dalle illusione che alcol e droga hanno fatto nascere la sera prima e mi trovo accanto a quella Donna che con tanta forza e tanta grazia mi ha fatto crollare la sera prima.
Non ne conosco il nome, non lo ricordo, ma il suo corpo è bello e la sua pelle profuma di pulito. Si muove nel sonno, ma non si sveglia.
Faccio piano per non svegliarla io e mi vesto di tutto punto per uscire, non voglio sapere se era una prostituta o solo una ragazza disperata in cerva di affetto.
Scendo al piano terra ma non mi fermo al bancone per il caffè, esco in strada e respiro aria fredda che mi fa bruciare il naso, ma mi sento bene e in forze.
Il cielo è libero, è sereno. La neve a terra è ghiacciata e scivolosa ma gli spazzini, nella notte hanno ripulito strade e marciapiedi per fortuna. È incredibile come durante la notte o comunque durante la vita, non ci accorgiamo di quante cose accadono attorno a noi per noi. E spesso non sappiamo nemmeno essere riconoscenti della cosa, le persone si vergognano di spalare la neve o di pulire le strade e vengono spesso sottopagati, invece sono fra i mestieri più utili e nobili della società in cui viviamo. Invece i banchieri vengono elogiati e premiati per far si che interi stati vivano nel debito continuo, queste situazioni paradossali non le ho mai comprese e sono convinto di morire ad un’età in cui ancora non avrò compreso queste idiozie umane.
Mi fermo ad un rivenditore di tabacco ed acquisto un sacchetto di tabacco sciolto con la carta per fare le sigarette, e subito ne ho una tra le labbra e la fiamma di un fiammifero ad incendiarne l’estremità. Aspiro a fondo godendo del fumo che mi scalda i polmoni ed assaporando il gusto che lascia al suo passaggio sulle mie labbra.
Accenno ad un paio di saluti a due distinti signori che conobbi anni fa ad una cerimonia di nozze di una coppia che conoscevo appena e che non avevo mai considerato amica, ma loro a quanto pareva sì. Finalmente salgo i gradini che portano all’ingresso della mia piccola casa in Lake Street.
Entro nell’atrio e sento il tiepido calore della casa invadermi e scaldarmi fino nelle ossa.
<< Signora Finegan, sono a casa >> la signora Finegan è la mia padrona di casa nonché unica vera amica che ho, la conosco da ormai sei anni e lavora per me da sette, ma il primo anno ci è voluto solo perché ci ambientassimo l’uno all’altra.
<< Ben tornato signor Bent, passato una buona nottata? >> la sua voce è ironica e mi canzona con un accenno di inflessione materna che mi trasmette anche rimprovero.
<< Discreta direi, e assolutamente confacente alle mie attese >>
<< Sono contenta. Desidera la colazione? >>
<< Solo un toast ed un caffè veloci poi devo scappare a lavorare >> il mio sguardo cade sul giornale del mattino e mi siedo al tavolo in salotto a leggere la prima pagina.
Nella nottata nuovo omicidio da parte del serial-killer denominato Kassius.
Una giovane donna in questo caso  è stata vittima della furia assassina del killer a cui negli ultimi tre mesi sono stati attribuiti ben sei omicidi, tra cui quello della donna incinta Maria Gennaro di nazionalità italiana.
Nell’ultimo omicidio, avvenuto nella nottata, la vittima è stata un barbone residente da anni nei pressi della stazione e che, a parer di molti, era del tutto innoquo ed inoffensivo.
L’uccisione è stata eseguita sbattendo la testa dell’uomo sullo spigolo della panchina su cui dormiva su cui sono stati ritrovati resti del cerv..
 
Smetto di leggere per non guastarmi l’appetito, e passo a leggere di politica.
La mia colazione arriva proprio quando finisco di leggere l’ultimo servizio.
Mi gusto il toast al tacchino che la mia governante sa fare buonissimo e mi riscaldo la gola con il caffè, che non è come quello italiano ma è pur sempre buono.
<< Va via ora signore? >>
<< Tra poco Margaret. Devo incontrarmi con il signor Letton per pranzo, ma prima voglio avere il tempo di passare per l’ospedale >>
<< Capisco. Ha bisogno di nulla? >>
<< No, ti ringrazio. Cambio solo le scarpe e poi sono pronto ad andare >>
Metto scarpe comode e pesanti, adatte alle lunghe passeggiate. Esco in strada avvolto nel mio cappotto di lana e con un paio di guanti per proteggere le mie mani da scrittore dal freddo.
