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Autore: Alice Dolohov    20/08/2012    4 recensioni
One-shot sull'amore tra Ginny e Harry, ma nello specifico sui sentimenti e i pensieri di Ginny prima del suo matrimonio e poi...una piccola sorpresa!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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My Love Is Your Love

 
 
 

Cause your love is my love,
And my love is your love.
It would take an eternity to break us.

 
 
 

Ginny guardò fuori dalla finestra della sua stanza, osservando i campi assolati e gli alberi fioriti. Le sembrava di aver già vissuto quegli attimi, di aver già visto tutti quei preparativi eseguiti senza un attimo di pausa, sua madre agitata ma radiosa, suo padre tranquillo ma emozionato. Ma adesso era tutto diverso, anche se tutto sembrava così simile: lo stesso tendone bianco sarebbe stato montato in giardino di lì a una settimana, le stesse posate d’argento sarebbero state tirate a lucido per il pranzo, la stessa orchestra, addirittura lo stesso mago a presenziare la cerimonia. La stessa tiara di diamanti, quasi gli stessi ospiti. Ma adesso vedeva tutto da un’altra prospettiva. Lei avrebbe camminato lentamente verso l’altare al braccio di suo padre, lui sarebbe stato lì ad aspettarla, gli occhi verdi più brillanti che mai, i capelli scuri luccicanti nel sole che ci sarebbe stato a benedire la loro unione. Loro sarebbero stati al centro dell’attenzione di tutti, loro avrebbero unito le loro mani e suggellato il loro eterno amore con un bacio a fior di labbra.
Ginny non era mai stata una da preoccuparsi per cose stupide come un festa di compleanno, un primo appuntamento con il ragazzo dei propri sogni o un esame. Non aveva mai provato la sensazione di avere un peso sullo stomaco, non aveva mai sentito il bisogno di muovere ossessivamente una gamba o di battere un piede a terra. Era sempre tranquilla al momento delle svolte cruciali della sua vita, sangue freddo e testa sulle spalle. Era stata tranquilla quado aveva preso i suoi M.A.G.O., quando aveva fatto il provino per entrare nelle Holyhead Harpies, addirittura quando lei aveva detto ad Harry che era ora che andassero a vivere insieme. Ma non quella volta. Il matrimonio sarebbe stato la domenica successiva, eppure già le sudavano le mani e aveva la nausea, la sera non riusciva a prendere sonno e aveva perso l’appetito. Faceva degli strani sogni, in cui si intervallavano colori stranamente brillanti e momenti di oscurità opprimente. Da quando era tornata a vivere nella sua stanza alla Tana, soltanto per aiutare sua madre nei preparativi del matrimonio, si sentiva strana. Di notte allungava la mano per trovare quella di Harry, ma toccava soltanto il vuoto. Si ritrovava ad aspettare di vederlo entrare nella sua stanza col vassoio della colazione e un sorriso radioso sulle labbra. Ma naturalmente non succedeva.
