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Autore: likeasong    22/08/2012    3 recensioni
«Non sto bene affatto. E lo sai il perché?» mormorò Liz, guardando Zayn negli occhi, il quale come risposta si limitò a scuotere leggermente il capo. «Perché mi sto innamorando di te.» One-shot.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! Sono tornata (per chi si ricorda di me) con una one-shot.
Si tratta di un sogno che ho fatto diversi giorni fa e mi sembra quasi che ricordi la trama di un film, di cui sinceramente ignoro il nome. Se qualcuna/o di voi se lo ricorda, me lo scriva in una recensione, così si risolve questo dubbio che mi assilla da giorni. :)
Mi farebbe davvero piacere ricevere un piccolo commento da chiunque abbia almeno provato a leggere o arrivare al fondo di questa storia, per sapere cosa ne pensa.
Un abbraccio,
Dalma.






So cold

 

You can hear me cry, see my dreams all die,
from where you're standing, on your own.
It's so quiet here and I feel so cold.
This house no longer feels like home.

 

«Questa è l’ultima volta, Zayn.»
«Perché, Liz?»
«Perché..» La ragazza sbuffò e si passò nervosamente una mano fra i lunghi capelli castani. «Perché questa è l’ottava assenza che faccio a scuola, per colpa tua, e gli insegnanti hanno incominciato a guardare le mie giustificazioni –false- con più attenzione. Se lo vengono a scoprire i miei genitori, sono fottuta.»
Zayn ridacchiò e la sua risata leggera si perse nell’aria tiepida di quel mattino di maggio. Si erano nascosti in un vecchio parco abbandonato della città e ora, all’ombra di una grande quercia, erano coricati vicini, mentre osservavano qualche rara nuvola ricorrersi nel cielo terso inglese. Era una bella giornata: strano a dirsi, l’Inghilterra non era certo famosa per il suo tempo sereno.
«Non c’è proprio niente da ridere!» Sbottò Liz, osservando il ragazzo mettersi a sedere e appoggiare la propria schiena all’enorme tronco dell’albero che li sovrastava. Se si fosse portata dietro una tela, in quel momento, era certa che avrebbe subito colto l’occasione per dipingere lo sguardo perso con cui Zayn fissava il prato verde di fronte a sé, con quei suoi profondi occhi marroni, che la maggior parte delle volte erano indecifrabili.
«Tanto lo so che, la prossima volta che ti chiederò di non andare a scuola per stare con me, accetterai.»
Liz alzò gli occhi al cielo. «Sei uno stronzo. E non è giusto che tu sia più grande di me e possa fare cosa vuoi.»
Il ragazzo scosse la testa, mentre un sorriso appena accennato compariva sulle sue labbra carnose. Quella mattina non si era fatto la barba, osservò Liz, che fu quasi tentata di passare una mano sulla sua guancia: era difficile, troppo difficile, resistergli.
Zayn tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans sgualciti un pacchetto di sigarette e, mentre stava per prendersene una, si ritrovò il polso bloccato dalla presa delicata della mano di Liz. «Cosa stai facendo?» chiese, girando il volto verso la ragazza e trovandosela vicinissima, tanto da riuscire a sentire i suoi respiri irregolari.
«Non ci provare neanche a fumare, lo sai che non mi piace!»
«Dovevo trovare qualcosa da fare.. a meno che tu non proponga qualcosa che sia migliore della mia idea.» Sussurrò Zayn, socchiudendo gli occhi e avvicinandosi pericolosamente al collo della ragazza, soffiandoci appena sopra e lasciando che le sue labbra si appoggiassero sulla sua pelle calda.
Liz ridacchiò e trascinò con sé il ragazzo a terra. «Quello che ti sto per proporre supererà qualsiasi altra opzione.»
Le loro labbra si incontrarono impazienti e Liz passò finalmente una mano sulla guancia ruvida di Zayn, accompagnando il gesto con un sospiro di piacere, che fece stringere ancora di più la presa che il ragazzo aveva sui suoi fianchi.

