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Autore: silvia_arena    20/08/2012    5 recensioni
«Sono Morfeo» si presentò lo sconosciuto. «Dovevo farvi addormentare, bella fanciulla. È incredibile che voi riusciate a vedermi, non capisco come sia possibile.»
«Farmi addormentare?»
«Come ogni notte.»
«Ogni notte vieni qui?»
«Ogni notte vi conduco nel mondo dei sogni.»
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Sono tornata – dopo secoli – con una one-shot, che potrebbe anche diventare una long.
Prima di introdurvi la storia, vi dico sinceramente quale meravigliosa one-shot mi ha ispirata: “L'agognato riposo di Morfeo” di NikOttina. Mi ha davvero toccata, è molto dolce e ben scritta, consiglio a tutti di leggerla.
Questa mia storia narra di un incontro tra Morfeo e una ragazza – Diletta – nei giorni nostri.
Come potrete notare, i personaggi non hanno età. Morfeo è descritto come “giovane, molto giovane”, perciò potrebbe avere tra i diciassette e i venticinque anni, mentre Diletta è una “ragazzina”, non avrà meno di quindici anni ma nemmeno più di diciotto.
All'inizio i punti di vista variano tra quello di Morfeo e quello di Diletta – non è indicato ma ve ne accorgerete – invece, dopo che i personaggi interagiscono, è narrato solo dal punto di vista di Diletta. La storia è interamente in terza persona.
Be', bando alle ciance e buona lettura! Mi farebbe piacere se mi faceste sapere cosa ne pensate :)
 
 
Ogni notte ti conduco nel mondo dei sogni
 
Morfeo aveva quasi finito il suo turno di lavoro per quella notte. Mancava solo una persona, una ragazzina che non si decideva ad alzarsi dalla sua scrivania.
Era mezzanotte passata e lei si ostinava a rimanere seduta e sveglia, così Morfeo decise di avvicinarsi per vedere cosa la trattenesse dallo stendersi sul letto e provare a dormire. Rimase fermo alla finestra.
 
«Così dalla testa di Zeus nacque Afrodite... No, Atena... ARGH! Chi se ne importa di questi tizi, tanto non esistono! E anche se esistessero, ormai non ci crede più nessuno!»
Non fraintendete, Diletta amava studiare – anche se la storia e le sue derivanti non erano fra le sue materie preferite – solo che, a quell'ora della notte, imparare i nomi delle divinità greche per una verifica di latino non era la parte migliore dello studio.
“Al Tartaro” pensò, tanto per rimanere in tema con ciò che stava studiando. Si alzò e, grata per aver già indossato il pigiama, s'infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi.
Stava per addormentarsi, quando percepì il tocco di una carezza sul suo viso. Spalancò gli occhi, pensando che fosse solo una sensazione del sonno o forse un insetto, poi guardò meglio e notò che c'era davvero qualcuno accanto al suo letto.
 
Morfeo sorrise.
Molte erano le persone che studiavano ancora la loro religione, quella dell'antica Grecia. Pochi erano quelli che l'apprezzavano, inesistenti quelli che ci credevano.
Ma naturalmente, anche se i mortali smisero di credere nella sua esistenza, lui non smise di fare il suo lavoro, altrimenti l'umanità sarebbe morta per mancanza di sonno.
Quando finalmente la ragazza spense la luce e si mise sotto le coperte, Morfeo entrò dalla finestra e si avvicinò a lei, consapevole del fatto che lei, come tutti i mortali, non potesse vederlo. Il suo viso rilassato e con gli occhi chiusi aveva qualcosa di angelico, ma in fondo tutti sembriamo più buoni quando dormiamo. Morfeo l'accarezzò, ma lei fece una cosa inaspettata: spalancò gli occhi e si drizzò a sedere.
A volte capitava, qualcuno percepiva la sua vicinanza, ma poi accendevano la luce e si accorgevano che non c'era nessuno, così la spegnevano e si sdraiavano di nuovo. Lei però era come se lo vedesse: lo fissava negli occhi, spaventata. Poi il suo viso si rilassò un po' ma rimase stranita, sorpresa, curiosa. Infine parlò: la sua voce era ironica ma non di scherno.
«Restare immobile non ti rende mica invisibile.»
 
