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Autore: FeverSkating    25/08/2012    2 recensioni
In questa One-shot ho tentato di parlare principalmente dell'amicizia tra Kiba e Hinata. Come tra amici ci si protegga sempre.
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Voleva tornare bambina e essere protetta da uno sgargiante sorriso e una postura fiera e coraggiosa. Non avrebbe dovuto pensare a cosa fare, si sarebbe preoccupato di tutto lui. Lei l’avrebbe guardato, ammirata e felice.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Ciao a tutti! ^^
Inizio col dirvi che volevo incentrare questa shot principalmente sull’amicizia tra Kiba e Hinata e spero di esserci riuscita ^^  Ora ne approfitto per avvisare coloro che seguono “Un’eccentrica vacanza” (Sperando che questi coloro stiano leggendo), che il nuovo capitolo tarderà un po’ ad arrivare. Ho il computer rotto e no ho molte possibilità di usarne altri.  È stata un’impresa riuscire a postare questa shot. Comunque, riguardo ancora alla storia che segue, l’ispirazione (?) mi è venuta ascoltando Friends and Alibis degli Escare the fate, anche se rivedendo il testo della canzone, non mi sembra che la storia centri molto, ma vabbè. Adesso vi lascio alla storia, sperando che vi piaccia. ^^
Buona lettura!
 

Friends and Alibis

 
 
 
 
 
Hinata camminava velocemente tra le persone. Quel senso di chiuso e oppressione le stava dando alla testa. Le vanivano le vertigini e la testa vorticava spaventosamente, quasi impedendole di rimanere in equilibrio su quei tacchi che Ino l’aveva costretta a mettere, solo per quella festa. “Ti renderanno ancora più bella, non che tu ne abbia bisogno” erano state le parole dell’amica. E lei aveva eseguito. Lei eseguiva sempre, arrendevole e accondiscendente. Debole.
La musica le sembrava fin troppo alta. Adorava sentire la melodia delle note entrarle dentro e darle scariche di adrenalina che mai sentiva, se non in casi particolari. In quel momento, però, mentre camminava freneticamente tra la gente, quei motivi decisi e ritmati le scivolavano semplicemente addosso. Neanche la sfioravano. Niente percepiva di quella grinta che la musica era solita darle. Semplicemente le girava attorno indifferente, quasi facesse apposta a non volerle dare quel senso di benessere che invece Hinata desiderava più di ogni altra cosa.
Si sentiva ferita e abbandonata. Come se le avessero tolto l’unica cosa capace di farla sentire forte e protetta.
Non credeva le sarebbe potuto succedere. A lei, che a quella festa nemmeno ci voleva andare. Se non c’era nulla da festeggiare cosa ci andava a fare? “Per divertirsi” le avevano detto. Infatti lei si stava divertendo, un mondo anche. Era stata presa per il culo da una ragazza che nemmeno conosceva, la stessa che prima di insultarla aveva platealmente baciato il suo ragazzo, visibilmente ubriaco, davanti a tutti e, tanto per finire in bellezza, lui l’aveva, sì, staccata da sé, ma non aveva fatto niente per difendere Hinata mentre l’altra inveiva su di lei. Si era limitato a fissarla, con sguardo liquido e una mano appoggiata al muro, come se stesse per cadere da un momento all’altro.
I capelli biondi spettinati e gli occhi azzurri che la guardavano con dispiacere, colpevoli. Sembrava volersi scusare solo con quello sguardo, troppo ubriaco per poter formulare un pensiero razionale. Hinata aveva avuto l’impressione che Naruto non stesse neanche ascoltando gli sproloqui di quella petulante ragazza. Guardava lei e si era estraniato da tutto il resto nel tentativo di ricevere perdono per quello che aveva fatto, nonostante non fosse colpa sua.
Hinata però la sentiva la vocetta stridula e dal tono superiore, che usciva da quella bocca che aveva osato toccare il suo Naruto. E la sentiva anche molto bene.
 

“Uno come lui ha bisogno di una persona sicura di sé.”
“Esci dalla sua vita. Non servi.”
“Sei Debole.”.

