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Autore: Daisy Potter    09/03/2007    9 recensioni
Sono passati cinque anni...cinque anni da quando un malinteso ha distrutto le loro vite...o almeno la sua, quella di Akito; Sana sembra essere andata avanti. E dopo tutto questo tempo, è giunto il momento di un confronto...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

Capitolo 13.

 

Il suono di campane a festa riempiva le strade di Tokyo, annunciando a tutti l’inizio di qualcosa di speciale. Davanti ad una grande chiesa, migliaia di persone erano riunite ad attendere l’arrivo di una persona importante. All’improvviso, tutti si voltarono a guardare una lunga e lussuosa limousine farsi strada tra la folla, fino a raggiungere i gradini d’ingresso. L’autista scese dall’auto e fece il giro, posizionandosi accanto alla portiera posteriore e l’aprì, porgendo la mano al passeggero. Una piccola mano guantata di bianco, con un bracciale di perle attorno al polso, l’afferrò. Poi un piede calzato da scarpette dello stesso colore si posò a terra, e infine fece la sua comparsa la persona tanto attesta.

«È lei, è Sana Kurata!!!» si sentì esclamare dalla folla qualche bambino. La giovane donna gli rivolse un sorriso radioso, fece qualche saluto generale mentre i flash di alcune macchine fotografiche colpivano il suo viso, poi si voltò finalmente verso le porte della chiesa, e dopo un lungo respiro iniziò a salire le scale.

 

aha

 

In una piccola villetta si sentiva la suoneria di un cellulare richiedere attenzione. Il proprietario, però, gliela negava, ostinato, deciso a non voler sentire nessuno. Per più di un minuto le note metalliche risuonarono nell’appartamento, finché non si spensero. Un ragazzo biondo sospirò, scocciato, gridando un «finalmente» nella sua testa. Ma aveva parlato troppo presto: tempo dieci secondi, e il telefonino aveva ripreso il suo disperato richiamo. Provò a snobbarlo ancora una volta, ma quando riprese a squillare per la terza, il ragazzo si costrinse a rispondere:

«Lasciatemi in pace!» sbottò sgarbatamente, e fece per riattaccare, ma la voce che rispose lo fermò:

«Non prima che tu mi abbia detto che diavolo ti è passato per la testa.»

Era una voce fredda, carica di rabbia a stento contenuta, accusatrice e pretenziosa.

Doveva aspettarselo.

«Fuka.» replicò soltanto.

«Già, Akito, sono io. Ti do cinque minuti per spiegarmi perché cazzo hai detto una cosa del genere a Sana e quindici per venire alla chiesa.» sbottò in tono perentorio la donna.

«Non ci vengo.» rispose subito Akito. Esitò un attimo, poi proseguì: «E ho detto solo ciò che pensavo.»

«Non provare a raccontarlo anche a me, Aky.» questa volta il tono di Fuka si era addolcito.

Lui non rispose, rimase in silenzio a sentire il peso della tristezza, del rimorso, della solitudine, schiacciarlo.

«Non servirà a farle dimenticare di te, Akito. Lei ti ama, ed era pronta ad ammetterlo, ma tu l’hai ferita.»

«Lo so.» fu il suo sussurro quasi impercettibile. «Ma ho dovuto farlo, Fuka. Ho dovuto.»

Sembrava volesse convincere se stesso prima di tutti.

«Se le avessi detto quello che provavo davvero … Anch’io la amo, dannazione! Ma potevo davvero rovinare ancora la sua vita?!»

Fuka rimase interdetta, e attese che continuasse.

«L’avrei fatta soffrire di nuovo, lo so … Non possiamo stare insieme. Ci abbiamo provato, fin da bambini, ma le nostre vite sono troppo diverse! Dovevo dirle quelle cose, era necessario che l’allontanassi.»

Si rese conto di ripetere le stesse parole che aveva continuato a dirsi dal giorno prima, ormai erano una cantilena continua nella sua testa.

