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Autore: Astrea_    19/08/2012    0 recensioni
Ali è una ragazza solare, allegra, vivace, fidanzata da una vita ed oltre con il suo primo grande vero amore, ma non disposta ancora a credere nei “per sempre”.
Cam, invece, è studiosa, diligente, seria, innamorata dell’amore che non ha mai conosciuto ma che aspetta e cerca con pazienza e devozione.
Poi c’è Mimi, quella bella, seducente, attraente, troppo convinta che l’amore sia soltanto una scusa per chi non ha il coraggio di affrontare la realtà.
Ed infine c’è Aria, intelligente, acida, perfezionista, troppo occupata a fuggire dall’amore stesso per essere davvero in grado di riconoscerlo.
Cosa lega queste quattro ragazze? Semplice, un’amicizia che di normale non ha proprio nulla, o forse tutto, ma è per questo che ve la racconterò…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3

WALL

-What A Lovely Life-

“And it just seems to be so natural.”

ALICE’s pov
“Allora, quante ragazze hai portato qui per baciarle?”, gli chiesi, sedendomi a gambe incrociate a qualche passo dalla sua moto.

Lui mi guardò sbigottito, poi fece qualche passo nella mia direzione e si accovacciò sull’asfalto di fronte a me. Mi sorrise beffardo ed iniziò a parlare, raccontandomi di lui, della sua vita e per me fu come averlo conosciuto da sempre.(Capitolo 10)

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ALICE’s pov
“Non tutte hanno il privilegio di salire sulla mia moto!”, controbatté con gli occhi fissi nei miei.
La sua espressione era serena, i suoi lineamenti rilassati, il suo sorriso mi toglieva il fiato per quanto fosse bello e sincero. Tutto di lui in quel momento mi trasmetteva tranquillità e pace.
Non risposi, seppur avessi già formulato in mente una battuta degna di metterlo in difficoltà. Non volevo continuare a giocare, battibeccando con lui per motivi che poi non avrei neppure ricordato, volevo soltanto conoscerlo meglio, capire chi si celasse dietro la maschera e quella sembrava essere l’occasione perfetta per farlo, non l’avrei sprecata.