Cammino per un paio di viali alberati prima di trovarmi di fronte all’ospedale di cura psichiatrica della città, mia madre è ricoverata qui da un paio di anni ormai. Mi faccio coraggio entro.
Dopo essermi presentato ed aver chiesto della signora Scott, un’infermiera grande come un bisonte mi fa strada tra corridoi stretti e che odorano di follia attraverso pazienti che mi fissano svuotati di ogni idea o pensiero, logico o illogico che fosse.
<< Stia attento perché ora passiamo dove i tipi non hanno ancora subito la lobotomia >>
“I tipi”, questa donna mi fa salire la nausea, il vomito. Sono persone non “tipi”.
Superiamo uno spesso cancello di sicurezza e qui ci si accoda un infermiere di dimensioni  animalesche. Le sue mani sono grandi  come il mio avambraccio e non nego di arrivargli solo alle spalle nonostante il mio metro e ottanta.
Finalmente svoltiamo nell’ala in cui è ricoverata mia madre, e sento l’ansia crescere. Faccio un paio di respiri profondi prima di fermarmi di fronte alla porta.
L’infermiera infila la chiave nella toppa arrugginita e fa scattare la serratura, il mio cuore, come sempre accade, ha un vuoto nel vedere mia madre ferma in un angolo rannicchiata e tremante.
Sono il solo con cui riesce ancora a scambiare due parole, il solo che, a volte, riconosce.
Ci lasciano soli e li sento ridere alle spalle.
<< Ciao mamma, sono Albert. Mi riconosci? >> parlo dolcemente senza però muovermi.
Lei mi fissa e vedo che i suoi occhi sono più vivi del solito.
<< Albert? Oh si caro >>
<< Posso sedermi al tuo letto mamma? >>
<< è una gran bella serata Albert, proprio bella. Peccato che non ci sia la musica, sapevo ballare bene una volta >>
<< Lo so, lo ricordo. Mi insegnasti anche il ballo con cui inaugurasti le nozze tra te e papà >>
<< Eh si Albert, sapevo danzare e mi sentivo vivo. Ora sono viva Albert? >> i suoi occhi si riempirono di lacrime dense che facevano fatica a scorrere. Anche i miei occhi si velarono della stessa sostanza.
<< Si mamma, grazie a Dio tu sei viva >>
<< Sono felice di essere viva >> le lacrime erano ancora lì, ma lo sguardo ed il sorriso di mia madre erano di una persona che ama la vita, anche se forse in un modo che nessuna persona sana può comprendere.
<< Sono felice anche io mamma, davvero molto >> le lacrime però, le mie, non smettono di cadere in quella lunga discesa, sento gli occhi bruciare e non riesco a dare un taglio a quelle emozioni bagnate che mi scivolano sulle guance.
<> la sua voce sembra ora quella della mia mamma, la mia vera Mamma, quella forte e sensibile al tempo stesso che ho imparato ad amare ed ammirare.
<< Nulla ma’..nulla sto bene è solo che sono felice di vederti >> le sorrido e lei ricambia il mio sorriso, poi tutto svanisce in pochi istanti. I suoi occhi tornano ad essere solo obbiettivi umani in un corpo che non possiede più una vera mente, e nonostante la richiami più volte so che per oggi ho finito la mia visita, è inutile rimanere a vegliare qui.
Cammino sul marciapiede guastando uno dei pochi giorni all’anno i n cui c’è tranquillità per strada e soprattutto quasi il silenzio. Ho sempre amato il silenzio, mi cullava quando era spaventato da piccolo e ancora oggi mi piace ascoltare il silenzio prodotto dal niente.
Mi fermo a dare dei soldi ad una coppia di barboni che promette di ridarmeli appena faranno fortuna: che bello avere ancora la forza di avere speranza, li invidio.
Raggiungo in anticipo il ristorante e decido di fumare un’altra sigaretta mentre aspetto.
Come sempre sento l’aroma forte del tabacco umido entrare nei polmoni e lasciare un dolce gusto in bocca.
Poi lo vedo arrivare, nella sua stazza minuta il vecchio Letton, amico di vecchia data di mio padre, che col suo passo cadenzato si avvicina a me porgendomi la mano e stiracchiando un sorriso stanco.
