Memorie scolpite - inverno 1976
I say: Ho rigirato fra le mani questo primo capitolo più volte, cercando un'introduzione adatta a quella che sarà la storia vera e propria, fino a che dieci minuti fa non ho detto: "Ok, così va bene".
Under a winter sky
C'era qualcosa di spettrale in quel pallido cielo
d'inverno.
Niente nuvole.
Niente sfumature colorate.
Solo un'immensa distesa compatta, uniforme nella sua inconsistente tinta
perlacea.
Sollevando lo sguardo e fissando quel candido trionfo di bianco, tutto sembrava
talmente piatto e calmo da far venire le vertigini, e trasmetteva un bizzarro
senso di inquietudine.
Persino il castello pareva soccombere a quest'atmosfera strana, che si
rifletteva sulle antiche mura illuminandole di una luce livida.
Condizione abbastanza inusuale, per quello che doveva essere il primo giorno
delle vacanze natalizie.
Quella stessa mattina, la maggior parte degli studenti aveva fatto ritorno a
casa per passare il Natale in famiglia, e Hogwarts si era tramutata da
inesauribile risorsa di baccano, a silenzioso luogo deserto.
"Non ci posso credere. Non è possibile. Ramoso, dimmi anche tu che non è
possibile".
Questa frase, pronunciata con un tono fra il disperato e l'allibito, spezzò
all'improvviso la quiete di un corridoio dell'ottavo piano, insieme con il
sopraggiungere dei passi decisi di due ragazzi.
"Cosa non è possibile, Sirius?".
"Questo!".
"Questo…ok. Felpato, questo non è possibile. Qualsiasi cosa tu intenda
per questo".
Sirius sgranò gli occhi e guardò sbalordito l'amico che cammina imperterrito
al suo fianco, poi scosse la testa dicendo con fare melodrammatico "Oh
cielo. L'abbiamo perso. James Potter ha abbandonato il pianeta terra per
stabilirsi definitivamente su Evansland…ti prego amico, se riesci a sentirmi
torna qui, torna con noi e batti un colpo!"
"D'accordo" rispose James in fretta, per poi stendere la mano e
colpire velocemente la nuca di Sirius.
"Ahia! Ma sei impazzito seriamente?!"
"No, ho solo battuto un colpo". Questa volta un breve sorriso si
allargò sul suo viso. Per quanto pensieroso, era pur sempre un malandrino.
"Tu hai dei seri problemi mentali. Probabilmente il boccino che fluttuava
avanti e indietro nella tua testa è salito con gli altri sul treno per King's
Cross.".
Ma James aveva smesso nuovamente di dargli retta, e aveva ricominciato a
scrutare gli sprazzi di cielo che si intravedevano dalle bifore lungo la parete.
Che razza di tempo da schifo era quello?
Il cielo poteva essere azzurro, blu, grigio, color fumo, perfino aranciato al
tramonto…ma non bianco!
Tsk.
Se proprio al sole non andava di splendere, per oggi poteva esserci un bel
temporale, no?
E invece no. Ecco quella stupidissima sfumatura spettrale; sembrava che la
versione gigante di Nick-quasi-senza-testa si fosse di colpo sdraiata supina su
Hogwarts.
Senza saperne esattamente la ragione, James si sentiva inquieto, e per l'intera
durata del tragitto fino alla Sala Comune di Grifondoro, continuò a pensare
"Che razza di tempo", con Sirius che borbottava poco distante.
*
Alla stazione di Hogsmeade, il grande orologio sulla parete
frontale segnava le 7.25 del mattino.
Sul primo e unico binario, sostava la locomotiva scarlatta, già carica di
studenti, che alle 7.30 in punto sarebbe partita alla volta di Londra.
Sulla piattaforma antistante ad essa, vi erano due ragazze strette in un
abbraccio di saluto.
"Sai una cosa, non mi va poi tanto di salire su questo treno…" disse
la ragazza bionda, con un braccio intorno al collo dell'amica e l'altro che
sorreggeva un'estremità del baule.
La ragazza dai capelli ramati si scostò per guardarla negli occhi e sorridendo
rispose: "Certo che lo so, non fai che ripeterlo da almeno un'ora!".
"Bene, basta parole, passiamo all'azione: resto qui".
"Sbrigati e sali".
"C'è ancora tempo…"
Ma a smentita di ciò, il treno emise un fischio acuto, segno che stava per
lasciare la stazione.
"Ok, ok. Vado."
"Vai".
"Aspetta…una cosa…" aggiunse Emma a bassa voce; poi afferrò il
bagaglio, si avvicinò alla porta di una carrozza, e solo quando vi ebbe messo
un piede sopra si girò indietro e disse: "Indovina chi altro rimane ad
Hogwarts per le vacanze?". E ridendo, agitò una mano in aria e scomparve
oltre le porte metalliche, per poi ricomparire dietro un finestrino.
Lily la guardò, ma non rispose al sorriso.
Non era difficile indovinare chi altro rimanesse ad Hogwarts per le vacanze.
Quando il treno cominciò a muoversi, Lily attraversò la banchina e si diresse
verso il castello.
Camminando lentamente, senza alcuna fretta, raggiunse la riva del lago nero e si
sedette sull'erba fresca, ricoperta da un leggero strato di brina. Faceva
abbastanza freddo, ma neanche poi tanto rispetto alla media dei rigidi inverni
inglesi, in cui la temperatura solitamente calava a picco in modo vertiginoso,
provocando brezze gelide che penetravano nelle ossa.
Quel giorno, tuttavia, non c'era neanche un soffio di vento.
Alzando lo sguardo dalla superficie scura del lago, Lily notò quel cielo
strano, tinto di un bianco così uniforme che lo rendeva incredibilmente piatto,
privo di ogni volume, come se fosse stato tranciato di netto dalla lama di un
enorme coltello.
A guardarlo fisso per qualche secondo, faceva quasi venire i brividi.
Per qualche ragione, tuttavia, rimase sdraiata sul manto erboso per parecchio
tempo, sfidando i suoi occhi a perdersi in quell'inquietante mare bianco.
Se ci fosse stata Emma, probabilmente si sarebbe trovata chiusa in uno dei bar
di Hogsmeade, al caldo, con una tazza di caffè nero fra le mani, a parlare come
al solito di tutto e di niente.
E invece se ne stava lì, da sola, a sentire il freddo che si intensificava di
minuto in minuto, e a lasciar divagare la sua mente in una serie di bizzarri
voli pindarici.
Sembrava passato così poco dal mese di settembre, e invece in un soffio erano
trascorsi tre mesi.
Mancavano solo due giorni a Natale.
Come ogni anno, la sua famiglia le avrebbe scritto una lettera striminzita per
augurarle buone feste e per chiederle come stava.
Benissimo - avrebbe risposto lei - tutto ok.
In realtà qualche problema non mancava, ma dubitava seriamente che sarebbe
servito a qualcosa parlarne, tramite lettera, per giunta.
E poi, qualcuno avrebbe mai davvero potuto capire come si sentiva lei in quel
momento?
Il motivo per cui spesso si sentiva triste?
La ragione per la quale ogni tanto desiderava scappare via, il più lontano
possibile da Hogwarts?
Probabilmente, fu proprio la voglia di trovare delle risposte ad indurla a
restare sul quel prato freddo, in quella mattina di dicembre, con il volto
arrossato e un'imperturbabile determinazione.
Perché, infondo, a diciassette anni, si hanno mille dubbi, ma altrettante vie
di uscita.
A diciassette anni, è tutto ancora intero.