«Akito.» Fuka lo interruppe. «Non arrenderti.»

Il ragazzo rimase a bocca aperta: non si era aspettato quelle parole.

«La vita è piena di ostacoli, ma non per questo dobbiamo smettere di viverla. Credo valga anche per l’amore. Se sei sicuro che ciò che provi è amore, allora non arrenderti.»

Akito rimase immobile a sentire il segnale di occupato del cellulare. Abbassò lentamente il telefonino, lo sguardo perso nel vuoto, e quella sola frase ad occupare i suoi pensieri: non arrenderti.

 

aha

 

La cerimonia stava per iniziare. Le porte della chiesa erano state chiuse, i flash si erano spenti dietro quel legno, non più spettatori dell’evento. I pochi rimasti, amici fidati e parenti stretti, avevano già preso posto nelle file di panche.

Davanti all’altare, in un perfetto completo elegante, stava il famoso Naozumi Kamura, quel giorno un qualsiasi giovane uomo di fronte all’evento più grande della sua vita. Gli occhi azzurri, ancora più brillanti del solito, erano fissi alla fine del corridoio, in attesa dell’arrivo della sposa. E proprio in quel momento la musica iniziò.

Sul ritmo della marcia nuziale, Sana Kurata fece la sua comparsa, un sorriso timido e impacciato sul viso, gli occhi accesi di emozione nascosti dietro al velo, il cuore che batteva a mille. Eccola lì, a compiere i passi più importanti della sua vita, quelli che l’avrebbero portata all’altare, ad una promessa decisiva. Con essa la sua vita sarebbe cambiata. E lei era pronta? Desiderava la nuova vita che la aspettava a pochi metri da lei?

No, Sana: basta con i dubbi, i ripensamenti, le incertezze! Vai fino in fondo e non voltarti indietro!

Già, però cosa perderò se oggi pronuncerò il fatidico sì?

Non pensarci. Pensa a quello che avrai, non guardare ciò che ti lasci alle spalle, chi non potrai più avere.

Ma

Basta con i ma! È stato lui a lasciarti andare, a dirti di uscire dalla sua vita e di costruirne un’altra! Ora ne hai l’opportunità, devi coglierla e crederci.

Sana trasse un sospiro, mentre ormai era di fronte all’altare. Guardò Naozumi, che le sorrise radioso e le prese leggermente tremante una delle mani candide.

Sì, doveva credere in quella nuova vita che le veniva proposta quel giorno. Doveva andare fino in fondo, non pentirsi della sua scelta, e soprattutto non pensare al passato.

Ricambiò il sorriso del compagno, e insieme si voltarono verso il prete, pronti a pronunciare i voti.

 

aha

 

Nella chiesa era calato il silenzio, rotto solo dalla voce del prete che pronunciava il rito:

«Vuoi tu, Sana Kurata, prendere il qui presente Naozumi Kamura come tuo legittimo sposo, e prometti …»

Il cuore di Sana aveva ripreso a battere freneticamente. Sentiva gli occhi di tutti puntati su di sé, e più di tutti quegli occhi azzurri, di cristallo, che fissavano i suoi intensamente. Poi si accorse del silenzio: il prete aveva terminato di formulare la domanda, e ora decine di persone attendevano la sua risposta. Poteva quasi avvertire i fiati sospesi, la tensione …

Chiuse gli occhi per un momento. Sì, sapeva cosa doveva dire. Li riaprì, li fissò in quelli del suo compagno, e con fermezza finalmente pronunciò:

«Sì, lo voglio.»

Tutta la chiesa sorrise, un paio di lacrime sfuggirono a qualche occhio, mentre il prete iniziava a porre la stessa domanda a Naozumi. Ma qualcosa interruppe quel momento, facendo crollare in un istante tutte le certezza che Sana credeva d’aver trovato.

«No, non vuoi.»