 
Hinata era incapace di estraniarsi dal mondo. Sapeva soffrire e sopportare in silenzio, ma non rimaneva indifferente. Non ci riusciva. Aveva sentito tutto e ogni cosa intorno a lei aveva preso a girare. Le gambe le tremavano. Il peso di quelle parole le gravava sul petto. Era davvero così inadatta, così debole? Possibile che crescendo non fosse cambiata neanche un poco? Era rimasta la solita bambina di un tempo, intimorita da tutto e tutti? Eppure lei si sentiva diversa. La forza di dichiarasi l’aveva trovata. Teneva testa a suo padre, ora come non era mai successo. Avrebbe davvero permesso alla prima persona che passava di portarle via la sua felicità? Si sarebbe arresa senza lottare? Non riusciva a pensare. Era devastata. Lottare in quel momento le sembrava impossibile. Fece, così, l’unica cosa che era convita di saper fare. Scappò. Scappò dalle parole di lei, da lui e dalla possibilità di mettersi in gioco. Se ne andò, codarda e vulnerabile. “Come ho sempre fatto.” Fu l’unica cosa che riuscì a pensare.
Sì, quella festa era davvero divertente.
Ora si trovava tra gente che non conosceva. I volti le sfrecciavano davanti indifferenti. Nessuno sembrava percepire il suo dolore o le lacrime che premevano per uscire. Tutti semplicemente ballavano, ridevano e bevevano.
Bere, ubriacarsi. Queste cose lei non le capiva. Perché rovinarsi una serata affogandosi nell’alcool per poi non ricordarsi niente di ciò che si ha fatto. Le era già capitato di bere qualcosa, ma lei non era amante degli alcolici. Semplicemente non le piacevano, però in quel momento l’idea di dimenticare bevendo non le sembrava tanto malvagia. Forse le capiva le persone che si ubriacavano. Solo alcune, però. Quelle mosse dal desiderio di dimenticare e ricominciare.
Con la testa che le pulsava si diresse verso il banco delle bevande. Voleva dimenticare ed era convinta della sua scelta.
Con passo incerto si avvicinava sempre di più alla sua fonte per l’oblio, quando incrociò occhi finalmente amici. Si fermò di colpo, mentre il ragazzo la scrutava con occhi curiosi e preoccupati. Con cautela lei gli si avvicinò, come se lo sguardo preoccupato del suo amico glielo imponesse.
 
Lui vedeva che Hinata non stava bene. L’avrebbe notato in qualsiasi circostanza. Anche se avesse bevuto più di quei tre bicchierini, non poco alcolici, che si era scolato. Lo vedeva il velo di tristezza e dolore che spegneva gli occhi della sua migliore amica. Kiba sapeva che era successo qualcosa, ma era sempre difficile far parlare la ragazza. Lei non voleva mai far preoccupare gli altri, anche se questo fosse significato soffrire e sopportare in silenzio, da sola. Tutto ciò che poteva fare era starle vicino e farle sentire che lui c’era e, per lei, ci sarebbe stato sempre.
Hinata osservava il castano. Poteva vedere preoccupazione in ogni parte di lui: le sopracciglia aggrottate, gli occhi tristi e pensierosi, la mascella contratta, la mano che stringeva convulsamente il bicchierino. Sembrava quasi arrabbiato. Ora che l’aveva vista, non sarebbe potuta scomparire così, come se niente fosse. Lo vedeva dai suoi occhi, che lui voleva capire.
Non più decisa come prima, continuò a camminare verso l’amico, pregando le lacrime, che reclamavano libertà, di non scendere proprio davanti a lui. Non le piaceva far preoccupare le persone a cui voleva bene.
Aveva già rischiato di piangere poco prima, di fronte a Naruto. Anche dopo quello che era successo non riusciva ad avercela con lui, gli voleva bene. Forse anche di più e, nella sua disperazione, non riusciva a fare a meno di ascoltare quel barlume di speranza che le diceva che Naruto non centrava niente, che quella ragazza aveva approfittato della debolezza del biondo per l’alcool, che se il ragazzo fosse stato un po’ più lucido l’avrebbe fermata, le avrebbe spiegato e adesso lei sarebbe tra le sue braccia dicendogli che gli credeva e che lo perdonava. Un’altra parte di lei, però, si diceva che, se Naruto non l’aveva fermata, un motivo c’era. Che tutto era successo perché lui non la voleva.
Scosse la testa cercando di allontanare quei pensieri. Era arrivata di fronte a Kiba, troppo tardi per tornare indietro, ma neanche le era passato per la mente di farlo. Sentiva di aver bisogno di lui in quel momento, di lui e di nessun altro. Del suo migliore amico, capace di capirla e di farla sorridere.
 