Harry lavorava molto, mentre lei si era presa una pausa dal Quidditch, perché si era detta che avrebbe avuto troppe cose da fare per potersi anche allenare. Invece per la maggioranza del tempo se ne stava con le mani in mano a fissare i campi e il cielo, alcune mattine addirittura incapace di alzarsi dal letto. Si sentiva stanca, spesso si faceva portare i pasti in camera. Ma nessuno le chiedeva spiegazioni, perché tutti erano sicuri che il suo comportamento fosse legato al matrimonio imminente. Obbligava se stessa a comportarsi normalmente soltanto quando Harry veniva a trovarla. Alcune volte si fermava a dormire, perché si sentiva solo a Grimmuld Place, dove i due avevano deciso di vivere in attesa del momento in cui avrebbero voluto formare una famiglia. Diceva che quella casa era vuota senza di lei. Lo amava così tanto, e sapeva che anche lui provava lo stesso, si capiva da come la guardava, come se esistesse soltanto lei. Ma Harry non era mai stato molto perspicace in fatto di sentimenti, non capiva che c’era qualcosa che non andava in lei, qualcosa di strano.
Si alzò dalla sua poltrona a fiori, che aveva spostato vicino alla finestra per poter osservare il paesaggio, e si guardò allo specchio. Aveva i capelli arruffati e spenti e leggere occhiaie sotto gli occhi color nocciola. Già di carnagione lattea, era ancora più pallida del solito. Si morse il labbro roseo e prese una decisione improvvisa. Si buttò sotto lo doccia, cercando di lavarsi via la stanchezza, si pettinò i lunghi capelli rossi, si truccò leggermente il viso, ancora mortalmente pallido, e si vestì in fretta. Afferrò la borsa e scese di sotto. Sua madre stava pulendo il pavimento in cucina, mentre i piatti si lavavano da soli nel grande lavabo e una minestra di verdure bolliva pigramente sul fuoco.
- Mamma…- disse Ginny, facendo sobbalzare leggermente la signora Weasley, che si girò di scatto a guardarla, asciugandosi le mani bagnate sul grande grembiule rosa che indossava. Molly Weasley era invecchiata, benché si potesse ancora dire che portava bene gli anni che aveva. Aveva parecchi capelli grigi e rughe profonde intorno agli occhi marroni, dello stesso identico colore di quelli della figlia. Ma quando la vide, il suo viso si illuminò, anche se il suo sorriso sembrava velato da qualche preoccupazione a mala pena celata.
- Tesoro! Ti sei alzata!- esclamò, visibilmente stupita, ma molto contenta. Ginny cercò di non badare al suo tono sorpreso e disse, cercando di sorridere:
- Vado a Londra. Non mi aspettare per pranzo, okay?
Senza darle il tempo di dire nient’altro, le diede un bacio sulla guancia e uscì spedita da casa, schermandosi gli occhi per il sole. Tutta quella luce le dava fastidio, cosi infilò un paio di occhiali da sole che aveva comprato in un grande magazzino Babbano. Ormai l’abbigliamento Babbano era di gran lunga il suo preferito, molto più pratico e moderno delle grandi vesti da mago, che ormai indossavano soltanto più quelli dell’età dei suoi genitori. Senza indugiare oltre, temendo che sua madre rispuntasse con qualche domanda impertinente, si avviò oltre lo steccato della Tana, dove avrebbe potuto smaterializzarsi.
 