Il gelo calò improvvisamente nella chiesa, e tutti gli occhi si puntarono su Naozumi.

«C-cosa?» chiese Sana spaesata, timorosa.

«Non vuoi sposarmi.» replicò lui, apparentemente calmo, nonostante dentro di sé stesse combattendo una dura battaglia: tutto questo gli costava molto, ma sapeva che stava facendo la cosa giusta. Aveva continuato a guardare Sana negli occhi mentre il prete recitava i voti e aveva letto qualcosa in lei che gli era sembrato rassegnazione. Aveva capito che ciò che faceva lo stava facendo solo per lui, non per se stessa, non era quello che voleva lei.

Sana rimase in silenzio, lo sguardo fisso in quello di Naozumi, mentre cercava di capire cosa fare. Non voleva mandare tutto all’aria, non voleva deludere il suo compagno, ma alla fine capì che ormai era stata scoperta e decise di arrendersi.

«Come lo hai capito?» sospirò.

Il ragazzo le rivolse un debole sorriso amaro.

«Non bisogna essere un genio.»

Fece una pausa, poi sospirò, frustrato.

«Perché è così sbagliato amarti?»

A Sana si strinse il cuore. Non era così che voleva che finisse, non voleva vederlo soffrire.

«Io ti amo …» provò a dire, ma fu interrotta:

«No, tu credi di amarmi.»

Sana abbassò lo sguardo.

«Perché è tutto così difficile? Io vorrei amarti, davvero … ma non posso. Non ci riesco. Per quanto ci provi, c’è sempre …»

«C’è sempre Hayama.» concluse lui al suo posto.

«Già.» affermò infine Sana.

Naozumi prese fiato, poi pronunciò l’ultima frase per la quale aveva la forza:

«Tu sei l’amore della mia vita, Sana … ma a quanto pare io non sono il tuo, quindi non potremo mai sposarci … mai …»

Con questo abbassò lo sguardo, e rimase lì, in silenzio, un sogno infranto come il suo cuore.

Sana lo abbracciò, piangendo silenziosamente sulla sua spalla.

«Mi dispiace, Nao. Davvero. Scusa.»

Ma non c’è nulla di cui chiedere scusa quando si è innamorati. L’amore non ha colpe.

Naozumi ricambiò la stretta, sentendola come l’ultima volta che avrebbe avuto quel corpo tra le braccia. Inspirò a fondo il suo profumo, poi tutto finì. Sana si allontanò lentamente da lui, lo guardò un’ultima volta negli occhi umidi, poi si voltò e corse via, lasciandosi alle spalle quella possibilità di vita.

Naozumi rimase a guardare quella parte del suo cuore andarsene, mentre sentiva la mano di Fuka, unico, piccolo conforto, poggiarsi gentilmente sulla sua spalla, e avvertì subito una forte sensazione di vuoto che col tempo si sarebbe attenuata, ma non sarebbe forse mai scomparsa del tutto.

 

aha

 

I suoi piedi correvano veloci, le scarpette bianche la portavano lontano, il velo da sposa si agitava alle sue spalle. Una folata di vento glielo portò via, ma Sana non se ne curò. Continuò  a correre, i lembi della parte inferiore dell’abito stretti nelle sue mani, il respiro affannato, i capelli rossi ormai sciolti. Solo quando non ebbe più fiato si fermò, appoggiandosi ad un cancello.

Il suo pianto soffocato le impediva di respirare bene, la vista era offuscata, ma il dolore più forte era quello del suo cuore: aveva fatto soffrire Naozumi, e non riusciva a perdonarselo. Lui le aveva donato tutto il suo amore, e lei lo aveva tradito, lo aveva abbandonato, aveva calpestato il suo affetto. E nonostante tutto, lui l’aveva lasciata andare, le aveva lasciato seguire le sue emozioni, aveva rinunciato al suo sogno.

