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Autore: Unbreakable_Vow    23/08/2012    8 recensioni
Prendersi cura di una persona come Snape non è facile neanche quando non è una persona.
Dopo la battaglia finale, Hogwarts deve rinascere dalle sue ceneri. E come lei, devono farlo anche le persone sopravvissute alla guerra. E anche Severus Snape.
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
INCOMPIUTA
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Potter, Remus Lupin, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Harry/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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(L'iniziativa a cui aderisco è linkata alla fine del capitolo, se qualcuno di voi volesse parteciparvi)
 
Mi sono divertita da matti, come potrei negarlo? XD
Questa storia nasce in ritardo da una sfida di Erisa sul CoS (che potete trovare qui - insieme ad il prompt a dir poco stupendo, anche se un po' spoiler) a cui non ho potuto resistere. Inutile dire che la ringrazio tantissimo per l'idea, perché mi ha fatta ridere non poco mentre la scrivevo!
State per avventurarvi in una Snarry che dovrebbe constare di prologo, un unico capitolo (o forse due, perché data la lunghezza con cui sta venendo fuori temo che dovrò dividerlo in due parti...) e un epilogo. Qualcosa di divertente e romantico - almeno lo spero!
Ci sono due precisazioni, una che va letta prima di iniziare la storia (e infatti è stata messa subito dopo lo specchietto) e una alla fine, per non fare spoiler.
Buona lettura! 

Titolo: Take care of a b(r)at.
Autore: Unbreakable_Vow
Beta: Cabiria Minerva
Personaggi: Harry Potter, Severus Snape, Remus Lupin + tutti gli altri, più o meno.
Pairing: Harry/Severus, accenni a Harry/Remus e Remus/Severus + tutte le coppie canon.
Ambientazione: Battaglia finale in DH e a seguire.
Frase-chiave: Prendersi cura di una persona come Snape non è facile neanche quando non è una persona.
Genere:Commedia, Introspettivo, Romantico, leggermente Malinconico.
Rating:Arancione
Avvertimenti:What if?, Long-fic (3-4 capitoli), Slash, Het, Fluff, Animagus!Character, 
 

Precisazione da fare prima della lettura: quando Harry è a Hogwarts e va a cercare il Diadema, nel canon, Tonks e Remus sono ancora vivi - muoiono nello stesso momento in cui muore Snape. In questa storia, invece, rischiano di morire prima di lui, in pratica proprio ad inizio battaglia. Non ho potuto pensare ad una soluzione diversa, perché quel momento è l'unico in cui Snape è "libero" (è appena stato mandato via da Hogwarts da Minerva, come vedrete nell'introduzione qui sotto) e quindi potenzialmente capace di aiutare Tonks e Remus a salvarsi. Spero perdonerete questo piccolo rimaneggiamento ;)

 




Prologo

 

"Quando Harry alzò di nuovo lo sguardo, vide Piton in fuga, con la McGranitt, Vitious e la Sprite alle calcagna: lo rincorsero oltre la porta di un'aula e qualche attimo dopo Harry udì la McGranitt gridare: «Vigliacco! VIGLIACCO!»
[...]
Con un fremito di orrore, Harry vide dalla finestra rotta, in lontananza, un'enorme sagoma simile a un pipistrello che volava nel buio verso il muro di cinta."
Harry Potter e I Doni della Morte - Capitolo 30

 
 
