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Autore: Meiko    03/06/2004    10 recensioni
"Mi sento così triste...così triste..." questa è la frase perfetta per descrivere questa mia ennesima creazione, ragazzi, Meiko ritorna nel mondo di Saiyuki! ^_^
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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…apro gli occhi…
…mi sento stanca…sento il cuore pesante…
Ma io ho un cuore?
Mi hanno sempre detto che ero la loro bambola…
Le bambole hanno un cuore?
La mia mamma dice che non ho un cuore…
…Acqua…c’è tanta acqua qui…
…sento l’acqua fredda passare sulla mia pelle, intorpidirla…
Ecco…ora sento qualcosa…ma se apro gli occhi, diranno che sono sveglia…
E io non voglio svegliarmi…
Se mi sveglio, mi verrà un incubo…
Un incubo dove mi dicono di fare delle cose…ed io posso solamente ubbidire…
No…non mi va…
Non ho voglia di far del male alle persone…
La mia mamma dice che mi ha creata per questo, per…uccidere…
È’ questo quello che faccio, uccido…
Che cos’è uccidere?
Uccidere vuol dire far del male, vuol dire fare uscire dai corpi quel liquido rosso, uccidere vuol dire fermare le persone a terra, con le facce spaventate.
Questo è uccidere…ed io mi sono stancata di farlo…
Mia madre dice sempre che io non posso essere stanca…dice che non sono viva…
Vivere vuol dire…pensare…
Ma…ma se penso…allora vuol dire che lo sono?
Mia mamma dice che non devo pensare, che io non posso pensare, che sono solo una cosa costruita.
A volte mi chiama robot, a volte macchina, a volte mi chiama semplicemente essere senza cuore.
A volte mi chiama youkai…
Che cos’è uno youkai?
E’ quello che è la mamma?
Una volta gli ho chiesto se io sono uno youkai.
Si è voltata, sorrideva.
Quando sorride mamma mi fa paura.
Che cos’è paura?
Mi ha preso il mento con la mano.
Mi fanno paura le sue unghie rosse.
Che cos’è paura?
Mi fa paura tutto di lei, anche quando mi parla e sembra gentile.
Cos’è paura?
Mi fa paura, ho paura della mamma.
Cos’è paura?
Lei dice che la devo chiamare mamma…
Ma è la mia mamma?
Che cos’è una mamma?
Non capisco…
Capisco solo che sono stanca, che sono dentro a qualcosa pieno d’acqua.
Che posto è? Che vuol dire essere stanchi?
Capisco che la gente dice che non sono viva.
Chi sono?
Capisco solo questo.
Capire…
E mi fa male pensare a questo.
Male vuol dire…sentire un ago qui…
Mi fa male qui, sul petto, non al centro, un po’ più a sinistra.
Cos’è questo ago che punge? Cosa punge?
Mi sento sola, la gente non vuole che mi avvicina a loro, perché faccio del male.
Male…sono cattiva…
Ma io non voglio far del male.
Non voglio essere cattiva…
Solo…che non posso farci niente.
Io…non ho anima…non sono nessuno…
Mamma dice che le devo obbedire, sennò mi picchia.
La mamma mi picchia…mi picchia con un bastone…
E quando picchia, la mamma fa male, e ride.
Si diverte a farmi male, a farmi uscire dal corpo quello strano liquido rosso che ogni tanto mi sporca la faccia.
Quel liquido ce l’hanno anche le persone che io “uccido”
Eppure io non sono viva…non lo sono…
Non so che cos’è quel liquido, ma il sapore non mi piace
E’ un sapore cattivo, non mi piace, e lo sputo sempre, mentre la mamma ride e mi picchia, per poi farmi portare via.
Non mi piace niente di questo posto.
Ora apro gli occhi, anche se non voglio.
…c’è papà…
Papà che mi guarda e sorride, è contento.
Ha creato la sua adorata bambolina.
Mi chiama così…
Le piace la sua bambolina, non mi chiama mai figlia, però lui vuole che lo chiami papà.
Papà…papà mi chiama bambolina…bambolina è il mio nome…
E vuole che ubbidisca solo alla mamma.
…sono stanca…
Lui mi guarda sorridendo, in braccio ha il coniglio.
Il coniglio con cui vorrei giocare, però non me lo permettere…
-Cosa c’è, bambolina? Vuoi ammazzare qualcuno?-
no, non voglio ammazzare.
Che cos’è ammazzare?
Ammazzare vuol dire uccidere…
Ed io non lo voglio fare…
Voglio uscire.
Chiudo gli occhi, ma lui batte con la mano nella mia prigione di vetro e acqua, e sorrise come sorride la mamma, la mamma sorride più spesso di papà...
-Sveglia!-
…devo svegliarmi, devo aprire gli occhi…
ma non lo voglio…
ma lui batte ancora sul vetro, non mi piace quando lo fa…
perché lo fa?

