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Autore: Vale_Hiwatari    05/03/2007    2 recensioni
Serendipità è il destino, la fortunata scoperta, l'incontro fortuito. In vena di parodie, una particolare OOC in cui il protagonista indiscusso è il destino, che fa in modo che due persone si incontrino e poi...
Genere: Romantico, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Max Mizuhara, Rei Kon, Takao Kinomiya
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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SERENDIPITY

-Guanti neri di cachemire? Che ci fanno qui...? Se ne trovano ovunque di clienti disordinati, perditempo, indecisi e rompiscatole! Senti, Gemma, fammi un favore, portali giù e mettili con gli altri guanti, perché qui non c'entrano davvero nulla.

La commessa del centro commerciale BloomingDale annuì alla sua collega e mise i guanti nel piccolo cestino con le cose da mettere al loro giusto posto.

Era il Dicembre del 1994, e non sembrava particolarmente freddo a nessuno, di quei tempi, anche se rispetto ad oggi era senza dubbio gelido. Le persone andavano cercando gli ultimi regali di Natale per fidanzati o fidanzate, o amici, o parenti e chi più ne ha più ne metta.

Un uomo con un ciuccio in bocca, due bambini in braccio e sette borse della spesa cercava di uscire, una donna di fretta cercava di entrare augurando frettolosamente "Buon Natale" a tutti, e via così in una confusione pre-natalizia che faceva sorridere un po' tutti, alla fine.

La commessa con la treccia bionda usava sempre la scala mobile. Era troppo pigra per usare le scale normali, e non voleva scomodare l'ascensore (del quale forse aveva pure perso la chiave); quindi, una volta arrivata al primo piano e finito di mettere a posto alcuni oggetti di bigiotteria si portò al piano terra con il cesto ormai vuoto, eccetto un paio di guanti, della roba fuori posto sorridendo a tutti.

Fece giusto in tempo ad appenderli che due mani, contemporaneamente, li afferrarono decisi a comperarli.

-Oh!

-Mi scusi...

-Scusi lei!

Una ragazza carina, capelli castani un po' ribelli e una sciarpa rossa stretta intorno al collo. Le guance un po' arrossate, probabilmente per il freddo, e le mani piccole e affusolate.

-Li vuole lei? Avanti, li prenda pure-

Il tono era distaccato, ma gli occhi molto espressivi. Un ragazzo di vent'anni, forse ventidue, con i capelli di un bel color argento. Lui le mani le aveva grandi, un po' callose perché lanciava sempre il Bey.

La ragazza si fece schermo con le mani, e passò al ragazzo i guanti neri.

-Ma no, non importa!

E si volse verso l'espositore guardando se ci fosse un altro paio uguale, ma non lo trovò. Il ragazzo se ne accorse. Prese per la manica una commessa, fermandola.

-Ah, era l'ultimo paio. Mi scusi, avete un altro paio di guanti di cachemire nero?

La commessa continuò a sistemare senza guardarlo, rispondendo atona

-La merce disponibile è tutta esposta.

La ragazza si sporse verso la donna

-Non avete un magazzino?

-No...

-...Un seminterrato?

-No... E non c'è nemmeno una soffitta -Piegò l'ultima maglietta e con un cenno si allontanò.

Il ragazzo si aggiustò i capelli, indeciso su cosa fare. Poi guardò la ragazza e si decise.

-Su, li prenda lei, a me non servono.

-Oh, no, li ha visti prima lei!

-La prego, insisto. Li prenda.

E per sottolineare la frase riappese i guanti al gancino del piccolo espositore, suscitando una risatina della ragazza. Un signore anziano passava di lì, e vedendolo riappendere i guanti pensò li stesse mettendo giù. Si avvicinò e li prese, mentre i due cercavano di fermarlo

-Altaltalt aspetti!!! Mi scusi signore, questi sono nostri. -L'apostrofò il ragazzo.

-Sono vostri?