Erano proprio al limitare della Foresta Proibita, quei due incoscienti, proprio fuori dalla vista di chiunque dell'Ordine che potesse venire loro in soccorso – cosa di cui avevano certamente bisogno, dato che stavano affrontando la bacchetta di Bellatrix e la ferocia di Greyback in un sol colpo, e che sembrava fossero in netto svantaggio rispetto a loro.
Severus guardava il tutto dall'ombra di un albero, dove era andato a rifugiarsi subito dopo essere stato attaccato da Minerva. La situazione all'esterno del castello di Hogwarts era notevolmente peggiore di quanto non sembrasse all'interno: i Mangiamorte stavano per attaccare le mura con tutta la loro forza, alla disperata ricerca di Harry Potter. Il Signore Oscuro non era con loro: attendeva che il ragazzo gli venisse consegnatoo, più semplicemente, che andasse di sua spontanea volontà ad affrontarlo, lontano dall'incrociarsi dei due fuochi nemici. E questo, per Severus, la diceva lunga su che tipo di persona - se mai si fosse potuto definire persona - fosse Lord Voldemort.
Sapeva che l'essere scappato via dal castello non era stata una mossa saggia: se davvero dentro c'era Harry Potter, allora avrebbe dovuto rimanere e trovarlo prima che lo facesse chiunque altro. Aveva bisogno di dirgli la verità - la spiacevole, pesante ma unica verità possibile - e di fargli capire che non stava mentendo, che era sempre stato dalla loro parte, dalla sua parte, anche se non sapeva affatto cos'avrebbe dovuto fare per farsi credere da quell'idiota.Non era come se il ragazzo si fosse mai fidato di lui in precedenza, e non c'era poi molto tempo per convincerlo a farsi ascoltare, con una battaglia di quelle dimensioni di mezzo.
Ma Severus in quel momento non stava pensando a dove diavolo fosse Potter, né a come riferirgli nulla. La sua attenzione era completamente focalizzata su quegli idioti di Lupin e la moglie, che stavano per venire uccisi nel giro di forse un minuto. Avevano un bambino, per Merlino, cosa ci facevano lì a Hogwarts? E perché non stavano chiedendo aiuto a nessuno in qualche modo?
Non poteva rivelarsi e mandare a monte l'intera copertura proprio in quel momento, ma non poteva neanche lasciare che quei due morissero davanti ai suoi occhi. Perché, si chiese, perché continuo a preoccuparmi per quel rifiuto umano di Lupin? L'ho già salvato una volta! Ma, ciononostante, non riusciva ad andarsene e a lasciare che Bellatrix e Greyback facessero piazza pulita di due persone che, lo sapeva, avrebbero davvero potuto fare la differenza una volta che Potter fosse morto, nello scontro successivo col -
Fu in quel momento che ebbe un'illuminazione. Potter non mi crederebbe, ragionò, ma dopo averlo salvato, Lupin sarà certamente più incline a farlo. Era un piano incredibilmente rischioso - avrebbe dovuto cercare di non farsi vedere e nel frattempo di fare fuori, se non entrambi, almeno Bellatrix, o Greyback - e, oltretutto, non sapeva se avrebbe potuto cavarsela con Lupin soltanto con qualche parola di spiegazione. Qualcosa premette sul fondo del suo stomaco al pensiero di dover confessare a Lupin tutto quanto. L'idea che sapesse la verità... che avrebbe preteso di vederla attraverso i suoi ricordi per credergli del tutto...
No, rifletté, neanche il suo profondo orgoglio avrebbe potuto fermarlo dal compiere il suo dovere. Aveva trascorso metà della sua vita per questo, e se significava dover condividere i suoi motivi più intimi con quell'aborto di uomo, allora lo avrebbe fatto.
Non c'era niente che non avrebbe fatto. Nulla.
Lily se lo meritava.

