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Autore: Hotaru_Tomoe    24/08/2012    24 recensioni
"Guardami Sherlock."
L'altro obbedì.
"Io sono qui, non vado da nessuna parte e non c'è nessuna Mary." Il blu dei suoi occhi era scintillante, sincero e privo di incertezze.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Wedding effect'
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Disclaimers: Sherlock non mi appartiene, specie non dopo quel che ha fatto trapelare Moffat oggi pomeriggio. E chi la vuole Mary? Sciò, sciò.
Perdonatemi questo shamless fluff, uno Sherlock disgustosamente ooc e l'html sgrauso, fatto a mano perché scrivo da un pc dove non ho programmi a portata di mano. Potete ignorarla e saltarla a pie' pari, dato che è solo lo sfogo di una Johnlockiana fino al midollo. Dedicata a tutte le gurlz di TCATH. Insieme ce la faremo, le nostre fanfiction sono più forti di qualsiasi Mary *^*
*Arriva l'ambulanza a portarla via.*
Mi perdoni anche zio King per avergli rubato il titolo di una sua raccolta di racconti. Sono indegna di te, zio, lo so.




INCUBI E DELIRI

John sbatte le ciglia. E' perplesso. No, molto di più. E' sbigottito come se avesse appena visto il sole sorgere ad ovest e tremontare a nord.
"Come hai detto?"
"Hai sentito benissimo, John. Ho detto no, non sarò il tuo testimone di nozze." Sherlock è sprofondato nella sua poltrona, gli occhi fissi sul caminetto acceso, le fiamme giallo-arancio che disegnano ombre repentine su quel volto dagli zigomi impossibili.
"Ma perché? Ti sei sempre rifiutato di incontrarla e ora... mi fai questo. Io non riesco a capire tutta tua questa ostilità nei confronti di Mary."
"E' perché sei un idiota." ribatte il consulente investigativo senza guardarlo, la voce monocorde e incolore. Respira adagio, move appena le labbra, sembra una statua di cera, rigido e distante da qualsiasi cosa.
John stringe i pugni: la voglia di picchiarlo è tanta, ma alla fine rilascia un sospiro e rilassa le spalle "E va bene. Sai che ti dico? Fai come vuoi. Io mi rifiuto di farmi rovinare il più bel momento della mia vita da un tuo assurdo capriccio." raccoglie la giacca, la indossa e si avvia a lunghi passi verso la porta d'ingresso. Esita un solo istante con la mano sulla maniglia. Si volta nuovamente verso di lui "Sappi che questa era la mia ultima offerta di pace, Sherlock. - scuote la testa, incredulo - Non credevo che tu potessi essere più egoista di quanto hai dimostrato di essere in questi tre anni..."
A quel punto la statua di cera si anima all'improvviso: in tre passi lo raggiunge, lo sovrasta, incombe su di lui "Hai ragione John, sono stato un dannato egoista a salvarti la vita! Un uomo privo di sentimenti nel non voler vedere la tua testa spappolata come un'anguria da un colpo di fucile di precisione, non so come tu faccia a starmi vicino. Vattene, vattene da lei." Urla Sherlock. Urla così forte che probabilmente lo stanno sentendo persino in strada. John serra le labbra con forza, assorbe le sue accuse. Sembra riflettere e vacillare un istante, ma poi abbassa la maniglia e abbandona il 221B di Baker Street.
Resta solo il silenzio, totale, profondo, assordante. E il buio, perché il camino si è spento e John ha portato via con sé tutta la luce. Resta solo il nulla, che ha la forma di una siringa chiusa in un astuccio di marocchino.
Sette per cento.
Era sempre andata bene così: abbastanza forte da annichilire la noia, non troppo forte da ammazzarlo.
Ma ora, ora che John se n'è andato, ora che non tornerà (e Sherlock sa che non tornerà mai più) la dose sembra ridicola.
Presto non sarà abbastanza.
Presto più nulla sarà abbastanza.
John non ha capito. O forse ha scelto di non capire.
John ha scelto Mary. Sherlock chiude gli occhi. Non ha più senso tenerli aperti.