Kiba continuava a guardarla, cercando di incatenate gli occhi di lei ai propri, senza però riuscirci.
Hinata era sfuggente, teneva la testa bassa e faceva saettare gli occhi ovunque tranne che nella sua direzione. Quando poi all’improvviso si fermarono a fissare, Kiba pensava, il vuoto.
- Cos’è successo? -  le chiese senza mezzi termini. Tanto l’aveva capito che qualcosa non andava. Sapere se stesse bene era superfluo, conoscendo gia la risposta, che non sarebbe stata quella che lui avrebbe sperato.
 
Hinata, nel frattempo, si era fermata a fissare insistentemente il bicchiere nella mano di Kiba. Aveva sentito l’amico parlare, ma il suoi propositi di affogarsi nell’alcool, per la prima volta in assoluto, erano ancora validi. In quelle condizioni non sarebbe mai riuscita ad aprirsi completamente con Kiba. Non sarebbe riuscita a dirgli come si era sentita in quel fatidico istante in cui il mondo le era crollato sotto i piedi, rischiando così di far riemergere quelle emozioni che stava tentando di reprimere. Sarebbe scoppiata a piangere di fronte a Kiba e lei non voleva. Non voleva che la gente si preoccupasse per colpa sua. Fin da quando si conoscevano, Kiba si era sempre preso cura di lei, come fosse un fratello. Adesso che lei era cresciuta, non voleva più essere un peso per nessuno.
Qualche volta aveva visto Sakura che, dopo aver bevuto rideva, senza pensieri. Voleva sentirsi anche lei così.
Senza pensarci un minuto di più, strappò il bicchiere dalla mano di Kiba, ingurgitandone il contenuto in un colpo solo. Improvvisamente sentì la gola bruciare e il sangue pulsare prepotentemente alle tempie provocandole un forte mal di testa. Sensazione subito rimpiazzata, che lasciò Hinata leggermente intontita, ma più leggera. Si ritrovo a pensare a quanto quella roba potesse essere forte e come facessero i suoi amici a berla. Probabilmente era solo lei che non reggeva l’alcool.
Con un andamento un poco oscillante, fece un passo indietro, portando la sua attenzione sul ragazzo di fronte a lei.
Kiba non capiva niente del comportamento di Hinata. Non era certo una cosa che si aspettava da lei. Mentre ci pensava la ragazza, di fronte a lui, ondeggiava leggermente. Non capiva se lo stesse facendo a ritmo di musica, come se stesse ballando, o se fosse sull’orlo di svenire. Nel dubbio, il ragazzo decise che era meglio portare Hinata via da lì. Le sfilò il bicchiere dalle mani, appoggiandolo a terra, e la prese per il polso, trascinandola verso l’uscita più vicina.
Arrivati fuori si ritrovarono nel giardino sul retro della casa, nella quale era tenuta la festa, occupato da qualche persona, ma sempre meno che all’interno, e l’aria era già più respirabile. Sempre tenendola per il polso, Kiba fece fare a Hinata il giro dell’enorme piscina che dominava in mezzo al giardino, conducendola ad un angolo di quest’ultimo, all’ombra di un paio d’alberi. Lì la fece adagiare sull’erba fresca e si sedette accanto a lei, sospirando, poi, col viso rivolto alle stelle.
 
