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Autore: Flaqui    20/08/2012    5 recensioni
Victorie era sempre stata radiosa.
Victorie aveva sempre una parola di conforto, Victorie era sempre in giro, Victorie raccoglieva i fiori gialli che crescevano nel giardino sul retro della Tana, Victorie aveva tanti amici. Victorie era amata da tutti e amava tutti. Victorie stava con Teddy Lupin, un ragazzo a modo che a Fleur piaceva molto e che la trattava come una principessa, proprio come doveva essere.
Dominique, d’altra parte, era la sua disperazione. Portava i capelli biondissimi sempre corti sulle spalle, si rifiutava di vestirsi come una madmoiselle, si gettava nel fango e escogitava pericolose avventure arrampicandosi sugli scogli, rischiando molte volte la vita e trascinandosi dietro i peggiori elementi del Clan Weasley-Potter, il terribile James, il piccolo Freddie e, a volta, persino i gemelli Scamandro, i figli di una vicina di casa di Ginny.
Fleur la considerava la sua disperazione mentre Bill, orgoglioso che almeno uno dei suoi tre figli avesse ottenuto una parte del carattere tipico della sua famiglia, la chiamava “la rivincita dei geni Weasley”.
Eppure la amava come solo una madre poteva amare la propria figlia.
Perché non torni a casa, Dominique?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Weasley, Dominique Weasley, Fleur Delacour, Victorie Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'La Buona Sorte -Il Fuoco Sta Divampando-'
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Missing Moment della mia long La buona sorte ma che può essere letto anche di per sè.
Spero che vi possa piacere. La canzone iniziale è la meravigliosa "Valerie" di Amy Winehouse ;)
Spero che vi piaccia!

 


Why don’t you come on over, Dominique?

 

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Well sometimes I go out, by myself, and I look across the water
And  I think of all the things, of what you’re doing, and in my head I paint a picture.
Since I’ve come home, well my body’s been a mess, and I miss
Your ginger hair, and the way you like to dress.
Oh won’t you come on over, stop making a fool out of me,
Why don’t you come on over, Valerie?
Valerie.
Valerie.
 

 
Fleur aveva amato Victorie dal primo momento che l’aveva vista, ancora ansante e dolorante per le sofferenze del parto. Quando Bill, rosso dall’emozione, l’aveva sollevata con delicatezza Fleur aveva potuto osservarla per bene, trovandola perfetta.
Victorie era qualcosa di troppo bello per essere vero. Le manine paffute erano chiuse in due pugni e il volto aveva un espressione pacifica che, Fleur lo sapeva, non poteva aver ereditato da lei. Aveva gli occhietti socchiusi e la bocca atteggiata in un sorriso dolce mentre fuori dalla finestra della sua stanza il sole splendeva alto e il mare lambiva tranquillo la costa sabbiosa.
Victorie non piangeva mai, era brava, obbediente. Aveva sempre quell’espressione intelligente in viso che la facevano sembrare più grande della sua età. Rispondeva alle sue smorfie, ai suoi gorgheggi e alle sue boccacce con un sorriso paziente e, al momento di pronunciare la sua prima parola, il suo “mamma” fu chiaro e preciso.
Fleur, quando scoprì di essere in attesa di un secondo figlio –non sapeva ancora il sesso del nascituro- si ritrovò a pregare che fosse un'altra femmina, per ripetere l’esperienza meravigliosa e facile che aveva avuto con la sua primogenita. Così, quando finalmente nacque Dominique, Fleur sorrise soddisfatta, contenta che i suoi desideri si fossero avverati.
Fleur avrebbe dovuto sospettarlo, che sotto ci si nascondesse una fregatura.
Dominique era meno bella di Victorie. Era sottile, esile, delicata. Così piccola che Fleur aveva quasi paura a toccarla, temendo di spezzarla o farle male.
Le sembrava così piccola e indifesa, in braccio a suo marito.
Poi, però, la bambina iniziò a piangere e Fleur dovette ricredersi. Le sue urla coprivano abbondantemente lo scoppio dei tuoni e lo sciabordio delle onde che si infrangevano rabbiose contro gli scogli, così come sembravano destinate a zittire, per la prima volta nella storia della famiglia, l’intero Clan Weasley, riunito al piano di sotto.
Dominique, a differenza della sorella, aveva gli occhi sbarrati e sembrava impaziente di scendere dalla precaria sistemazione in cui era costretta a giudicare dagli spasmi e dalle mosse frenetiche che coinvolgevano il suo piccolo corpicino.
-Uh, questa ha carattere, Fleur!- aveva riso Bill, mentre accarezzava con gli occhi la figurina della figlia –Mi chiedo come faccia ad avere dei polmoni del genere, visto quanto è magra! Magari potrebbe diventare una cantante! O una Banshee!-
-Bill! Non osare nemmeno per sogno paragonare la nostra bambina ad una di quelle orribili creature!- aveva protestato lei. Poi, però, era scoppiata a ridere e aveva deciso che quella piccola, nonostante il carattere così diverso da quello di Victorie, era un tipetto tosto.
E che l’avrebbe amata con tutta sé stessa.
 