***

 Lo aveva lasciato andare.
Qualcosa aveva ringhiato nel profondo di se stesso quando aveva deciso di riconsegnare volontariamente la bacchetta a Snape, l'assassino di Dumbledore; qualcosa che era risuonato come un No! potente e deciso nel suo stomaco. Ma non era stato capace di fermarlo, non quando tutto il resto sembrava volersi istintivamente fidare di lui.
Snape stesso era sembrato sorpreso da quella decisione, e gli aveva rivolto uno sguardo di profonda gratitudine subito prima di riprendere in mano la sua bacchetta e correre in direzione del castello. Aveva giurato che avrebbe cercato di non far male a nessuno dei loro, di proteggerli senza dare nell'occhio e, a discapito di tutta la logica dell'universo - e dello sguardo scioccato di sua moglie - Remus gli aveva creduto e annuito.
In realtà, ragionava, mentre si dirigevano nuovamente all'interno delle mura di Hogwarts, non propriotutta la logica dell'universo. I corpi di Bellatrix e di Greyback che giacevano senza vita all'interno della Foresta Proibita avevano un po' spostato l'asse d'equilibrio verso l'uomo che aveva salvato loro la vita, uscendo dal buio della Foresta e attaccando di sorpresa Bellatrix, permettendo a lui e Nymphadora di approfittare di quello stesso momento per uccidere Greyback. Lo stesso uomo che subito dopo gli aveva consegnato la bacchetta e spiegato che stava dalla loro parte, che tutte quelle manovre, persino l'omicidio, facevano parte di un piano di Albus Dumbledore, e che avrebbe dovuto consegnare a Potter una fiala di ricordi nei quali gli avrebbe mostrato l'unico modo per sconfiggere davvero il Signore Oscuro - e il tutto era stato uno smozzicare di parole frettolose, veloci e lontane dal solito modo di parlare lento di Severus Snape.
Remus aveva soppesato l'idea per un momento lunghissimo, rigido come una bacchetta, ma poi, come sempre, la prima a prendere in mano la situazione era stata la sua Nymphadora. Certo, aveva asserito che Di uno schifoso Mangiamorte non ci si può fidare!, ma aveva comunque accettato di prendere in consegna la fiala e di esaminare i ricordi prima, nel caso ci fosse stata davvero la soluzione per sconfiggere Voldemort, di consegnarli lei stessa a Harry. Severus, con evidente riluttanza, aveva annuito e concordato che fosse un desiderio legittimo, prima di porgerle la fiala e voltarsi verso Remus per aspettare il suo verdetto.
Lì aveva deciso di fidarsi: era stato uno scontro davvero combattuto dentro di lui, fatto di dubbi del presente e vecchi ricordi del loro periodo di studenti, ma alla fine aveva lasciato che fosse la parte più istintiva di se stesso a decidere e aveva allungato il braccio che teneva la bacchetta di Snape col palmo della mano aperta.
E aveva saputo di non essersi sbagliato quando, prima di sparire, Severus si era voltato verso di loro e aveva chiarito quale fosse la password per entrare nell'ufficio del Preside - con uno sguardo così intenso da, secondo Remus, rivelare più di qualunque parola avesse potuto pronunciare in precedenza.

***

L'essere stato convocato dal Signore Oscuro lontano dal castello, proprio durante il pieno della battaglia, poteva significare soltanto una cosa: aveva capito.
Severus sapeva che sarebbe stata soltanto una questione di tempo prima che si rendesse conto della situazione: la Bacchetta di Sambuco passava di mano in mano per omicidio, non per concessione. Ed era stato lui ad aver ucciso Dumbledore l'anno prima, non Voldemort, quindi, in definitiva, era lui il vero possessore della Bacchetta; per fare in modo che Lord Voldemort ne divenisse il proprietario, lui doveva smettere di esistere. E Voldemort, infine, l'aveva compreso, e stava per risolvere la faccenda personalmente.
Così si stava dirigendo verso la Stamberga Strillante - che ironia - con la certezza di star compiendo un tragitto che lo avrebbe portato alla morte. Non doveva essere un'idea pesante da sopportare, per anni non aveva voluto altro: due decenni trascorsi a desiderare di poter spezzare i fili che lo trascinavano di giorno in giorno, di anno in anno; il non sentire finalmente più nulla, la pace... Lo aveva voluto così tanto, prima, tanto da fargli credere di non aver mai desiderato nulla con quell'intensità. E in quel momento, quello in cui stava finalmente per finire tutto, si era ritrovato nell'assurda situazione di avere paura.
Quant'era inappropriato quello stupido attaccarsi alla vita? Potter sarebbe morto di lì a breve - il tempo di aver visto i suoi ricordi, e l'animo da martire avrebbe fatto il resto - e la società magica sarebbe rinata dalle ceneri di una guerra ventennale in un mondo dove non ci sarebbe stato posto per lui, un ex Mangiamorte e l'assassino di Albus Dumbledore.
Le cose non sarebbero mai potute andare diversamente, escludendo la possibilità che Voldemort riuscisse in qualche modo a sopravvivere alla morte del ragazzo - ma il solo pensiero di venire acclamato come pedina decisiva nell'instaurazione del nuovo regime dell'Oscuro lo disgustò così in profondità da scacciar via qualunque remora gli fosse sorta in quel momento. Meglio la morte che lo scenario di una vita simile.
Attraversò il buco sotto il Platano Picchiatore con la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile, e sperando con tutte le sue forze che quel maledetto lupo gli avesse dato ascolto.