…mamma…
Mi guarda, sorride come al suo solito, mi fa paura.
Ho paura della mamma.
Che vuol dire aver paura?
Vuol dire tremare quando sorride?
Vuol dire sentire male alla pancia quando è troppo vicina?
Vuol dire sentire qualcosa sulle guance quando picchia, quando mi fa uscire il liquido rosso?
-Ciao bambina…-
non voglio la mamma, ho paura della mamma…
La sua mano si allunga, mi afferrerà!
Chiudo gli occhi, ma poi li riapro, la mia prigione è la mia salvezza.
La mamma sorride, tastando il vetro della mia prigione.
Ho paura del sorriso della mamma.
Mamma non è…buona…
Che vuol dire essere buoni?
Cos’è essere buoni?
…io…io…
…non lo so…
-Tiratela fuori-
non voglio…
Non voglio uscire, se esco farò del male a qualcuno.
Non voglio far male…non voglio uccidere…
Uccidere…non mi piace…
…ma…
…ma io che posso capire…
Tutti mi dicono che sono solo una bambola, una bambola che non pensa, che non parla, che non può fare altro che ascoltare e ubbidire…
…una bambola, come dice papà…
…una bambola, come dice la mamma…
Una bambola…
Sono una bambola, una bambola sporca.
Sono sporca…
Mi dicono tutti che sono sporca.
Vedo le mie mani sporche, anche dentro l’acqua.
Le guardo ancora.
…c’è il liquido rosso che scorre tra le dita.
Sono sporche, sporche.
Questo è essere sporco…

Non mi piace…

Lentamente, l’acqua sparisce, non c’è più, ed io sono in piedi, di fronte a papà, che sorride, tastandomi il petto, le braccia, le gambe, la mia femminilità…
Non sento niente…non posso sentire niente…
Io sono una bambola…
Però…però a me il coniglio di papà piace.
Lo toccò con una mano, e lui me lo strappa via.
Mi guarda cattivo, poi torna a sorridere, quel sorriso che non da nulla…non mi da nulla…
Non vuole che glielo tocchi, è molto geloso del suo coniglio.
…però vorrei giocarci…
…mi sento stanca…
L’altra donna che viene chiamata “scienziata” mi fissa schifata, non gli piaccio.
La prima volta che mi ha visto gli occhi le brillavano.
Ora non le piaccio più.
Sono come un giocattolo.
Presto tutti si stancheranno di giocare con me, anche papà.
E verrò buttata via.
A me non va…
Non mi piace…
Papà mi tocca i capelli bagnati, e sorride.
Gli piacciono i miei capelli, li ha scelti lui di questo colore.
Io li ho visi di sfuggita, a volte sono lunghi, a volte me li tagliano, adesso sono lunghi.
E sono bianchi.
…a me non piace molto il bianco…
A volte il bianco mi fa paura.
Non vedo nulla nel bianco…ed ho paura…tanta paura…
Ma che cos’è la paura?