Mi chiede se vogliamo entrare ed io accetto, dato che lo stomaco brontola la sua parte di giornata.
Mangiamo in silenzio un paio di panini a testa e beviamo entrambi aranciata.
<< Sei stato da tua madre questa mattina? >>
<< Si, ci sono stati non più di tre o quattro minuti in cui era pressoché normale. Poi l’oblio l’ha rapita ancora >>
<< Capisco. Era una donna così in gamba, ma dopo quello che ha subito non trovo strano che sia stata portata alla pazzia per autodifendersi >>
Rispondo con un mugugno, tutto ciò che riesco a fare in questo momento.
<< Scusa non volevo addolorarti >>
<< Non importa. Hai notizie? >>
<< Ne ho, ma dovremmo smettere tutto questo. Ho paura che sia pericoloso >>
<< Tanto non ho molto da perdere, ma grazie dell’interessamento. Se tu non vuoi più star dietro a questa faccenda non preoccuparti, ti capisco. Ingaggerò un altro al tuo posto >>
<< Non mi tiro indietro, solo ti avverto e ti consiglio >> 
<< Ne farò tesoro, ora cortesemente informami >>
<< D’accordo. Alla polizia ho fatto pervenire la soffiata che mi avevi chiesto e sembra che l’abbiano recepita e presa in considerazione sul serio >>
<< Quindi c’è possibilità di riaprire il caso? >>
<< Ci sono possibilità, non molte ma nemmeno poche >> una pausa, sta riflettendo su cosa dire perché io mi fidi di ciò che mi dice << Sono fiducioso >>
<< Anche io mio caro. Il tuo amico ha scoperto nulla sul bastardo? >>
<< No nulla di che, si vocifera che viva verso il rione nord della città e che lì sia protetto da tutti perché hanno paura. E non li biasimo ad averne >>
<< Se la polizia non si sbriga dovremo muoverci noi >>
<< Davvero vorresti entrare nella partita? Di nuovo? >>
<< Si, è passato un po’ di tempo, ma so ancora fare il mio metiere >>
<< Ragazzo, stiamone fuori ufficialmente. Dai retta a me, è meglio >>
<< Ci penserò, ora scusa ma devo andare. È stato un piacere. Tienimi aggiornato per favore >>
Ci salutiamo solo con un cenno.
È già buio fuori quando esco, e mi dirigo verso casa senza fare tappe. Questa  sera ho in programma di scrivere e voglio aver finito la cena per le venti al massimo.
La casa è calda e l’aroma del tacchino in forno mi fa venire un appetito non indifferente.
 Finita la cena, accendo una sigaretta nonostante le insistenti proteste della mia governante che odia il fumo, e che mi costringe così a cambiare stanza. Decido di fare un bagno durante l’ultima mezz’ora a mia disposizione prima di dedicarmi alla scrittura.
L’acqua bollente mi rilassa  e lascio k la mia testa resti a mollo solo per metà, lasciando che la mia mente vaghi per tutti i pensieri ed i ricordi che passano, lasciando che tracci collegamenti e fili tra tutte le mie idee e non penso forzatamente a nulla. Resto perso in un mondo di niente per una decina di minuti, fino al momento in cui il bussare alla porta non mi riporta alla realtà.
<< Signore, c’è una donna che la desidera. La faccio accomodare? >>
<< Chi è? >>
<< Dice che vi siete conosciuti ieri sera al Drive. Il suo nome è Olivia Russel >>
<< Non ricordo il nome, ma la faccia entrare. Le dica che cinque minuti e sono da lei >>
Mi asciugo in fretta e mi vesto con pantaloni ed una camicia.
La donna la vedo di schiena seduta sul mio divano di fronte al camino scoppiettante, e la riconosco. È la donna con cui ho passato la scorsa nottata, mi chiedo cosa voglia.
<< Buona sera signora, credo che io e lei ci conosciamo >>
<< Direi proprio di si >> volta la testa e mi guarda con aria maliziosa, forse sono solo io a vagare con la mia fantasia ma mi pare di leggere del desiderio nei suoi occhi << Ti ricordi di me? >> la sua voce è vellutata e suadente, mi sento già stordito ed estasiato da quella donna. È molto pericolosa questo genere di donna.