-Esatto.

-E come mai?! Sì, insomma erano ancora lì appesi, buoni buoni con il talloncino del prezzo!

-Hem... Ne stavamo appunto discutendo. Capisce, si da il caso che... -Bloccò la frase a metà, senza sapere come finire, ma fece un gesto eloquente.

-Beh, sa cosa le dico? Voi due continuate pure a discuterne, mentre io intanto li pago.

La ragazza rise un pochino, mentre il ragazzo si alterava leggermente, fermando il vecchietto. Se non poteva averli lui, almeno non li avrebbe lasciati ad uno stupido vecchietto arrivato vent'anni dopo e che bel bello glieli prendeva sotto il naso.

-Cominci a stare calmo.

Il signore si rivolse alla ragazza.

-CALMO? Cinque giorni prima di Natale, in un grande magazzino di Tokyo questo mi chiede di stare calmo!

Urgeva un piano d'azione, si disse lui.

-Senta. Questi guanti sono un regalo speciale per una persona speciale.

La ragazza lo capì, e subito l'appoggiò

-Oh, sì, ci abbiamo pensato molto, prima di decidere!

-Infatti... Ha ragione lei...

L'uomo aggrottò le sopracciglia e li guardò alternativamente.

-Ohhhh e per chi sarebbero?

-Per la mia ragazza!

-Per il mio ragazzo!

Si accorsero subito di aver parlato insieme, e così si corressero a vicenda contemporaneamente.

-Per il suo ragazzo!

-Per la sua ragazza!

A quel punto l'anziano cominciò a pensare che fosse una farsa bella e buona. Così alzò le spalle e domandò

-E come fanno, un guanto per uno?

Ops, pensò lui, ci siamo messi nei guai.

-E' complicato da spiegare -Frase di circostanza, sempre utile. La ragazza ancora sorrideva a metà fra il divertito e lo scioccato.

-Tentate.

I sue si guardarono un po' spaventati. Lui le lanciò la patata bollente per primo:

-A te, cara.

-Oh... Ecco in questo... preciso momento... Lui... è il mio ragazzo...

-Ma... Fra diciotto mesi...

-Dopo l'operazione...

-Lui potrà essere...

-Lei potrà essere...

-LA MIA RAGAZZA! Adesso ha capito?

Il signore rinunciò

-No. Ma buon Natale comunque.

E così dicendo lasciò i guanti al ragazzo, e andò a cercare qualcosa d'altro da regalare. La ragazza rideva, mentre lui glieli porgeva.

-Prego, sono suoi. Se li è meritati! Grande prontezza di spirito.

-Gioco di squadra, direi.

-Già.

-Grazie.

*

Mezz'ora dopo entrarono in un bar abbastanza rinomato. In realtà il posto era un ristorante, ma la gente amava andarci anche solo per una cioccolata con panna. Quel giorno non c'era tanta gente, nonostante il clima, e così i due, appena conosciuti, decisero di sedersi e prendere anche loro qualcosa per scaldarsi. Quando si furono seduti ordinarono due cioccolate con panna e poi cominciarono a chiacchierare.

-Non credo che quello che gli abbiamo detto avesse un senso...

-Oh, io dico di sì, gli abbiamo messo una fifa blu!

Lei rideva, lui succhiava con la cannuccia il cioccolato.

-Grazie alla tua malcelata ferocia. Beh, questo cioccolato è divino, altro che caffè.

Lei lo guardò seria.

-Però pago io, l'ho già detto ed è inutile insistere.

-D'accordo, grazie. Però vedi, ora io dovrò andare a cercare un'altra cosa per la mia ragazza.

-Oh, no, erano per la tua ragazza! -Sembrava seriamente mortificata.

-Esatto.

-Allora non li posso tenere.

-DEVI -Disse lui perentorio- Se no il conto lo pago io. Questa roba è una rivisitazione mistica del gelato affogato. Come conosci questo posto?

