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Autore: devonneshope    20/08/2012    9 recensioni
Un burqua, un padre fanatico della religione e lei, Safaa. Aveva sedici anni, ma malgrado la sua età, aveva conosciuto presto il significato della parola 'soffrire'. Aveva lottato contro le regole della sua religione, le era stata negata la possibilità di integrazione, ma nonostante tutto, sapeva ancora come sorridere.
I suoi occhi azzurri, la pelle candida, le labbra rosee e i capelli color carbone sarebbero rimasti celati dietro il pezzo di stoffa che era costretta ad indossare.
Aveva sedici anni, ma non aveva mai vissuto veramente.
O almeno, non prima di uno strano incontro..
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don't you remember I'm your baby girl?
How could you throw me right out of your world?
 So young when the pain had begun,
Now forever afraid of being loved.



 

Tre, due, uno…
“Safaa, alzati!” mia madre.
Continuai a fissare il soffitto e ascoltare ciò che la casa aveva da raccontarmi.
Il postino che lasciava il giornale. I cinque passi di mio fratello Mohammed per arrivare in cucina. Le pantofole che strusciavano contro il pavimento. Lo sbadiglio di mia mamma. L’acqua che scorreva. Tutto fottutamente e inevitabilmente uguale alle altre mattine.
Mi alzai dal letto e mi infilai i vestiti lasciati ai piedi del letto la sera prima. Strisciai lentamente in cucina, dove mio padre leggeva il suo stramaledetto quotidiano.
Ma non quel giorno. Quello non era il quotidiano-day. Quello ero il Safaa-day, il mio grande momento, la richiesta più ardua della mia vita.
“Buongiorno.” Dissi in un soffio. Mio fratello mi guardò e annui silenziosamente. Avevamo architettato tutto fin nei minimi particolari, o la va o la spacca.
“Papà, devo dirti una cosa.” Dissi riuscendo finalmente ad ottenere la sua attenzione.
Mi guardò con disprezzo, come faceva sempre.
“Io volevo chiederti una cosa.. Molto importante.. volevo chiederti se..” Sudavo come mai avevo sudato in vita mia, sotto il suo sguardo più freddo del ghiaccio artico.
“Posso andare a scuola senza mettere il burqua?” boom. Solo ora mi rendevo conto di quanto la mia richiesta fosse impossibile ai suoi standard. Lui era il tipico fanatico islamico che odiava la società inglese quanto io odiavo la sua freddezza. Lui mi aveva proibito di avere amiche inglesi e qualsiasi altro rapporto con l’esterno. E sempre lui mi aveva già dato in sposa a chissà quale cugino senza il mio consenso.
Era talmente innamorato della religione che mi aveva costretto ad indossare il niqab cioè, non il solito velo islamico, ma una veste che copriva anche il viso, bucherellato all’altezza degli occhi per permettermi di vedere.
Trattenni il respiro e lui continuò a guardarmi:
“Vorresti smettere di indossare il niqab, hai detto?” finì di parlare e rise.
“Oh sì, magari domani mattina mi chiederai di conoscere il tuo ragazzo o di comprare un rossetto. Safaa, ricordami cosa dice il Corano.” La sua risata si trasformò in un tono freddo.
“Che noi donne dobbiamo indossare il velo.” Dissi quello che lui voleva sentire e abbassai lo sguardo.
“Tu hai un futuro migliore di tutte le cheerleader della tua scuola. Tu sposerai il figlio di mio cugino e vivrai una vita sui fondamenti islamici. Smettila di comportarti come una bambina.” Riprese il suo giornale e si rimise a leggere. Con quel gesto, lui aveva cancellato tutte le parole che avevo appena pronunciato. Guardai mio fratello e mi morsi il labbro.
Salii in camera e raccolsi tutte le forze che mi erano rimaste per afferrare il simbolo della mia prigionia e indossarlo.
Una volta, avevo letto che alcune ragazze mascherano la propria tristezza con un sorriso.
Io, sotto quella veste, avrei potuto sorridere o piangere; nessuno avrebbe mai visto quello che provavo.