<< Ti ricordo alla mattina. Credo il momento peggiore della nostra compagnia >>
<< Non è stata un granchè in generale >> ammicca per farmi capire che devo stare al gioco, ma non ci sto.
<< Sono curioso di sapere perché sei qui >>
<< Alcuni motivi personali ed altri privati. Di privato uno solo in effetti >> continua ad alludere e la cosa mi crea rabbia per il fatto che lei gioca con me, e dall’altro lato mi rende altamente eccitato. Sento il sangue pulsare nel mio corpo.
<< Potremmo dedicarci alla mia causa personale e poi ti dirò perché sono qui >>
Cedo come un pollo.
Facciamo l’amore in un modo da poter perdere la testa, senza freni, senza limiti. Siamo la stessa persona in continua estasi.
Viviamo un momento unico.
La notte continua ed io resto abbracciato a lei e lei a me, in quello che non so se è un abbraccio o qualcosa di più profondo, ma sto bene e me lo godo.
Accendiamo una sigaretta e parliamo del più e del meno fino a notte tarda, quando lei si riveste e si prepara ad andare, quando è sulla soglia le domando perché fosse venuta.
<< So molto sul caso che stai seguendo >> poi si volta e sparisce dalla casa.
Quelle parole mi fermano il cuore per più di un attimo, e prima ancora che si siano insediate nella mia mente sono fuori dal letto e mi rivesto al volo con ciò che trovo.
Mi precipito fuori e a rotta di collo, ma la donna è già sparita dalla mia vista.
Olivia Russel, il suo nome resterà per sempre nella mia mente come un punto esclamativo indelebile.
La mattina dopo sono diretto verso lo studio del mio amico Letton, pronto a far luce sulla storia, ma il cuore mi si ferma nuovamente alla vista della polizia vicino alla casa del mio amico.
Mi avvicino, il mio cervello ha infiniti pensieri che si rincorrono a più non posso, senza trovarne uno che spieghi tutto questo trambusto, senza che la causa sia la morte del vecchio amico di mio padre.
Mi sento in colpa, mi vergogno della situazione. Potrei esser stato io con la mia insistenza verso questo caso  a provocare qualcuno che si è rifatto su Letton.
I miei occhi sono spalancati e mano a mano che mi avvicino alla casa, e il passo diventa più rapido ma incerto dovuto alle gambe che tremano di paura.
Poi vedo la signora Letton seduta su di una panchina, abbracciata dal vecchio.
È vivo.
Mi avvicno e lui vedendomi arrivare mi si fa incontro con gli occhi rossi di chi ha pianto molto.
<< Oh ragazzo >> mi saluta.
<< Carl che diavolo è successo?! >> la mia voce non tradisce la grande paura che provo.
<< Qualcuno ha tentato di entrare in casa questa notte mentre noi eravamo via..>> mi spiega <<..ma il nostro cane deve averlo intercettato e durante la lotta una vicina ha chiamato la polizia perché spaventata dai rumori. E quando sono arrivati hanno trovato il nostro povero Bradley privo di sensi e ferito, ma la casa integra grazie a Dio >>
Abbasso la voce per non farmi sentire << Pensi che fossero lì per te e non per svaligiare la casa? >>
<< è un’ipotesi plausibile, anche se sono convinto di essermi sempre mosso in modo da non lasciare tracce. Credo che il furto sia qualcosa di più normale >>
<< Già forse hai ragione..ma mi è successa una cosa strana questa notte..>> e gli spiegai tutto per filo e per segno del mio incontro con la presunta Olivia.
Alla fine del mio racconto, il vecchio mi pare più scosso di prima, lo nasconde ma non bene.
Resta a pensare qualche minuto prima di prendere la parola. I suoi occhi incontrano i miei e li scrutano nel profondo.
Mi chiede cosa penso di tutto questo, ed io, in realtà, non so cosa rispondergli. Prendo tempo anche io, poi dalla bocca mi escono i pensieri che mi hanno intrattenuto tutta la nottata scorsa.
<< Forse la ragazza è  una complice e serviva per esser certi che nessuno venisse in casa tua al momento in cui il nostro uomo si facesse vivo >>
<< Possibile, ma allora il nostro uomo ci sta sorvegliando. Perché io non avevo detto a nessuno di questa cena tra me e mia moglie, nemmeno tu lo sapevi. Eppure lui si. Perciò ci sta seguendo, ci tiene d’occhio >>
La rivelazione era disarmante, per quanto semplice ed ovvia, mi metteva con le spalle al muro. Eravamo noi le prede, e non più lui.