*
 
Ginny sedeva in una sala d’espetto affollata, aspettando il referto della Guaritrice che l’aveva visitata. Aveva deciso di andare a fare un controllo al San Mungo, tanto per sicurezza. Magari i Guaritori conoscevano una pozione per combattere lo stress e l’ansia che l’assillava a causa del matrimonio. Si guardò intorno nella stanza, osservando gli orrendi quadri alle pareti di uno smorto color crema e le persone sedute sulle scomode sedie di legno, che si lamentavano per la lunga attesa con i vicini oppure sfogliavano vecchie copie del Settimanale delle Streghe. Guaritori vestiti di verde acido entravano e uscivano da porte chiuse, spesso bloccati da persone impazienti di ricevere il loro referto oppure di avere notizie di qualche familiare che veniva in quel momento visitato dietro una delle numerose porte che si affacciavano sulla sala.
Ginny si mordeva leggermente un labbro, unico indizio della sua agitazione crescente. In realtà aveva pensato che la Guaritrice le avrebbe semplicemente prescritto del riposo e una pozione calmante, invece le aveva chiesto di aspettare in sala d’attesa la scrittura del referto. Doveva ammettere di essere preoccupata. Era possibile che avesse preso qualche strana malattia contagiosa? In quel caso avrebbero dovuto spostare le nozze e sua madre avrebbe avuto di sicuro una crisi isterica. Sarebbe stato un incubo mandare a tutti gli invitati una lettera con la nuova data del matrimonio. E se invece fosse stato qualcosa di ancora più grave? Forse avrebbero dovuto spostare le nozze a data da destinarsi. Tutti avrebbero pensato che il matrimonio era stato cancellato per una rottura tra i due sposi, sarebbero usciti articoli sui giornali, ne avrebbero parlato a Radio Strega Network e in tutto il Ministero della Magia, e lei per smentire e provare la sua malattia avrebbe dovuto farsi fare una foto con la faccia coperta da bolle violacee piene di pus… Okay, stava visibilmente divagando. Forse la scrittura del referto era soltanto una normale procedura formale del San Mungo. Non lo sapeva, perché pensandoci aveva sempre avuto una salute di ferro, non aveva mai avuto bisogno di visite in ospedale. 
La sala era rumorosa, e arrivava sempre più gente, mentre pochissime persone se ne andavano dopo aver ricevuto il risultato della visita. Le sedie a disposizione erano finite e una signora sulla cinquantina in piedi poco lontano dalla sedia di Ginny la fissava come per esortarla a lasciarle il posto a sedere. Ma quella donna non era affatto anziana, e Ginny non si sentiva di stare in piedi. Così girò la testa come se non si fosse accorta delle occhiatine della donna e lo sguardo le cadde su un bambino seduto per terra alla sua sinistra, che giocava con una piccola scopa giocattolo che si lanciava anche in brevi voli. Il bambino non doveva avere più di quattro anni, ma dall’espressione furba sul suo viso ne dimostrava qualcuno in più. Aveva spettinati capelli scuri e occhi dello stesso colore, che saettavano in giro per la stanza e si posavano qua e là con aria impertinente. Poteva sembrare strano per un bambino così piccolo, ma impertinente era proprio la parola giusta per definirlo. La sua boccuccia era aperta in un sorrisetto da birbante e non sembrava curarsi delle persone intorno a lui, come se non fossero nemmeno lì, come se i comuni mortali non fossero importanti.
Ginny aggrottò le sopracciglia e provò una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Era come se conoscesse quel bambino, come se qualcosa di quel bambino glielo rendesse familiare, ma qualche altro particolare fosse completamente sbagliato. Continuava a fissarlo giocare con quella scopa, senza capire perché le interessasse tanto. E poi il bambino alzò lo sguardo su di lei e Ginny poté vedere bene i suoi occhi: erano di un familiare color nocciola. Erano i suoi occhi.
- Ginevra Weasley!
Ginny si alzò di scatto dalla sedia, facendo cadere la borsa che era appoggiata sulle sue ginocchia. La Guaritrice che l’aveva visitata era appena uscita da una delle porte chiuse con un foglio di pergamena in mano e aveva gridato il suo nome. Ginny si affrettò ad afferrare il referto e la donna le sorrise, dicendo:
- Congratulazioni, signorina!
La donna sparì di nuovo nella stanza senza darle il tempo di chiedere alcunché e così Ginny srotolò in fretta la pergamena, senza comprendere il perché di quelle congratulazioni e di quel sorriso gioioso che la Guaritrice le aveva rivolto. Il suo sguardo fu catturato da un’unica parola in quel lungo referto scritto in termini astrusi e obsoleti: incinta. Incinta. Incinta. Era incinta. Aspettava un bambino. Improvvisamente sentì il groppo che aveva in gola sciogliersi, il mattone che aveva sullo stomaco scomparire in un soffio. Uno strano sorriso incredulo si aprì sul suo viso, che aveva improvvisamente preso un po’ di colore. Un bambino. Era la cosa migliore che potesse immaginare. Era stato così stupida a non averci pensato. Aveva pensato al peggio, ma non ad una cosa così fantastica e sconvolgente come un bambino. Inconsciamente girò la testa di scatto a cercare il bambino di prima, quello che sembrava avesse gli occhi identici ai suoi. Non c’era più, e nessuno sembrava essersi accorto della sua improvvisa scomparsa. E in quel momento capì che gli occhi di quel bambino non sembravano uguali ai suoi, lo erano.
 

