Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Julie May    24/08/2012    3 recensioni
Ok. Questa è la prima fanfiction che pubblico in assoluto, nonostante io sia iscritta su questo sito da anni. Scritta più o meno l'anno scorso, è su uno dei miei anime/manga preferito, Hetalia, e i personaggi sono il mio adorato e amato (mi limito) Prussia ed il caro e dolce (?) musicista austriaco. Nient'altro da dire, ovviamente i personaggi non mi appartengono, questa è una storia totalmente inventata e bla bla blaaa... spero che a qualcuno possa piacere o minimamente interessare, essendo la mia prima ff sarei curiosa di sapere cosa ne pensate (sempre che qualcuno la legga, eh), sono aperta a qualsiasi critica! Enjoy ~
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Little Garden.


28 Maggio, 1867
È passato poco più di un anno dalla guerra, eppure i ricordi degli  scontri sono rimasti impressi nella mia mente in modo così chiaro, quasi fossero solchi ardenti forgiati da fiamme che non si affievoliranno tanto facilmente, neppure per l’ inesorabile scorrere del tempo.
Non so più cosa ritenere giusto o cosa ritenere sbagliato, tutte le mie certezze vacillano in sua presenza; per alcuni attimi, seppur brevi, la ragione scivola da parte per lasciar spazio all’istinto. E questo mi preoccupa. Tutto ciò potrebbe annebbiarmi la mente e offuscarla con pensieri che preferirei rimanessero distanti da me, da questa casa e da questo corpo così volubile e sensibile ad ogni suo gesto.
Credo proprio che




- Posso chiederti cosa stai facendo da essere così concentrato e chino sullo scrittoio, da non accorgerti nemmeno della mia illustre presenza? -
La tua voce roca e dannatamente sensuale mi fa trasalire. Vederti morbidamente appoggiato al pilastro del letto a baldacchino di camera mia è l’ultima cosa che mi sarei mai aspettato.
- Io … nulla. -
- Allora deve essere un nulla molto interessante. -
Mi rivolgi un sorriso affilato mentre ti avvicini lentamente.
- Sai, casa tua è molto accogliente, credo che rimarrò qui ancora per molto tempo. -
Molto tempo, queste sono le uniche parole che riecheggiano nella mia testa con il suono della condanna più crudele.
- Ne sei contento? -
- Cambierebbe qualcosa se non lo fossi? -
Mantengo il mio temperamento freddo e distante, mentre continuo a fissare il piccolo quadernino con la copertina di cuoio che mi sono affrettato a chiudere.
Essendo ancora chino su di esso, non riesco a vederti in volto, ma posso immaginare che sulle tue labbra si sia delineato uno dei tuoi soliti sorrisi sghembi e bastardi che mi fanno rimpiangere gli anni della guerra, anni in cui ero costretto a vederti solo come un nemico.
Una goccia d’inchiostro nero cade sulla base di legno della scrivania, perpendicolare alla piuma d’oca che stringo in mano,
si mescola alle varie venature del pino.
- Sarebbe una convivenza molto più facile, non credi? -
Cerco di ignorarti ma un’altra domanda sorge spontanea.
- Da quanto tempo sei qui? -
Posso sentire chiaramente le tue occhiate trafiggermi la schiena.
- Minuti, ore, ha importanza? -
Oserei dire di si, ma è meglio evitare di stuzzicare la tua curiosità.
- Non muori dalla voglia di sapere il perché di questa mia visita improvvisa? -
Oh, certo che muoio dalla voglia di saperlo, razza di bastardo.
I secondi scorrono lenti e la mia irritazione aumenta senza indugio.
- Vuoi deciderti a parlare o speri che te lo chieda in ginocchio? -
Avverto il tuo respiro caldo vicino all’orecchio e un brivido mi percorre lungo tutta la spina dorsale.
- Dovresti essere più gentile … -
- Proprio tu parli di gentilezza. -
Mi ignori.
- Sai, ho in mente un piano. -
Catturi così la mia attenzione, facendomi finalmente alzare dallo scrittoio di legno e voltare verso di te.
- Volevo mettertene al corrente. Non trovi che sia un atto decisamente magnanimo da parte mia? -
- Allora? -
Mi spazientisco.
Non ho voglia di sentir farneticare il tuo egocentrismo.
Il tuo volto si avvicina pericolosamente al mio, mentre con una mano mi afferri il mento.