In meno di un mese ci aveva scoperti e trovati mentre noi ancora ora brancoliamo nel buio e sappiamo poco e nulla di lui.
Mentre torno a casa mi sento occhi addosso che mi osservano, mi continuo a voltare sicuro di trovare un uomo nell’intento di accoltellarmi alla schiena, ogni angolo è il luogo adatto all’agguato decisivo. Rientro e finalmente ritrovo un po’ di pace.
La signora Finegan mi attende in cucina, ma sono troppo scosso per mangiare. Scappo in bagno dove un conato di vomito mi affiora dalla bocca a tradimento.
L’acqua calda calma i miei nervi più che scossi e finalmente la mia testa si libera di quel cerchio opprimente che è la paura, e riesco a chiudere gli occhi per qualche minuto. Quando li riapro il mondo torna al suo aspetto naturale, il nervoso è scemato e mi ritrovo nuovamente lucido.
Accendo uno sigaretta e la fumo da dentro la vasca, dove bevo anche un paio di bicchieri di whisky per rinfrescarmi la gola, e lasciare finalmente sfogo alla pressione odierna.
Toc-toc
<< Signora Finegan tra poco esco >>
Toc-toc
<< è stata chiara Margaret. Ora esco >>
La porta si spalanca e dietro appare la faccia di un uomo nero, gli occhi bianchi ed i denti rossi di sangue sono le uniche parti che si distinguono nell’ombra del corridoio, mi sorride ghignando e prosegue trascinando per la caviglia una donna che distinguo essere la signora Finegan.
Salto fuori dalla vasca ed in pochi secondi sono nel corridoio buio, e la luce non va.
Ormai la mia domestica sarà morta, ma io non commetterò l’errore di seguirlo, mi dirigo verso le scale e le scendo rapido per telefonare alla polizia.
È stato più sveglio di me.
Una mazza da baseball mi viene schiantata sulla fronte mentre sto per entrare in cucina, ed il buio della casa sembra nulla in confronto a quello che trovo nel sonno.
Mi risveglio con le mani intorpidite dal fatto che sono legato ad una sedia in maniera scomoda, penso appositamente. La mia testa pulsa sommessamente ma con vigore e sento la fronte bagnata e calda. Sono in mutande e legato. Di fronte a me da la schiena l’uomo che mi ha assalito e mangia quello che pare essere un panino.
Mi lecco le labbra salate dal sudore e mi preparo a parlare ma una voce che conosco mi anticipa, e chiede all’uomo di spalle se è soddisfatto del suo lavoro e se può far qualcosa ancora.
Il Nero fa cenno di no.
Sento dei passi e il mio amico  Letton esce dalla mia casa, lasciandomi con un vuoto allo stomaco e la voglia di morire e sprofondare.
Quando mi sento un po’ più connesso alla realtà trovo anche la forza di collegare il cervello alla bocca e formulare la fatidica domanda che da due anni mi ronza per la testa << Chi sei? >>
Ride, ride di gusto. Mi sento disarmato e debole al suono di quella risata da matto.
<< è da molto che mi cerchi mi hanno detto. Sei arrabbiato con me? >> non mi guarda, continua a mangiare dandomi le spalle.
<< Più che arrabbiato, io ti odio con tutto il mio cuore >>
<< E per cosa? >> la sua voce ora è cambiata, è decisa quasi una sfida.
<< Tu sei il serial killer di cui tutti parlano vero? >>
<< E anche se fosse? Per questo mi odi? >> ora sembra divertito.
<< No >> è la verità, il mio odio è ancora più antico << Sei stato tu, due anni fa ad uccidere un uomo a badilate e torturare sua moglie fino a farla impazzire, ho ragione? >> le lacrime mi bruciano gli occhi e non riesco più a trattenerle.