***

 «Zayn, come sei stato gentile ad andare a prendere a scuola Elisabeth! Vuoi fermarti anche a cena?» La mamma di Liz, Meg, stava lavorando nel giardino di fronte alla loro villetta a schiera, situata in una zona periferica della città di Bradford, quando i due ragazzi si erano fermati con la macchina di Zayn nel vialetto acciottolato che portava al garage nel retro. La loro non era una casa enorme, ma era confortevole e a Liz piaceva.
La figlia stava per ribattere, ma l’amico la precedette. «Con molto piacere, ma se è problema per te, Meg, torno a casa.»
«Non ti preoccupare, caro. Andate dentro, ci sono dei succhi di frutta e una torta in frigo.»
Liz prese la mano di Zayn e lo trascinò con forza dentro casa. «Ogni tanto mia mamma si dimentica che siamo cresciuti.»
Il ragazzo alzò le spalle e un sorriso malizioso gli comparve sul viso. «Se solo sapesse..»
«Shh.» Lo bloccò Liz, posandogli una mano sulla bocca e fulminandolo con lo sguardo. «Ci potrebbe essere mio fratello in giro per casa.»

***

«Come stanno i tuoi genitori? È da un paio di giorni che non li vedo.» domandò Meg, mentre tagliava un pezzo del pollo che aveva cucinato e lo metteva nel piatto di Zayn.
«Stanno bene, sono andati a Londra da mia sorella.. per questo non li hai più visti in giro.»
La madre di Liz annuì e, dopo aver servito tutti, si sedette a capotavola, iniziando a bombardare il ragazzo di domande.
Zayn sembrava un’altra persona quando si trovava in compagnia di adulti: diventava responsabile, educato e gentile. Infatti, Meg era pazza di lui e vedeva di buon occhio l’amicizia tra lui e sua figlia.
«E al college come va?»
Il ragazzo cominciò a parlare senza interruzioni, spiegando nei dettagli come procedevano le sue giornate. Dall’altro lato del tavolo il fratello di Liz, Tom, e il padre ascoltavano attentamente. Solo Liz stava con la mano appoggiata sotto al mento, mentre con la forchetta giocherellava con il cibo che aveva nel piatto. Il problema era che aveva estremamente paura: paura che la sua relazione con Zayn venisse a galla. Loro due erano stati amici sin dall’infanzia, dato che erano vicini di casa e le loro famiglie si conoscevano da molto tempo. Ma da alcuni mesi il loro rapporto si era evoluto. Se i suoi genitori, in particolare suo padre, ne fossero venuti a conoscenza, sicuramente non si sarebbero più potuti vedere per diverso tempo. Così, sperava che fingersi indifferente in loro presenza potesse aiutare la sua causa.
«Allora, Zayn, per caso sai se nostra figlia ha qualche ammiratore segreto?» proruppe all’improvviso suo padre. Liz si risvegliò dallo stato di trance in cui era caduta e accidentalmente fece cadere la forchetta a terra. Dopo averla recuperata, fissò le persone sedute a quel tavolo e si ritrovò diversi paia di occhi puntati addosso.
«Che c’è?» borbottò, abbassando lo sguardo sul piatto e lasciando che alcune ciocche dei suoi capelli le coprissero il lieve rossore che era comparso sul suo viso.
Per fortuna che c’era Zayn a salvare la situazione. «No, anche se ogni tanto è così acida che vorrei che spuntasse fuori qualche anima pia che riuscisse ad addolcirla.»
Una risata generale ruppe lo strano silenzio che si era creato e Liz si girò verso Zayn per tirargli uno schiaffo sulla spalla. «Grazie.» sibilò sarcasticamente. Per tutta risposta, lui le posò una mano sulla gamba lasciata scoperta dai suoi pantaloncini corti per accarezzarla delicatamente. Questo gesto fu abbastanza stuzzicante, tanto che le provocò un tremito, ma cercò di non distrarsi -proprio come stava facendo Zayn- dal nuovo argomento che aveva intavolato sua madre.

 
***

 «Posso andare a quella festa di cui ti avevo accennato, mamma?»
Meg la squadrò, alzando la testa dalle pentole piene che stavano cuocendo sui fornelli e guardandola con un cipiglio severo. «Ti sei già data la risposta da sola a quanto vedo.» Liz si era già vestita, truccata e profumata: non poteva dirle di no. «Voglio che tu faccia attenzione: non bere cocktail di sconosciuti, non..»
«Mamma, andrò con Zayn!» esclamò Liz, di certo non ansiosa di sentire le altre raccomandazioni dalla madre. Quest’ultima sembrò tirare un sospiro di sollievo e tornò alle sue occupazioni, proprio mentre il campanello rimbombava per la casa. «Allora, io esco!».
«Non fare tardi!» gridò dalla cucina la madre, ma ormai la figlia era già uscita.