***

Tirare via Fred fu un gesto istintivo, immediato. Che davanti a lui ci fossero due Mangiamorte per terra in stato di incoscienza, che lo schianto fosse arrivato da fuori, che dirigersi verso l'esplosione avrebbe potuto costarle la vita, quello fu capace di notarlo soltanto l'istante successivo essere corsa per afferrarlo. Aveva riconosciuto il muro che stava per schiantarsi contro di lui, la violenta forza che stava per prenderlo in pieno. Niente di più veloce, un attimo appena, e si era ritrovata immediatamente dall'altro capo del corridoio stesa a terra vicino un Fred Weasley sanguinante.
La scena che le si parò davanti dopo quel momento fu delle più confuse che avesse mai visto: George che correva verso di lei e prendeva fra le braccia il fratello, Percy che lo seguiva indietro di un passo, e Harry, Ron e Hermione che fissavano la scena fra le macerie, con espressioni sorprese sul volto.
Fred, messo in piedi da George mentre Percy aiutava lei a farlo, le rivolse un sorriso enorme e un occhiolino. Voleva accettarsi di come stesse - controllare chi fosse ferito, se servisse aiuto, cosa potesse fare - ma prima che il suo istinto da Auror avesse la meglio, sentì il rumore degli Schiantesimi provenire dalla parete ormai rotta del castello e vide i tre ragazzi correre verso la loro direzione e gridar loro di fuggire. All'improvviso Harry fu tutto ciò che il suo campo visivo riuscì a scorgere, e ricordò, come una doccia fredda, il motivo per cui fosse corsa in quell'ala del castello.
Harry... Non le aveva mai suscitato troppa simpatia, ma ovviamente non voleva la sua morte. L'idea che fosse condannato a morire per salvarli tutti, che fosse il suo compito farlo, che avesse dentro di sé un pezzo dell'anima di quel mostro... Pensò ai genitori del ragazzo, a come avrebbero reagito se fossero stati ancora vivi, a come avrebbe reagito lei se fosse toccato a Teddy sacrificarsi, e fu quasi tentata dal non dirgli nulla.
Quasi. Perché ricordava fin troppo bene il viso di Remus dopo essere uscito dal bacile del Pensatoio, i suoi occhi lucidi e quel flebile "Harry dovrà morire" che era riuscita a farle ghiacciare il sangue nelle vene. La spiegazione veloce, con voce spesso incrinata di Remus, e la necessità che Harry corresse subito nell'ufficio del Preside per poter vedere quei ricordi - perché era inutile lottare, doveva farlo, doveva vederli per forza
Era andata lei a cercarlo, perché Remus non aveva avuto la forza per farlo: si era seduto su di uno scalino, messo la testa fra le mani... E quando leisi era avvicinata per aiutarlo, lui non le aveva chiesto altro che andare a cercare Harry, di portarlo lì.
Così lei era arrivata, giusto in tempo per salvare Fred da morte certa ed assistere alla prima incursione dei Mangiamorte nel castello. Non c'era più tempo da perdere: prese Harry per un braccio e lo intimò di seguirla, soffocando qualunque sua protesta dicendogli che era stato Remus a chiederle di farlo. E nonostante sentisse la colpa affondarle lo stomaco ad ogni passo, alla fine lo fece: portò Harry a conoscere la sua condanna. Remus stava singhiozzando per quei ricordi, e Harry stava per immergersi dentro di essi con un'espressione ovviamente molto preoccupata: Questa, pensò, è l'unica soluzione.