<< Ho ucciso un uomo esattamente in questa casa, tuo padre presumo. Ma non ho mai toccato quella donna, fu tuo padre a torturarla ed io a salvarla >>
<< DI CHE DIAVOLO PARLI?>> la paura lascia spazio all’ira e quest’ultima tira fuori da me un coraggio che non pensavo di avere. L’odio che provo per questa persona è così profondo che desidero solo ucciderlo, anzi voglio torturarlo e poi ucciderlo. Sento il sangue pompare a velocità elevatissima nel mio corpo grazie all’adrenalina di cui è imbevuto il mio cuore.
La sua risata risata roca rimbomba nella mia testa, serro la mascella tanto forte da farmi male e le mie unghie si conficcano nei palmi fino a far uscire minute goccioline di sangue.
<< Ti assicuro che è così. Tua madre la conosco da molti più anni di quanto credi, forse addirittura da prima che conoscesse tuo padre. Lei ed io eravamo soci in affari, se mi comprendi, finchè lei non decise di fregarmi e scappo qui con tutti i soldi che avevamo lasciandomi completamente al verde e senza nulla >> non potevo vederlo in faccia, ma la sua voce era diventata più debole, quasi triste << la cercai per diverso tempo, finchè non la trovai qui. Per un po’ la pedinai senza far nulla, finchè non la vidi con tuo padre. Era tempo di pareggiare i conti, come lei aveva tolto tutto a me, io avrei tolto tutto a lei >>
Finisce il suo panino ruminando come un animale.  Poi riprende a parlare << Mi sentivo sereno quella sera, deciso a fare la mia mossa. Ma una cosa va storta, proprio quella sera tua madre confessa il suo passato a tuo padre, tuo padre che era un militare reduce di guerra. Lui va su tutte le furie e la picchia perché non sopporta di esser stato ingannato. La picchia forte e senza ritegno, ed io ero fuori dalla porta e sentivo tutto. Mio malgrado quella sera ero particolarmente sensibile e mi dispiacque sentire tua madre gridare a tal modo, entrai in casa ed ebbi una colluttazione con tuo padre, alla fine della quale mi ritrovai vincitore e lui morto >>
Io non avevo mai sentito raccontare la storia da nessuno dato che mia madre era impazzita. Si erano fatte ipotesi durante le indagini ma nessuna che assomigliasse a questa.
<< Tua madre non è impazzita >> riprende a parlare più lentamente così che le parole mi entrino in testa e si imprimano nel mio cervello << fa finta di esserlo perché lì è al sicuro da me >>
<< Se quello che hai detto prima poteva aver un briciolo di senso questo assolutamente no >> non posso accettare queste verità senza controbattere, senza avere la forza di provare a non crederci.
<< invece si, quando tuo padre morì lei mi ringrazio per avergli salvato la vita. E per ringraziarmi si offrì di dirmi dove aveva messo tutti i soldi che mi aveva rubato al tempo. E mi spiegò tutto, fino nei minimi dettagli. Io mi precipitai nel luogo e lì mi attendeva una bella sorpresa, non solo non c’era nulla ma mi aveva mandato in mezzo ad un covo di ladri ed assassini che mi fecero la festa ma non mi uccisero. Grave errore, dato che a poco a poco, come dovresti sapere se leggi i giornali, li sto rintracciando tutti e o loro stessi o i loro figli li uccido. La vendetta va gustata lentamente come ben sai >>
Ero sconcertato da quelle parole, la mia realtà si stava sgretolando ogni secondo di più.
<< Non credo alle cose che dici, non hai prove >>
<< La prova è lo stesso Lescott, amico sincero di tuo padre e che odiava tua madre. Come ben sai è un buon investigatore, e aveva scoperto tutto su tua madre tanto da trovare me prima che io trovassi loro, la sua sfortuna fu che lui era pronto a trattare mentre io no.
Mi propose più volte soldi per lasciare in pace la tua famiglia, ed io mi sono sentito parecchio offeso dalla sua insistenza, tanto che l’ho minacciato di uccidere la sua di moglie >> ride di gusto, tuta questa storia lo diverte da matti << a quel punto diciamo che si è visto costretto, ad accettare di fare un paio di buone azioni per me. Tra cui tenermi nascosto da tutti negli ultimi mesi, ed infine prendere te >> assapora le sue stesse parole come se ogni sillaba gli provocasse piacere fisico.
<< E che vuoi da me? >>
<< Ovvio, che convinci tua madre a parlare >>
<< Mia madre è pazza!! Come devo dirtelo? >> l’ira stava calando nuovamente lasciando che il cervello non ragionasse più.
