A
chi ha sempre sognato di assistere a uno spogliarello.
Alla panna
e ai sogni erotici.
DUE.
Sbuffai infastidita, ero certa che
quella fosse una congiura nei miei confronti da parte di
tutti gli esseri mortali e immortali dell'universo.
Il Karma, per esempio, mi stava punendo;
sì, perché nella mia vita passata dovevo
essere stata un serial killer, o una vedova, o non so cos'altro per
fare infuriare in questo modo gli dei.
Frenai il mio flusso di pensieri: io non ero buddhista o induista, non
credevo nel Karma. La mia era solo sfiga.
- Ehi biondina, sei venuta per il bis? E quando dico venuta...
Solo tantissima sfiga.
Feci finta di nulla, dovevo solo continuare a camminare verso la mia
auto e ignorarlo; lui non esisteva era solo un terribile
scherzo della mia fervida immaginazione, come lo erano le sue mani, le
sue braccia...
NO.
Camminare, macchina.
- Sto parlando con te. Hai perso la lingua dopo ieri sera? Eppure mi
sembrava che...
- Senti un po', razza di coso oliato, smettila di parlare. Non hai
qualche spettacolo da fare?
Il suo sorrisetto mi fece innervosire ancora di
più: strinsi i pugni lungo i fianchi, mi morsi la
lingua per non dirgli altro e proseguii dritta per la mia strada. Avevo
di meglio da fare che perdere tempo con uno stupido spogliarellista da
quattro soldi: dovevo riuscire a mettere in moto quella dannata
Panda.
Al terzo tentativo ebbi l'istinto di incendiarla e ballare sulle sue
ceneri: mi aveva lasciata troppe volte a piedi ma quel giorno
era stato l'apice; non solo ero tornata di fronte quello stupido
locale, ma rischiavo anche di far tardi al matrimonio di
Virginia e non potevo permettermelo: ero la sua wedding
planner!
Chiamai Giulia prima di urlare e uccidere tutti i passanti che mi
guardavano curiosi e chiedevano se avessi bisogno di aiuto. Lei era
romana, conosceva sicuramente qualche meccanico - onesto - che avrebbe
riparato una volta per tutte quel rottame che mi ritrovavo per auto.
- In effetti sì.
- E dammi il numero, che aspetti?
- Oggi è sabato, apre solo nel pomeriggio.
- Allora vienimi a prendere. Non ho abbastanza soldi per un taxi e non
posso prendere i mezzi per arrivare a quello stupido parco.
Era solo mezzogiorno e io ero già stanca e stressata con i
piedi doloranti a causa dei tacchi: odiavo quei terribili affari
inventati solo per far sentire inferiori noi donne; sì,
perché doveva essere stato uno stupido uomo maschilista a
disegnarle e metterle sul mercato. Un uomo che non sapeva cosa
significasse stare ore e ore sulle punte con degli spilli conficcati
nei talloni. Una donna poteva essere bella ed elegante sempre e in
qualsiasi circostanza, non aveva bisogno di ricorrere a mezzi insulsi
quali scarpe, super trucco o intimo seducente.
La verità era che le mie stupide caviglie mi impedivano di
poter indossare scarpe come quelle per più di qualche ora e
il mio stupido fisico troppo formoso e tondeggiante mi obbligava ad
acquistare dell'intimo adatto a contenere la mia ciccia.
Un colpo di clacson mi fece ridestare dai miei pensieri; rimisi le
scarpe e scesi da quell'inutile auto. Avrei voluto lasciare un
cartellino con scritto “Rubatemi” almeno avrei
guadagnato qualcosa dall'assicurazione, ma chi era quel coraggioso o
pazzo che avrebbe anche solo sfiorato quella macchina?
- Sei la mia salvatrice.
- Lo so, lo so, ma rimandiamo i ringraziamenti a domani.
Piuttosto dimmi: che hai fatto ieri sera?
Deglutii a vuoto. - Io?
- No, lo stavo chiedendo al vecchietto in bici- Tirò
giù il finestrino dal mio lato e si rivolse al signore in
bicicletta fermo accanto a noi, al semaforo: – Salve,
potrebbe dirmi cos...- La bloccai prima che l'uomo potesse
sentirla. - Allora, ti decidi a parlare o no?