Victorie era sempre stata radiosa.
Il sorriso sempre al suo posto, le ciglia lunghe che sbattevano e si abbassavano sugli occhi azzurri e le lentiggine che punteggiavano il nasino a punta e le guance piene.
Victorie sapeva sempre cosa dire.
Victorie aveva sempre una parola di conforto, Victorie era sempre in giro, Victorie raccoglieva i fiori gialli che crescevano nel giardino sul retro della Tana, Victorie aveva tanti amici. Victorie era amata da tutti e amava tutti. Victorie stava con Teddy Lupin, un ragazzo a modo che a Fleur piaceva molto e che la trattava come una principessa, proprio come doveva essere.
Victorie era sempre al centro dell’attenzione e esserlo le piaceva.
Dominique, d’altra parte, era la sua disperazione. Portava i capelli biondissimi sempre corti sulle spalle, si rifiutava di vestirsi come una madmoiselle, si gettava nel fango e escogitava pericolose avventure arrampicandosi sugli scogli, rischiando molte volte la vita e trascinandosi dietro i peggiori elementi del Clan Weasley-Potter, il terribile James, il piccolo Freddie e, a volta, persino i gemelli Scamandro, i figli di una vicina di casa di Ginny.
Dominique era sempre scostante, faceva le boccacce, a tavola buttava di proposito le posate per terra e prendeva in giro i pochi cugini che non sembravano interessati alle sue grandiose imprese, come Rose o Albus. L’unica, in famiglia, che riusciva a tenerle testa era la giovane Molly che, con il suo temperamento sempre controllato e serio, riusciva a metterla in soggezione.
Fleur la considerava la sua disperazione mentre Bill, orgoglioso che almeno uno dei suoi tre figli –Louis, il piccolo di casa era una versione al maschile di Vic- avesse ottenuto una parte del carattere tipico della sua famiglia, la chiamava “la rivincita dei geni Weasley”.
Eppure la amava come solo una madre poteva amare la propria figlia.
 
Dominique aveva il sorriso di suo padre.
Da piccola era sempre stata la sua arma migliore, quella da sfoderare nei casi più gravi, quando il danno combinato era davvero troppo grava per essere riparato con un semplice “scusa”.
Fleur, che pure si era sempre dimostrata una madre attenta all’ordine e rigida nella buona educazione da impartire ai figli, non riusciva davvero a resisterle quando glielo propinava.
Victorie aveva il suo essere sempre così radiosa e disponibile, Louis era troppo piccolo e innocente per dover ricorrere a certi trucchetti, nel caso combinasse qualche guaio ma Dominique…
Oh, Dominique era la sua disperazione.
Il suo aspetto esile e delicato era sempre stato in grado di confondere le idee a chi ci aveva a che fare la prima volta. Sembrava impossibile che un esserino così piccolo e delicato potesse creare tanti danni.
Come poteva essere stata quel piccolo angioletto dai capelli dorati ad aver nascosto la collana di sua madre in un barattolo di marmellata? Era di sicuro colpa di James, quel pestifero monello dei Potter.
Così come quella volta, con la Metropolvere,  o ancora per la faccenda del bagno nel Lago Nero o dell’incidente con la moto di Sirius Black.
Era sempre molto più facile dare la colpa a qualcun altro piuttosto che vedere il visino di Dominique incupirsi e intristirsi. Era più facile pensare che fosse tutto un malinteso, un qualcosa da nulla, piuttosto che vedere scomparire il sorriso da venditore di Dominique.
Si, Fleur lo chiamava così, quel sorriso.
Perché da quattordici anni a quella parte, Dominique, con quel sorriso, le aveva venduto di tutto. Bugie, urla, inganni, decisioni non volute e incomprensioni.
E lei le aveva accettate perché era la sua Dominique, delicata come un fiore.
 
