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Autore: Beads and Flowers    21/08/2012    3 recensioni
Dal testo:
"Quando la madre del ragazzino era stata bruciata viva dai puritani, essendo stata giudicata una strega, il giovane aveva capito che il perdono non era una caratteristica degli esseri umani. Aveva capito che il mondo dei sogni gli era stato negato per sempre, che da quel momento in poi lui avrebbe vissuto nel terrore, e nella fuga."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Purezza

1. Incontro con l'Infinito.

 
 

Angelo di Dio,
Che sei mio custode,
Illuminami.
Custodiscimi.
Reggi e governa me,
Che ti fui affidato
Dalla Pietà Celeste.

Amen.

 

 Fiamme.
 Fiamme rosse. Come il sangue. Come le vene sottili, che in arabeschi appuntiti s’intrecciavano attorno alla pupilla della donna.
 Strega. Spettro. Madre.
 Urlava. Urlava e piangeva. Malediceva i suoi carnefici, liberava nel vento le sue lacrime di odio e dolore. Lacrime fresche, leggiadre. Erano carezze sul volto di suo figlio. Terrorizzato, incantato, il figlio della strega.
 
 Il ragazzino dormiva serenamente, protetto dall’ombra imponente di una quercia secolare. Stringeva in mano un ciondolo di legno, che pendeva dal collo con una leggera cordicella. Era il simbolo dei suoi antenati e delle loro credenze, il simbolo della sua religione: un agnello tra le fauci di un lupo, racchiuso in una goccia di ebano.
 Il ragazzo dai capelli lisci e rossi sognava quell’agnello, immaginava il sangue che bagnava le fauci del lupo. Una lacrima scorreva sulla sua guancia, come un piccolo fiume sgorgato dagli occhi azzurri. Il ragazzino conosceva molto bene la storia di quei due animali. Sua madre gliel’aveva raccontata moltissime volte.
 La feroce belva aveva ucciso il messaggero dell’innocenza, per rabbia e gelosia. Lui, infatti, era sempre stato considerato un predatore spietato e bramoso di sangue. Eppure, togliendo la vita al povero agnellino, non aveva ottenuto altro se non l’opposto di ciò che aveva desiderato. Invece di rispetto e riconoscenza, aveva ricavato solamente odio ed ulteriore disdegno. Il lupo era il male e l’agnello era il bene. Il male poteva essere perdonato?
 Quando la madre del ragazzino era stata bruciata viva dai puritani, essendo stata giudicata una strega, il giovane aveva capito che il perdono non era una caratteristica degli esseri umani. Aveva capito che il mondo dei sogni gli era stato negato per sempre, che da quel momento in poi lui avrebbe vissuto nel terrore e nella fuga.
 Viveva in un’epoca di misteri, nel Nuovo Mondo. Era questo il nome della sua casa. Un mondo in cui nessuno, ne’ puritano ne’ indiano, praticava le sue usanze e leggeva il suo testo sacro. Un mondo ostile e nemico, in cui le donne bruciavano sui roghi e i volti angelici dei bambini venivano sfregiati in nome di Dio. Un mondo di odio e fiamme. L’Inferno.
 Eppure, non appena si allontanava dalla comunità dei Capi Tondi, il ragazzo si ritrovava in Paradiso. Ovunque vi erano infinite distese di campi verdi e di cieli azzurri, chiome fiorite di alberi, la melodia dei richiami degli uccelli. Le stagioni sussurravano i loro nomi alle orecchie del ragazzino e cantavano le loro canzoni, antiche come le montagne all’orizzonte. Incitavano i sentieri a divenire un luogo di gioco e serenità, non di fuga e terrore.
 Era questo che sognava il ragazzino all’ombra della quercia: la serenità di una famiglia ed il gioco di un amico. Desiderava la libertà dei campi, le canzoni degli indiani dai monti, il richiamo degli uccelli nelle foreste oscure.
 Ma non osava avventurarsi attraverso i campi infiniti del Paradiso terrestre, spaventato dalle belve e dalla scarsità di cibo oltre il villaggio dei puritani. Non si addentrava nelle foreste di ombra, impaurito dalle minacce e dagli ammonimenti delle persone che avevano bruciato sua madre sul rogo.