“Devi essere molto legato a tuo padre…”, iniziai, con voce insicura e sguardo basso, convinta comunque che lui non avrebbe aggiunto altro sull’argomento, non intenzionato a confidarsi con un’estranea.
Lo vidi abbassare lo sguardo a sua volta, probabilmente imbarazzato. Del resto non aveva tutti i torti ad essere così restio alla prospettiva di aprirsi a me, la sorella di un suo amico, di cui a stento conosceva il nome.
Ma ancora una volta mi stupì, lasciandomi perplessa dal suono della sua voce così naturale e dal suo gesticolare così genuino, mentre con gli occhi fissava il paesaggio che si apriva davanti a noi.
“Si, diciamo che io sono la sua famiglia e lui è la mia.”, commentò sorridendomi, ma sul suo volto ricomparse il velo di tristezza, lo stesso di poco fa.
Nonostante ciò, però, non potei non notare la naturalezza con la quale si espresse, come se quella fosse una cosa a cui fosse abituato, come se si sentisse completamente e totalmente a suo agio, esclusa la riluttanza iniziale.
Quella piccola grande constatazione mi fece spuntare un sorriso ebete ed idiota sulle labbra, così preferii tornare a concentrarmi sulla sua espressione, ancora frustrata e perduta probabilmente tra i rimpianti e rimorsi che aleggiavano nella sua mente.
Solo in quel momento mi resi conto di avergli rievocato brutti ricordi o pensieri e mi sentii in colpa per aver ripreso l’argomento senza curarmi delle sue emozioni e dei suoi sentimenti, senza sapere se lui fosse pronto per parlarne, ma soprattutto senza sapere se lui volesse davvero parlarne.
La voglia e il desiderio che avevo di conoscerlo avevano avuto il sopravvento su altre componenti che in realtà sarebbero dovute essere molto più importanti. Mi diedi immediatamente dell’egoista e mi maledissi per non aver realizzato prima quanto questa conversazione potesse riaprire vecchie ferite.
Rimasi in silenzio, rimuginando su qualche buon argomento di cui parlare con lo sguardo fisso sulla fresca erbetta.
“È da tanto che non vedo mia madre. L’ultima volta che l’ho sentita, due settimane fa, era a Venezia con il suo nuovo compagno e le sue due figlie.”, aggiunse poco dopo, richiamando la mia attenzione.
Alzai il volto in direzione del suo e notai che lui aveva già gli occhi puntati su di me.
Non seppi cosa dire, un semplice “mi dispiace” sarebbe sembrato come dettato dalle circostanze e, d’altro canto, non potevo certo porgli domande data la scarsa confidenza che c’era tra noi fino a qualche ora prima, inoltre ormai avevo deciso che non avrei ulteriormente provato a scavare nella sua vita.
Lui parve comprendere i miei dubbi e lo vidi rivolgermi un sorriso appena accennato, ma dolce.
“Non preoccuparti, non so neppure io perché te lo stia dicendo.”, confessò iniziando a giocherellare con un bracciale che teneva al polso.
Ricambiai il sorriso, poi mi imposi mentalmente di dire qualcosa.
“È bello che tu riesca a parlarne con qualcuno.”, dissi per poi pentirmene l’istante esattamente dopo che ebbi finito di pronunciare quella frase. Cosa mai potevo o volevo aspettarmi che dicesse?
“Tuo fratello dice che sei un impiastro, ma a me non sembri tanto male.”, dichiarò sorridendomi sghembo.
Sorrisi anch’io di rimando.
“Se questo doveva essere una specie di complimento allora grazie!”, borbottai, ma era evidente che il broncio che avevo messo su era del tutto finto.
“Certe volte mi manca mia madre.”, si lasciò scappare poi, abbassando lo sguardo sul terreno.
Avrei voluto abbracciarlo, dirgli che io sarei stata lì per lui, che avrebbe potuto contare sia su di me che su mio fratello, avrei voluto dirgli che comunque sarebbe andata suo padre ci sarebbe sempre stato, ma non feci nulla. Rimasi immobile a guardarlo e aspettai che, se avesse voluto, continuasse.
In me non c’era più curiosità, soltanto desiderio di farlo sentire meglio, più sereno, come lo era all’inizio di quella conversazione.
“Era tutto così diverso quando lei era con noi! Ma soprattutto papà…”, lasciò la frase incompiuta, probabilmente non riuscendo a trovare le giuste parole.
Mi guardò negli occhi e solo allora continuò.
“Era diverso, più allegro, vivace… più felice, più vivo.”, concluse.
E così, spinta da chissà quale forza suprema, lo abbracciai. Lo strinsi forte a me, la sua testa poggiava sulla mia spalla, mentre la mia era immersa nei suoi capelli scombinati.
Il suo profumo, la sua vicinanza, tutto di lui mi dava alla testa.
Ci staccammo solo quando sentii il mio cellulare vibrare nella tasca dei jeans.
Sullo schermo lampeggiava la foto di Chris, segno che era lui a chiamarmi, ancora. Senza indugiare oltre, rifiutai la chiamata e riposi il cellulare nuovamente in tasca.
“Perché non rispondi?”, mi chiese curioso Guido.
“Non avevo voglia di parlare con quella persona.”, spiegai sperando che non facesse altre domande, ma ovviamente lui non poteva che fare ciò che non avevo predetto.
“Allora è vero che c’è un ragazzo!”, dedusse, cercando nei miei occhi una spiegazione.
“Stiamo, o meglio stavamo insieme da talmente tanto che neppure mi ricordo quanto tempo sia!”, mi lamentai.
“E la durata è un problema?”, domandò scettico, arricciando un sopracciglio.
“No, se stai con la persona che ami. Io Chris non lo amo più da tanto ormai, solo che sono talmente abituata a lui che mi dispiace lasciarlo.”, mi lasciai sfuggire senza rendermene neppure conto.
“Se non è lui la persona giusta non puoi mica forzare le cose!”, constatò con ovvietà facendo spallucce.
 Non risposi, e non perché credevo avesse torto, ma perché non volevo sprecare il pomeriggio a parlare dell’idiota proprio quando accanto a me c’era Guido.

“Guarda, c’è una farfalla!”, dissi indicandogli un puntino giallo a qualche metro da noi alzandomi di scatto per avvicinarmi di più e guardarla meglio.
Evidentemente dovetti fare una faccia davvero molto ridicola perché qualche istante dopo lo sentii iniziare a ridere a crepapelle.
“Che c’è?”, chiesi corrugando la fronte, indispettita dalla sua reazione.
“Sei troppo buffa!”, commentò continuando a ridere.
Serrai gli occhi e con calma mi avvicinai a lui gattonando.
“Ora te lo do io un buon motivo per ridere!”, ghignai malefica, iniziando a fargli il solletico.
Lui rideva, ed io con lui, e non riuscivo a fare a meno della sua risata. Era da tanto, forse da troppo, che non mi sentivo così leggera e libera, così felice. Era da tanto che non stavo così bene con qualcuno che non fossero le mie amiche, era da tanto che il mio cuore, forse, non batteva forte e frenetico all’avvicinarsi di un ragazzo.
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Angolo Autrice
Ecco il terzo missing moment! Ancora poco e pubblicherò anche il qaurto ed ultimo...!!
Che dire, ringrazio ancora tutti i lettori!
                                                                                                                                     Astrea_











  
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