Libri > Eragon
Segui la storia  |       
Autore: Zio Scipione    19/08/2012    1 recensioni
Il cavaliere Peragon e la sua dragonessa Shakira sono in viaggio per spodestare il malvagio re Galbanino. Una revisione totale della storia di Inheritance, pur mantenendone la trama e i personaggi.
Genere: Comico, Fantasy, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SULLE RIVE DEL LAGO DI LEONA
 
Peragon attraversò a grandi falcate l’accampamento immerso nell’oscurita. Aveva trascorso le ultime ore a colloquio con Nasuada, Arya, Garzhvog, Orik, Orrin, Oin, Gloin, Bifur, Bofur, Bombur e tutti gli altri personaggi super secondari di cui nessuno si ricorda.
Camminava nell’oscurità, evitando i falò e le torce perché si era stancato di firmare autografi.
Davanti a lui apparve Elva, la bambina diventata una strega per un errore di ortografia.
«So cosa sei venuto a dirmi» disse lei.
«Lo so ma te lo dirò lo stesso perché i nostri lettori non ci leggono nel pensiero. Hai ucciso tu il povero Wyrden, per colpa tua Arya si è quasi tagliata la mano, per colpa tua quel messicano ci ha importunati lungo tutti i sotterranei di Dras-Leona, per colpa tua ho perso la cinturina di Gucci dentro quelle caverne schifose».
A Elva brillarono gli occhi, come in un manga ad eccezionali livelli di pucciosità, e si scusò.
Dopodiché Peragon andò a trovare Arya, sempre speranzoso, ma qualcosa lo anticipò. Un paggio intimorito (il cugino di quello che era morto ad Arughia).
«Oh grande e ineguagliabile ammazzaspettri» disse.
Peragon contrasse i pettorali e prese in mano la spada.
«Dimmi pure, e vedrò se dall’alto della mia grandiosità potrò aiutarti».
Il paggio lo guardò. «Tu chi cavolo sei? Io stavo parlando con Arya. La mia signora desidera che tu vada da lei domattina prima dell’alba».
«Dille pure che per le undici e mezza, dodici meno un quarto al massimo ci sarò».
Il paggio si allontanò verso la tenda di Nasuada.
«Si fa confusione ora che entrambi abbiamo ucciso uno spettro» disse Peragon.
«Sì, ma tu l’hai ucciso per caso quindi non vale».
«Vabbè, in ogni caso ti potrebbero chiamare principessa».
«No, visto che non lo sono».
«Come? In tutti i siti su Eragon e pure su Wikipedia c’è scritto “Arya drottningu”».
«Ma non le hai lette le appendici del libro? Non vuol dire mica principessa».
«Ma scusami, facciamo giusto un’ipotesi improbabile, proprio un evento che non potrebbe mai accadere in questo libro, se, ecco, tua madre dovesse morire, ma ripeto è solo una mera invenzione, chi le succederebbe al trono? Tu, no?».
«Gli elfi fanno un sacco di cose complicate, che ne vuoi sapere tu di successioni elfiche, che non le sa neanche Paolini».
«Beh, comunque, vuoi venire nella mia tenda, che fa freddo?»
«Sì, ma ricordati che non c’è trippa per gatti».
Insieme si sedettero all’interno della tenda, e da questo punto in avanti l’autore invita di mandare a nanna i bambini.
 
«Ecco» disse Arya, «tra gli averi di Wyrden ho trovato una cosa che… diciamo… volevo condividere con te».
«È faelnirv?» chiese Peragon.
«Sì, ma quel furbacchione di Wyrden aveva aggiuno un ingrediente particolare, una pianta».
«Ne conosco il nome?»
«Sì, ma non lo dire che ci mettono il bollino giallo».
Peragon bevve un sorso di faelnirv, poi due, poi tre e poi perse il conto. Arya fece lo stesso.
«Eh eh ah oh uh» disse Peragon.
«Perché ridi? Ah ah oh uh» chiese Arya.
«Perché… ah ah… quelli là fuori sono tutti morti! Ah ah eh eh!»
«LoL!»
Diciamo che, per risparmiarci ulteriori scene pietose la serata andò avanti più o meno [URL= http://www.youtube.com/watch?v=Q4vBs3KvLl4]così[/URL].
 