 I puritani avevano una credenza. Narravano ai loro bambini che chiunque si addentrasse nelle foreste in realtà fosse alla ricerca di un uomo. Un uomo alto e scuro come un’ombra infernale, che teneva tra le mani un libro nero. I dannati che vagavano per le foreste notturne scrivevano il loro nome sulle pagine di questo libro, con il sangue. Si compiva così un patto con il Maligno.
 Ma il ragazzo non aveva mai visto alcun uomo d’ombra, in tutta la sua vita. Il figlio della strega adorava invece inseguire le lucciole e scalare gli alberi di notte, mettendo alla prova le sue capacità visive cercando di individuare i rami nel buio. A volte, ai tempi in cui sua madre era ancora viva e sorridente, l’aveva seguita con allegra spensieratezza nelle radure segrete del bosco. L’aveva aiutata a comporre cerchi magici con le pietre ed a bruciare con piccoli fuocherelli delle offerte di legna e carne ovina, da dedicare agli dèi.
 Quei rituali si svolgevano una volta ogni luna nuova, fino alla notte in cui il ragazzino e sua madre non furono scoperti a praticare quella religione blasfema. I due furono separati, il bambino fu costretto ad assistere all’esecuzione della donna che gli aveva donato la vita. Per molti anni il suono delle grida della strega era risuonato per i campi. L’immagine della pelle carbonizzata della madre era ancora impressa nella mente del bambino.
 Erano iniziati gli anni della catena e della sofferenza. Era stato affidato ad una famiglia di gente ‘rispettabile’. Dodici figli. Due genitori dalle mani pronte ad infliggere colpi dolorosi. Da questa gente era stato adottato e mutato. Il suo nome non gli era più appartenuto, e gli era stato sottratto. Da Arias Fakewing era divenuto Asa Nord. Un nuovo nome, rispettabile e rigorosamente puritano. Il cognome della sua famiglia adottiva.
 Un nome.
 Il suo nome?
 Il suo.
 La sua identità.
 Il ragazzino aveva capito di essere davvero solo, in quel momento. Solo ed abbandonato.
 Solamente sotto l’ombra di quella quercia trovava conforto da quell’incubo maledetto. Il riposo era il dono maggiore per quel ragazzino. E dormiva, dormiva assaporando le sensazioni del sogno e la quiete dell’assenza.
 Sennonché qualcuno lo scosse all’improvviso, destandolo e lacerando l’immagine del lupo che divorava l’agnello. Asa dunque aprì gli occhi di scatto, guardandosi attorno per individuare immediatamente la fonte di quel brusco risveglio. Poteva trattarsi di un pericolo.
 Invece, di fronte a lui si trovava un semplice ragazzino dal sorriso vispo e gli occhi verdi. Si trovava ad una certa distanza da lui e lo fissava, appoggiato al tronco di un albero. Pareva un elfo delle favole, con quel suo sguardo allegro e malizioso.
 “Chi… chi sei?”
 “Questo dovrei chiedertelo io. Che ci fai qui, addormentato accanto alla foresta a quest’ora del pomeriggio? Non dovresti essere al villaggio?”
 “Sei… sei un puritano?”
 “Ti sembro forse un selvaggio, moccioso?”
 No, effettivamente i capelli biondi ed ondulati del ragazzo lo etichettavano come un anglo-sassone. Era molto bello, fresco come le acque di un ruscello e dal sorriso caldo come il sole.
 “Allora? Non mi vuoi dire che cosa ci fai qui?”
 “Mi chiamo Ar-”
 “Come dici?”
 “Mi chiamo Asa.”
 “Asa? E’ un nome puritano, questo va senz’altro in tuo favore. Eppure, non spiega perché tu ti trovi in questo luogo e perché non sei al villaggio per la Messa.”
 “La Messa?”
 “Oggi è Domenica, c’è la Santissima Messa. Come puoi non saperlo?”
 “Oh no! E’ vero, mi staranno cercando.”
 “Chi sono i tuoi?”
 “La famiglia Nord.”