*

 
Ginny si guardò intorno nell’affollato open space diviso in cubicoli che era il quartier generale degli Auror, cercando Harry. Molti la salutavano, le sorridevano, e lei rispondeva a tutti, improvvisamente libera da tutte le sue preoccupazioni. Vedeva molti volti amici, e avrebbe tanto voluto gridare a tutti la lieta notizia, ma prima doveva saperlo Harry. Prima Harry, e poi il resto del mondo. Però il suo futuro marito non si vedeva da nessuna parte. Scorse una zazzera di capelli rossi e sorrise.
- Ron!- esclamò, e suo fratello quasi si soffocò con il tè che stava sorseggiando mentre parlottava piano con un collega. Ron tossì forte un paio di volte e poi alzò gli occhi su sua sorella. Sembrava parecchio stupito, anche se Ginny era andata a trovare Harry in ufficio già altre volte. Forse Ron era più perspicace di quanto sembrava e si era accorto che in lei c’era qualcosa di strano negli ultimi tempi. O più semplicemente l’aveva capito Hermione quando era andata a trovarla alla Tana un paio di giorni prima. Cosa molto più probabile.
- Cosa fai qui?- le chiese Ron, appoggiando la tazza di tè su un tavolo ingombro di carte. Si girò a guardare il suo collega, che però si rivelò essere uno degli apprendisti appena usciti dall’Accademia di formazione degli Auror.
- Vai a prenderti qualcosa da bere, Kostantin. Qui continuiamo dopo.
Il ragazzo chiamato Kostantin lanciò un’occhiata incuriosita a Ginny, ma se ne andò senza fare domande. Quando Kostantin fu sparito, Ron tornò a guardare sua sorella, che gli sorrise e disse:
- Sono venuta a cercare Harry. Devo parlargli.
Ron sistemò qualcuno dei fogli di pergamena sparsi sul tavolo, e poi aggrottò le sopracciglia e bevve un altro sorso del suo tè.
- Pensavo che fossi molto occupata dai preparativi.
- Oh, in realtà devo ammettere che io non sto facendo molto - disse Ginny, sedendosi su una poltrona vuota e appoggiando la borsa sul tavolo, facendo volare via un paio di fogli. – La mamma si occupa di tutto. Sai che lei in fondo in fondo adora cose come i matrimoni.
Ron si affrettò a raccogliere i fogli caduti a terra e annuì, anche se sembrava avere la testa altrove. Ginny osservò il fratello studiare con evidente impegno una cartina della Russia Occidentale, mettendo dei puntini rossi quale e là. Era strano che Ron fosse diventato così responsabile, e diligente nel suo lavoro. Non solo diligente, ma addirittura bravo nel suo lavoro. Sembrava impossibile, eppure era uno degli Auror migliori dell’intero dipartimento, insieme con Harry, naturalmente, che ormai era in una posizione superiore all’amico, essendo stato da pochi mesi promosso a capo degli Auror. Ma Ron era bravo in un modo differente. Aveva l’espressione seria e quel pizzico di cattiveria che mancavano a Harry, che molte volte era un po’ troppo indulgente con i criminali. Mentre Ron sapeva sempre fare la cosa giusta, ed era apprezzato da molti, benché non avesse nemmeno una minima traccia di ambizione. Aveva da tempo capito che il potere non faceva per lui.
- Allora, dov’è Harry?- chiese Ginny e Ron sembrò improvvisamente ricordarsi della sua presenza lì.
- E’ nell’ufficio di Kingsley. Dovevano parlare di una certa cosa…- la voce di Ron sfumò in modo misterioso e Ginny alzò gli occhi al cielo. Come se la segretezza fosse necessaria. Ron sapeva benissimo che Ginny conosceva ogni minimo retroscena che avveniva nel dipartimento degli Auror. Ma probabilmente lì doveva mantenere la facciata.
- Vado a vedere se lo becco a metà strada.