CONCLAVE DI RE
 
L’accampamento devastato, Nasuada scomparsa, Castigo che tornava vittorioso dal suo padrone (da solo perché evidentemente l’attore di Murtagh stava facendo un altro film mentre hanno girato queste scene).
‘È un libro, non un film’ disse la vociona di Glaedr a Peragon, quando tutto si fu calmato. ‘E poi avreste dovuto fermarli!’
«Ecco, ehm» rispose Peragon. «In quel momento i nostri sensi elfici stavano, come dire, affrontando problemi tecnici. E poi sarebbe un tantino scortesuccio uccidere un drago, che tra l’altro il vuvvueffe ha dichiarato in estinzione, causa la presenza di quattro soli esemplari nell’intero universo, e uno di loro è una pallina di venti centimetri!»
Ma non perse troppo tempo con Glaedr e corse verso Roran.
«Roran!» gridò. «Stai bene? Katrina sta bene?»
«Beh…»
«Non mi interessa. Nasuada è scomparsa, non dobbiamo lasciare i Varden allo sbando».
Roran guardò il cugino e disse: «tu devi prendere il suo posto».
«Ma siamo impazziti? Tu, mio strafigo cugino, sarai il suo successore. Persino gli Urgali hanno i tuoi poster nelle tende».
«Ecco, credo re Orrin sia il più indicato».
«Non hai scelta, Peragon, tu sarai il nostro nuovo capo» disse Jörmundur (sì, ho imparato a mettere i puntini sulla o. Si deve fare control + shift + due punti + o).
«Io…» cercò di dire lui. «Non avrei mai voluto ricoprire questo ruolo».
«Perché, qualcuno ti voleva?» disse Orik.
«Non fare battute inopportune» riprese Orrin. «Quanto a te, Peragon, ovviamente sarò io a darti tutte le disposizioni necessarie».
«Gli elfi lo faranno» disse Blödgarm.
«Lui fa parte del clan Ingeitum» disse Orik. «E io sono il suo re».
«Non mi metterò a fare i comodi dei nani» disse Orin. «I traduttori mi hanno perfino scambiato per uno di voi!»
«Come ti permetti?!»
«Insomma…» diceva Jörmundur.
«Leghista!»
«Un po’ di contegno…»
«Comunista!»
«Scempiaggini!» disse Blödgarm.
«Sembrate dei bambini!»
«Voto Fortepadello!»
«Brigman, nessuno ti ha invitato!»
«Smettetela!»
«Mi dissocio!»
«Approfittatore dell’altrui subordinazione!»
«Non è colpa mia se mi hanno ristrutturato la tenda con i soldi dei Varden, a mia insaputa…»
E via dicendo.
Poi Roran si introdusse nella discussione e calmò un po’ le acque.
«Troppe lacrime versate. Troppo sangue sacrificato. Troppe pagine imbrattate» disse. «A questo punto io andrò a Uru’Baen, dovessi distruggerla da solo».
«Sì, adesso sei così figo che ci conquisti una città da solo».
«L’ho già fatto».
Trascorse un secondo di silenzio.
«Fortegirello» disse Arya. «Se dev’essere così… avrai la mia spada».
«E la mia ascia» disse Orik.
«E il mio arco» disse Legolas.
 
