Disclaimers:
Sherlock non mi appartiene, specie non dopo quel che ha fatto
trapelare Moffat oggi pomeriggio. E chi la vuole Mary? Sciò,
sciò.
Perdonatemi questo shamless fluff, uno Sherlock disgustosamente ooc
e l'html sgrauso, fatto a mano perché scrivo da un pc dove non ho
programmi a portata di mano. Potete ignorarla e saltarla a pie'
pari, dato che è solo lo sfogo di una Johnlockiana fino al midollo.
Dedicata a tutte le gurlz di TCATH. Insieme ce la faremo, le nostre
fanfiction sono più forti di qualsiasi Mary *^*
*Arriva l'ambulanza a portarla via.*
Mi perdoni anche zio King per avergli rubato il titolo di una sua
raccolta di racconti. Sono indegna di te, zio, lo
so.
INCUBI E
DELIRI
John sbatte
le ciglia. E' perplesso. No, molto di più. E' sbigottito come se
avesse appena visto il sole sorgere ad ovest e tremontare a
nord.
"Come hai detto?"
"Hai sentito benissimo, John. Ho detto no, non sarò il tuo testimone
di nozze." Sherlock è sprofondato nella sua poltrona, gli occhi
fissi sul caminetto acceso, le fiamme giallo-arancio che disegnano
ombre repentine su quel volto dagli zigomi impossibili.
"Ma perché? Ti sei sempre rifiutato di incontrarla e ora... mi fai
questo. Io non riesco a capire tutta tua questa ostilità nei
confronti di Mary."
"E' perché sei un idiota." ribatte il consulente investigativo senza
guardarlo, la voce monocorde e incolore. Respira adagio, move appena
le labbra, sembra una statua di cera, rigido e distante da qualsiasi
cosa.
John stringe i pugni: la voglia di picchiarlo è tanta, ma alla fine
rilascia un sospiro e rilassa le spalle "E va bene. Sai che ti dico?
Fai come vuoi. Io mi rifiuto di farmi rovinare il più bel momento
della mia vita da un tuo assurdo capriccio." raccoglie la giacca, la
indossa e si avvia a lunghi passi verso la porta d'ingresso. Esita
un solo istante con la mano sulla maniglia. Si volta nuovamente
verso di lui "Sappi che questa era la mia ultima offerta di pace,
Sherlock. - scuote la testa, incredulo - Non credevo che tu potessi
essere più egoista di quanto hai dimostrato di essere in questi tre
anni..."
A quel punto la statua di cera si anima all'improvviso: in tre passi
lo raggiunge, lo sovrasta, incombe su di lui "Hai ragione John, sono
stato un dannato egoista a salvarti la vita! Un uomo privo di
sentimenti nel non voler vedere la tua testa spappolata come
un'anguria da un colpo di fucile di precisione, non so come tu
faccia a starmi vicino. Vattene, vattene da lei." Urla Sherlock.
Urla così forte che probabilmente lo stanno sentendo persino in
strada. John serra le labbra con forza, assorbe le sue accuse.
Sembra riflettere e vacillare un istante, ma poi abbassa la maniglia
e abbandona il 221B di Baker Street.
Resta solo il silenzio, totale, profondo, assordante. E il buio,
perché il camino si è spento e John ha portato via con sé tutta la
luce. Resta solo il nulla, che ha la forma di una siringa chiusa in
un astuccio di marocchino.
Sette per cento.
Era sempre andata bene così: abbastanza forte da annichilire la
noia, non troppo forte da ammazzarlo.
Ma ora, ora che John se n'è andato, ora che non tornerà (e Sherlock
sa che non tornerà mai più) la dose sembra ridicola.
Presto non sarà abbastanza.
Presto più nulla sarà abbastanza.
John non ha capito. O forse ha scelto di non capire.
John ha scelto Mary.
Sherlock chiude gli occhi. Non ha più senso tenerli aperti.
Sherlock spalancò gli occhi. Non era cambiato nulla, era sempre
circondato dal silenzio e da quel buio totale.
Perché John ha scelto Mary e se ne è andato.
Respirava in fretta, inghiottendo sorsate di gelida aria notturna
attraverso la bocca, dolorose stilettate per i polmoni. Le mani
tremavano, artigliate forti al piumone, quasi sul punto di lacerare
la stoffa.
Non riusciva a pensare a nulla, Sherlock. Il suo cervello era in
panne, incantanto su un unico, terribile pensiero: John ha scelto
Mary e se ne è andato.
Sentì un bruciore strano e indefinibile agli angoli degli occhi e
poi una lacrima bollente solcò la guancia e atterrò sul lenzuolo.
TIP fece la lacrima. Un rumore appena udibile, ma che nel
silenzio immoto della stanza fu come l'esplosione di una bomba alle
orecchie di Sherlock.
TIP
Un sussurro, il battito d'ali di una farfalla e John non era più con
lui.
TIP
La solitudine a cui si era condannato.
TIP
Il dolore dell'assenza della persona amata.
TIP
Il suo cuore in mille pezzi.
Poi le sue orecchie captarono un altro rumore, un tintinnare di
stoviglie. Mrs. Hudson che si preparava un tè?
No, il rumore non veniva dall'appartamento di sotto, veniva dalla
cucina del suo appartamento.
Del loro appartamento, lo corresse una voce che si fece
largo, desiderata e balsamica, tra le nebbie dense della paura che
gli bloccava i pensieri.
La luce accesa nell'altra stanza disegnava il contorno della porta
socchiusa e l'altro lato del letto era ancora intriso di un calore e
di un profumo così rassicuranti che quasi scoppiò in lacrime.