***

Il veleno di Nagini non era fatto per uccidere all'istante.
Lord Voldemort aveva scelto la sua creatura accuratamente, basandosi su idee precise: doveva essere forte, letale e fedele; doveva poterlo seguire dovunque andasse, avere una mole consistente per terrorizzare i nemici, e riuscire a ucciderli in modo lento e piuttosto doloroso. Dovevano capire di star per morire ogni singolo momento di ciò che rimaneva della loro vita, avere il tempo di soffrire ed essere pienamente ricettivi.
Perché la morte per mano del morso di Nagini fosse più lenta, perché il suo veleno non agisse in maniera rapida come quello di molti altri serpenti, era un quesito a cui non gli era mai importato di trovare la risposta. Quando l'aveva presa con sé, tanti anni prima, si era assicurato soltanto degli effetti del suo morso, non della causa; e l'effetto era  che le vittime, prima di morire, rimanevano coscienti e lucide fino all'ultimo istante, e con fiato sufficiente per supplicare una grazia o una morte più rapida - ed ovviamente entrambe le richieste erano sempre vane.
I nemici che il Signore Oscuro aveva in mente di giustiziare grazie alla sua creatura dovevano essere traditori, persone a cui doveva toccare in sorte di dover soffrire tanto e fino all'ultimo istante. Non persone che bisognasse uccidere in fretta, e certamente non persone che non avessero meritatouna vendetta così spietata da parte del Signore Oscuro. Erano uomini o donne che si erano macchiati di una colpa troppo grave per essere punitasoltanto con la morte, e, negli anni, Il Lord si era premurato di rendere partecipi tutti i suoi Mangiamorte di quella scelta, dando più volte prova della veridicità di quelle parole.
Tutto ciò era rimasto vero anche allora, ma purtroppo non aveva avuto altra scelta se non ripiegare sulla sua stupenda creatura per uccidere Severus Snape. La Bacchetta era troppo compromessa per essere usata - per giunta sul suo legittimo proprietario, quindi chi poteva sapere quale reazione avrebbe potuto ottenere puntandola contro di lui? - e non poteva permettersi sbagli.
Dal suo personale punto di vista, doveva ammettere che un servitore leale qual era stato Snape non meritasse quel tipo di morte. L'unica cosa che poteva fare per ringraziare uno dei suoi più fedeli Mangiamorte era lasciargli la dignità di morire senza essere osservato, una morte che lo accogliesse anche lontano dal campo di battaglia.
Così aspettò il suo arrivo, fece quel che doveva fare, e, ormai proprietario della Stecca della Morte, se ne andò via dalla Stamberga con Nagini al seguito, per terminare una volta per tutte quella guerra e, finalmente, uscire vittorioso nello scontro contro Harry Potter.