<< Oh no, è qui che ti sbagli. Lei è la più sana tra tutti noi, finge di esserlo >>
<< E a che scopo? >>
<< Essere protetta da me, pensaci? Le guardie che ci sono all’ospedale di psichiatria sono persino più robusti di me e sono gelosi  dei loro pazienti. Solo loro possono maltrattarli, perciò mi è impossibile accedere e farle del male >>
<< E perché non mi ha mai avvertito? >>
<< Perché è egoista ecco tutto >> la semplicità con cui deride ed umilia mia madre mi fa venire la pelle d’oca. È assolutamente spietato.
<< Non aiuterò mai te, hai ucciso mio padre bastardo! >> le parole volano dalla mia bocca senza che me ne renda conto e in ancor meno tempo lui mi è addosso e mi fa ribaldare con la sedia con la testa all’indietro. Prendo una testata talmente forte che sento gusto di sangue in bocca.
Le sue labbra sfiorano il mio mento ed i suoi occhi che ora noto essere gialli e non bianchi, fissano i miei a pochi centimetri.
<< Se non lo farai, continuerò ad uccidere. A te la scelta >>
Il bastardo nero mi ha in tasca e lo sa, non potrei mai accettare che lui uccida altre persone per il mio egoismo.
<< Cosa vuoi sapere da lei? Solo dove si trova il tesoro? >> fisso un punto sul pavimento senza veder nulla, sentendo solo il ronzio del silenzio nella mia testa.
<< Si >>
Mi trovo sul mio letto da ore a chiedermi cosa sia successo questa notte, mi sento strano, svuotato delle emozioni senza pensieri e assolutamente privo di qualsiasi forma di ricezione di ciò che mi accade attorno.
Domani dovrò andare a far luce su tutto quello che mi è successo oggi, mia madre, se non è pazza ma finge solo, dovrà darmi molte spiegazioni. Forse impazzirò io dopo tutta questa storia.
Fumo la terza sigaretta della giornata, la signora Finegan non lo avrebbe permesso ma ora lei è sdraiata nel suo stesso sangue su in soffitta. Mentre bevo il mio secondo bicchiere di brandy cammino verso lo studio di mio padre, ancora intatto. Sono lì per cercare la sua pistola, sono arrivato alla conclusione che se devo perdere questa partita, la perderò provando a farmi giustizia da solo, nel modo più estremo.
Esco di casa diretto all’ospedale con un peso in più in tasca.
Mi sento distaccato da tutto, come se la mia vita stia andando al rallentatore, e forse è davvero così.
Mi fanno strada come al solita fino alla cella, perché di cella si tratta, in cui mia madre ancora dorme.
La scrollo per svegliarla e lei si desta con stupore, poi mi sorride da ebete ma io ricambio con il più glaciale degli sguardi.
<< Ma’..è successa una cosa e devo parlartene.. >> le racconto tutto per filo e per segno, provo a leggere le sue espressioni e più di una volta mi pare che dal suo sguardo vacuo spunti un’occhiata preoccupata <<..quindi sono qua a chiederti, sei davvero pazza? >>
Il silenzio cala nella cella, e la pressione di una risposta mi attanaglia il cuore e lo porta nella mia gola.
<< Albert, mi dispiace >>
La voce di mia madre è limpida e chiara, non come il giorno prima o quello prima ancora o per tutti gli ultimi due anni. Sento lo stomaco rivoltarsi ed il mio cervello battersi per non accettare la situazione, ma quella è e non posso cambiarla. Sono stato ingannato dalla mia stessa madre per egoismo.
Estraggo la pistola della fondina che porto a tracolla vicino al cuore, la fissò con occhi che gocciolano amare lacrime di rancore e dolore e rabbia. La sento iniziare una nuova frase, una nuova bugia di certo. La stoppo come mai avrei pensato di fare. Il rombo della pistola fa tremare le pareti, e mi fa sussultare il sangue e tutto il resto che esce dal buco che si crea nel suo cranio.
La faccia di mia madre non esiste più ed io piango disperato il mio stesso gesto.
Quando arrivano le guardie non ho le forze per scappare e lascio che mi arrestino che mi sbattano la testa a terra e che mi coprano di parole.
So già che sicuramente, anche la mia buona donna di casa, sarà assegnata a me. E già so dove finirò la mia vita.
  
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