La mamma è tornata, e sorride, mentre mi afferra il mento con una mano.
Mi fa paura la mano della mamma, sembra che voglia strozzarmi in qualche modo.
Mamma non mi vuole bene, nessuno mi vuole bene…
Ho paura…
Cosa vuol dire voler bene, che vuol dire avere paura?
Non capisco, non ci capisco niente…
Fermate…fermate le domande, fermate le urla, fermate tutto…
Sono stanca…
Io non piaccio alla mamma, anche se quando mi vede sorride.
A volte ride quando mi vede tornare a casa.
…questa non è casa.
Non mi piace questa casa.
…non voglio più stare qui…
-Mia piccola bambola, ho un altro compito per te-
no, non voglio.
Ti prego mamma…
Sono stanca…
Non voglio più stare in questa casa.
Mai più.
Sto per aprire bocca, ma la mano della mamma mi stringe più forte.
Mi trema tutto il corpo, mi succede sempre quando la mamma fa così eppure continua a sorridere, la mano è forte, mi fa male.
-Tu ubbidirai, vero, mia piccola bambola sporca?-
ubbidirò…
…però…
Però…io…io non voglio…
Non voglio…
…non voglio più…

“i know the truth now
i know who you are
and i don't love you anymore

it never was and never will be
you're not real and you can't save me
somehow now you're everybody's fool”


(Evanescence, Everybody’s fool)

Pioveva, pioveva come Dio la mandava.
Ma il problema di questa fastidiosa pioggia era che fosse una pioggia leggera, impalpabile, ma forte, costante.
Era come toccare il velo, stare sotto un velo bagnato che inzuppava i tuoi vestiti.
Forse anche per questo, oltre che per la solita ragione, che Sanzo e compagnia erano nervosi, delusi, tristi.
In tutta sincerità, nessuno potrebbe mai capire cosa gli succedeva durante una pioggia.
Una semplice malinconia? E allora perché apparivano sempre così tristi e sconfitti?
Possibile che una stupida pioggia potesse fare tanto male? Possibile che dei ricordi portassero a quello stato, ogni volta che c’era il temporale?
Che poi non era nemmeno un temporale.
Era una stupida pioggia che dava il malumore.
Era una strana situazione, una situazione che in quel periodo rivivevano molto spesso.
Sanzo era rinchiuso come sempre nella sua stanza, in quell’istante stava appoggiando il pacchetto semivuoto delle sigarette sul tavolino accanto alla finestra, si poteva benissimo vederlo alla luce soffusa di un candelabro distante da lui, aveva tolto a metà la veste cerimoniale, rivelando le scapole e la schiena grande e flessuosa sotto la maglietta nera aderente, tra le labbra sottili si teneva delicatamente la sigaretta, mentre l’altra mano teneva ben stretto l’accendino.
Nel soffermarsi a guardarlo, ci si chiedeva sempre se quella che aveva in faccia era una maschera o per una volta nella sua vita, solo alla pioggia testimone, mostrava il suo vero volto.
Gli occhi socchiusi, sembrava cadere ogni volta in uno strano dormiveglia pieno di incubi e ricordi, sembrava quasi che le immagini di quello che stava ricordando o vivendo riapparissero nella nebbia di quella sigaretta, dopo averla accesa ne prese una bella boccata, lasciandola scivolare dolcemente lungo la lingua e il palato, le labbra turgide socchiuse lasciavano fuoriuscire il fumo non assorbito dalla lingua e dalle sue papille, l’amaro della bocca era una droga dal quale non riusciva a farne a meno, in quelle situazioni forse era l’unica cosa che lo avesse trattenuto dal prendere la sua Shureiju e spararsi un colpo in testa, alla faccia di tutti quelli che gli rompevano i coglioni.
Eccola li la sua pistola.
Lucente di metallo, che restava in riposo appoggiata a quel comodino, la stanza era molto spoglia, a parte una specie di stuoia per terra, la grande vetrata che dava sulla pioggia e il comodino con accanto la brandina, nella stanza non c’era nient’altro, nient’altro, il candelabro al massimo lo aveva portato Hakkay durante la visita di un quarto d’ora fa, come al solito gli aveva portato da mangiare, per poi lasciarlo solo.
TSK!
Che rompiballe.
Sanzo diede un’altra lunga e saporita boccata, restando appoggiato con la schiena al muro, seduto sulla brandina, in quella sua crudele bellezza ci si poteva perdere.
I capelli biondi accarezzavano sensuali il collo coperto in parte dalla maglietta nera aderente che rivelava i pettorali e gli addominali, mentre le labbra sottili e turgide trattenevano delicate la sigaretta, come un’ultimo appiglio di salvezza.
Si…lo ammetteva, se non esisterebbero le sigarette sarebbe gia morto.
Quel suo carattere così poco amichevole e l’aria da saccente erano odiosi, ma c’era da dire che Genjo Sanzo Hoshi era un gran bell’uomo.
Il biondo monaco guardò fuori dalla finestra, ricordando le varie volte che aveva cacciato quella cretina di scimmia fuori dalla sua stanza, una delle quali quel deficiente si era fatto catturare da Homura.
Quanto era stupida quella scimmia!
Gli aveva fatto pure venire i rimorsi!
Maledetta baka saru!
Sanzo si alzo di nuovo dalla brandina, quella giornata era davvero schifosa, non riusciva proprio a starsene tranquillo e buono in un’angolo come al suo solito, avvertiva una strana sensazione di freddo alle braccia e sulle spalle.
Guardo la pioggia, tra le trame sottili d’acqua pura rivivevano istanti…
E la pioggia si colorava di rosso…una mano reggeva un rosario…