- Sono stata all'addio di Virginia, la mia cliente.
- Questo lo so, dato che è stata un'idea mia e di Mina. Io
voglio sapere quello che è successo.
- Intendi prima o dopo che me ne andassi?
- Qual è la parte più interessante?- Si
voltò a guardami speranzosa e avida di pettegolezzi.
- Se per te è interessante aver avuto un tizio mezzo nudo, o
tutto nudo, sulle proprie gambe allora la parte prima che me ne andassi.
Inchiodò all'improvviso, rischiando di farmi
strozzare con la cintura di sicurezza – Tu hai, lui ha...
voi? Credo di non aver capito.
Risi di gusto, tranquillizzandola – Forse è meglio
se ti racconto un'altra volta, non vorrei morire proprio oggi.
- Parla o ti uccido con le mie stesse mani.
Risi di nuovo e le raccontai, evitando alcuni dettagli davvero
scandalosi, quello che era successo la sera prima al Ladies Night,
quando quel ragazzo mi aveva trascinata sul palco, fatta sedere su una
sedia e si era spogliato davanti ai miei occhi.
- Ti ha messo della panna montata sul collo? - Ormai le sue erano delle
semplici domande retoriche, formulate con una nota un po'
isterica – E lui, la panna sulla pancia, e tu... Devo
cominciare a frequentare questi locali.
Affermò risoluta, mentre arrestava l'auto
nell'apposito parcheggio di fronte la villa dove si sarebbe tenuto il
ricevimento.
- E' stato molto imbarazzante. Volevo sotterrarmi.
- Sì ma intanto gli hai ficcato la lingua nell'ombelico!
La spinsi amichevolmente e scoppiammo a ridere, mentre
varcavamo la soglia di quell'immenso giardino: i tavoli erano
già disposti come avevo ordinato, insieme alle composizioni
floreali; il tavolo degli sposi si ergeva su uno stupendo palchetto di
legno abbellito con rose bianche e violette.
L'atmosfera era magica, veniva quasi voglia si sposarsi.
- Notizie dalla Chiesa? - Chiesi a un mio collega che era appena
tornato dalla celebrazione.
- Sono marito e moglie. Anche se la sposa ha avuto un attimo di
tentennamento, tutto nella norma.
- Fammi indovinare: paura di essere tradita?
- Peggio, paura di tradire.
Non capivo i matrimoni; se due persone arrivavano a decidere di
convolare a nozze era perché si fidavano l'uno dell'altra,
perché lo volevano davvero, perché si amavano:
allora perché farsi prendere dal panico? Il matrimonio era
un ennesimo pezzo di carta, come il diploma o una laurea, non bisognava
possederne uno per prendersi cura della persona che si
amava; si poteva fare a prescindere da quello.
Virginia era
bellissima; emozionata e bellissima. Stretta alle braccia del
suo sposo, salutava gli invitati sorridendo e scherzando; quella era la
parte più divertente del matrimonio, almeno per gli altri,
perché per me e i miei colleghi era quella più
stancante dato che dovevamo coordinare tutto.
- Vieni Emily, fai un brindisi con noi.
- Non posso, Virginia, sto lavorando.
- Dai ti prego, fallo per la sposa.
Mi avvicinai al tavolo degli sposi e brindai insieme a loro e ai
testimoni; ci fu più di un
brindisi, per colpa delle battutine velate sulla
panna e roba simile, di Virginia e Sonia; quelle due erano tremende,
però conoscendole avevo imparato ad apprezzarle: non erano
così terribili come avevo pensato all'inizio.
- Basta con i brindisi o non potrò più lavorare.
Liquidai Sonia e tornai alla mia postazione, dalla quale controllavo
che tutto filasse liscio come l'olio; mi rilassai solo quando gli sposi
aprirono le danze sulle note di “I will always love
you” suonata dall'orchestra d'archi ingaggiata per
l'occasione.