LA STANZA DELL’ORACOLO
 
Nasuada si trovava distesa su un pavimento di piastrelle. Era completamente immobilizzata, l’unica cosa che riusciva a muovere era l’alluce destro.
Non udiva alcun rumore, né vedeva niente a parte un soffitto pieno, a quanto pare, di linee colorate (tipo nel film Tron).
È veramente impossibile scrivere un capitolo di comicità su questa scena, dato che non accade assolutamente niente. Perfino il tizio incaricato di sfamare Nasuada era così neutro e indifferente che non fece nemmeno una smorfia quando la regina dei Varden gli staccò il braccio a morsi. Quello se lo incollò di nuovo e prese una fetta di pane, infilandola in bocca alla povera Nasuada. Poi prese un pezzo di morbido formaggio e fece altrettanto.
C’è da dire però che aveva delle unghie alquanto carine.
«Ti piace quel formaggio? Lo produco io stesso» disse una voce alle sue spalle. Un uomo avanzava nella stanza, finché fu visibile. «Già, io sono re Galbanino! Uah, uah, uah!»
«Un’apparizione decisamente modesta per un personaggio che si fa aspettare da quattro libri».
«Nasuada cara, comunque benvenuta a Uru’baen. Allora non sei veramente una afro-zingara vestita di stracci come nel film».
«E tu non sei un settantenne pelato sulla sedia a rotelle. E comunque sappi che non ti rivelerò niente!»
«Tanto io so già tutto. La disposizione del tuo esercito? Le capacità di Peragon? Cos’hanno mangiato i lettori a colazione stamattina? Il fatto che usi Glaedr per bilanciare le gambe del tavolo? So già tutto».
«Allora perché mi hai rapita?»
«Perché sono crudele e ti devo torturare lo stesso, anche senza motivo. Sai cosa pensavo? Saresti perfetta come personaggio cattivo. Perché non abbiamo un personaggio cattivo come te?»
«Forse perché in seimila personaggi sei il solo cattivo».
«Non direi. Murtagguccio? Vieni dallo zio Galba».
Murtagh entrò lentamente. «…zio Galba».
«Vero che è bello stare qui? Non vorresti Nasuada come amica?»
«…vero zio Galba».
«Ma che cattivo?» disse Nasuada, «quel poveretto ha solo il quoziente intellettivo negativo».
«Bene Murty ora torna pure nella tua cameretta. Quanto a te, Nasuada, ecco la scelta: o diventi cattiva, o ti stacco la testa a piccoli colpetti di tagliaunghie».
«Per quale motivo non mi fai diventare cattiva con la sola imposizione delle mani?»
«Ne sarei capace, ma come ti ho già detto sono cattivo e ho una voglia matta di torturare qualcuno».
 
VAGHI FRAMMENTI CONFUSI
 
Solembum si infilava nella tenda di Peragon a passi felpati. Il gatto saltò sulla branda e cominciò a leccarsi le zampe, mentre fissava il ragazzo con i suoi azzurri come il ghiaccio.
«Non sono un cane che va e viene ai tuoi comandi, Cavaliere. Cosa vuoi?»
«È urgente» rispose lui. «Tre libri fa mi avevi detto ‘quando il tuo potere non ti basterà, recati alla rocca di Kuthian e pronuncia il tuo nome per schiudere la Volta delle Anime’».
«Non lo nego».
«Beh, diciamo che dopo tutto questo tempo una domanda sorge spontanea. Insomma sono anni che su internet la gente si chiede il significato di questa frase, ma nessuno ha saputo rispondere. Non ho dormito la notte per quattro anni! Ho riletto tutti i libri sei volte in cerca di questa risposta! Certo, ho trovato un sacco di falsi spoiler su relazioni amorose segrete come quella di Arya-Galbatorix, Nasuada-Orik o, non farmici pensare, Castigo-Islanzadi. E quindi… dove si trova questa benedettissima rocca?»
«Passaparola».
«Come?»
Solembum lo fissò in silenzio.
Peragon fece lo stesso, in attesa della fatidica risposta.
«Per me è la cipolla».
***
Un’ora dopo i due stavano ancora a discutere.
«Quindi non lo sai veramente?»
«Per la seicentesima volta, no che non lo so! Me l’ha detto l’autore di dire quella frase, non l’ho mica scritto io il libro».
Poi passarono due secondi e il gatto cambiò voce.
«Accendi… accendi la televisione…»
«Cosa?»
«La televisione… accendila sul due».
Peragon eseguì e si trovò davanti una puntata di Voyager.
“Si dice che i Draghi vivessero a Vroengard, nella città di Dorù Araeba, un luogo colmo di misteri. Si dice che il santo graal, i teschi di cristallo, i Maya, la Massoneria e il bunker di Hitler si trovino in questa città misteriosa. Ma ora ci trasferiremo a Rennes-le-Chateaux, poco distante dalla Rocca di Kuthian, anch’essa a Dorù Araeba. Insomma: scopriremo mai il mistero dei Cavalieri dei Draghi? O forse è più corretto dire… dei Cavalieri Templari?
Ci sono prove da verificare, testimoni da ascoltare, villaggi da saccheggiare. Sì, ma… dopo la pubblicità”.
 