Un nuovo ghigno si dipinge sulle tue labbra sottili.
- Ho intenzione di conquistare le tue regioni vitali. -
Il mio cuore perde un battito.
- Tu … cosa? -
Sono esterrefatto. La guerra è finita da così poco tempo, e tu già parli di un nuovo scontro.
- Già! Non lo trovi dannatamente splendido? Attaccherò, conquisterò e occuperò le tue regioni vitali in poco tempo. -
Il tuo sguardo folle mi lascia senza fiato.
- Prussia … Attaccherai la mia gente? -
No, non posso crederci.
Non voglio crederci.
- Questo è il piano. -   
I tuoi occhi, di una strana tonalità di viola che si avvicina al vermiglio, incatenano i miei in una lotta muta ed orgogliosa.
- Oppure … potrei desistere dal mio intento e scendere a patti con te, Austria. -
- Scendere a patti?! -
Sogghigni, estasiato dalla mia reazione, ma non rispondi.
Continui a fissarmi con quella tua espressione dannatamente divertita.
- Lo dici con riluttanza, come se fosse l’ultimo dei tuoi desideri! -
In risposta, appoggi le labbra all’attaccatura del mio orecchio sinistro.
- E chi l’ha detto che io sia riluttante? -
Con lentezza esasperante schiudi le labbra per lasciar scorrere la lingua fino all’angolo della mia bocca.
I miei occhi sono sbarrati dalla sorpresa, mentre posso sentire chiaramente il cuore esplodere nelle orecchie.
- Pru … ssia … ma cos … -
- Shh … -
Tutti i sensi sono intorpiditi, innumerevoli brividi percorrono la mia pelle mentre continui imperterrito con questa dolce tortura.
Il respiro si fa sempre più corto e un gemito traditore sfugge al mio controllo.
Ridi.
Ma non con la cattiveria e con la superiorità di prima.
La voglia di modellare le labbra sulle tue è tanta, ma l’orgoglio che mi scorre nelle vene è altrettanto da impedirmi di cedere.
- Tu pensi troppo. -
Le mie guance s’imporporano.
- E pensare troppo, ti rende piuttosto prevedibile … -
La tua voce suadente è un richiamo tentatore, così, per evitare di perdere il controllo, cerco di focalizzare una risposta.
- Non sono prevedibile. -
- Si che lo sei. E proprio in questo momento, stai cercando una valida spiegazione logica. L’ indecisione che si legge sui tuoi occhi è palese. -
Ti fermi ad appena un centimetro dalle mie labbra.
Posso chiaramente sentire il calore del tuo respiro infrangersi sul  mio viso.
Tengo gli occhi serrati: non voglio rischiare di perdere totalmente il controllo, inoltrandomi nel violetto delle tue iridi …
- Perché distogli lo sguardo? Hai forse paura di me? -
Se li apro è la fine ...
- O forse hai timore di come potresti reagire tu? -
Riacquisto un po’ di lucidità e mi sottraggo alla tua presa, allontanandomi di qualche passo.
- Si, scommetto che è proprio questo il motivo. -
- Non è affatto vero. -
La mia voce risuona incredibilmente falsa e monotona.
Sorridi appena.
- Nemmeno tu sei convinto delle tue stesse parole. -
- Sei tu che ancora una volta hai frainteso tutto. -
- Frainteso? -
Mi guardi come se avessi appena detto la più grande delle menzogne.
- Già! Tu non mi conosci affatto. Tu non sai niente di me, del mio paese, della mia gente. Non hai nessun diritto di venire qui, a rivendicare qualcosa che nemmeno ti appartiene. Non mi conosci affatto! Sei solo un’idiota, un cinico e un menefreghista che si considera superiore a tutti, credendo che tutto gli sia dovuto, ma vuoi sapere qual è la verità? Non è affatto così la storia! Scendi dal piedistallo, perché tu non sei nessuno. -
Con una strana scintilla negli occhi, ti avvicini a me con grandi falcate.
- E così non sarei nessuno?! -  afferri violentemente il mio braccio portandotelo vicino alle labbra.
In pochi secondi avverto un dolore lancinante che mi fa sgranare gli occhi provenire dall’avambraccio .
Con un gemito di dolore mi allontano, strattonando l’arto lontano dalla tua portata.
- Tu! Come hai … mi hai appena morso! -
Scrolli le spalle, noncurante.