-La prima volta sono entrata per il nome. Serendipity, una delle mie parole preferite.

-Ah sì? Perché?

-Ha il suono giusto per quello che esprime. Un fortunato incidente. Salvo che secondo me non esistono gli incidenti, c'è sempre il destino dietro.

Lui si fermò un attimo e la guardò.

-Sei sicura?

-Sì.

-Tutto è deciso dal destino?!

-Io credo di sì.

-Tutto è predestinato, a noi nessuna scelta?!

Lei lo osservò un attimo, ci pensò e poi rispose.

-No. Cioè, noi prendiamo delle decisioni, il destino ci invia solo dei piccoli segni. E dalla capacità di leggerli dipende la nostra felicità.

Lui si arrabbiò un pochino.

-Segni. già. Fortunati incidenti, Scoperte fortunate... Colombo con l'America... O Flaming con la penicillina. O Key con i guanti.

-Hey, questa non la conosco.

Sorrise un poco. Lui assunse un tono solenne, come se stesse parlando di una leggenda antica e maestosa.

-Non la conosci? E' una vecchia leggenda popolare, un classico. Il nostro eroe Key parte alla ricerca di un paio di guanti neri, e in un istante di perfetta Serendipità... o... serendipitevolezza...-La ragazza rise- Incontra una bellissima e affascinante ragazza di Kyoto che ha un ragazzo. Tu hai un ragazzo, vero?

Lei lo guardò e mangiò un altro po' di cioccolata.

-Sì, ce l'ho.

-Sì, lo sapevo.

-Beh, tu hai la principessina dei guanti...

-Sì, ce l'ho.

La ragazza sospirò.

-E' stato bello.

-Sì, è stato bello.

*

Uscirono dal locale, finita la cioccolata e qualche altra chiacchiera.

-Spero che ti godrai i guanti nuovi.

-Oh, sicuramente! Non mi pento mai delle scelte ben ponderate! E tu, cosa vuoi per natale?

-Nuovo lanciatore per Bey. -Rispose lui senza quasi pensarci. Poi aggiunse -Vai dal tuo ragazzo che ti aspetta?

Lei ridacchiò

-Oh, no, è probabile che sia in giro a fare quello che fai tu.

-Prendersi una cotta per la donna di un altro?

Si tappò la bocca da solo. Che stupido, si disse subito, chissà lei che cosa avrebbe pensato. Lei non aveva pensato nulla, era solo rimasta lusingata dal complimento ma anche un po' sorpresa dai suoi modi. Troppo Don Giovanni. Vide un taxi e lo fermò.

-Nononono volevo dire che sono stato veramente bene. Magari potresti darmi il tuo numero di telefono, in caso....

-In caso che cosa?!

-Sai... i casi della vita! Sono state ore incantevoli con te, mi spiacerebbe non riuscire più a rintracciarti.

Lei lo guardò negli occhi. Sembrava sincero, ma chissà cosa gli frullava nella testa, insomma, lo conosceva da appena una sera. Ma se fosse stato scritto allora...

-Vedi, se è scritto che dobbiamo rincontrarci, allora ci rincontreremo. Questo non deve essere il momento giusto.

Abbassò gli occhi mentre lui si arrabbiava ancora.

-Beh, se era programmato sul fuso di Kyoto mancano ancora un paio d'ore! -Fece una specie di gesto a qualche cosa, ma non si capì bene- Insomma, non so neanche il tuo nome! Io mi chiamo Key.

Lei restò zitta.

-Beh, non devi dirmi qualcosa?

-Sì, certo. -Lo abbracciò e gli diede due baci sulle guance- Buon Natale, Key. E grazie!

La ragazza salì sul taxi, e lui restò lì, fermo. Fermo con più di mezzo centimetro di stivale nella neve, a guardare il Taxi andare via.

-TUTTO QUI???