FRA LE ROVINE
 
«Cosa diavolo era?!» gridò Peragon alla vista di un mostro marino. Lui, Shakira e Glaedr stavano sorvolando il mare diretti a Vroengard.
«Era un Nidhmmnnyhmnn» disse Glaedr, «una delle più inutili cose presenti in questo mondo fantasy. Lo usano per preparare il sushi nei ristoranti più chic di Ellesméra».
«Perché tu e Oromis non ce ne avete mai parlato?» chiese Peragon.
«Perché ci saremmo trasformati in una serie di decine di libroni, peggio del Trono di Spade».
In ogni modo, dopo diecimila chilometri tra le nuvole  e le tempeste (più una piccola parentesi spaziale) i tre riuscirono ad atterrare sull’isola in rovina di Vroengard.
«Ecco la rocca di Kuthian» disse Glaedr dopo un breve giro turistico di Dorù Araeba.
«Bene» disse Peragon, «ora entriamo e concludiamo questo libro!»
«Calma, calma, calma, calma, calma…» disse Glaedr, «il nostro contratto prevede ancora duecento ventotto pagine. Ci andremo domani. Ora dobbiamo sorbirci qualche altra decina di pagine dove si parla solo delle riflessioni mentali di Nasuada».
 
I BRUCOTARLI
 
«Con il cucchiaio?» gridò Galbanino in tono glaciale. «Hai ucciso tre uomini con il cucchiaio? Spero vivamente che sia un errore di traduzione».
Nasuada non rispose.
Durante gli ultimi giorni di prigionia Nasuada aveva cercato di stringere amicizia con il carceriere, ma perfino le più elaborate motivazioni della ragazza ebbero come risposta un «brrmpf» di quell’uomo, che evidentemente non sapeva dire altro. Il giorno della cucchiaiata la stava conducendo ad una sudicia latrina per – come scrive Paolini – “fare quello che doveva fare”.
«Siamo il Comitato per la Censura dei Libri» aveva detto un uomo vestito di nero a Paolini mentre scriveva il libro. «Abbiamo ricevuto una segnalazione. Qua si parla di… cacca».
«Sì…» disse Paolini.
«Come le salta in mente una cosa del genere? Ha mai letto libri dove i personaggi fanno la cacca? Harry Potter, in sette anni passati ad Hogwarts, non è mai andato in bagno eccetto che per combattere. Aragorn e Legolas, secondo lei, si sono mai fermati a fare qualche bisognino lungo la via? La risposta è no. E se lei vuole avere successo come i due esempi sopracitati non deve scrivere quell’infima parola».
«D’accordo» rispose Paolini.
Dopo aver passato parecchio tempo in compagnia del carceriere Nasuada aveva appurato che quello si lucidava le unghie prima di andare a trovarla e, credendo di piacergli, aveva tentato “in altri modi” di persuaderlo a lasciarla andare. Ma quello non si lasciava imbrogliare. Nasuada sospettava che si trattasse di un automa a molla ideato dal re, sia per la sua inflessibilità, ma anche perché ogni tanto si bloccava e un soldato lo doveva far ripartire girandogli una chiavetta sulla schiena.
Insomma, dopo parecchi giorni di routine (visita del carceriere, cacca, pane e galbanino, torture, sonno) Nasuada si era decisamente stancata e, mentre mangiava l’insipida minestrina, aveva afferrato la posata e accucchiaiato il povero carceriere.