Ron annuì un’altra volta, sempre intento a studiare le sue cartine e i suoi fogli. Ginny si avviò verso l’uscita, sperando di riuscire a incontrare Harry prima di arrivare nell’ufficio di Kingsley. Non vedeva l’ora di vedere che faccia avrebbe fatto nell’apprendere la notizia. Sarebbe stato contento? O avrebbe pensato che un bambino era un po’ prematuro per loro due? Ma la ragazza era sicura che qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stato delizioso. Lo conosceva, sapeva che voleva una famiglia quanto la voleva lei. Non avrebbe certo storto il naso perché “la famiglia” stava arrivando proprio in quel momento e del tutto inaspettatamente. Stava giusto per girare l’angolo che portava agli ascensori, quando si scontrò contro un ragazzo con i capelli scuri e parecchi fogli in mano, che volarono in aria all’impatto tra i due. La sua espressione leggermente seccata fu sostituita da uno sguardo felice e sorpreso quando Harry riconobbe la sua fidanzata. Ginny sentì che un enorme sorriso le si stava formando sul viso e gli gettò le braccia al collo. Anche i pochi fogli che ancora il ragazzo teneva in mano volarono via, ma Harry non se ne preoccupò. La strinse a sé, lei sapeva assaporando il suo profumo che tanto gli piaceva. Era di nuovo con Harry. Era di nuovo a casa. Quando si staccarono, entrambi ancora sorridevano.
- Cosa fai qui?- gli chiese Harry, baciandola sulle labbra e accarezzandole i lunghi capelli rossi.
- Devo dirti una cosa. Possiamo andare nel tuo ufficio?
Harry aggrottò leggermente le sopracciglia, ma non chiese spiegazioni, limitandosi a dire:
- Certo! Di qua…
Si avviarono verso l’ufficio del capo degli Auror, proprio in fondo alla stanza. Passando qua e là, Harry dava indicazioni o chiedeva il punto della situazione su vari casi che stavano seguendo nel Dipartimento. Molti altri sorrisero e salutarono Ginny. Harry disse alla sua segretaria di non far entrare nessuno e insieme entrarono nell’ufficio pieno di sole, soltanto grazie agli Uomini della Manutenzione Magica, che adoravano Harry e gli donavano trecentosessantacinque giorno di sole e nuvole come zucchero filato. Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle e si accomodò sulla sua sedia dietro alla scrivania, attirando Ginny a sé, che si appoggiò al ripiano di legno di mogano. La ragazza era stata impaziente di parlare con Harry, ma ora che era venuto il momento di dargli la grande notizia, e i suoi grandi occhi verdi la scrutavano leggermente preoccupati, e sentiva come non mai la sua mano appoggiata sul suo ginocchio, aveva improvvisamente un po’ di… paura. Deglutì e sbirciò la sua espressione. Sapeva che più i secondi passavano, più si sarebbe preoccupato. Infatti subito disse, un po’ impaziente:
- Allora?
Ginny fece un respiro profondo e cominciò:
- So che avrei dovuto dirtelo prima, ma in questo periodo…non sono stata troppo bene.
Harry aggrottò le sopracciglia e fece per parlare, ma lei continuò con la sua storia per impedirgli di interromperla.
- Pensavo che fosse soltanto un po’ di stress per il matrimonio, ansia, ecc. ecc. Ma oggi sono comunque andata a fare un controllo al San Mungo.
- Perché non me l’hai detto?- saltò su a dire Harry, lasciando andare la sua mano, che stringeva fino ad un attimo prima.
- Mi fai continuare o no?
- Mi devo preoccupare? E’ qualcosa di grave?
Ginny vedeva il panico crescere nei suoi occhi, e gli afferrò di nuovo la mano, cercando di tranquillizzarlo.
- No… sta tranquillo…
- Tu dici sempre che devo stare tranquillo. Anche se fosse una cosa grave, una cosa di cui preoccuparsi, mi diresti di stare tranquillo. Tu non vuoi mai allarmarmi, ma alcune volte allarmarsi è necessario…
- Sono incinta!
Quelle semplici due parole misero fine allo sproloquio di Harry, che rimase a fissarla a bocca aperta, gli occhi spalancati, il fiato mozzo per un secondo. Ginny sospirò e alzò gli occhi al cielo, osservando il fidanzato impallidire, e poi diventare verdognolo, e poi rosso, e poi di nuovo pallido come un lenzuolo. Non avrebbe voluto dirglielo così, avrebbe voluto prepararlo per gradi, ma aveva capito che così facendo si sarebbe creato troppe realtà alternative nella sua mente contorta, quindi così era stato più semplice. Ma Harry non aveva ancora detto una parola, nè si era mosso nemmeno di un millimetro. Stava semplicemente lì seduto, sul viso un’espressione da pesce lesso, incapace di emettere suono, di muovere un muscolo. Osservandolo bene, si capiva che non batteva nemmeno le palpebre. Ginny aggrottò le sopracciglia.