La mora intanto pensava a cosa dire a Kiba. Era stata davvero un’ottima idea uscire. Riusciva a pensare più lucidamente, per quando glielo permettesse l’alcool che le scorreva dentro. Un giorno avrebbe dovuto imparare a non farsi sopraffare così da una semplice bevanda.
Il ragazzo la riscosse dai suoi pensieri, riponendole la domanda di prima. Pretendeva di sapere, voleva aiutarla. Sentiva di doverlo fare, come un istinto. Qualcosa di incondizionato.
Passò qualche secondo che la ragazza si mise a parlare, lasciando scivolare ogni parola dalla sua bocca senza che potesse fermarla. Raccontò quello che aveva visto, ciò che la sconosciuta le aveva detto, come si fosse sentita in quel momento. Anni per cercare di avvicinarsi a Naruto faticando e, alle volte, soffrendo, mentre quella ragazza ci aveva messo meno di pochi secondi per baciarlo, per farla sentire uno schifo e per distruggere ogni sicurezza di Hinata. Si era sentita come se le avessero estratto a forza il cuore, infischiandosene poi della fine che quello andava a fare. Disse anche a Kiba di come si fosse riconosciuta veramente debole per non aver lottato, per non aver ribattuto alle parole di quella ragazza. Lei era rimasta pietrificata di fronte alla veridicità di quelle frasi. Almeno, a lei erano sembrate vere. E si era sentita incapace di smentire. Convinta di essere veramente come la ragazza l’aveva apostrofata. Difatti era quella la cosa che l’aveva persino spaventata: come quelle parole sembrassero reali. Non si era preoccupata molto del fatto che Naruto non la volesse più; ora l’aveva capito, aveva visto come aveva respinto la ragazza e aveva percepito la tristezza negli occhi di lui. Non era neanche arrabbiata con Naruto, l’aveva già perdonato, forse troppo velocemente, ma era convinta della sua innocenza e starci a rimuginare sopra avrebbe creato solo dispiaceri. Ad averla colpita, erano state le parole della ragazza. Quelle sì, che l’avevano ferita.
Finito di parlare emise un sospiro liberatorio. Qualche lacrima, ancora sulle sue guance, le era sfuggita durante il discorso. Si sentiva come se si fosse tolta un peso. Parlare con Kiba era stato come ricevere una boccata d’aria fresca. Però non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ in colpa nei confronti dell’amico. Lui le era stato sempre vicino, aiutandola e sostenendola. Tuttavia non riusciva a non pensare a quel periodo in cui Kiba era attratto da lei e , nonostante questo, aveva accettato la sua storia con Naruto e aveva continuato a starle vicino, come amico, niente di più. Lei stava malissimo se ci pensava. Si sentiva come se stesse sfruttando Kiba, come se lo costringesse a starle vicino. Lei gli parlava, si sfogava con lui e magari, nel frattempo, Kiba stava male o semplicemente si era scocciato di subirsi i suoi continui lamenti. Ma lei non ce la faceva a non cercarlo. Quando era triste, al suo fianco c’era sempre stato lui e adesso, solo perché erano cresciuti, non voleva che le cose cambiassero. Non gli avrebbe mai rivelato questi pensieri, voleva che tutto rimanesse così. Non avrebbe sopportato che Kiba si allontanasse da lei. Aveva bisogno del suo supporto. Kiba era il miglior amico che avesse mai avuto, sperava di non perderlo mai.
 
Il ragazzo era rivolto verso Hinata, che stava fissando un povero sfortunato che veniva buttato in piscina dai suoi amici, completamente vestito. Pensò a come l’amicizia si potesse esprimere in modi così diversi. Lui dimostrava a Hinata la sua amicizia facendole sentire la sua vicinanza. Aveva ascoltato attentamente le parole della ragazza, non ne aveva persa neanche una. Vedeva lo sconforto sul suo viso. Era fragile e lui doveva proteggerla da tutto. Non poteva sopportare di vederla così. Si conoscevano fin da piccoli, quando la vita era più facile e spensierata e l’unica cosa da cui doveva proteggerla erano i mostri che si nascondevano dietro ai cespugli o sotto al letto. Bastava mostrarsi spavaldo e felice che a lei ritornava il sorriso. Spesso si chiedeva come mai le cose non fossero potute rimanere così. Perché tutto si era dovuto complicare? Certo, avrebbe potuto sorridere. Ma a cosa sarebbe servito? L’avrebbe tirata su di morale almeno un po’ o le avrebbe semplicemente sbattuto in faccia la sua finta allegria come a dimostrarle che lei al momento era l’unica a non essere felice? Tornare bambini sarebbe stato impossibile, ma lui non si sarebbe arreso. La felicità di lei era la cosa più importante. Avrebbe dato anima e corpo per poterla vedere sorridere. Poco importava se poi lui ne fosse rimasto ferito. Gli bastava vederla felice.
Sì, l’aveva amata. E vederla con Naruto gli aveva dato fastidio, prima di scoprire quanto quel ragazzo la rendesse luminosa e raggiante. A quel punto si era rassegnato a guardarla da lontano. Si era accontentato di esserle amico. Poi, a poco a poco, il suo amore per lei si era trasformato in qualcosa di indissolubile, reciproco, ma fraterno. Si era amplificato il desiderio di difenderla e di darle quello di cui aveva bisogno. A occhi esterni poteva sembrare opportunismo da parte d’Hinata e sottomissione da parte di Kiba. Lei che gli spezzava consapevolmente il cuore, ma nonostante ciò continuava a chiedere, senza esitazioni, e lui acconsentiva, inerme. Ma il loro rapporto era così. Lei, simile al vetro, trasparente, sincera, resistente, ma se trattata nel modo sbagliato, fragile, gli dava ciò di cui aveva bisogno: i suoi sorrisi, la sua allegria, occhi pieni di speranza e gratitudine, rivolti solo a lui. In cambio lui le dava protezione, una figura forte e sempre presente a cui appoggiarsi. Non sarebbero stati niente di più, e a lui andava benissimo così.
 