***

La verità.
Dire che ci fosse una parte di lui che l'aveva sempre saputa non sarebbe stato uno sbaglio, come neanche asserire che l'ultimo anno non avesse fatto altro che cementificare quell'idea nella sua mente. Profezia o meno, nel fondo di se stesso sapeva di non essere destinato a resistere a Voldemort, ad avere una vita che non lo comprendesse. Era sempre stato designato come la persona che lo avrebbe ucciso: in un ragionamento oltremodo sadico, l'idea che dopo, portato a termine il suo compito, non ci fosse più nulla per lui, poteva avere del tutto senso.
Ovviamente ci aveva sperato: vivere senza l'opprimente pensiero di qualcuno che ti considera il suo obbiettivo da eliminare, il ragazzino (perché lo era, cazzo, solo un ragazzino!) da uccidere per tornare a dominare sulla società magica - un progetto che qualunque Babbano avrebbe considerato degno di un film o di un libro, ma che purtroppo lui vedeva con fin troppa consapevolezza. Quanto sarebbe stato bello, dopo, vivere senza tutto questo? Vivere come un mago normale, con le preoccupazioni comuni, senza la guerra, senza essere più legato così strettamente al destino di Voldemort...
Ma quei ricordi dicevano diversamente, testimoniavano come quel legame fosse più stretto di quanto avesse mai immaginato. Era un suo Horcrux - cercò di resistere all'idea di scorticarsi il petto per togliersi quell'orrore di dosso - che doveva essere sacrificato per finire finalmente la battaglia. A questo pensava Dumbledore quando lo istruiva l'anno prima, a questo pensava Snape mentre lui sfogliava le pagine del Principe: al fatto che dovesse morire. A questo, mentre Harry era occupato, durante la ricerca degli Horcrux, a mettere a tacere quella sensazione che non era altro se non la verità assoluta.
In mezzo a quel mare di sentimenti, era difficile ragionare anche sul come fosse venuto a conoscenza della sua condanna. Quella vita spiattellata davanti al viso, tutti i sentimenti di un uomo che li aveva sempre tenuti nascosti messi in bella mostra, una persona odiata e mai completamente compresa - il peggiore dei modi, in assoluto. Aveva visto una vita che non era la sua, una che non avrebbe mai immaginato potesse essersi svolta in quella maniera - eppure gli occhi di Snape mentre guardava sua madre erano brillanti, eppure la sua voce era incerta quando le parlava, eppure l'amava, Merlino, Snape amava sua madre - e aveva visto pronunciare le parole che lo condannavano da uno degli uomini di cui si era più fidato nella sua vita, di fronte ad uno in cui Harry non aveva mai riposto neanche un minimo di fiducia.
Li odiava, tutti e due. Odiava Dumbledore, che lo aveva sempre trattato come un bene prezioso - ma certo, lo era dopotutto, no? Solo non come aveva pensato - nonostante sapesse la verità. Odiava Snape, che lo aveva odiato troppo e per troppi motivi e che si era fatto complice di quella condanna.
E odiava Voldemort, che gli aveva messo dentro un pezzo della sua schifosa anima e che lo aveva condannato ad una vita d'inferno e a morire.
Ma morirai, stronzo, ti trascinerò con me nella tomba.
In quel mentre, il Pensatoio giaceva intoccato sulla scrivania, e Remus lo stava guardando dal velo dei suoi occhi umidi. Quando era entrato nella stanza di fretta e furia insieme a Tonks, Harry non ne aveva capito il motivo, ma in quel momento la tristezza di Remus acquisiva senso. Un senso profondo, contro cui non si può fare nulla, che non rimane altro se non accogliere con sé.
Devo morire per fermare Voldemort. Devo lasciarli tutti. Devo... Ma gli occhi di Remus erano troppo tristi, il suo viso troppo pieno di dolore, e Harry non riuscì a non cedere, sentendo gli occhi pronti a versare lacrime. Non era pronto per morire, non voleva farlo: voleva vivere, riempire il resto dei suoi giorni facendo tutto quello che non aveva mai fatto prima, avere la pace.
Ma proprio mentre stava per aprire bocca, sfogare tutti i suoi rimpianti e gettarsi debole fra le braccia di Remus, risuonò forte e chiara la voce di Voldemort per tutto il castello.