Gridò al vento, e poi tirò un calcione ala neve sotto i suoi piedi, prendendo dentro anche una povera signora.

Si buttò velocemente nella metropolitana, quando all'improvviso si accorse che non aveva addosso, come suo solito, la sciarpa bianca. Sbuffò pensando a dove potesse averla messa o lasciata, e poi gli saltò in mente. Serendipity. Era rimasta sulla sedia nel locale. Tornò indietro e fece le scale, sperando di trovarla ancora lì, da qualche parte.

*

Arrivò davanti al bar tutto trafelato, entrò e domandò se avessero trovato una sciarpa bianca, ma gli dissero che non c'era nulla da fare, che lì non avevano trovato niente; gli consigliarono di andare a controllare al suo tavolo, se per caso fosse stata ancora lì. Lui ringraziò e corse subito su per le scale.

E lei era lì, ovviamente.

Se il destino fa le cose, le fa bene. Anche lei aveva lasciato i suoi guanti di cachemire, ed era com'è logico tornata subito trafelatamente a recuperarli, contando di trovare ancora lì il sacchetto rosso con la scritta BloomingDale e l'agrifoglio disegnato sopra. La raccolse cordialmente, e poi notò qualcosa di bianco sull'altra sedia. Si accorse che era una sciarpa... Molto carina, raffinata e...

Si voltò di scatto mentre lui arrivava su di corsa e la vedeva con la sua sciarpa in mano. Le si avvicinò e senza dire una parola lei gli rimise la sciarpa attorno al collo. Poi sorrise dolcemente.

-Dai, facciamo qualcosa.

-D'accordo. Che cosa vuoi fare?

-Quello che vuoi.

-Va bene. Andiamo.

*

Lui la portò su una pista di pattinaggio che allestivano ogni inverno, perché il laghetto ghiacciava ed era piacevole fare una pattinata. Soprattutto se nevicava, o cose del genere. Era romantico per le coppie e divertente per gli amici. Quella sera c'era anche un sacco di gente.

Lei pattinava, e sapeva pattinare bene, con le mani dietro la schiena, che pareva che ballasse. Anche lui sapeva pattinare, però era più impacciato.

E chiedeva. Si divertiva a chiedere.

-Dunque mi assicuri di non essere qui in vacanza per una settimana? O in cerca di marito, o per il visto, o in libertà vigilata?

-Niente di tutto questo! E tu?

-Oh, no! Cittadino di Tokyo. Nessun precedente. Se non vuoi dirmi il tuo nome allora dimmi... Cosa ti manca di più di Kyoto?

-La mamma mi manca, da morire!

-Se io fossi tua mamma, mi mancheresti tu.

Lei si era tolta la giacca, e ora si vedeva un bel maglione a righe rosse e bianche, e aveva una gonna molto carina e nera, che le risaltava bene le belle gambe. Anche Key aveva tolto la giacca, ma era vestito come suo solito.

Pattinarono per tutta la sera, finché la gente non cominciò ad andare via, e la neve cominciò a cadere un po' più fitta. Loro erano sempre lì, giravano e si domandavano cose a vicenda, senza sosta.

-Allora, Film preferito?

Lui ci pensò un attimo prima di risponderle. Poi annuì e disse

-La risposta esatta è "Nick Manofredda"

-Ah, non l'ho visto!

-Ohhhh no ti prego, non hai mai visto "Nick Manofredda"?!?! Con Paul Newman!!!

Lei scosse la testa.

-Non mi dire, non è possibile! L'incomunicabilità, occhiali da sole... Senza nome... Per certi versi sembra te.

Accennò un sorriso, ma poi tornò alla sua solita serietà. Lei riprese a chiedere.

-Il più bel momento a Tokyo?

-Questo scala rapidamente la classifica

-Sono lusingata...

Lui si diede una spinta in avanti con i pattini, distanziandola un po'

-C'è altro che vuoi sapere di me?

Lei finse di pensarci

-Mmmmm.... Posizione erotica preferita?