Un po' scontata come canzone, era la più gettonata insieme a
“Your song” di Elton John. Ero convinta che nessuno
facesse mai caso al testo: “I will always love you”
parlava di una triste e dolorosa separazione, non era per niente adatta
come colonna sonora di un matrimonio.
Tirai un sospiro di sollievo quando il ricevimento arrivò al
termine: non vedevo l'ora di poter togliermi quelle scarpe
troppo scomode e indossare le mie belle pantofole morbide. Mi ero,
però, dimenticata dell'auto ferma di fronte quel maledetto
locale; dovevo ancora telefonare il meccanico e sperai davvero che
avesse un attimo di tempo libero da dedicarmi. Aspettai che tutti gli
invitati andassero via, mentre davo le ultime indicazioni al catering :
era stato uno dei matrimoni più
difficili della mia vita lavorativa.
- Emily, grazie di tutto, sei davvero favolosa.
Virginia mi si era avvicinata con gli occhi lucidi dall'emozione, le
sorrisi perché ero felice per lei: era una brava e cara
ragazza, anche se all'apparenza sembrava tutto l'opposto; sperai
davvero che il suo matrimonio fosse uno di quelli perfetti che si
vedono nei film d'amore in bianco e nero, o in quelli troppo romantici.
- Mia madre passerà lunedì mattina per terminare
il pagamento.
- Non c'è nessuna fretta, puoi stare tranquilla.- Il suo
abbraccio mi lasciò di stucco e ricambiai dopo qualche
secondo – Divertiti.
- Senz'altro; tu invece, salutami Mr Panna.
Risi al pensiero e salutai gli sposi definitivamente; era strano che mi
affezionassi così tanto ad una coppia, di solito restavo
fredda e distaccata, come era giusto che fosse; ma Virginia mi aveva
stravolto la vita.
La macchina del mio collega si fermò proprio di fronte al
Ladies Night. Lo ringraziai troppo imbarazzata per il luogo in cui ci
trovavamo e aspettai che se ne andasse prima di andare verso la mia
auto e chiamare quel maledetto meccanico che lavorava solo il sabato
pomeriggio.
Per fortuna almeno era libero e mi avrebbe raggiunta dopo una mezz'ora
circa. Erano le diciotto e trenta, cosa diamine avrei fatto per tutto
quel tempo, da sola? Non avevo neanche il coraggio di guardare i miei
piedi, dovevano essere simili a delle pagnotte.
- Puoi dirlo che ormai non puoi più fare a meno di venire
qui.
Stavo iniziando ad odiare quella voce, oltre alla sua faccia da
schiaffi.
- Sì hai ragione: stavo pensando di cominciare a lavorarci
anche.
- Senza offesa, ma non hai il fisico adatto. Saresti una buona donna
delle pulizie, però.
- Quindi tu, ieri sera, eri solo in prova? Perché hai il
viso adatto per pulire i wc.
- WC?- Rise, facendomi innervosire. - Ma come parli? Si
chiamano cessi e no, non ero in prova. Io sono la star.
- Sì, la star dei cessi.- In realtà non volevo
dirlo ad alta voce, ma fu più forte di me; risi io stessa
per la battuta geniale.
- Sei simpatica come un cactus nel culo.
- Spero uno di quelli con le spine.
- Ovvio, e quelle sono anche velenose.
Scrollai le spalle, mica solo lui poteva farmi innervosire: io ero
un'esperta in quel settore.
Stava per ribattere, ma fu chiamato da un ragazzo, ne fui
davvero lieta; lo salutai con un sorrisetto impertinente sul viso, lui
invece mi rispose alzando il dito medio: soliti cafoni e burini romani.
Mi chiusi in macchina, accendendo la radio, in attesa del famigerato
meccanico. Chissà se fosse minimamente sexy come Tony di
'Iniezioni d'amore', un telefilm che trasmettevano sul digitale
terrestre il giovedì sera. Lo sperai davvero, almeno avrei
guadagnato qualcosa da quel disastro.
Erano le diciannove passate quando vidi arrivare un furgoncino rosso
con il nome del meccanico stampato sui fianchi; quando scese quello
strano individuo, per poco non scoppiai a ridere ricordando quello che
avevo pensato prima: altro che Tony il meccanico, quello era un misto
tra Tony Ciccione e il commissario Winchester dei Simpson.