Di una cosa era certa: non era né un assassino né un molestatore.
Indossava una tunica greca bianca e i ricci castani chiari gli ricadevano fino alla nuca. Aveva gli occhi castani ed era giovane, molto giovane. Diletta non sapeva precisamente cos'era: poteva essere uscito da uno spettacolo teatrale o da una macchina del tempo, ma in qualche modo sapeva che non aveva cattive intenzioni, così si tranquillizzò un po'.
Guardandolo meglio, si accorse che la sua aurea emanava potere, aveva quasi un aspetto divino... Diletta scacciò quel pensiero dalla testa.
Attese a lungo una risposta al suo commento.
Lui si voltò, come per vedere se lei si stesse rivolgendo a qualcuno dietro di lui, poi balbettò, incredulo: «Riuscite a vedermi?»
Stavolta fu Diletta a voltarsi per vedere se ci fosse qualcuno dietro di lei. Nessuno. Perché allora parlava al plurale?
«Non dovrei?» domandò. «Cosa sei, un fantasma?»
Ma lui non rispose alla sua domanda.
«Qual è il vostro nome?» chiese, ora più incuriosito che incredulo.
«Il mio?» domandò Diletta, non prima di aver ricontrollato se ci fosse qualcun altro dietro di lei.
«Sì, il vostro» confermò, gentilmente. «Vedete qualcun altro?»
“No, infatti” pensò Diletta. “Quindi perché parli come se ci fosse?”
«Sono Diletta» rispose. «E tu chi sei? E perché sei in camera mia?»
«Sono Morfeo» si presentò lo sconosciuto. «Dovevo farvi addormentare, bella fanciulla. È incredibile che voi riusciate a vedermi, non capisco come sia possibile.»
«Farmi addormentare?»
«Come ogni notte.»
«Ogni notte vieni qui?»
«Ogni notte vi conduco nel mondo dei sogni.»
«Io credo che tu stia delirando» Diletta si alzò dal letto ma rimase dall'altro lato, in modo che ci fosse qualcosa che li separasse. Il suo tono non era accusatorio, né spaventato. Diletta era gentile, e cercava gentilmente di farlo andare via; nonostante, per qualche assurdo motivo, non voleva che se ne andasse.
«Affatto, mia bella» rispose lui. «Prima stavate studiando le divinità dell'Olimpo, se non sbaglio. Non avete mai letto di me?»
Diletta cercò di ricordare, poi scosse la testa. «Dovresti andartene» disse; decisa, ma non spaventata.
«Non posso» spiegò lui. «Altrimenti non riuscireste a dormire. Vi prego, cercate di tranquillizzarvi e provate a ricordare chi sono.»
Aspettò invano che lei parlasse, così ribadì «Mi chiamo Morfeo» per aiutarla.
«Morfeo» ripeté lei, pensierosa. Poi ricordò. «Il dio del sonno.»
«Esattamente» confermò lui, con un sorriso.
«No» protestò Diletta. «C'è un solo dio. Gli altri sono solo miti e leggende.»
«Io sono reale, mia bella. Ma ora dovete dimenticare questa conversazione e lasciare che vi addormenti.»
Morfeo si avvicinò a lei, ma Diletta fece un passo indietro. Avrebbe dovuto lasciarsi toccare da uno sconosciuto che insinuava di essere un dio e parlava in modo strano?
«Ti prego, vattene, se non vuoi che chiami la polizia.»
Diletta non fu molto convincente, perché ancora non voleva che andasse via. Quel ragazzo non la spaventava, però l'affascinava e la preoccupava contemporaneamente.
«La polizia? E perché mai?» domandò lui, come se Diletta avesse detto una cosa assurda.
«Per violazione di domicilio.»
Morfeo non sapeva di cosa stesse parlando. Quella legge non esisteva ai suoi tempi.
«Vi prego, fanciulla...» pregò, facendo un altro passo.
«No» lo interruppe lei, facendo anche lei un altro passo indietro, e per poco non si scontrò con il muro. «Devi andartene.»
«Non vi farò del male» assicurò lui, pregante. «Non potete mandarmi via.»
«Sì che posso!» ribadì Diletta. «E lo sto facendo! Vattene, per favore!»
Poi Diletta ricordò che al piano di sotto dormivano i suoi genitori, e fu costretta ad abbassare la voce per non farli preoccupare.
Lui la raggiunse, e lei si ritrovò contro il muro. Le accarezzò la fronte, di nuovo, ma lei lottò con lui, per paura che potesse davvero addormentarla e andarsene.
«Ti credo!» esclamò, a bassa voce, provando a divincolarsi. «Sei il dio Morfeo, ti credo! Ti prego, non farlo...»
«Fare cosa, mia bella?» sussurrò, gentile e suadente.
«Non farmi addormentare, non... non andare via.»
Così Morfeo l'avvolse tra le braccia e la condusse verso il suo letto. Restò lì tutta la notte.
Diletta dormì fra le braccia di Morfeo.
   
 
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