Key strabuzzò gli occhi, lei rise. Poi fece per girarsi verso di lui, ma siccome stava ridendo cadde per terra sul sedere, facendosi anche discretamente male. Lanciò una specie di grido di stupore e si schiantò sul ghiaccio. Lui andò a soccorrerla, con una faccia a metà fra il preoccupato e il divertito.

-Indovinato -Le disse- Mi piace proprio quella... Va tutto bene?

-Sì, credo

-Ti sei fatta male?

-No... Sì...

-Davvero?

-Un pochino.

Si tirò su la manica del maglione scoprendo un taglio che probabilmente il pattino aveva provocato nella caduta. Non sembrava profondo, per fortuna, ma Key pensò lo stesso di scherzarci su.

-Ohhh guarda. E' profondo, uno squarcio profondo.

-Eh, sì, un crepaccio!

-Dai, muoviti, che sistemiamo tutto in un attimo.

Si appostarono a bordo pista su una panchina di legno. Lui le medicò il taglio, tirandole su la manica. Notò che aveva la pelle chiarissima e piena di piccoli nei... Si fermò un secondo a guardarli.

-Oh, guardi le mie efelidi? E' il mio guaio temo...

-Naaah queste non sono efelidi. Guardando da vicino si vede Cassiopea.

-Cosa? Che si vede?

-Guarda qui! Non vedi...? Aspetta un momento.

Si alzò per un secondo, mentre lei restava lì ferma con il braccio scoperto. tornò con un pennarellino.

-Ecco. Ci sono. Questa è la storia; molto tempo fa, in Etiopia, regnava una regina... -Mentre parlava tracciava delle piccole linee sul suo braccio- ...chiamata Cassiopea, che credeva di essere in assoluto la donna più bella del mondo intero. E non c'era suddito che non fosse rimasto vittima delle sue sfrenate vanità. Ma un giorno esagerò, e offese gli Dei. Non ricordo cosa fece, o chi offese, ma fu qualcosa di brutto!-

Lei rise

-Continua...

-Per quel gesto Poseidone, dio del mare, punì Cassiopea, ponendola sulla volta celeste ma a testa in giù sul trono. In eterno ricoperta dalle vesti ripiegate e con il pulsare del sangue in testa. ed ora è solo ... Una costellazione nel cielo. Un mucchietto di efelidi a forma di trono.

Finì di tracciare la doppia V con il pennarellino e rimirò la sua opera. Poi lo chiuse.

-Aveva commesso un solo, tragico errore.

-E ha pagato in eterno.

-Esatto.

*

-LEGGIBILE!

-Sì, sì, un attimo....

Stava finendo di scrivere il nome e numero di telefono su un fogliettino che poi avrebbe dato a lui da tenere per potersi risentire.

-Uff, non so neanche perché lo faccio!

-Ok, e ti prego, lascia che il destino faccia il suo corso! -Fece per prendere il foglietto.

Appena stava per prenderlo, però, una folata di vento glielo portò via dalle mani. Lei si spaventò e lo guardò strana.

-No, no... E' stato solo un incidente. Riscrivilo per favore.

Lo guardò.

-Non posso... Questo è un segno! Il destino ci dice di lasciar perdere.

-SE fosse stato contrario PERCHE' farci incontrare? Eh? Touchè!

-Ma non lo so. Non è una scienza esatta, è una sensazione!

-E se tu avessi torto? Se fosse solo un inganno astrale allontanarsi senza un nome, senza un numero di telefono, niente... Cosa credi che potrebbe succedere, che l'amico destino ti mandi i miei dati a domicilio?!

Fece Key arrabbiato, squadrandola. Lei invece si illuminò.

-Sai che è l'idea migliore di tutta la serata?

-Eh? Cos... Quale è la migliore?

Lei frugò freneticamente nella borsa, fino a scovare un biglietto da 5 yen. Gli porse la sua penna e la banconota.

