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Autore: braver than nana    23/08/2012    0 recensioni
Ciak, azione! qualcuno urlò nella sua testa e lui si inginocchiò con lentezza. Il linoleum contro le ginocchia era fastidioso perché scivoloso e visto che aveva già i pantaloncini si attaccava alla pelle, ma appena il primo sospiro di Louis arrivò alle sue orecchie il pavimento scomparve. //scritta mesi fa, ma sempre di Larry Stylinson si tratta ♥
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Linoleum.
Pairing: Louis Tomlinson/Harry Styles
Rating: rosso
Conteggio Parole: 1314
Avvertimenti: oneshot, sesso orale.

Riassunto: Ciak, azione! qualcuno urlò nella sua testa e lui si inginocchiò con lentezza. Il linoleum contro le ginocchia era fastidioso perché scivoloso e visto che aveva già i pantaloncini si attaccava alla pelle, ma appena il primo sospiro di Louis arrivò alle sue orecchie il pavimento scomparve.

Harry rideva di quella sua risata bassa e gutturale con il fondo della gola, quello che sognava la notte, morbido e impregnato del suo odore forte, cercando di non farsi sentire. Scappare dallo studio di registrazione non era stata una buona idea, lo sapevano più che bene, ma una volta aver finito il suo pezzo di canzone Louis non ce la faceva più a stare fermo in un angolo a vedere Zayn che continuava a riprovare sempre lo stesso pezzo di una canzone che neanche gli piaceva. Ogni volta che attaccava la sua strofa, banale e bambinesca, tipico bridge smielato che inserivano in ogni loro canzone da quando avevano iniziato a fare musica, gli veniva su la nausea.
Così aveva tirato la manica corta e bianca del ragazzo seduto sulla poltrona di fianco alla sua, lo aveva guardato e si erano alzati nello stesso momento, adocchiando Paul che sembrava abbastanza impegnato in una conversazione con Rick in un angolo.
Si erano ritrovati su un piano sconosciuto di quell’edificio ancora più sconosciuto a ridere come se ubriachi, con le mani che si cercavano e trovavano, con i piedi che correvano facendo troppo rumore e con il cervello otturato dall’insaziabile sensazione di star, in qualche modo, infrangendo qualche regola. Si sentivano dei bambini con una barretta di cioccolata rubata dalla credenza, nel petto il timore di essere scoperti e le guance doloranti per le risate.
«Questo maledetto linoleum» diceva Harry correndo un po’ più forte e facendo gracchiare le scarpe da ginnastica e beccandosi uno sssh di rimprovero come se, rimanendo in silenzio e facendo attenzione a dove mettevano i piedi, sarebbero riusciti ad andare più lontano.
«Odora di ospedale, questo posto» bofonchiò, fermandosi all’improvviso e appoggiando la schiena alla parete.
Naturalmente, come la maggior parte delle cose che facevano insieme, quella corsa era durata troppo a lungo e quindi aveva imposto che finisse. Aveva preso la mano del più grande e se l’era rigirata tra le sue, poco più ruvide e mascoline, e aveva iniziato a giocarci.
Le mani di Louis gli piacevano tanto. Si ricordava ancora la sensazione che aveva provato la prima volta che l’aveva stretta, la ricordava sudaticcia e fredda dal nervosismo, ma allo stesso tempo gli aveva trasmesso una strana sensazione di sicurezza. Erano morbide ed esperte, erano sporche anche se aveva la mania di lavarle in continuazione –prima e dopo ogni pasto, appena tornato a casa, prima di andare a letto, dopo essersi lavato i denti- perché avevano assorbito tutta la spazzatura che si accumulava su di lui ogni giorno. Louis lo accarezzava e lo depurava, prendendosi tutte le cattiverie che gli buttavano addosso.
Come la contrazione istintiva di un muscolo –arco riflesso, lo chiamavano a scuola, quando seguiva il corso di biologia- quel pensiero lo mosse, tirando forte il braccio dell’altro e buttandosi addosso il suo corpo. Le scarpe gracchiarono ancora una volta e il rumore riempì il corridoio vuoto.
«Sai, penso che su questo piano non ci sia assolutamente nessuno» disse al suo orecchio, abbassandosi quel poco per parlare direttamente sui suoi lobi caldi e rossi. La risata di Louis gli rimbombò nello sterno, scuotendolo.
«Io penso che dovremmo fare in fretta e in silenzio.»
«Io che stai dicendo tante puttanate.»
Poi finalmente lo baciò. Ed erano solo quante?, quattro ore?, che non posava le labbra su quella bocca eppure appena si sfiorarono poté sentire i suoi nervi distendersi, perdendo tutta la tensione che la corsa, la registrazione, Paul, le brutte canzoni che registravano contro voglia, gli aveva lasciato addosso. Mosse due passi tenendo le mani sulle spalle dell’altro e lo adagiò sul muro opposto senza mai staccarsi, come se fosse una bambola rumorosa e molto bella da muovere a suo piacimento.