- Harry?- gli chiese, sfiorandogli la mano. Il ragazzo deglutì rumorosamente, ma non disse nulla.
- Stai bene?
Harry annuì, anche se non sembrava troppo vero.
- Magari vado a rimediarti del tè forte. Il tè fa sempre bene…
E uscì dall’ufficio, avviandosi verso il banchetto che c’era dall’altra parte della stanza, dove gli Auror potevano servirsi di tè, caffè o tisana. La scrivania di Ron era poco lontana, così quando il fratello alzò gli occhi dalle ennesime importanti carte la vide versare una tazza di tè.
- Hai beccato Harry?- le chiese, e lei si girò a guardarlo.
- Si, mentre tornava dall’ufficio di Kingsley. E’ nel suo ufficio…
Ma notò che Ron non la stava più ascoltando. Fissava un punto alle spalle di Ginny e, quando la ragazza si girò di scatto per vedere che cosa l’avesse tanto distratto, vide Harry che la guardava, serio, ma perfettamente in sé. Senza dire una parola, percorse i pochi metri che li separavano e la baciò. L’aveva colta completamente alla sprovvista, e all’inizio era così stupita che fu incapace di ricambiare il bacio. Non era da Harry fare una cosa del genere, davanti a tutti, i gesti plateali e ad effetto non erano nel suo stile. Le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, a quel primo bacio dato all’improvviso in mezzo alla Sala Comune di Grifondoro affollata, e le sembrò di provare anche quelle stesse sensazioni. Ricordò l’attesa che l’aveva divorata per tutti quei mesi, per tutti quegli anni di amore silenzioso verso l’unico tra tanti spasimanti che le avesse mai rubato il cuore, quellocon cui sapeva fin dall’inizio che sarebbe stata per sempre. La sua anima gemella. Il suo completamento. L’unico e il solo.
Quando si staccarono, fu come riemergere da sotto la superficie dell’acqua: tutti i rumori che si erano come spenti, le voci che aveva smesso di udire, tornarono prepotentemente a farsi sentire. Ma comunque non esistevano. I suoi occhi sembravano riempire tutto il suo campo visivo, l’unica cosa importante, l’unica cosa che vedesse. Harry non parlò, non era uno da molte parole lui, da discorsi poetici e zuccherosi. Per lui contavano i fatti. E Ginny sapeva che negli anni a venire le avrebbe sempre dimostrato ciò che provava, le avrebbe sempre fatto capire la felicità e la contentezza che aveva provato nello scoprire che la famiglia che tanto a lungo aveva sognato stava nascendo. Si allontanò leggermente da lei e Ginny improvvisamente tornò a rendersi conto di ciò che la circondava. Notò addirittura Ron che li fissava a bocca spalancata. Scoppiò a ridere osservando l’espressione del fratello e Harry con lei. Anche parecchi Auror li osservavano sorridendo, consapevoli dell’amore che li legava, parecchi di loro invitati al loro matrimonio. Ginny alzò leggermente le sopracciglia e Ron si ricompose, tornando a leggere le sue carte come se nulla fosse. Ginny lanciò un’occhiata ad Harry, che annuì sorridendo. Ginny si avvicinò lentamente al fratello tenendo Harry per mano, e poi disse:
- Ron…
Ron alzò la testa come se non li avesse osservati fino ad un secondo prima e disse:
- Che c’è?
Ginny lanciò un’altra occhiata a Harry, che annuì un’altra volta e poi disse:
- Ron… aspetto un bambino.
Ron strabuzzò gli occhi e si alzò in piedi di scatto, esclamando:
- Per le mutande di Merlino!
E poi fece una cosa che probabilmente non aveva mai fatto in vita sua: così, senza pensarci, senza riflettere, abbracciò la sua unica sorella. Ginny sorrideva ancora e, quando si staccarono, vide che anche Ron sorrideva.
- Miseriaccia, un maschietto!
Harry aggrottò le sopracciglia.
- Aspetta! Chi ti dice che sia un maschio! Io voglio una femminuccia. I maschi portano solo guai…
Ma Ginny non prese parte alla discussione tra i due. Restò semplicemente lì ad osservarli parlare e scherzare, ridere e prendersi in giro a vicenda, consapevole soltanto della mano di Harry nella sua.
 