Passi lievi di piedi infilati nelle ciabatte che si sforzavano di
essere silenziosi e poi la porta della camera si aprì. John apparve
sulla soglia, reggendo in mano un piattino e con un'espressione
rammaricata sul volto "Accidenti! Ti ho svegliato, Sherlock?
Scusami, ho cercato di fare il più piano possibile."
John era sempre in ansia per lui, sempre preoccupato che non
dormisse e non mangiasse abbastanza.
Quante volte aveva sbuffato infastidito per quelle attenzioni che
giudicava troppo pressanti? Mai più. Non si sarebbe lamentato mai
più.
"No, non preoccuparti, non mi hai svegliato tu. Vieni qui." e se ne
fregò se la sua voce suonava incerta, come la supplica di un
bambino.
John, il suo John si accorse subito che qualcosa non andava e
accese la luce del comodino "Sherlock, tutto bene? - gli prese una
mano tra le sue, sentendola gelida - Buon dio, ma tu stai tremando!
Cosa c'è?" Spostò una mano sulla guancia e la sentì bagnata, poi
vide gli occhi arrossati e l'espressione smarrita.
Il calore di John, del suo John, così familiare eppure così
straordinario in quella strana, strana notte, gli riempì il
cuore.
"Sherlock - ripeté il dottore, stavolta con voce seriamente
preoccupata - dimmi che cos'hai."
Il detective si abbandonò contro il ventre del dottore, strofinando
il naso sulla maglietta del pigiama, lasciado che l'altro gli
accarezzasse piano i capelli "Non è nulla. - cercò di minimizzare,
con la voce soffocata dalla stoffa - Ho solo avuto un incubo."
Le mani di John scesero sulle spalle nude e lì si fermarono,
cingendolo in un dolce abbraccio. "Si dà il caso che io sia un
esperto in questo settore. Ti va di parlarne?"
Sherlock restò in silenzio a lungo, limitandosi a respirare a fondo
il profumo del suo compagno, il suo personale ossigeno. Adesso, tra
le sue braccia, sotto le sue mani forti e sicure, avvolto dalla sua
voce calda, quell'incubo sembrava così lontano, piccolo e stupido
che si vergognava per aver reagito così.
"Non hai alcun motivo di vergognarti di un incubo, Sherlock, non con
me. Non dopo tutte le volte che tu hai consolato e scacciato via i
miei. Vorrei davvero sapere cosa ti ha fatto stare così male."
sussurrò John e Sherlock alzò la testa verso di lui.
Sì, poteva farlo, poteva raccontargli tutte le paure e i più
inconfessabili segreti, perché quello era il suo John, che
l'aveva perdonato, che aveva capito ed era rimasto al suo
fianco.
"Nell'incubo non riuscivo a farti capire che mi ero finto morto per
salvarti. Tu te ne andavi e ti sposavi con Mary."
John corrugò le sopracciglia e sorrise stupito "Con chi?"
"Con Mary." ripeté il detective.
Il dottore assunse un'espressione meditabonda "Io ricordo un paio di
Sally, una Jennifer e una Donna ai tempi dell'università. Ricordo
Sarah, Tammy, Jeanette e Katie, più o meno... ma non conosco nessuna
Mary."
"Non ha importanza chi fosse - protestò Sherlock - era solo una che
ti portava via da me. E io tornavo a drogarmi e pensavo che la vita,
senza te, non ha molto senso e..."
"No. - lo interruppe John, categorico - no, questo no." scivolò
anche lui disteso e gli prese il viso tra le mani, baciandolo
adagio.
Passarono numerosi minuti prima che riprendessero a parlare.
"Guardami Sherlock."
L'altro obbedì.
"Io sono qui, non vado da nessuna parte e non c'è nessuna Mary." Il
blu dei suoi occhi era scintillante, sincero e privo di
incertezze.
"Ti amo, John." disse Sherlock con semplicità. Lo vide sgranare gli
occhi per la sorpresa e tentare invano di nascondere un sorriso di
pura gioia: anche da quando erano diventati amanti, erano rari i
momenti in cui gli mostrava così apertamente il suo cuore.
"Lo so. Tu sei tutto per me, Sherlock. Tutto." e lo baciò ancora,
stavolta con più passione.
"Che cosa eri andato a fare in cucina?" chiese Sherlock staccandosi
da lui con il fiato corto.
"Oh - John assunse un'aria leggermente colpevole - ecco, la torta
che ci ha preparato Mrs. Hudson era così buona che non ho
resistito." prese il piatto dal comodino ed impugnò la forchetta, ma
Sherlock sollevò la fetta di dolce alla crema dal piatto.
"Se ne vuoi un pezzo anche tu, non hai che da chiederlo." sospirò il
dottore.
"Oh no. - rispose Sherlock, abbassando la voce di un'ottava ed
attirando immediatamente l'attenzione più completa e totale di John
- Non ne voglio. Stavo solo pensando che non hai bisogno del piatto
nè della forchetta per mangiarla." e appoggiò la torta sul suo
stomaco, la punta della fetta che guardava verso l'inguine. John non
represse un mugolio di desiderio e si leccò le labbra.
"Allora, dottore - proseguì Sherlock - non avevi fame?"
"Da morire. - sussurrò John nel suo orecchio - Divorerò tutto, fino
all'ultima goccia di crema."
E quella notte non ci fu più spazio né per Mary né per altri incubi,
sempliemente perché non chiusero più occhio.
FINE