Era triste? Era arrabbiato? Mistero.
Sanzo prese l’ennesima boccata d’aria, i suoi occhi d’ametista si tenevano incollati alla pioggia, la sua figura in controluce contro una finestra.
Quel suo viso era sempre e troppo spesso impenetrabile, solo i suoi compagni di viaggio sapevano come dover trattare il bonzo in questo tipo di situazioni.
Solo che Goku non lo accettava…
Goku era li, con pantaloni e maglietta, nascosto nel buio della stanza.
Stranamente non aveva fame.
Voleva solo stare a guardare la pioggia che cadeva, dietro una vetrata, mentre quella stanza sembrava mutarsi nella sua prigione, la sua prigione.
Quando senza accorgersi sbuffò, tenendosi sempre rannicchiato sul suo letto, o meglio su quella brandiva, c’è da dire che quella locanda non era granché.
E così…eccoci qui, di nuovo, per l’ennesima volta, a rimuginare su qualcosa che sappiamo non tornerà più, ma che fa comunque male.
Esperienze tutte diverse.
Troppo diverse per incontrarsi, non avrebbero fatto altro che scontrarsi a vicenda peggiorando la situazione.
E per questo che ognuno era nel proprio cantuccio, quasi tutti e quattro spaventati all’idea di potersi incontrare con la pioggia che incessantemente batteva sui vetri, all’improvviso una folata di vento spinse la pioggia a bagnare il vetro gelido, quel vetro che sembrava spaccarsi da un momento all’altro, pronto a gettare i propri cocci contro le anime scoperte dei quattro viaggiatori.
Hakkay si trovava nascosto in un angolo, mentre Gojio fumava in silenzio anche lui seduto su una brandina.
Nessuno dei quattro voleva mostrarsi così debole agl’altri.
La situazione era davvero pesante, un silenzio che faceva male e dava fastidio.
Tutte quelle giornate di sole passate a divertirsi erano solo le ombre di spiriti sporchi e distrutti da una vita che non gli dava altro che i gusto di uccider epe sopravvivere.
Schifosi giochi di sopravvivenza che ormai loro avevano imparato a giocarci, affrontando, uccidendo e allontanandosi così, con l’amaro in bocca di una sigaretta, di sangue proprio e con sul corpo nuove ferite di lotte vinte.
Per ottenere cosa poi?
Se dovevano dirla tutta, a nessuno dei quattro era mai apparso chiaro e nitido il motivo per cui continuavano a vivere.
Forse era per non dare a nessuno il gusto di vedere i loro corpi marcire senza poter fare niente per rialzarsi e fermare tutto questo.
Forse era solo perché avevano una missione da portare a termine.
O forse era semplicemente il fatto che non avevano altro da fare.
…che delusione…
Era in questo tipo di situazioni che le carte venivano scoperte.
Chi avrebbe fatto questa volta il primo passo?