***

Il rumore frenetico di passi giunse d'improvviso alle sue orecchie, congelandolo in una morsa di paura. Potevano essere soltanto i Mangiamorte quelli che si stavano dirigendo verso di lui - Harry Potter, se non era ancora morto, stava per diventarlo, e a quel punto chiunque appartenesse alla schiera dell'Ordine della Fenice non sarebbe stato libero di muoversi così facilmente. Senza contare che nessuno, a parte il Signore Oscuro, sapeva che si fosse diretto lì: non poteva essere altro che uno dei suoi servitori, se non lui stesso.
Stavano venendo a prenderlo, ma perché? ...No, ragionò, non lui: stavano venendo a prendere il suo corpo. A quel pensiero, l'idea che si era fatto in precedenza, le immagini del suo cadavere trasportato trionfalmente come l'eroe, di lui che veniva descritto nel nuovo regime del Signore Oscuro come la chiave di volta che aveva portato alla vittoria, tornarono ancor più forti a perseguitarlo. Un brivido gli corse lungo la schiena: non voleva accadesse, ma d'altro canto, cosa poteva fare? Muoversi gli risultava quasi impossibile, e stava perdendo moltissimo sangue, troppo per tentare di fuggire.
Solo dopo un istante gli venne in mente che l'Oscuro Signore dovesse sapere per forza che non era ancora morto: conosceva le capacità del veleno di Nagini, sapeva che impiegava almeno mezz'ora per diffondersi nel corpo e fare il suo effetto. Lui stesso aveva più volte ripetuto di averla scelta proprio per la lenta agonia che causava il suo morso. Perciò perché stavano venendo a prenderlo da ancora vivo? Per salvarlo? Era una prospettiva agghiacciante: più di ogni altra cosa, ciò che non avrebbe mai voluto accadesse era sopravvivere alla morte di Harry Potter e continuare a vivere sotto il regime di Voldemort. Niente sarebbe stato peggio, neanche il suo incubo peggiore poteva essere paragonato a questo.
O forse non era così, forse avevano scoperto il suo ruolo di spia e volevano vendicarsi su di lui. Ma come avevano fatto a capirlo?
 Si riscosse da quel vortice di domande quando sentì i passi farsi più vicini a lui. Doveva impedire che lo trovassero, qualunque ne fosse la causa. Ma come? Pur provando a muoversi, nella Stamberga non c'era nulla che potesse aiutarlo.
La Stamberga... Quello gli fece capire cosa doveva fare. Fu un lampo improvviso, un'idea balzata alla mentein meno di un secondo, ma quando arrivò, Severus l'afferrò e ne fece l'unica opzione possibile. Non sapeva se avrebbe funzionato, dato il suo essere completamente folle e suicida, ma non aveva tempo per pensare ad altro, né ci sarebbe riuscito. In definitiva, si disse per cercare di convincersi, il fatto di non aver mai visto nessuno utilizzare la magia dopo essere stato morso da Nagini poteva essere spiegato dall'essere costantemente sotto lo sguardo del Signore Oscuro - e in quei interminabili supplizi, con Lord Voldemort accanto a sé e dall'altro lato della maledizione, chi avrebbe mai pensato di lanciare un qualche incantesimo senza bacchetta?
Perciò, forse, usare una qualche magia anche durante l'effetto del veleno era possibile. Forse sì... non ci credeva fino in fondo, ma in quei pochi secondi non era riuscito a formulare altro piano diverso da quello.
Raccolse tutta la  magia che aveva in corpo, mormorò l'incantesimo e non gli rimase altro da fare che sperare per il meglio. L'ultimo pensiero - lo stesso che aveva fatto quando il serpente aveva morso, lo stesso che aveva occupato ininterrottamente la sua mente prima di sentire quei passi - fu il viso di Lily che gli sorrideva.

