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Autore: F3lixFelicis    23/08/2012    0 recensioni
Il passato è sempre dietro l’angolo ad aspettare un’altra preda da risucchiare. E’ inutile scappare dai propri ricordi perche’ saranno sempre li a farti compagnia nel bene e nel male, peccato però che per Jane non è così, lei del suo passato ricorda solo un bacio flebile stampato sulla guancia.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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La luna era alta nel cielo e rifletteva la luce sull’oscuro orfanotrofio, accarezzò dolcemente gli incubi, le preoccupazioni e i ricordi di tutti soprattutto di Jane, che già s’agitava nelle sue lenzuola color lavanda, pronta a fare per l’ennesima volta lo stesso sogno, quel sogno che per 11 anni la tormentava. Improvvisamente tutto mutò, il cielo tranquillo si trasformò in un vortice d’acqua e vento, gli alberi fino a poco fa fermi quasi non venivano sradicati, tutto era buio e confuso.
Così tanto che nessuno s’accorse d’una donna che camminava tranquilla con un mantello indosso e il volto olivastro coperto da un velo. Un corpicino esile portava in grembo, spento di vitalità ,come se fosse stato pietrificato, cercava di nasconderlo con le vesti ma invano poiché delle ciocche biondo ramato fuoriuscivano, così leggiadre dondolavano nel caos.
Ella raggiunse a passo cauto un posto macabro, che tutto pareva tranne che un orfanotrofio, attraverso’ l’immenso viale che divideva il mondo da quella prigione per bambini e suonò il cancello tre volte, sperando ci fosse qualcuno ad aprirle. Una donna, da dietro il cancello ormai colorato di ruggine, apparve con in mano una lanterna, ella era vestita di nero e si mimetizzava nell’oscurità, mostrò sotto la luce una pelle biancastra e raggrinzita e occhi grigi che ghiacciavano gli sguardi altrui. Mosse le labbra sottilissime e bisbigliò di entrare ma la donna la quale bambina giaceva inerte tra le sue braccia, agitò la testa in un freddo e distaccato “no”.
Un bacio flebile le stampo’ sulla sua guancia rosea, la guardò per l’ultima volta, con gli occhi pieni di lacrime e porse il corpo alla donna dell’orfanotrofio che s’avviò senza contestare alle porte dell’edificio, lasciando la donna in balia della notte.
Arrivati quasi alle porte gli occhi della bambina s’aprirono lentamente, la vista era ancora un po’ sfocata ma riusci’ lo stesso ad intravedere dietro il cancello, cadere a terra, un corpo senza vita.



Il sole s’innalzò nel cielo, raggiante come non mai e s’intrufolò nei sogni di Jane facendola ritornare alla realtà, aprì gli occhi bagnati da lacrime di ricordi ancora una volta tornati alla luce e s’alzò ancora tremante, si spogliò delle coperte e raggiunse la finestra barcollando.
Quell’immagine contorta di una panoramica che ormai aveva imparato a memoria la infastidiva come tutte le mattine, quel giardino giallastro e arido era come sempre la prima cosa che osservava la mattina e che, ergo, detestava. Quel giorno, però non smetteva di fissare il cielo, limpido e soleggiato, non riusciva a non pensare come quella tranquillità poteva mutare in caos, come poteva una cosa così bella nascondere l’oscurità d’una tempesta in piena notte, come poteva soltanto immaginare una persona che la luce poteva essere vinta dall’oscurità.
Ma lei lo sapeva, si paragonava spesso al cielo, inconsapevolmente le ricordava la sua tranquillità nel fare le cose e maestria nell’ irradiare luce, sapeva anche delle menzogne che il suo atteggiamento diceva, come riusciva a nascondere il buio, in un angolino nel suo cuore il buio pian piano s’espandeva e lei ci s’immergeva totalmente, in cerca d’un bacio che le illuminava il cuore. 
  
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