Forse era il bonzo, dato che in quel momento, risalendo verso la sua camera ed entrando, lo si poteva vedere tenere gli occhi fissi sulla pistola, ammirandola alla luce della pioggia e delle candele distanti, ormai tutte e tre le candele stavano lentamente morendo nella cera.
La accarezzò sensualmente con i polpastrelli dell’indice e del medio, assaporando il gelido metallo duro sotto le sue dita, lievemente scheggiato in alcuni punti a causa di tutti i combattimenti subiti.
La guardò con occhi socchiusi, la sigaretta era morta in un posacenere con altre due cicche, il filtro era piegato rivelando che era nervoso, quando lo era aveva i vizio di mordere il filtro delle sigarette.
La pioggia con folate di vento che la facevano sbattere contro la vetrata e il gelo del metallo erano come braccia che lo abbracciavano nell’oscurità illuminata in un angolo da candele morenti.
Quel punto di luce…quello schifosissimo e fastidioso punto di luce che rivelava la verità di quel viaggio, del passato, presente e forse futuro.
Le fissò disgustato, afferrando poi delicatamente la pistola, osservandola attentamente, accarezzandola ancora, per poi lentamente avvertire con una nota di piacere il caricamento del colpo, alzando lentamente la pistola, avvertendone il peso su tutta la mano e il polso, nascondendo parte della canna tra i capelli biondi come il sole…
Il sole…
Dove aveva gia sentito questa sciocchezza?
…la stupida scimmia…
Tsk!
Sanzo restò così per qualche secondo, forse anche minuto, il tempo era relativo.
Si voltò verso la grande finestra, osservando con fare annoiato, scocciato la pioggia che continuava a battere.
Lo fa?
Si sparava quel colpo?
Avrebbe premuto quel grilletto?
L’attesa uccide e fa riflettere.
Cosa ti spinge a questo gesto?
Beh, una cosa è certa.
Avevi ragione, Sanzo.
Quel giorno, quando hanno mostrato le varie armi, e tu hai scelto questa.
Così la tua morte sarebbe stata immediata e indolore.
Perché tu vuoi morire, vero Sanzo?
Tanto, cosa ti fa restare qui?
-…tsk…-
abbassò la canna della pistola.
Non avrebbe fatto godere il mondo nell’osservare la sua agonia.
Lui voleva morire, era certo.
Ma di sicuro non sarebbe morto in un modo tanto stupido.
Anche perché non aveva motivo ne per vivere ne per morire.
Fissò ancora la pioggia, appoggiando delicatamente la Shureiju sul comodino, afferrando poi stizzito e infastidito il pacchetto di sigarette, prendendo l’ultima, stritolando poi il pacchetto di cartone bianco e lasciandolo cadere a terra, accendendo poi la sigaretta, prendendone una lunga boccata e assaporando a lungo il sapore del fumo nella bocca, per poi lasciarlo nuovamente andare.
Si…se non esistessero le sigarette, probabilmente sarebbe gia morto.
…sarebbe morto…
…morto…
parole che si mischiano nell’aria amara e soffocante di una nebbia di fumo che sapeva di nicotina e tabacco bruciato…