- Allora signorina, vediamo che problema c'è con te.
Doveva anche essere un po' fuori di testa per parlare con le auto e non
degnare di uno sguardo le persone.
Il suo viso perplesso mi fece preoccupare. - E' qualcosa di grave?
- Un bel po' signora. Sia il motore che il motorino di avviamento sono
andati; potrei portarla in officina e sostituire i pezzi ma, detto tra
noi, le verrebbe a costare tantissimo. Meglio comprarne una nuova.
Quella giornata non poteva andare peggio.
Chiamai prima Giulia e poi anche Mina per chiedere se potevano darmi un
passaggio fino a casa, oppure alla fermata della metro più
vicina: non me la sentivo di cambiare tre autobus quella sera.
Per fortuna Mina era libera, ma solo dopo le ventuno; avevo freddo e
fame, mi veniva da piangere: possibile che fossi così tanto
sfigata? Non potevo neanche sedermi in auto, dato che il signor Ciccio
l'aveva portata via con quella specie di furgoncino / carro attrezzi.
Mi sedetti, quindi, su un gradino accanto l'ingresso del locale: era
l'unico posto disponibile e io avevo bisogno di stendere le gambe e far
affluire sangue ai piedi.
Dopo mezz'ora una moto di grossa cilindrata si spense
davanti a me; scese sicuramente un ragazzo, lo si capiva dalle
gambe muscolose e dalle spalle larghe. Non stavo sbavando, solo dando
un'occhiata.
Quando si tolse il casco integrale, il mio cuore perse un battito: era
di una bellezza disarmante.
Capelli castani, viso pulito con dei lineamenti dolci, forse
per la giovane età, e, infine, uno sguardo
così profondo da gelarti sul posto. Quel ragazzo spruzzava
sesso da tutti i pori.
- Ha bisogno di aiuto?
Mi guardai in giro per essere sicura che parlasse con me: molto idiota
come reazione, dato che là fuori c'eravamo solo io e
lui.
- Io, no. Aspetto che la mia amica mi passi a prendere, dovrebbe essere
qui tra po'.
- Non per farmi i fatti suoi, ma da dove viene la sua
amica?
- Zona Prati, perché?
- Allora aspetterà un bel po': c'è stato un
incidente ed è tutto bloccato.
Sbuffai disperata, era mica Venerdì diciassette? Oltre alla
fame e al freddo poi, dovevo anche fare la pipì: mi sentivo
sola ed abbandonata. La conferma del ritardo e della zona bloccata al
traffico me la diede la stessa Mina con un messaggio, ero
così nervosa che avrei potuto alimentare un'intera cittadina
solo con un urlo.
- Questa sera fa piuttosto freddo, perché non entra nel
locale? Almeno starà al caldo.
- Oh no no no. Non voglio più mettere piede lì
dentro, senza offesa.
Non sapevo se quello fosse il proprietario o uno dei dipendenti, era
meglio specificare.
- Non faccia la timida, ho un ricordo ben preciso di lei di ieri sera.-
Arrossii e mi alzai; peggio di quello che mi era successo in quelle
dodici ore, non poteva andare. - Io sono Riccardo.
- Emily.
Gli strinsi la mano mentre scendevamo quei gradini che mi separavano
dall'inferno: il locale era vuoto e luminoso, completamente diverso
dalla sera prima; anche la musica era di un altro genere, soft
e rilassante. Veniva quasi voglia di restare lì e ordinare
qualcosa da bere, peccato che sapessi cosa si nascondeva dietro i
sorrisi degli uomini e del dj, per non parlare della voce viscida del
proprietario.
Riccardo, quel caro ragazzo, mi fece accomodare su uno dei divanetti
accanto ai camerini; almeno lì stavo più comoda e
non c'era il rischio che qualcuno mi vedesse e mi scambiasse per
impiegata, spogliarellista o peggio, una ninfomane!
Distesi le gambe e sperai che Mina arrivasse il prima possibile: ero
davvero stanca e sentivo il mio letto chiamarmi ad alta voce.