***

 «Quanto ti stai annoiando da uno a dieci?» gridò Zayn nell’orecchio di Liz, per far sì che la sua voce si sentisse anche al di sopra del rumore.
«Cento, decisamente.»
Erano seduti su un divanetto di pelle, in quella che avrebbe dovuto essere la discoteca più bella della città, ma la festa si era rivelata un totale fiasco, e qualsiasi cosa all’interno del locale aveva perso il suo fascino.
«Andiamo a casa.» Zayn la prese per mano e si avviarono all’uscita.
Ci misero alcuni minuti prima di ritrovare la macchina del ragazzo e, una volta messa in moto, Liz si accoccolò sulla spalla di Zayn. «Vuoi davvero andare a casa?»
Lui la guardò furtivamente, cercando di mantenere il controllo sulla strada. «No, era solo una scusa per stare con te.»
«Accosta.» bisbigliò Liz. Il ragazzo superò un semaforo e si fermò poco dopo sul lato sinistro della strada.
«Non stai bene?» chiese lui, girandosi a controllare. Ma Liz fu più veloce e lo abbracciò di slancio, cercando poi le sue labbra.
Si staccarono con il respiro affannato poco dopo. «Non sto bene affatto. E lo sai il perché?» mormorò Liz, guardando Zayn negli occhi, il quale come risposta si limitò a scuotere leggermente il capo. «Perché mi sto innamorando di te.»
Se fosse stato un film, in quel momento sarebbe partita una dolce melodia con delle parole piene d’amore, ma l’unica cosa che Liz udì in quel momento fu un boato assurdo, lo sfrigolio delle gomme e l’accartocciarsi del metallo.
E poi il nulla.

***

Un ritmico beep giungeva alle orecchie di Liz. Era quasi fastidioso. Decise che doveva alzarsi per spegnere assolutamente l’aggeggio da cui esso proveniva: la testa le scoppiava ed era sicuramente colpa di quel rumore.
Ma, quando provò ad aprire gli occhi,trovò difficile compiere anche solo quel semplice gesto. Allora, strinse i pugni e una voce famigliare giunse alle sue orecchie.
«Dottore, dottore. Si è mossa!» Era sua madre, seppure avesse la voce roca, come se fosse rotta dal pianto.
Sentì dei passi e poi una grande mano calda che le strinse il polso. «E’ tutto regolare. Deve essere stato solo un arco riflesso. Mi dispiace.»
Altri passi, poi una porta si chiuse. Una mano le accarezzò la fronte: era un tocco dolce e le venne voglia di accompagnare il gesto e appoggiarsi ad essa. «Liz, andrà tutto bene.» E poi il bacio dolce della madre la riportò nel mondo dei sogni.