 “I Nord? Quelli con la casa piena di figli? E tu chi saresti, l’unico tra tutti quei dannati ad avere i capelli rossi? Non c’è un Nord senza il naso schiacciato come una patata o i capelli scuri come il fango. Allora perché tu hai un naso così grazioso e capelli rossi come un peperone?”
 “Chi sei tu per chiedermelo?”
 “Uno che ha un nome solo e non ha bisogno di nascondere le sue origini, cretinetto.”
 “Il mio nome te l’ho già detto: Asa Nord.”
 “Ma davvero? Io invece sono Cenerentola!”
 “A questo mondo esiste una cosa chiamata ‘educazione’, sciocco Capo Tondo.”
 “Capo Tondo? Allora non sei neanche un puritano!”
 “Io… io…”
 “Sei una strega?”
 “Io… No! Certo che no!”
 “Hai il tuo nome nel libro nero?”
 “Ma che discorsi fai!”
 “Giuralo!”
 “Come?”
 “Giura su Dio che sul libro nero non vi è il nome ‘Asa’… no, aspetta, qual’ è il tuo vero nome?”
 “Io mi chiamo Asa e solo Asa!”
 “Va bene! Va bene! Se ci tieni davvero tanto a mentire! Comunque, giura su Dio che sul libro nero del Demonio non vi è il nome ‘Asa Nord’. Giuralo!”
 “Non posso! Non si giura su Dio, lo sanno tutti!”
 Il ragazzo dai capelli d’angelo parve leggermente deluso, prima di confermare le parole di Asa:
 “Parli proprio come un puritano. Allora non sei un eretico. Che peccato!”
 Regnò il silenzio per qualche minuto. Il ragazzo dai capelli biondi sollevò da terra un piccolo ramo. Lo fissò per qualche secondo prima di iniziare ad intagliarlo con un coltellino da tasca. Gli donò la forma di un flauto, che decorò minuziosamente con immagini di scoiattoli e fiori. Quando ebbe terminato, tese il nuovo strumento ad Asa.
 “Tieni. Questo è un mio regalo, per te. E’ la prova che ora siamo amici.”
 Asa esitò per qualche secondo, poi prese con titubanza il flauto dalle mani del ragazzo. Lo esaminò accuratamente, prima di sorridere e ringraziare il nuovo amico. Il suo primo amico. Si portò il flauto alla bocca e suonò qualche nota dal suono incredibilmente melodioso. Era una canzone che sua madre gli aveva cantato sempre prima di andare a dormire, una canzone dei loro antenati. Non appena ebbe finito, pose il nuovo flauto in tasca e tese la mano al ragazzo appena conosciuto.
 “Grazie, è davvero bellissimo! Sono felice di averti conosciuto, ragazzino. Di’ un po’, come ti chiami?”
 Il bambino fissò la mano per un po’, divertito da quel ragazzino dai capelli rossi ed i suoi modi così goffi. Ma gli piaceva: aveva una bella voce ed aveva suonato il flauto molto bene. Scrollò le spalle, e strinse la mano che gli era stata offerta.
 “Non metterti strane idee in testa, sciocco! Solo perché non sei un vero puritano e ora sei mio amico non vuol dire che io non ti consideri ancora uno stupido ragazzino. Comunque, il mio nome è Nehemiah. Nehemiah Sert. Ma, come puoi immaginare, voglio che tutti mi chiamino semplicemente Nem.”



Angolo dell'Autrice.

Burble, burble, burble... Camille Saint-Saens, dammi la forza...
HGdqwhdihiuuiqgiuUYGDyughduygwquiydbahgyddgygt7gd7yguytgvhtef4trasb!
...
Shjhidk!
OK, 'Danse Macabre' ha su di me uno strano effetto. Quindi... nulla. Se qualcosa non vi è chiaro, fatemelo sapere attraverso un messaggio privato, o magari una bella recensione critica / neutra / positiva / con panna montata. Saprò digerirle tutte, in particolar modo l'ultima. Potete criticarmi, darmi dei consigli, segnalarmi degli errori e persino offendermi (in questo caso, siete pregati di utilizzare parolacce o bestemmie tipici della vostra paesino, città o nazione, in modo che io possa apprendere comunque qualcosa dal messaggio o dalla recensione, ampliando il mio vocabolario). Vi ringrazio per aver sopportato il primo capitolo, non perdetevi il prossimo: 'Il Villaggio dei Puritani'.
A presto,
Beads. 

   
 
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