Victorie era tornata dai Giochi della Fame e nulla era più come prima.
Dominique non era tornata dalla Francia.
Fleur non la vedeva da quando, dopo essere scappata per due settimane nel mondo Babbano, era tornata in Inghilterra per una settimana e l’aveva informata che non avrebbe più perseguito gli studi di Medimagia come avevano stabilito.
-Come tu, hai stabilito!-
Aveva detto che, in Francia, aveva trovato un corso di studi che la interessava, per entrare nel campo della moda. Fleur si era seduta composta sul divano rosso che capeggiava nel mezzo del salotto di Villa Conchiglia e non aveva detto nulla, continuando a fissarla.
-Allora? Non dici nulla?- le aveva urlato sua figlia, i capelli biondi e lunghi ormai arrangiati in un caschetto corto e sbilenco e di un rosso acceso.
Fleur era rimasta immobile, la caviglie affiancate e le mani poggiate in grembo, come la buona educazione prevedeva. Poi, impercettibilmente, aveva scosso il capo.
-No, Dominique. Non ho nulla da dirti. Sei una delusione enorme-
Dominique era rimasta immobile anche lei, come a metabolizzare il tutto, poi aveva avuto uno dei suoi scatti d’ira –le venivano spesso, da quando Victorie era tornata dai Giochi- e aveva fatto saltare tutte le lampadine nella stanza. La magia accidentale era un qualcosa che aveva sempre convissuto dentro di lei.
-Io? Io sono una delusione?- aveva urlato, il viso affilato scosso dalla rabbia e gli occhi azzurri che bruciavano, vivi –Guarda questa famiglia, mamma! Guardala! Stiamo cadendo a pezzi! Sei tu, la mia delusione, mamma! Sei tu!-
Aveva preso la sua roba e se ne era andata senza salutare, sbattendo la porta di casa con uno schianto. Fleur l’aveva vista correre via, sotto la pioggia battente, scuotendo il capo e sparendo dopo la collina che dava sullo strapiombo.
Era rimasta ferma nella sua aurea di compostezza fino a che il sole non era calato dietro il mare e il vento freddo della sera era entrato dalla finestra, facendola rabbrividire internamente. Sapeva che si sarebbe dovuta alzare, che avrebbe dovuto inseguire Dominique, chiarire con lei e dirle che era solo una semplice incomprensione, che la loro famiglia non stava davvero cadendo a pezzi come credeva.
Eppure era così, Fleur lo sapeva.
Louis era lontano, a Beauxbatons, come aveva scongiurato a lungo –lì la faccenda dei Giochi è organizzata meglio, ci sono meno possibilità che finisca nell’arena, almeno nei primi anni!-, Victorie era l’ombra di quella che era stata in passato, la confezione era sempre bellissima, ma il pacchetto era vuoto –Tranquilla, tesoro. Ti prometto che non ti sceglieranno mai! Finché vivrò non finirai mai in quell’arena!- e Bill lavorava giorno e notte per evitarla –Voglio… stare un po’ da sola, Bill-.
E ora anche Dominique se ne era andata.
Quando Bill tornò, quella sera, la trovò ancora seduta rigidamente sul divano.
Evidentemente il tutto era abbastanza chiaro ai suoi occhi ma, per una volta, non disse nulla, limitandosi ad avvicinarsi alla moglie e a prenderle una mano.
Fleur, dopo aver visto con gli occhi sbarrati l’edizione dei Giochi della Fame a cui aveva partecipato la figlia, aveva sempre rifiutato ogni contatto fisico che non fosse estremamente necessario. Ma quella volta non disse nulla, mentre sentiva gli occhi bruciarle per le lacrime e il vuoto che le invadeva il cuore.
-Si è…- provò a dire.
Si è accorta di quanto io sia orribile, di come tutto questo sia colpa mia.
E se ne è andata.
Ecco quello che avrebbe voluto dire.
-Si è tagliata i capelli-
 
E Fleur capiva che non le importava di che colore fossero i capelli di sua figlia, non le importava il suo modo sgarbato e scostante che usava per risponderle alle volte, non le importava nemmeno che i suoi sogni e le sue aspettative per il futuro fossero così diverse da quelle che lei, come madre, si era prefissata.
Perché Dominique era come l’oceano, quello che le piaceva tanto guardare dalla finestra della soffitta, libera e impetuosa. Travolgente e pericolosa, delle volte.
Che continuava a infrangersi contro gli scogli appuntiti dello strapiombo dietro Villa Conchiglia, quelli che, a pensarci bene, potevano soltanto raffigurare lei, incurante del dolore che ciò potesse procurare ad entrambe le fazioni dello scontro.
Ma non importava. Fleur lo sapeva.
Prima o poi la corrente avrebbe smesso di agitare le acque e il mare avrebbe capito che gli scogli non erano il suo nemico, per quanto potessero sembrargli ostili.
Fleur aspettava questo momento, lo aspettava e lo desiderava con tutte le sue forze.
E continuava a sedersi sul piccolo balconcino della finestra nella soffitta di Villa Conchiglia e fissava il mare che si infrangeva contro le rocce, aspettando che lì fuori si calmasse.
Aspettando di vedere, in lontanza, sulla cima della collina scoscesa che dava sullo strapiombo una figura esile e aggraziata che veniva verso Villa Conchiglia, verso di lei.
Ma la figura non arrivava mai e Fleur sentiva il vuoto diventare sempre più capiente dentro di lei.
Perché non torni a casa, Dominique?
 