Poi Nasuada tentò di usare le sue avances anche su Murtagh, e magari su di lui avrebbero funzionato, se non fosse che il re oscuro per soggiogarlo al suo volere gli metteva nel brodino talmente tanti anestetici che ogni tanto il giovane cavaliere dubitava di essere ancora vivo.
Quel giorno Galbanino si sentiva più cattivo del solito. Estrasse uno scrigno da sotto il mantello. Uno scrigno che, a detta di Paolini, emetteva degli inquietanti ‘scri-scri’ (e ogni tanto anche degli ‘scri-scrà’). Il re lo aprì ed estrasse un bruco dal suo interno.
Nasuada rabbrividì pensando a cosa stava per accadere.
«Questo, Nasuada, è un brucotarlo. Non è come sembra. Non è facile da catturare, anzi». Poi lo mangiò in un solo boccone. «Delizioso. Ora penserò a come torturarti».
Da questo momento partirono le più atroci torture che salteremo perché, a meno che non siate psicopatici o insegnanti di matematica, non fanno ridere.
Quando poi il re era uscito dalla sala, Nasuada era rimasta da sola con Murtagh.
Come di certo ci si aspetterà in una scena drammatica e/o romantica come questa, i due cominciarono a parlare di argomenti importantissimi tra cui la sella di Fastidio o il mercato del Surda, dove Nasuada e suo padre Ajihad vendevano fazzoletti al semaforo e pulivano i vetri delle carrozze.
 
LA ROCCA DI KUTHIAN
 
La dragonessa e il suo cavaliere si stavano svegliando a Dorù Araeba. Il sole, il bosco, gli scoiattoli e tutto il resto facevano il loro dovere scenico.
«Peragon, vai a prendere un po’ di legna» disse Shakira.
«Uffa, perché non ci va Glaedr?» rispose lui ancora con gli occhi chiusi.
«Sono un passeggero a ridotta capacità motoria» disse il drago.
Appena aprì gli occhi Peragon si ritrovò una lumaca gigante a un millimetro dal naso.
«Vabbé che è un fantasy» disse alla lumaca, «ma i brucotarli, il drago cinese, i gufi spaziali, i budini maledetti, tutti nell’arco di dieci pagine sono un’esagerazione!»
«La prima regola della caccia» osservò Glaedr, «è non mangiare la…»
Crunch crunch! Shakira aveva già divorato gran parte delle lumache presenti in zona. Poi ne aveva arrostita una per Peragon, con cui fece colazione.
«Bene ora devi pronunciare il tuo nome davanti alla porta» osservò Shakira.
Peragon si schiarì la voce.
«Ehm ehm. Peragon. Peragon!»
«Ne deduco che non abbiamo avuto successo» disse Glaedr.
«Pee. Raaa. Goon!»
«C’è una sola spiegazione» continuò il drago.
«Peràààgon».
«Questo vuol dire solamente che..»
«Piragun! Paregon! Poregan!»
«Vuoi stare zitto, perdincibacco!?! Quello che voglio dire è che dobbiamo dire i nostri veri nomi per schiudere la porta. Ve la sentite? Se quel servizio di Voyager ci avesse mentito, allora perderemmo la nostra libertà. Volete provare? Affidereste a Roberto Giacobbo la vostra stessa vita?»
I tre rimasero in silenzio a guardarsi.
«Peragòn».
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: Zio Scipione