Stava bene…
Stava incredibilmente bene…sotto la pioggia…bagnata…che bella sensazione di bagnato…
Sembravano…sembravano tante carezze gentili.
Non le faceva male, stranamente la pioggia non la picchiava come faceva sua madre…
Sua madre…
Il ricordo di sua madre la fece tremare, le spalle tremarono convulsamente, mentre le mani le prendevano nel tentativo di fermarle.
Sua madre…sua madre che le sorrideva in quel modo…
Che le afferrava il viso, che a picchiava, usando il bastone.
E sorrideva, sorrideva sempre…
I suoi occhi brillanti che la fissavano.
E la picchiava…
Le parlava…
E la picchiava…
Sentiva, sentiva le bastonate sulla schiena, su corpo.
Vibravano, come il tremare di quelle spalle.
Il corpo sembrava non sorreggerla più, i capelli appiccicati al suo viso, lo sguardo chiuso, stringeva gli occhi e mordeva il labbro inferiore, sembrava sentire, sentire il peso e la violenza del bastone colpirla velocemente sulla schiena, il colpo vibrava, e subito una scarica la paralizzava, sentiva un forte bruciore, seguito da altri bruciori sempre meno distanti fra loro, un unico dolore che la faceva urlare, ma quell’urlo moriva mentre il labbro faceva uscire quel liquido.
Quel liquido di cui era adesso cosparsa su braccia e gambe, ne aveva anche un po’ in faccia e sul petto.
Tastò le braccia, guardò le mani macchiate…
Il liquido scivola via…l’acqua lo cancella…
Eppure ne sente l’odore…l’odore…
Quello schifoso odore…
Mentre sentiva le urla, le tante urla.
No vi prego, vi prego.
NON URLATE!
Sentì di nuovo quella sensazione farla tremare dentro, mentre cadeva in ginocchio sotto la pioggia, i capelli scivolavano via dalle spalle accarezzandola delicatamente e fradici, mentre si teneva spasmodicamente le spalle, le tremava tutto il corpo, mentre avvertiva di nuovo quella sensazione. Spalancò la bocca, ma tutto quello che ne uscì fu bava.
Si guardò intorno, all’improvviso si sentì smarrita.
Nessuno, solo la pioggia, la pioggia che la bagnava…
Spalancò di nuovo la bocca, quella sensazione che la scatenava.
Spalancò la bocca più che poté, ma non uscì altro che bava, bava che colò giù nel terreno fangoso.
La tastò, tastò la sostanza bianca e viscida che era uscita da lei, dal suo corpo.
Dal suo corpo fittizio.
Dal suo corpo non vero…da un corpo falso…
E sentì qualcosa dentro che esplodeva, mentre alzava la testa verso il cielo, le mani quasi in un segno di preghiera, tenendo la bocca aperta e gli occhi chiusi e strizzati.
Cosa aveva fatto?
Perché era così?
Perché tutto questo.
Basta…basta…
BASTAAA!!
Guardatela adesso, lei non è viva.
Lei è finta, non è vera…
E’ solo una bambola…
Una bambola che non può gridare, non può piangere, non può avere paura…
Lei non prova niente.
E per questo lei non esiste.
Non esiste…
Tenne la bocca spalancata, ma da questa non ne uscì alcun rumore, mentre la pioggia la bagnava, la bagnava ancora.
Forse solo questa cosa chiamata pioggia potrà salvarla.
Lei non esisteva, eppure avvertiva freddo.
Non era niente, eppure sentiva dolore alle ginocchia, al corpo, sentiva il corpo tremarle.
Ma allora perché…perché…
PERCHEEEE???!!!
Sentì le forze abbandonarla, mentre teneva ancora lo sguardo alzato, il respiro affannoso e distrutto, mentre teneva ancora una mano alzata verso il cielo buio.
Non esisto…
Non esisto…
Non esisto…
Non esisto…
Non esisto…
Non esisto…
Cadde a terra, ormai sentiva solo un dolore scatenarla…poi solo la sensazione di vuoto attorno a se, e il rumore ovattato di pioggia…
Che strano…quest’acqua…ha forma…
Quest’acqua…quest’acqua…è strana…
Strana…
Strana…

(Eccomi qui di nuovo, sono tornata dopo un periodo di riflessione, spero di non deludere con questa nuova ff!
Come musiche consiglio “Everybody’s fool” degli Evanescence, “Behind blue eyes” dei Limp Bizkit e una buona dose di musiche di Saiyuki!
Bene, vi saluto!
Baci!
Meiko)

  
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