***

 Liz aprì gli occhi di scatto. Aveva sognato. Era un sogno orribile, un incubo. Si ricordava un rumore orribile e Zayn che urlava.
«Zayn, dov’è? Zayn!» gridò. Ma, in realtà, la sua voce era fioca e fece fatica anche lei a sentirsi.
Ad un tratto, sbatté le palpebre più volte e si rese conto che quella non era la sua stanza con il soffitto azzurro. Quel soffitto era bianco, le coperte erano bianche, il pigiama che aveva addosso era bianco e c’erano delle macchine attorno a sé. Per non parlare di diversi aghi conficcati nel suo braccio. A quel punto gridò, e questo grido fu reale.
La porta si spalancò di colpo ed entrò un’infermiera dall’aria spaventata. Quando vide che la paziente ricambiava il suo sguardo, si precipitò al telefono che era appeso al muro, chiedendo la presenza di un medico al più presto nella stanza numero 116.
Liz aveva il cuore che batteva a mille. “Perché sono qui?” pensava.
Arrivò trafelato un dottore, che subito le prese la mano. Quel tocco le sembrò di riconoscerlo. «Siamo così contenti che ti sia risvegliata.»
«C..cosa?» mormorò la ragazza.
«Sei stata in coma per oltre una settimana. Non potevamo fare nulla, se non aspettare che i farmaci facessero effetto. Hai avuto davvero una bella fortuna, ragazza.»
«Fortuna?» Liz non ci capiva niente. Voleva sua madre. E Zayn.
«E’ stato proprio un brutto incidente. Un camion non ha rispettato il rosso ad un semaforo ed è andato contro ad una macchina, che è stata sbalzata verso l’auto in cui vi trovavate tu e l’altro ragazzo, riducendola in una scatola di sardine.» “Complimenti per il tatto, signor dottore.” Pensò Liz. Ma forse avrebbe dovuto sperare che non avesse mai continuato quel monologo, invece che fare sarcasmo in quel momento. «Tu, tuttavia, sei l’unica sopravvissuta a questa tragica disgrazia.»
Liz ci mise alcuni secondi ad assimilare l’ultima frase che il medico aveva appena detto. Le sembrò che nella sua gola si formasse un nodo. Non era stato solo un incubo, allora. L’urlo di Zayn, che aveva sentito rimbombare nella sua testa, era reale. Una voglia immensa di piangere si impossessò di lei, ma non prima di chiede: «Quindi.. Zayn Malik, il ragazzo che era con me.. è morto?»
«Sì, mi dispiace. Quando è arrivato al pronto soccorso, era già senza vita. Ti porgo le mie condoglianze.»
Alla ragazza parve che il mondo le crollasse addosso. Anche il fiato le era scomparso. Le lacrime iniziarono a bagnare la sua faccia pallida. Chiuse gli occhi e girò la faccia verso la parete. Il dottore continuava a parlarle, ma lei non lo ascoltava più. Entrò anche la madre, lieta che la figlia si fosse ripresa, ma, dopo aver visto la ragazza in quello stato capì cosa era successo, cominciò ad urlare contro l’uomo con il camice bianco.
Liz si chiese come avesse potuto quel medico utilizzare la parola fortuna: la fortuna per lei significava aver potuto incontrare una persona come Zayn; aveva avuto fortuna perché aveva conosciuto qualcuno che la capiva sempre; era stata anche opera della fortuna aver avuto la possibilità di poter trascorrere parte della sua vita con una persona come lui. Ma la sua fortuna più grande era stata innamorarsi di quel ragazzo dagli occhi marroni.
Ora, non si riteneva per niente fortunata ad essere viva, mentre Zayn non faceva più parte di questo mondo. Si girò su un fianco, ignorando gli aghi che si conficcavano ancora più profondamente nella sua carne: non era niente quel dolore, in confronto a quello che stava provando dentro di sé.
Liz si sentiva in colpa. Era colpa sua se quella notte erano andati a quella festa, era colpa sua se  aveva accettato ad andare via prima della fine della serata ed era colpa sua se Zayn aveva accostato la sua macchina proprio in quella strada.
Pianse. Pianse per molto tempo, non seppe neppure per quanto. Forse dormiva, forse era sveglia: ormai non se ne rendeva conto. Prendeva solo le medicine che le sottoponevano i medici, ma non mangiava.
Quando finalmente la dimisero, Liz desiderò la sua morte.

***

 Liz stava facendo shopping. Erano passati diversi mesi dalla tragica notte in cui aveva perso il suo ragazzo e ormai tutti la conoscevano come “quella-dell’-incidente”. Le cicatrici erano ben visibili sulla sua pelle, ma nel suo cuore nessuna ferita si era ancora cicatrizzata. Forse era proprio quello il motivo dell’aura di stranezza che quella ragazza si portava dietro e che faceva allontanare chiunque le si avvicinasse. Liz era rimasta sola. Gli amici le avevano tenuto compagnia le prime settimane, ma poi si erano accorti che c’era qualcosa che non andava in lei.
«Serve aiuto, signorina?» domandò gentilmente la commessa di quel piccolo negozio nel centro di Bradford.
Liz si girò, sorridente. «No, grazie. Faccio solo un giro con il mio aiutante.»
La commessa si accigliò, ma poi ritornò alla cassa, guardando ogni tanto la ragazza che stava misurando alcuni vestiti.
Dopo aver indossato un paio di jeans e una maglia scollata, Liz aprì la tendina del camerino, fece una piroetta e sfilò davanti a delle poltrone di pelle marrone, posizionate lì vicino. «Che ne dici, Zayn? Sono troppo esagerata?» Si guardò allo specchio e posò le mani sui fianchi. «Hai ragione, questa maglia lascia la schiena scoperta e non mi piace che si veda questa cicatrice.» Un pensiero fugace le passò per la testa e portò un mano fra i capelli. Uno sguardo malizioso comparve sul suo volto e bisbigliò: «Solo tu puoi vederla.» E tornò nel camerino.