- Questo ti ricorderà che io sono il tuo padrone. -
- Sei malato! - stringo forte il lembo di pelle dilaniato mentre piccole gocce di sangue colano fino al polso. I denti devono essere penetrati affondo. - Tu non sei il padrone di nessuno, specialmente di me! -
Ghigni, da bastardo quale sei, e afferri la mia mano, allontanandola dal segno violaceo e perfettamente circolare che ora deturpa la mia pelle.
- Dici? -
Sotto un mio sguardo più che sbigottito, spazzi via le gocce di sangue con l’indice, per poi accoglierlo interamente tra le tue labbra.
Mi fissi, orgoglioso della reazione che puoi leggere sul mio viso.
Con sgomento, retrocedo lentamente verso la parete.
- Non …. non posso credere a quello che hai appena fatto! -
Avanzi.
- E cos’è che avrei fatto? -
- Non fare l’ingenuo! H-hai appena leccato il mio sangue! -
- Oh, beh … - ti avvicini fino ad inchiodarmi alla parete - se ti scandalizzi per così poco, non oso pensare a come reagirai tra breve. -
Con una mano scendi ad accarezzarmi il ventre, fino a sfiorare l’inguine. Mi mordo le labbra con forza, fino a quasi farle sanguinare.
- C-che diavolo fai!? - cerco di spingerti via ma sono tentativi del tutto inutili.
- Prendo quello che è mio. - rispondi semplicemente. - E poi anche tu lo vuoi, smetti di fare il pudico. -
- I-io non voglio … proprio niente … -
- Ah no? -
Solo con i polpastrelli delle dita, oltrepassi il bordo della mia camicia, andando a giocare con l’ombelico.
Sento la mia pelle reagire traditrice al tuo tocco.
- Non è forse il tuo corpo che mi prega, mi scongiura di continuare? -
Mi lascio sfuggire un gemito sommesso.
Lentamente mi sbottoni la camicia, partendo dall’alto.
- Lo prendo come un si … -
Stupida situazione.
Stupido corpo pieno di esigenze vergognose.
Stupido, stupido Preussen.
Il leggero tessuto bianco scivola via dal mio corpo come se fosse una carezza leggera.
Immediatamente, le tue mani cominciano a vagare sul mio petto con una frenesia morbosa, come se non avessi aspettato altro che questo momento.
Potrebbe essere questa la verità?
- Smetti di pensare. -
Mi rimproveri, ma non accenni minimamente ad interrompere questa tua ispezione minuziosa.
- Cosa? -
- Ti ho detto di smettere di pensare. Rendi tutto meno piacevole, sai? -
Ti inginocchi.
Sento la mia testa urlare di andarmene al più presto possibile, prima che sia davvero troppo tardi per tornare indietro.
Il cuore accelera notevolmente, chissà se anche tu riesci a sentirlo sbattere contro la gabbia toracica.
Con la lingua cominci a delineare i contorni dell’ombelico, mentre fai scorrere le mani lungo i miei fianchi.
I pantaloni che diventano sempre più stretti.
Dio.
Devi essertene accorto.
Poco male, è pur sempre colpa tua.
Sorridi impercettibilmente e, spostando la testa di lato, lasci un altro segno violaceo sulla mia pelle, suggendola con una delicatezza di cui non ti ritenevo capace.
La leggera brezza fresca della sera entra dalla finestra, solleticandomi la pelle e facendola increspare.
- Hai freddo. -
Non è una domanda quella che mi rivolgi.
Anzi, è probabile che non ti stessi nemmeno riferendo realmente a me.
Con uno scatto ti rialzi e mi fissi negli occhi per qualche istante, scrutandoli in cerca di qualcosa che non riesco a decifrare.
Improvvisamente mi sollevi, afferrandomi saldamente le natiche, come se volessi addirittura sentire i muscoli guizzare sotto di esse.
Ci dirigiamo ad agio verso il letto.
- Bada bene che non lo faccio per te. Voglio solo stare più comodo. -
Certo, come poteva essere altrimenti …
Mi appoggi delicatamente sulle lenzuola candide del mio letto a baldacchino.
Continuo a sostenere che tutta questa dolcezza sia estranea dal tuo modo di fare, eppure mi devo ricredere.
- Forse non ti ho mai conosciuto realmente … -
Le parole fuggono da sole, mentre mi osservi con un cipiglio alzato.
- Stanotte avrai la possibilità di conoscermi come non hai mai fatto prima. -
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Julie May