- Non dovresti darci troppo peso. –
 
Col viso rivolto ora verso il cielo notturno. A Kiba piacevano le stelle, gli avevano sempre ricordato gli occhi  di Hinata. A volte si perdeva a fissarle. Così luminose e piene di speranza, proprio come lei.
Hinata si era voltata verso di lui, stupita e, sì, forse anche un po’ ferita. Come poteva dirle di sorvolare su quello che era successo?! Si era sentita tradita e umiliata, tuttora non pensava di poter combattere contro le parole di quella ragazza, e lui le diceva di non rimuginarci troppo. Era un poco delusa dalle sue parole. Forse si aspettava conforto, compatimento. Forse invece doveva aspettarselo. Kiba non compativa o confortava, diceva che era impossibile senza provare i sentimenti della persona ferita. Diceva anche che provando compassione per qualcuno che sta male, ci sono più probabilità di arrecargli più dolore. Perché consolare una persona era come dargli piena ed improvvisa certezza che ciò che la affliggeva era reale. Diceva che, senza che ce ne potessimo accorgere, la consapevolezza di ciò scoppiava, ma non si era ancora pronti ad accettarla. Come un fuoco d’artificio: esplode quando meno te l’aspetti e ti lascia senza parole, solo che è meno luminosa.
 

“Le persone hanno i propri ritmi. Non devi forzarle, o farà più male. Vivi e lascia vivere.”
 

Così le aveva detto una volta. Lei si era chiesta come potesse un amico abbandonare così qualcuno a cui tiene. Quello non avrebbe fatto veramente male?
 

“Chi ti vuole bene trova sempre il modo di farti sorridere. E se è vera amicizia, nessuno verrà mai abbandonato. Io sono ancora qui, no?”

 
Aveva risposto con semplicità e leggerezza lui, sorridendo. Non era riuscita a smentirlo e non ci sarebbe riuscita neanche ora.  Lui c’era e glielo dimostrava sempre. Lo aveva sempre ascoltato e niente era mai andato male. Che avesse ragione? Doveva solo non pensarci e tutto sarebbe andato bene? Voleva tornare bambina e essere protetta da uno sgargiante sorriso e una postura fiera e coraggiosa. Non avrebbe dovuto pensare a cosa fare, si sarebbe preoccupato di tutto lui. Lei l’avrebbe guardato, ammirata e felice. Il fratello più forte e valoroso del mondo, perché questo era per lei. E d’altra parte, i fratelli maggiori, a modo loro, difendono sempre i più piccoli.
 
Kiba ancora guardava il cielo, sorridente. Sapeva cosa stava pensando la mora. Ormai la conosceva. Immaginava che si fosse sentita tradita a quelle parole, ma non poteva fare altro. Non voleva che riportasse alla mente quello che era appena successo perchè, ne era sicuro, sarebbe stato troppo doloroso. Però credeva in lei e nella sua forza di spirito. Era convinto che lei fosse perfettamente capace di affrontare ogni situazione. Se era scappata era colpa di un attimo d’incertezza. Poteva capitare a chiunque. E probabilmente chiunque avrebbe fatto la stessa cosa. Hinata era forte, lui ne era convinto. Però l’uomo non è un oggetto, è fatto anche da anima e sentimenti, che facilmente possono essere danneggiati. Hinata non è debole, ci crede ogni secondo di più. Gli serve solo qualcosa a cui appoggiarsi, qualcuno a cui poter dare completa fiducia, che l’aiuti a rialzarsi, che le ridoni il coraggio di andare a combattere. Era consapevole che quello ora era il suo compito. Non avrebbe potuto immaginare incarico più difficile, ma così gratificante.
 