-Scrivi. Nome e numero di telefono.

-Su un biglietto da 5?

-Dai! Scrivi!

Lui si poggiò ad un muro e scrisse. Poi le rese il biglietto.

-E adesso?!

-Aspetta qui.

Lei attraversò la strada e si fermò ad un baracchino di caramelle e altre cose da mangiare sfiziose. Prese il primo pacchetto di gomme da masticare che le capitò sotto tiro e poi pagò con i 5 yen. Ne mise una in bocca e se ne andò.

-Ehi! CHE SIGNIFICA???

-Quando il biglietto da 5 yen tornerà nelle mie mani, potrò chiamarti. E quando sentirai la mia voce dall'altro capo del filo potrai credere nel destino.

-HEI! E per me niente?!

La fermò di nuovo mentre lei andava via.

-Come sarebbe?

-Devi inviare qualcosa nell'universo che porti il tuo nome o sbaglio!? Dico, almeno per un senso di giustizia.

Lei prese la borsa.

-Devo dire che è giusto, forse qualcosa trovo... -Frugò mentre Key aspettava impaziente. -Ecco, mi è venuta un'idea imbattibile. Lo vedi questo libro?

Gli mostrò una vecchia edizione del libro "L'amore ai tempi del colera" di Gabriel Garcia Marquez.

-Sì, lo vedo.

-Allora, quando arrivo a casa ci scrivo dentro nome e numero di telefono, e domattina presto vado a venderlo ad un negozio di libri usati.

-Quale?

Lei rise.

-Okok non vuoi dirmelo non lo devo sapere ma perché?

-Beh, così quando passerai davanti ad una libreria dovrai entrare per vedere se lo trovi.

Glielo sventolò sotto il naso mentre Key si stufava.

-Tutto questo è sbagliato, lo capisci? Non puoi passare la serata più incredibile della tua vita con un perfetto sconosciuto e poi lasciare tutto al caso, non credi?

Lei non rispose.

-NON CREDI?!

Però lo prese per mano ed entrò all'Hotel Astoria, lì vicino.

-Vieni con me.

Key sbigottì.

-Vuoi prendere una camera?! ... Dai no sto scherzando, vorrei prima conoscerti meglio!

Lei si infilò nell'atrio e lo portò dove c'erano i due grandi ascensori. Key si divincolò dalla presa della ragazza.

-Adesso dimmi dove andiamo.

Chiamò uno dei due ascensori, poi si buttò dalla parte opposta della sala per chiamare l'altro.

-Stai lì. -Disse a Key.

-D'accordo. -Rispose lui camminando verso di lei.

-No, stai lì, fermo lì, vicino all'altro ascensore. Non farmi tornare da te. Ci sei?

-Ci sono...

-Bene. Se scegliamo tutti e due lo stesso piano è segno che dobbiamo restare insieme.

Lui sbuffò.

-Sei un delirio......

-Ma no! Dai entra!

Tutti e due entrarono nell'ascensore.

-Fai un bel respiro e quando si chiudono le porte scegli il piano.

-Ma non riesco a capire!

Lei lo guardò e disse

-Non c'è niente da capire, devi solo avere fede.

-Fede in cosa?

-Nel destino.

Poi prese la busta rossa del centro commerciale e gliela lanciò.

-Ehi... -Proseguì poi poco prima che le porte si chiudessero- Sono Hilary. Io mi chiamo Hilary.

Lei guardò i pulsanti e senza pensarci troppo premette il numero 23, sorridendo. Era circa alla sommità dell'albergo, ma non troppo in alto. Sospirò e attese che l'ascensore arrivasse a destinazione, torcendosi le mani preoccupata.