***

"Mi resterete vicini?"
La madre, il padre e Sirius gli annuirono col loro sorriso quieto, e Harry a quella vista si sentì un po' meglio. Riuscì a sorridere a sua volta e, con una fitta di dolore, a lasciare che la pietra sfuggisse via dalle sue mani e toccasse il terreno, facendo scomparire quelle figure dal suo campo visivo - anche se ormai sapeva che erano comunque lì con lui, che erano stati sempre lì e che lo avrebbero fatto anche in questo suo ultimo compito.
Camminò sotto il mantello sentendo il cuore rimbombare nelle orecchie, mentre la sua testa vagava verso tutte quelle persone che, una volta morto, avrebbero dovuto continuare a combattere. Ce l'avrebbero fatta, ne era certo: tolta la sua immortalità, di Lord Voldemort non restava altro che un mago pazzo e solo, e l'Ordine che l'Esercito erano forze unite e molto potenti. Avrebbero eliminato la minaccia di Tom Riddle e ristabilito finalmente un po' di pace nel loro mondo, sarebbero andati avanti a costruire le loro vite senza il terrore di un Signore Oscuro a comandare su di loro.
Ron e Hermione si sarebbero sposati, e lo avrebbero fatto anche i gemelli, Percy, e Ginny - deglutì al pensiero di Ginny vestita di bianco insieme ad un uomo che non era lui, ma scosse la testa per togliere via quell'immagine e fantasticare soltanto su cose belle.
Anche Neville e Luna sarebbero stati felici, e Seamus, Dean, e anche Cho Chang sarebbe finalmente riuscita ad andare avanti, dopo che entrambi gli assassini di Cedric fossero morti definitivamente. Anche Amos Diggory sarebbe stato meglio.
Hogwarts sarebbe rinata dalle sue ceneri, i professori avrebbero fatto in modo di portarla ad uno splendore ancor più grande di prima - lo splendore che lo aveva accolto quando aveva solo undici anni e varcava i suoi cancelli per la prima volta, l'atmosfera più bella che esistesse sulla faccia della terra: quell'atmosfera che ogni mago o strega aveva il diritto di provare sulla pelle quando entrava a Hogwarts, la vita che ogni generazione futura avrebbe meritato di vivere.
Forse Remus sarebbe tornato ad insegnare, dopo che Teddy fosse diventato un po' più grande; e il piccolo Teddy, come sarebbe stata la sua vita? Soffocò un singhiozzo all'idea di dover essere per quel bambino un padrino lontano, ancor di più di quanto Sirius fosse stato con lui. Avrebbe voluto essere un padrino degno di questo nome, amare Teddy e stargli vicino più possibile...
Si costrinse a non pensarci, e per ultimo immaginò il futuro di Snape. Sotto le cure di Remus - che a conti fatti doveva star risanando la ferita proprio in quell'istante - era sicuro che si sarebbe ripreso in fretta dal morso di Nagini. Sarebbe tornato ad insegnare anche lui? Il Mondo Magico lo avrebbe perdonato - non c'era nulla da perdonare, semmai era Snape a dover perdonare tutti loro per come avevano sempre dubitato di lui, Harry per primo. Rise al pensiero che fosse un po' tardi per pentirsi, ormai.
Pensò a tutti loro e alle persone che non conosceva, che magari vivevano dall'altra parte del mondo e avevano sempre associato il suo nome a quello della rivalsa contro Voldemort. Realizzò di star morendo anche per loro, pur non essendo questo il suo intento: lui voleva morire per le persone che amava, non per gli altri.
E le persone che amava erano tutte al castello, pronte a combattere una volta che lui fosse morto contro la tirannia di Voldemort. Svelò la sua presenza dal mantello con questa convinzione: ma quando il mago che era stato la rovina della sua vita gli puntò la bacchetta contro, Harry non pensò più a nient'altro, semplicemente attese.
La luce verde illuminò la foresta, e lui l'avvertì fin sotto le palpebre chiuse.
 
 
Precisazione da fare dopo la lettura: la parte sul veleno di Nagini è del tutto di mia invenzione e rientra nel What If? - non ricordo se e come viene spiegato nel canon comunque ^^'  
Nella prima stesura di questo capitolo, il veleno e la sua azione sul corpo erano analizzati con molta più precisione, ma ho deciso di togliere quel pezzo dopo aver ragionato che, oggettivamente, a questo punto della trama non serviva una spiegazione approfondita. Arriverà dopo, comunque ;)


Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome? GOD SAVE THE SHIP! I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
   
 
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