***

 «Liz, sei tu?»
«Sì, mamma.» Chiuse la porta dietro di sé e appoggiò il cappotto su una sedia posta all’ingresso. «Credo che stia per nevicare.»
«Meno male che sei rientrata, allora.» La testa della madre fece capolino dalla cucina. «Dove sei stata, tesoro?»
«In giro con Zayn.» rispose decisa Liz.
«Oh, che carino quel ragazzo.» Ma il suo viso si era rabbuiato ed era ritornata alla spicciolata in cucina.
«Mamma, aspetta!» La seguì e un buon profumino di stufato le giunse alle narici. «Stasera Zayn si ferma a cena.»
Meg annuì e continuò le sue faccende. I medici le avevano detto che queste allucinazioni potevano essere normali dopo uno stato di coma e che, di solito, scemavano da sé. Ma la situazione si protraeva da diversi mesi: ormai era quasi inverno e di miglioramenti, da maggio, non ce n’erano stati.

***

 «Zayn, racconta a mia mamma della maglia che mi sono misurata oggi.»
Il silenzio regnava su quella cena. Tranne che per Liz, che continuava ad annuire e a ridacchiare.
«Liz, non riesco a capire. Zayn non c’è.» Tom odiava i medici. Ed era sicuro che per risvegliare la sorella era necessario sbatterle in faccia la realtà, finché non avrebbe ceduto.
«Tom, non fare lo stupido!» esclamò suo padre.
«Non si può continuare questa farsa. È tutto sbagliato! Non dovete assecondarla!» urlò così forte che Liz si dovette mettere le mani sulle orecchie.
«Assecondarmi? Perché dovresti? Zayn è qui con me.»
«Sì, tesoro.» La madre le mise una mano sul braccio e glielo accarezzò dolcemente.
«Tom, non ti fidi più di me?»
«Sì, che mi fido. E’.. che.. Liz..» Tom non sapeva più continuare, preso alla sprovvista.
«Allora, vieni con me.»
La sorella si alzò e si avviò verso l’ingresso a passo sicuro. Tom le corse dietro e insieme uscirono dalla loro casa, dirigendosi verso quella di fronte. «Ora ti dimostrerò che Zayn è da noi.»
Liz suonò il campanello e dovettero attendere pochi istanti prima di vedere il volto magro della madre di Zayn comparire davanti a loro.
«Ditemi, cari.» Sorrise nervosamente, turbata dalla sguardo cupo che Tom aveva assunto.
«Zayn è qui?» domandò Liz, fissando negli occhi la padrona di casa. Il fratello fu sicuro di cogliere un guizzo di tristezza negli occhi della donna.
«N..no.»
Liz si girò verso Tom, mettendosi le mani sui fianchi. «Allora? Chi ha ragione? Se Zayn non è qui, è sicuramente a casa nostra!»

***

 «Svegliati, Liz!» Tom scuoteva la sorella, che sembrava essere persa in un dolce sonno e continuava a non rispondere al fratello. «Ti devo portare a scuola!»
«Tom, smettila! Lo so che oggi è domenica.» Il ragazzo sbuffò e le portò via le coperte. «Fa freddo, sei un completo idiota.»
«Cambiati, ti devo portare in un posto.» E cupamente uscì dalla stanza.