Lui guardò i pulsanti e si mise una mano fra i capelli. Merda, 29 piani di albergo... E chi sarebbe riuscito a beccare quello giusto? Cominciò a vedere di scartare numeri come il 17, il 13, il 3; quei numeri legati a qualcosa di particolare, insomma. Poi l'ascensore si mosse un poco, come chiamato da qualcuno. Key si spaventò, lo prese una sorta di panico e di botto, la testa confusa da ottocento cose, e non volendo sapere troppo presto se aveva azzeccato o no scelse uno dei piani più in alto. 23.

Tutto nervoso, si muoveva in continuo nell'ascensore, tamburellando con le mani sulla pulsantiera. Aprì la busta rossa che lei gli aveva lanciato, e si sorprese di trovarci uno dei due guanti di cachemire comprati qualche ora prima. Era il sinistro. L'altro era stretto nella mano della ragazza, che aveva chiuso gli occhi e aspettava fiduciosa che lui gli rendesse il destro.

Ma evidentemente lui non era destinato ad arrivare a destinazione. Perché l'ascensore, effettivamente chiamato da qualcuno, si fermò al 14. Un bambino di 5 anni e suo padre salirono sull'ascensore.

-E' arrivato, visto piccolo?

-Scusi... Questo sta salendo.

-Oh, non fa niente, Max è contento lo stesso, vero Max?

Max non era contento. Evidentemente scontento del viaggio, cominciò a premere a ripetizione tutti i tasti uno ad uno, come una furia.

-NON FARE COSI'!!! NON TOCCARE!!!

-Hey, si calmi, è solo un bambino.

Key li avrebbe fucilati entrambi. Ma l'ascensore continuava a salire, per fortuna, quindi optò per restare fermo e sopportare. Incrociò le braccia.

*

Hilary intanto spuntava al 23 piano dall'ascensore, e si sedeva su una piccola sedia per aspettarlo. Un po' nervosa, stringeva il guanto, mentre si mangiucchiava le unghie e le gambe le tremavano un po'.

*

Key cercava di mantenere la calma mentre l'ascensore era bloccato fra il 15 e il 16 piano. Si domandò se non fosse un segno di quel fantomatico destino che pareva perseguitarlo.

-Deve essersi bloccato.

Sì, grandiosa osservazione, pensò mentre il padre rassicurava il bambino. Key si massaggiò le tempie mentre l'ascensore ripartiva con un sussulto e si fermava al 16 piano. Lui si sporse fuori per controllare che lei non ci fosse, e non vedendola tornò dentro come un fulmine.

*

Lei si era alzata, aveva passeggiato un po' su e giù per il corridoio e adesso era seduta per terra sulla moquette, a fissare l'ascensore.

*

Al 20 piano l'ascensore si era riempito. Key continuava ad uscire e rientrare senza smettere ad ogni piano, sperando di vederla. Ma senza successo, almeno apparentemente.

*

Hilary voleva piangere. Perché il destino l'aveva tradita? Strano, strano. Abbassò gli occhi e, alzandosi dal pavimento, chiamò l'altro ascensore aspettando che arrivasse per tornare a casa. Nell'identico istante in cui le porte del suo ascensore si chiudevano, Key si lanciava fuori dal suo ascensore al 23 piano, senza peraltro vederla da nessuna parte. Così si decise a premere la T di "Terra" per tornare all'ingresso e inseguirla o aspettarla. Si precipitò fuori, mentre lei spariva dentro ad un pullman. Vista così tanta gente, lei avrebbe potuto essere ovunque. Scambiò almeno 10 persone per Hilary, prima di arrendersi e sedersi sotto un portico per ripararsi dalla neve. Tornò a casa qualche ora dopo in metropolitana, con il guanto nero in tasca. Non la rivide.




Blablabla... Fine primo capitolo ^^"
Hem per quelli che aspettano gli aggiornamenti: Io sto scrivendo (le fic non sono incomplete, tranquilli), solo che fra scuola e problemi al pc non riesco mai a finire. Prima o poi pubblico. Giuro.
Grazie ovviamente a chi legge e commenta =) smack!
  
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