 
***
 
Sei riuscita a sfondare nel campo della moda?
Ti sei trasferita, hai trovato degli amici?
Spero che tu non ti sia fatta strani tatuaggi come desideravi da piccola,
spero che tu abbia trovato l’uomo giusto che si prenda cura di te.
Vai in giro a fare spese?
Hai cambiato il colore dei capelli?
Sei molto impegnata?
E hai dovuto sostenere l’esame con quella professoressa che detestavi tanto?
Hai ancora le vertigini?
A volte me ne vado in giro da sola e guardo nell’acqua.
E penso a tutto ciò che potresti star facendo e nei miei pensieri ne dipingo un ritratto.
Perché da quando te ne sei andata di casa mi sento uno straccio.
E mi mancano i tuoi capelli rossi e il modo in cui ti piace vestire.
Non vuoi tornare?
Smettila di prenderti gioco di me.
Perché non torni a casa, Dominique?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’Autrice
 
Buona giornata a tutti!
So che molti di voi saranno sorpresi quando leggeranno questa One-shot in quanto, come avevo scritto sul gruppo, doveva trattare di Dominique e di alcuni episodi divertenti che vedevano protagonisti anche James, Freddi e company, ma…
Io ci ho provato, davvero!
Cercavo di scrivere qualcosa che potesse essere anche lontanamente divertente ma il tutto mi sembrava banale e scontato e, ovviamente, non faceva ridere. E così, alla fine, mi è venuta in mente questa.
A molti non piace il personaggio di Fleur. Capisco che possa risultare molto antipatica e snob, la Mary Sue dell’intera Saga ma, io, personalmente la trovo parecchio interessante.
Non solo perché trovo dannatamente romantica la sua storia con Bill ma, anche, perché mi ricordo ancora di quando, sotto le domande pressanti di Molly, dopo l’incidente di Bill con Fernir Greyback, disse che non le importava l’aspetto del suo fidanzato, che l’avrebbe amato lo stesso.
Certo poi aggiunse un narcisistico “sarò bella io per tutti e due”, ma il risultato è lo stesso.
Insomma Fleur spacca! *.*
In questa storia ho voluto evidenziare le differenze fra quel piccolo raggio di sole ambulante quale era Victorie e la tempesta umana che era Dominique.
Con il passare del tempo, dopo che Vic ha partecipato ai Giochi ed è tornata cambiata profondamente, le cose sono iniziate a peggiorare, sempre di più.
Comunque, tenete bene a mente l’ultima scena della One-Shot, quella di Fleur che guarda l’orizzonte aspettando di vedere tornare Dominique perché, per chi legge la long “La Buona Sorte”, sarà MOLTO importante in futuro.
In ogni modo, ecco la traduzione della canzone che, come potrete vedere, è stata riproposta nella parte in corsivo (quella in cui Fleur parla in prima persona) con qualche cambiamento.
Ci rivediamo fra qualche giorno con il prossimo capitolo di “La Buona Sorte”!
Love you!
Fra
 
“A volte me ne vado in giro da sola e guardo nell'acqua
E penso a tutto ciò che potresti star facendo e nei miei pensieri ne dipingo un ritratto
Perché da quando sono tornata a casa mi sento uno straccio

E mi mancano i tuoi capelli rossi e il modo in cui ti piace vestire
Non vuoi tornare?
Smettila di prenderti gioco di me
Perché non torni a casa Valerie?

Valerie?

Sei finita in carcere?
Hai messo casa in vendita,
ti hanno affidato un buon avvocato?
Spero non ti sia rovinata con l'abbronzatura,
spero tu abbia trovato l'uomo giusto che si prenda cura di te
Vai in giro a fare spese?
Hai cambiato il colore dei capelli?
Sei molto impegnata?
E hai dovuto pagare quella multa che cercavi così tanto di scansarti?
Hai ancora le vertigini?

Perché da quando sono tornata a casa mi sento uno straccio
E mi mancano i tuoi capelli rossi e il modo in cui ti piace vestire
Non vuoi tornare?
Smettila di prenderti gioco di me
Perché non torni a casa Valerie?”
   
 
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