Lo guardò allontanandosi un poco, trovandolo con il fiato corto e i capelli scombinati, e si sentì il regista di un bellissimo film.
Con le mani stranamente ferme gli sbottonò i pantaloni fissando la fibbia scura della cinta che gli aveva regalato qualche mese prima. Entrambi sapevano cosa stava per succedere, i segnali erano chiari, ma Harry aveva deciso che da quel momento tutto sarebbe stato indimenticabile.
Ciak, azione!qualcuno urlò nella sua testa e lui si inginocchiò con lentezza. Il linoleum contro le ginocchia era fastidioso perché scivoloso e visto che aveva già i pantaloncini si attaccava alla pelle, ma appena il primo sospiro di Louis arrivò alle sue orecchie il pavimento scomparve.
La pelle morbida dei suoi fianchi era affascinante, glabra e morbida, ideale per lasciare baci umidi a bocca aperta. Era profumata di un odore intenso che gli facevano aspirare a muoversi con più lena, che gli faceva immaginare a quanto sarebbe stato tutto più appagante una volta essere arrivati a destinazione. Chiuse gli occhi tracciando con la lingua linee immaginarie sul solco del bacino, affondando le mani nella pelle morbida delle cosce che venivano scoperte sempre di più, merito forze della gravità o dei movimenti convulsi che Louis continuava a fare implorando con solo il linguaggio del corpo.
Quasi non sentiva la pressione della mano piccola sulla sua testa, ma si lasciò comunque guidare, lentamente e quando, finalmente sentì il solletico dei peli pubici contro il suo mento quasi sospirò, continuando a scendere e iniziando,con il palmo della mano, a tastare l’asta dura che lo minacciava, puntandolo. Era un’esperienza mistica fare un pompino a Louis Tomlinson, un giorno ci avrebbe scritto un libro e avrebbe fatto tanti di quei soldi da poter smettere di lavorare per sempre.
Tutti i suoi sensi erano improvvisamente concentrati nel tatto, la superficie caldissima del cazzo del suo ragazzo erano nervosa, gli piaceva accarezzarla perché ormai la conosceva così bene da trovarla rassicurante. Le vene spesse erano un percorso familiare, che aveva assaggiato e imparato, che gli ricordava cose belle e che lo portava in posti ancora più sorprendenti.
Rise mentre baciava con lentezza la pelle ruvida dello scroto, chiudendolo in una mano e rigirandoselo tra le dita. Rise mentre le gambe di Louis tremarono violentemente appena la sua lingua attraversò tutta la sua lunghezza, facendo scricchiolare le scarpe sul pavimento fastidioso.
Soffiò, piano. Baciò, con tutta la lascivia che aveva accumulato e che tutti gli rimproveravano. Ingoiò, decidendo che ormai era arrivato il momento.
Nel suo film, in quel momento, ci sarebbe stata una colonna sonora frenetica e rilassante, come una canzone dei Placebo, impostata a quel volume perfetto in cui riesci a canticchiare ma contemporaneamente goderti gli splendidi suoni che la gola di Louis riusciva a emettere, magari apprezzare anche il leggere stridere della punta delle sue scarpe contro il linoleum che aveva perso tutta la puzza di ospedale, che aveva iniziato a profumare con il cazzo più buono del mondo.
E la musica si sarebbe fatta sempre più incalzante, così come i gemiti che sarebbero diventate urla, così come i piedi avrebbero iniziato a crepitare e scuotere per l’impazienza. Così avrebbe obbedito al copione, muovendo la testa sempre più freneticamente, ingoiando, leccando, assaporando, stringendo, supplicando.
I titoli di cosa sarebbero potuti iniziare a scorrere sull’immagine perfetta di Louis con un braccio appoggiato sugli occhi e il fiato talmente corto da assomigliare a degli spasmi. O magari sull’espressione soddisfatta di chi ingoia senza pensarci tutto lo sperma chiaro e viscido, che continua a baciare e vezzeggiare l’erezione ormai spenta, le ossa sporgenti, la pancia piatta. Perché se Louis riusciva a depurarlo con le mani piccole e bianche lui ingoiava i suoi dolori insieme allo sperma.
«Penso che potremmo girare un film porno, io e te.»
«Di sicuro» riuscì a dire a fatica «faremmo contente quelle fuori di testa.»
Harry rise di quella risata spensierata che gli nasceva dal centro del petto, quello che la notte faceva da cuscino, che veniva fuori solo dopo un pompino fatto per bene come quello. Poi gli prese la mano e il corridoio riprese a puzzare, i passi cigolare fastidiosamente, il linoleum a tappezzare l’ennesimo testimone di loro due.

   
 
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