Afferrai il mio zaino e quello che rimaneva della mia dignità ed uscii di casa: sapevo già cosa mi aspettava. Gli sguardi torvi degli altri liceali, le risate, quelli che mi indicavano e scuotevano il capo.
E non dimentichiamo i simpaticoni che quando mi vedevano si mettevano ad urlare ‘il terrorista travestito è qui, riparatevi sotto i banchi o morirete tutti!’
Quel burqua era riuscito a impedire il mio ambientamento e mi aveva regalato tanta solitudine che io non desideravo.
Guardai il solito gruppo di ragazze inseparabili e mi morsi il labbro. Non sapevo nemmeno io quante volte avevo desiderato di poter far parte di quel gruppo. Presi i libri dall’armadietto e mi diressi verso la mia classe.
Entrai e una pallina di carta mi colpì, seguita da un’altra e un’altra ancora. Presi posto nel mio solito banco vuoto.
Le solite sei ore passarono melense e quando uscii decisi di non tornare direttamente a casa.
Maggio era arrivato e il caldo iniziava a farsi sentire. Attraversai un campo di grano e mi sedetti sotto un’enorme quercia; mi tolsi il niqab lasciando respirare la pelle e sorrisi sentendo il vento accarezzarmi il viso. Rimasi in quella posizione per alcuni minuti, poi mi stesi al sole mordicchiando un filo d’erba.
“Bello qui non trovi?”
“Stupendo..” sussurrai sorridendo. Quando capii che quella voce non era la mia immaginazione, scattai in piedi e mi ritrovai davanti un ragazzo di non più di diciannove anni, la pelle ambrata e i capelli scuri.
“Oddio, no, non guardarmi!” mi coprii il viso con le mani e corsi verso l’albero per prendere il niqab. Lui però fu più veloce di me e mi bloccò.
“Calma, non scappare. Per favore, non voglio ucciderti. Guarda, chiudo gli occhi,  va bene? ” Mi voltai lentamente verso di lui e mi accorsi che teneva veramente gli occhi chiusi.
La sua stretta si allentò e finalmente mi lasciò il polso.
Corsi verso l’albero e indossai il velo:
“Fatto, puoi aprire gli occhi.” dissi sistemando meglio.
“Scusami, non volevo spaventarti. Ti ho vista a scuola, ma non pensavo che fossi così rigida con il velo. Anche la mia famiglia è musulmana, ma mia sorella non lo porta nemmeno.. non pensavo potesse darti fastidio.” Disse imbarazzato.
“Non da fastidio a me, ma a mio padre.” Mi maledissi appena pronunciai quelle parole.
“Dici davvero?” chiese subito quello.
Per tutta risposta afferrai il mio zaino e con passo spedito mi diressi sulla via di casa.
“Dove vai? Però lo capisco tuo padre, sei molto bella, in qualche modo deve proteggerti.” Disse raggiungendomi di corsa.
Mi fermai di botto e arrossii violentemente.
Avrei voluto rispondergli di quanto fosse interessante portare il niqab, ma ero rimasta senza parole.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?” chiese lui preoccupato.
Sorrisi e gli porsi la mano.
“Io sono Safaa, tu?” dissi.
“Ti chiami come mia sorella. Piacere, io sono Zayn.” Strinse la mia mano e sorrise.
“Senti, non capisco bene quello che dici con quell’aggeggio davanti alla bocca, non è che potresti scoprire soltanto il viso?” disse imbarazzato passandosi una mano dietro la nuca. Scoppiai a ridere e tornai a guardarlo.
“Il resto rimane però, va bene?” dissi.
Lui annui e io mi sfilai la ‘maschera’.
“Sei il primo che mi vede così, ti prego, non dirlo in giro.” lo supplicai.
“Intendi dire che nessuno ti ha mai visto il viso?”ripeté, scioccato.
“C’è sempre una prima volta, no?” risposi.
Sorrise e mi aiutò a portare la borsa.
“Ti accompagno a casa, va bene?” propose.
“In realtà.. Mio padre non vuole che io parli con i ragazzi, perciò preferirei se..” Venni interrotta.
“Prima di arrivare davanti casa tua, io andrò dall’altro lato della strada così non sospetterà nulla.. Andata?” disse, lasciandomi a bocca aperta.
“Sicuro che non ti dia fastidio?” chiesi.
“E perché? Dai, andiamo” continuò a camminare.
“Grazie.” Sussurrai. Pensavo che non mi avesse sentito, invece si voltò verso di me e mi sorrise.
Se continua a sorridere in quel modo, spegnerà il Sole.
Dopo mezz’ora di marcia arrivammo finalmente vicino a casa mia.
Appena vidi la finestra, il panico mi assalì:
“Ora io entro in casa, tu vai dall’altra parte della strada e..”
“Ci vediamo domani” Finì la frase sorridendomi tranquillo;
Si avvicinò a me con un po’ di indecisione, per poi lasciarmi un bacio sulla guancia. “A domani” dissi arrossendo.
“A domani” ripeté, e poi attraversò la strada senza voltarsi.
Rimasi lì a guardarlo mentre spariva tra le vie del quartiere, finchè una curva non lo inghiottì.
Solo dopo mi ricordai di essere in mezzo alla strada con il viso scoperto; coprii il viso e camminai fino alla porta di casa, dove mi accolse il solito clima di prigionia.
Ora però, avevo qualcosa lì fuori che sapeva della mia esistenza.

Sciao bele!
Inizio col fare tanti auguri alla mia Dems, che oggi compie gli anni <3
Le ho pure dedicato il capitolo con la sua canzone trolol
A proposito del capitolo.. Lo so, è molto lungo, però è una specie
di prologo. Potete farmi un favore? Lo so che fa schifo.
Però una recensione mi farebbe molto piacere.
Daaai, che ti costa scrivere 10 parole
in cui dici 'questa storia ha demolito la mia stitichezza'?
Tanto amore, Sam C:
Su Twittah sono @bellajawaad

 


 

  
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