- Insomma, vuoi davvero permettere a qualcuno, che nemmeno ti conosce, di giudicarti? –
 
Disse lui, finalmente girandosi a guardarla. Gli occhi accesi d’aspettativa. Voleva vederla lottare. Ora doveva farsi valere. L’essere troppo buona non gliel’aveva mai permesso. Però, adesso che qualcosa a cui lei teneva veramente era in pericolo, pretendeva che lei si alzasse da lì e andasse a far vedere a tutti chi era la vera Hinata.
 
Lei lo guardava con occhi sbarrati. Non si aspettava che le parlasse così. Era pronta a ricevere il solito “Vivi e lascia vivere.” , come molto spesso le diceva il ragazzo. Questa volta era diverso. Gli occhi quasi accesi di chissà quale speranza e fiducia, con il preciso intento di spronarla a fare qualcosa, qualsiasi cosa per farsi valere. Infondo Kiba aveva ragione. Se non si conosce una persona, come si può pretendere di criticarla? E poi, forse era il momento d’iniziare a difendersi da sola. Magari Kiba non ci sarebbe stato per sempre, anche se sei sperava vivamente il contrario. D’altra parte gliel’aveva detto: “Se è vera amicizia, nessuno verrà mai abbandonato.” Lei era sicura, quella tra lei e Kiba era vera amicizia e niente avrebbe potuto distruggerla. Loro stavano semplicemente crescendo e il loro rapporto cambiando. Adesso era lei a voler dimostrare a Kiba di non essere più una bambina, di essere cresciuta. Così, decisa, si alzò da terra, rivolgendo a Kiba un “Grazie”, quasi sussurrato, e uno sguardo determinato e con riacquistata autostima, uno di quelli che aveva visto fare solo a lui.
 
Kiba era felice. Felice di essere stato utile. Felice di poter vedere Hinata crescere in questo modo. Non sapeva che reazione avrebbero potuto scaturire le sue parole. Ma adesso che vedeva la risolutezza e la forza negli occhi della ragazza, era convinto di aver fatto  la cosa giusta. Non poteva difenderla per sempre, adesso doveva imparare a farlo da sola, però lui per lei ci sarebbe sempre stato. Mentre la guardava andarsene, di nuovo verso quella casa, solo poche parole gli passavano per la mente.
 
 

“Brava, Hinata. Sono fiero di te.”

 
 
 
 
Ora era sicura. Non sarebbe mai stata lasciata sola. Qualcuno ad aiutarla ci sarebbe stato sempre, però adesso doveva imparare a combattere le sue battaglie da sola. Dentro alla casa, dove aveva lasciato Naruto, c’era il putiferio. Le sue amiche, nonostante lei se ne fosse andata, erano arrivate al suo soccorso. Avevano iniziato ad inveire contro la ragazza, con parole che Hinata non avrebbe mai avuto neanche il coraggio di dire. E comunque non l’avrebbe mai fatto. Tutti la stavano difendendo. Gli era grata, ma adesso doveva farsi valere, da sola. Mentre camminava verso di loro le parole della ragazza ancora le rimbombavano in testa, ma adesso sapeva come affrontarle. Tutto grazie a Kiba.


 
 

“Uno come lui ha bisogno di una persona sicura di sé.”
“Lasciamo che sia lui a deciderlo.”
“Esci dalla sua vita. Non servi.”
“Perché, tu sì?”
“Sei Debole.”.
“Ti sbagli, non mi conosci davvero.”
 
“Grazie, Kiba”

 

 
The end
 
 
Angolo Autrice
Allora, spero che la storia vi sia piaciuta e che non ci siano errori. Alcune parti non mi convincono particolarmente, la fine soprattutto, ma ormai  è fatta! ^^ Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, se sono riuscita a rendere bene i pensieri dei personaggi, se il rapporto tra Kiba e Hinata e rappresentato bene e se Kiba è OOC. (Secondo me sì, infatti ci sono stata un po’ a rimuginare sopra. u.u) Adesso vi saluto e grazie mille per aver letto! ^^
   
 
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