*

 
Ginny osservò la sua immagine riflessa nel grande specchio con la cornice dorata. I capelli le ricadevano sulla schiena in eleganti boccoli, le guance erano leggermente rosate, così come le labbra sottili, e i grandi occhi marroni erano bordati da lunghe ciglia che rendevano il battere delle sue palpebre simile ad un dolce sfarfallio. Teneva i gomiti appoggiati al tavolino da toeletta di sua madre, incapace di rendersi conto della sua bellezza, della sua perfezione. Davanti a lei stava una tazza di caffè mezza vuota, che qualcuno doveva aver bevuto mentre lei si preparava in camera sua con sua madre. Probabilmente era stato suo padre, che tentava ancora di fingere di non essere emozionato, o agitato. Fingeva che le nozze della sua unica figlia femmina gli facessero lo stesso effetto delle nozze di tutti gli altri figli che si erano sposati prima di lei.
Poco prima di dover camminare lentamente fino all’altare, Ginny si era ritrovata sola nella grande camera dei suoi genitori, la più bella di tutta la casa. Sua madre dava gli ultimi tocchi in giardino, suo padre evitata di stare solo con lei per più di due secondi, probabilmente soltanto per evitare di commuoversi. I suoi fratelli erano già senz’altro tutti seduti sulle sedie dorate, tranne Ron naturalmente, che era il testimone dello sposo, e Harry… chissà cosa stava facendo Harry. Probabilmente sudava freddo nel suo bellissimo completo scuro. Invece Ginny era perfettamente padrona di se stessa, calma e rilassata. Da quando aveva scoperto di essere incinta ciò che interessava e preoccupava i comuni mortali su di lei non aveva nessun effetto, e il suo matrimonio le sembrava soltanto una cosa inevitabile, ma non così importante come strepitavano tutti. Era tornata la vera se stessa. La Ginny Weasley che non si agita e non si scompone certo per una cosa così banale come le proprie nozze. Sentì un leggero bussare alla porta della stanza e poi una ragazza infilò la testa dentro la camera, con un grande sorriso stampato in faccia.
Hermione indossava il bel vestito color panna della damigella d’onore e i suoi capelli castani erano magicamente ondulati e non ricci e cespugliosi come al solito. Due ciocche di capelli erano tenute indietro da qualche forcina, e tutta l’acconciatura era completata da fiorellini bianchi. Era più bella che mai. Il suo fisico longilineo era sottolineato dall’abito che scendeva dritto lungo i fianchi stretti per poi allargarsi leggermente sul fondo. Naturalmente indossava i tacchi alti ed era raggiante. Ginny le sorrise e disse:
- Ron non ti ha ancora vista? Gli verrà un infarto…
Hermione scoppiò a ridere e guardò l’amica con un cipiglio molto “hermionesco”, che fece ridere Ginny sonoramente. La futura sposa si alzò in piedi e Hermione trattenne il respiro per un paio di secondi.
- Ginny! Sei stupefacente!
Ginny girò lentamente su se stessa con stampata sul viso un’espressione birichina. Indossava il vestito da sposa più bello che chiunque avesse mai visto, o almeno che Hermione avesse mai visto: aveva la gonna in morbido tulle che si allargava sempre più e la scollatura a bustier che accentuava la vita sottile di Ginny. Sembrava una meringa, o un pasticcino glassato. Chiunque avrebbe sognato un vestito del genere.
- Non è propriamente nel mio stile, ma devo ammettere che me ne sono innamorata appena l’ho visto. Un colpo di fulmine…- disse Ginny, facendo l’occhiolino all’amica, che sorrise e le prese una mano, seria.
- Sarà un matrimonio meraviglioso, proprio come la sposa.
Ginny le sorrise e la abbracciò, dicendo:
- Ti voglio bene, Hermione.
- Ti voglio bene anch’io.
Si staccarono e si sorrisero, proprio nel momento in cui il signor Weasley entrava nella stanza. Aveva gli occhi leggermente arrossati, ma sorrideva.
- E’ ora di scendere.
Ginny annuì e fece un cenno ad Hermione.
- Prima tu, “damigella”…- la canzonò. Hermione scosse la testa, sorrise al signor Weasley e uscì per prima dalla stanza, seguita dalla stessa Ginny e dal signor Weasley. Una sorridente signora Weasley li aspettava in fondo alle scale. Diede un leggero bacio a sua figlia, sorrise ad Hermione e al marito.
- Bhe, io vado.
Stringendo un fazzoletto e tirando leggermente su col naso, la donna sparì fuori, diretta verso la prima fila di sedie. Una leggera musica cominciò a fluttuare nell’aria e Hermione, dopo aver afferrato un piccolo bouquet di fiori bianchi, disse:
- E’ il mio momento.
Strinse un’ultima volta la mano della sua migliore amica e sparì fuori a sua volta. Ginny si girò a guardare suo padre, che ormai non nascondeva più gli occhi lucidi.
- Oh, papà…
- Mi sento uno stupido. Tu non piangi mai, mentre io sono diventato un vecchio sentimentale…
Ma senza dargli il tempo di aggiungere altro, Ginny lo zittì con un abbraccio. Poi tornò a guardare suo padre e disse, tenendo stretto tra le mani il bouquet di fiori rosa pallido:
- Si va in scena, papà.
 