Passò un'altra ora; ora in cui avevo visto passare
tantissimi ragazzi, vestiti in modo strano e poi mezzi nudi, andare a
fare le prove per lo spettacolo di quella sera, quello in cui ero
seduta era davvero un bel posto. Smisi di sghignazzare quando mi
accorsi che il cellulare non aveva campo in quella sottospecie di
sotterraneo porno; non sapevo se Mina fosse arrivata o mi avesse
chiamato. Imprecai mentalmente, soprattutto quando mi dovetti alzare e
andare verso l'uscita.
Il Karma però, voleva punirmi ancora: come se non fosse
bastato tutto quello che avevo già sopportato.
- Biondina. - Andai a sbattere contro una roccia, ma poi mi resi conto
si trattasse semplicemente di... Come si chiamava? - Che ci fai qui?
- Ti cercavo. Volevo chiederti che tipo di olio usi, vorrei avere la
pelle morbida e lucente come quella tua.
Rise e sperai mi lasciasse in pace, ma a quanto pare non aveva di
meglio da fare.
- Quindi?
- Un ragazzo molto carino e gentile mi ha fatta entrare e... EHI, non
devo dare spiegazioni a te.
- Domandare è lecito...
- Mandarti a fanculo è una goduria.
Salii di corsa le scale d'emergenza e mi ritrovai nel retro del locale,
improvvisamente il mio cellulare iniziò a squillare come un
matto: inutile leggere gli sms, chiamai quella pazza della mia amica.
- Co, cosa?
- Sto prendendo Giulia e veniamo lì. Voglio vedere lo
spettacolo.
- Mina, ti assicuro che non ti perdi nulla. Ti noleggio un film porno e
facciamo prima.
Rise – Un film porno? Ma tu chi sei. Comunque non cambio
idea: voglio vedere Mr Panna in azione.
Mi sembrò di sentire un urletto eccitato, doveva essere
sicuramente Giulia; quelle due stronze mi avevano incastrata.
Rientrai nel locale disperata. E io che avevo sperato di non metterci
più piede.
******
Me
si nasconde perché si vergogna.
Non so quale scusa accampare per
giustificarmi; quando ho avuto l'idea di una storia con degli
spogliarellisti non c'era caldo, non sapevo di Magic Mike e non
conoscevo il tizio che somiglia lontanamente a Geremia (e ha il suo
vero nome!) Quindi, sì, ero e sono una porcia; potete dirlo
perché
non mi offendo.
Sono fiera di questi bei tre uomini che
gironzolano nella mia mente quasi nudi e ogni tanto si spogliano per
me! =Q___
Ok, cosa posso dire di serio ma non noioso?
Ho
aggiornato oggi e non domani perché so della chiusura del
sito di
domani notte; avrei potuto aggiornare domani mattina o pomeriggio ma
tra lo studio e il mare non so se avrei avuto tempo.
E poi basta.
Una cosa molto noiosa che vorrei precisare:
la storia è
ambientata a Roma (dove sono stata solo una volta, quasi 10 anni fa,
e ho visto poco e niente!) per fortuna esiste internet e gente
disposta a darmi indicazioni :)
Il “Ladies Night” però, non
esiste; è solo il frutto della mia malata immaginazione.
Forse
esisterà un locale simile ma, questo, con loro tre bei
ragazzi, non
c'è (altrimenti mi sarei trasferita subito)
Grazie a chi ha letto
lo scorso capitolo e chi ha subito aggiunto questa pazzia tra i
preferiti e seguiti: riceverete un premio speciale. MUHAHAHA
Grazie,
ovviamente, a chi ha commentato.
Alla prossima.
Saluti pannosi.
AH! Una cosa che avevo dimenticato e che DEBINA87 mi ha fatto ricordare: il TONY meccanico di cui parlo in questo capitolo è un personaggio della storia (e non telefilm) di CHIARA FALLSOFARC "Iniezione d'Amore" che trovate qui su EFP. Metterò il link diretto la prossima volta perché adesso sto modificando il capitolo dall'html e non sono neanche sicura del risultato! XD P.S. Grazie mille adEllinaBellina per aver letto in anteprima e aver eliminato gli obbrobri.