***

 Il cimitero di Bradford era ricoperto da una misera coltre di neve, ma ciò bastava ad attutire i sentimenti di tristezza e inquietudine che quel luogo trasmetteva. Dal terreno spuntavano croci e lapidi, accompagnati da mazzi di fiori ormai marciti. Il silenzio regnava sovrano e un tetro cielo grigio vegliava sopra i due fratelli che camminavano fianco a fianco senza mormorare una sola parola, ansiosi di non rovinare quella quiete attorno a loro.
Liz seguiva il fratello come un automa: non aveva idea del perché l’avesse portata lì, ma si fidava di lui. L’ultima volta che si erano recati in quel cimitero era quando era morta la loro nonna paterna, ma da allora –anche a causa della loro poca tendenza a credere in un qualche Dio e quindi in una vita ultraterrena- non ci avevano più messo piede.
Ad un certo punto, Tom spinse con forza un cancello che cigolò. Liz ebbe appena il tempo di leggere, mentre lo attraversavano, “Muslim Cemetery”.
«Tom? Cosa diavolo..? Dove mi stai portando?» mormorò la sorella, sorpassando e piantando i piedi di fronte al fratello. Bloccò la sua camminata poggiandogli le mani sul petto e lo guardò torva negli occhi.
«Da.. una persona.» Detto ciò, le passò accanto e continuò lungo il percorso segnato dalle misere siepi sempreverdi poste lateralmente. «Eccoci.» Mormorò, dopo circa cinque minuti.
Tom si abbassò e scostò quel poco di neve che si era poggiata sopra ad una lapide. Liz non riusciva a leggere, così si abbassò con il busto e portò il viso vicino alle lettere dorate. Spalancò gli occhi e li sbatté diverse volte. Mise la mano sopra alla pietra fredda e, quando la tolse, vide che aveva sciolto la neve attaccata alla fotografia della persona che riposava sotto ai suoi piedi. “Zayn Malik” c’era scritto e il ragazzo nella foto era proprio lui.
Si allontanò di colpo, come se la lapide avesse incominciato a bruciare. Girò il volto verso il fratello, in attesa di spiegazioni.
«Mentre eri in coma, gli hanno fatto il funerale. Quando ti sei risvegliata, avremmo voluto raccontarti ciò che era successo –meglio di quanto avesse fatto il medico-, ma le tue condizioni sono cominciate a degenerare. Prima parlavi solamente nel sonno con Zayn, poi hai iniziato a farlo anche quando eri sveglia. Sempre con più insistenza, come se il tuo cervello avesse rimosso che Zayn in realtà era morto.» Tom prese un lungo respiro e prese per mano la sorella. «I medici ci hanno detto di assecondarti e di farti continuare a prendere le medicine. Non ti abbiamo mai fatto leggere nessun giornale, né abbiamo concesso alcuna intervista alla stampa locale. Semplicemente, continuavi a credere che in quell’incidente Zayn fosse sopravvissuto. Io, invece, sono convinto che la cura migliore per te sia farti tornare alla realtà. A cominciare da qui.»
Liz lasciò la mano del fratello e corse via. Le lacrime cominciarono a scorrerle sul viso: strano, pensava che forse finalmente avesse smesso di piangere. Ricorda benissimo i primi giorni in ospedale dopo il suo risveglio e tutte le lacrime che era riuscita a versare. Bizzarro, però, che non ricordasse il momento in cui il fantasma di Zayn aveva ricominciato a far parte della sua vita, salvandola da un periodo di sicura depressione.
Non seppe per quanto corse, ma quando rialzò il viso si trovò davanti una via centrale della città, molto trafficata. Al centro, c’era un semaforo.
Improvvisamente, l’urlo straziante di Zayn fece la sua ricomparsa nella sua mente e la testa sembrò esploderle. Si inginocchiò a terra e sentì un paio di braccia forti circondarle le spalle. «Ci sono io. Torniamo a casa.» bisbigliò il fratello.
Liz, tremante, si mise a fatica in piedi e si passò una mano sugli occhi. S’incamminò lungo la via, sorretta dal fratello.
Girò, tuttavia, ancora una volta il viso verso il luogo dove aveva avuto luogo il tragico incidente e vide Zayn che la fissava di rimando: aveva uno sguardo triste e la mano tesa verso di lei. Fu tentata di tornare indietro. Di abbracciarlo, di baciarlo, di sussurargli che non lo avrebbe mai lasciato. Ma tutto quello che fece fu nascondere la faccia nell’incavo del collo del fratello.
Quando sbirciò nuovamente indietro, Zayn non c’era più.

  
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