*

 
Ginny sentiva ancora quella dolce musica in sottofondo mentre camminava verso l’altare. Il suo sguardo si posava sui visi sorridenti o commossi dei molti invitati, ma senza vederli davvero. Registrava come meccanicamente i dettagli di quel semplice e infinito istante: i petali di rosa sul pavimento color argento, il gazebo bianco decorato di fiori bianchi e rosa, la sua mano stretta intorno al braccio di suo padre, il venticello fresco che muoveva leggermente le foglie degli alberi, il profumo di rose nell’aria. Qualcuno doveva essersi ricordato che erano i suoi fiori preferiti. Ma sapeva che l’unica cosa che si sarebbe ricordata negli anni a venire sarebbe stata il viso dell’uomo che l’attendeva in fondo a quel percorso che sembrava infinito. Harry non sorrideva, semplicemente la guardava con uno sguardo traboccante d’amore, così emozionato da riuscire a mala pena a respirare, lo sapeva. Il suo sguardo era così intenso, che Ginny si sentì arrossire come mai le era successo prima, e improvvisamente si sentì stupida, stupida come quelle ragazzine idiote che a Hogwarts le facevano domande sui presunti tatuaggi di Harry. E così sorrise.
La sua bocca si aprì in un piccolo sorriso malizioso e ironico. In fondo, era il giorno del suo matrimonio, non quello del suo funerale. E così anche Harry, dopo averle lanciato un’occhiata di finto rimprovero, sorrise. E improvvisamente tutto si svolse come se fosse un enorme e spassosissimo scherzo tra loro due, di cui Hermione e Ron erano complici. Il testimone dello sposo finse di aver perso gli anelli, Hermione gli lanciò un’occhiataccia che fece quasi scoppiare a ridere la sposa. Ginny dimenticò all’istante le parole zuccherose che Harry aveva faticosamente messo insieme per creare una parvenza di promessa di matrimonio. Sapeva che quelle parole artefatte non rappresentavano davvero il loro amore.  E quando lei gli infilò al dito l’anello non disse nulla, semplicemente lo guardò, e lui capì tutto quanto. Le parole non erano necessarie. Ma finalmente, al momento del bacio, Ginny poté fare a modo suo. Durò così a lungo che un paio di invitati si schiarirono la gola e George fischiò e batté le mani. Quando si staccarono, Ginny poté finalmente scoppiare a ridere, e Harry la seguì a ruota.
Ginny non pianse, perché l’emozione che provava quel giorno non la faceva piangere, la faceva invece ridere a crepapelle e sentire la persona più felice dell’universo. Quando lei e Harry si guardarono negli occhi, capirono entrambi che niente era davvero importante, lo erano soltanto loro due. E benché Ginny non amasse i matrimoni, sapeva che avrebbe ricordato lo sguardo di Harry di quel giorno per sempre. E per sempre avrebbe creduto, grazie al mondo perfetto che l’amore aveva creato nella sua testa, che sotto quel gazebo ci fossero soltanto loro due. Anzi, loro tre.
 

The End
 
 

  
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