Sherlock spalancò gli occhi. Non era cambiato nulla, era sempre circondato dal silenzio e da quel buio totale.
Perché John ha scelto Mary e se ne è andato.
Respirava in fretta, inghiottendo sorsate di gelida aria notturna attraverso la bocca, dolorose stilettate per i polmoni. Le mani tremavano, artigliate forti al piumone, quasi sul punto di lacerare la stoffa.
Non riusciva a pensare a nulla, Sherlock. Il suo cervello era in panne, incantanto su un unico, terribile pensiero: John ha scelto Mary e se ne è andato.
Sentì un bruciore strano e indefinibile agli angoli degli occhi e poi una lacrima bollente solcò la guancia e atterrò sul lenzuolo.
TIP fece la lacrima. Un rumore appena udibile, ma che nel silenzio immoto della stanza fu come l'esplosione di una bomba alle orecchie di Sherlock.
TIP
Un sussurro, il battito d'ali di una farfalla e John non era più con lui.
TIP
La solitudine a cui si era condannato.
TIP
Il dolore dell'assenza della persona amata.
TIP
Il suo cuore in mille pezzi.
Poi le sue orecchie captarono un altro rumore, un tintinnare di stoviglie. Mrs. Hudson che si preparava un tè?
No, il rumore non veniva dall'appartamento di sotto, veniva dalla cucina del suo appartamento.
Del loro appartamento, lo corresse una voce che si fece largo, desiderata e balsamica, tra le nebbie dense della paura che gli bloccava i pensieri. La luce accesa nell'altra stanza disegnava il contorno della porta socchiusa e l'altro lato del letto era ancora intriso di un calore e di un profumo così rassicuranti che quasi scoppiò in lacrime.
Passi lievi di piedi infilati nelle ciabatte che si sforzavano di essere silenziosi e poi la porta della camera si aprì. John apparve sulla soglia, reggendo in mano un piattino e con un'espressione rammaricata sul volto "Accidenti! Ti ho svegliato, Sherlock? Scusami, ho cercato di fare il più piano possibile."
John era sempre in ansia per lui, sempre preoccupato che non dormisse e non mangiasse abbastanza.
Quante volte aveva sbuffato infastidito per quelle attenzioni che giudicava troppo pressanti? Mai più. Non si sarebbe lamentato mai più.
"No, non preoccuparti, non mi hai svegliato tu. Vieni qui." e se ne fregò se la sua voce suonava incerta, come la supplica di un bambino.
John, il suo John si accorse subito che qualcosa non andava e accese la luce del comodino "Sherlock, tutto bene? - gli prese una mano tra le sue, sentendola gelida - Buon dio, ma tu stai tremando! Cosa c'è?" Spostò una mano sulla guancia e la sentì bagnata, poi vide gli occhi arrossati e l'espressione smarrita.
Il calore di John, del suo John, così familiare eppure così straordinario in quella strana, strana notte, gli riempì il cuore.
"Sherlock - ripeté il dottore, stavolta con voce seriamente preoccupata - dimmi che cos'hai."
Il detective si abbandonò contro il ventre del dottore, strofinando il naso sulla maglietta del pigiama, lasciado che l'altro gli accarezzasse piano i capelli "Non è nulla. - cercò di minimizzare, con la voce soffocata dalla stoffa - Ho solo avuto un incubo."
Le mani di John scesero sulle spalle nude e lì si fermarono, cingendolo in un dolce abbraccio. "Si dà il caso che io sia un esperto in questo settore. Ti va di parlarne?"
Sherlock restò in silenzio a lungo, limitandosi a respirare a fondo il profumo del suo compagno, il suo personale ossigeno. Adesso, tra le sue braccia, sotto le sue mani forti e sicure, avvolto dalla sua voce calda, quell'incubo sembrava così lontano, piccolo e stupido che si vergognava per aver reagito così.
"Non hai alcun motivo di vergognarti di un incubo, Sherlock, non con me. Non dopo tutte le volte che tu hai consolato e scacciato via i miei. Vorrei davvero sapere cosa ti ha fatto stare così male." sussurrò John e Sherlock alzò la testa verso di lui.
Sì, poteva farlo, poteva raccontargli tutte le paure e i più inconfessabili segreti, perché quello era il suo John, che l'aveva perdonato, che aveva capito ed era rimasto al suo fianco.
"Nell'incubo non riuscivo a farti capire che mi ero finto morto per salvarti. Tu te ne andavi e ti sposavi con Mary."
John corrugò le sopracciglia e sorrise stupito "Con chi?"
"Con Mary." ripeté il detective.
Il dottore assunse un'espressione meditabonda "Io ricordo un paio di Sally, una Jennifer e una Donna ai tempi dell'università. Ricordo Sarah, Tammy, Jeanette e Katie, più o meno... ma non conosco nessuna Mary."
"Non ha importanza chi fosse - protestò Sherlock - era solo una che ti portava via da me. E io tornavo a drogarmi e pensavo che la vita, senza te, non ha molto senso e..."
"No. - lo interruppe John, categorico - no, questo no." scivolò anche lui disteso e gli prese il viso tra le mani, baciandolo adagio.
Passarono numerosi minuti prima che riprendessero a parlare.
"Guardami Sherlock."
L'altro obbedì.
"Io sono qui, non vado da nessuna parte e non c'è nessuna Mary." Il blu dei suoi occhi era scintillante, sincero e privo di incertezze.
"Ti amo, John." disse Sherlock con semplicità. Lo vide sgranare gli occhi per la sorpresa e tentare invano di nascondere un sorriso di pura gioia: anche da quando erano diventati amanti, erano rari i momenti in cui gli mostrava così apertamente il suo cuore.
"Lo so. Tu sei tutto per me, Sherlock. Tutto." e lo baciò ancora, stavolta con più passione.
"Che cosa eri andato a fare in cucina?" chiese Sherlock staccandosi da lui con il fiato corto.
"Oh - John assunse un'aria leggermente colpevole - ecco, la torta che ci ha preparato Mrs. Hudson era così buona che non ho resistito." prese il piatto dal comodino ed impugnò la forchetta, ma Sherlock sollevò la fetta di dolce alla crema dal piatto.
"Se ne vuoi un pezzo anche tu, non hai che da chiederlo." sospirò il dottore.
"Oh no. - rispose Sherlock, abbassando la voce di un'ottava ed attirando immediatamente l'attenzione più completa e totale di John - Non ne voglio. Stavo solo pensando che non hai bisogno del piatto nè della forchetta per mangiarla." e appoggiò la torta sul suo stomaco, la punta della fetta che guardava verso l'inguine. John non represse un mugolio di desiderio e si leccò le labbra.
"Allora, dottore - proseguì Sherlock - non avevi fame?"
"Da morire. - sussurrò John nel suo orecchio - Divorerò tutto, fino all'ultima goccia di crema."
E quella notte non ci fu più spazio né per Mary né per altri incubi, sempliemente perché non chiusero più occhio.


FINE

   
 
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