Lui sapeva - l’aveva capito, prima, mentre lui la guardava negli occhi in chiesa, dicendole quelle parole - lui sapeva che l’aveva tradito, sapeva che la notte prima non era stata da Fuka, e sapeva benissimo che era stata con Akito, lo si leggeva nei suoi occhi. E nonostante tutto, non l’aveva rimproverata, non aveva urlato contro di lei, non l’aveva accusata di nulla. Aveva compreso e accettato, in silenzio, che il suo era un amore impossibile, un amore a senso unico. E aveva deciso di lasciarle vivere il suo sentimento.

Aveva fatto così tanto per lei. E invece lei cosa aveva fatto per lui? Nulla. L’aveva illuso di ricambiare il suo affetto, era andata a letto con il suo nemico la sera prima del loro matrimonio, e ora lo aveva lasciato lì, davanti all’altare, correndo via! Si odiava per questo.

Fu scossa da altri singhiozzi, mentre le lacrime non si arrestavano. Poi qualcosa attrasse la sua attenzione: un nome famigliare era inciso sulla targhetta accanto al cancello cui si era aggrappata. Si strofinò gli occhi con una mano, cercando di asciugarli e di mettere meglio a fuoco le lettere, e alla fine riuscì a leggere il nome: Hayama.

Alzò stupita e confusa lo sguardo, trovandosi di fronte la casa in cui aveva trascorso la notte precedente. Senza volerlo, la sua fuga l’aveva portata fin lì. Ma a che scopo? Ormai ad Akito non importava più nulla di lei, era stato fin troppo chiaro, quindi perché andargli a dire che alla fine non aveva sposato Naozumi?

Eppure voleva farglielo sapere. Anche se non gli sarebbe interessato, anche se le avrebbe chiuso la porta in faccia, anche se magari avrebbe detto che avrebbe preferito vederla con Kamura piuttosto che averla ancora attorno …

Così aprì il cancello e andò verso la porta d’ingresso, dove suonò il campanello senza pensarci più di tanto.

 

aha

 

Akito era nel salotto, il giubbotto di pelle in una mano e il casco nell’altra, mentre cercava le chiavi della moto. Non ne poteva più di stare chiuso in casa, visto che ogni pensiero verteva inevitabilmente alle nozze in corso nella chiesa più grande di Tokyo, così aveva deciso di fare un giro in moto.

All’improvviso il campanello suonò, e sbuffando lasciò cadere ciò che teneva sul divano e si avviò verso la porta.

«Chi è?» gridò, mentre afferrava la maniglia e l’apriva, ma quando ebbe scoperto la figura che stava in piedi sulla soglia, ogni altra parola, tranne il suo nome sussurrato, gli morì in gola.

«Sana…?»

Lei non disse nulla, rimase immobile a fissare quegli occhi dorati che la rapivano, cercando di imprimerseli al meglio nella mente se fosse stata l’ultima volta che li avesse visti.

«Ma … ma tu non …?»

Akito continuava ad inciampare nelle parole, non capiva cosa stesse accadendo, se Sana, sulla soglia di casa sua, con indosso un abito da sposa, i capelli arruffati e il viso rigato di lacrime, fosse una visione o la realtà.

«Non ci siamo sposati.» disse infine lei, semplicemente, senza espressione. «Naozumi ha fermato le nozze, ha detto che non lo amavo, che in realtà amo … qualcun altro …»

Non disse il suo nome, non ce la fece. Non voleva sentirsi dire che per lui non era così.

«Credo avesse ragione.» furono le sue ultime parole, prima che si voltasse e si allontanasse.

Non arrenderti.

Un lampo balenò nella testa di Akito, risvegliandolo dal momentaneo shock. Non doveva arrendersi, doveva lottare per ottenere ciò che voleva. Lui voleva Sana, e quella era l’occasione per riprendersela.

Così iniziò a correre, la raggiunse sul vialetto, la afferrò per le spalle facendola votare e l’abbracciò. Strinse con forza qual corpo inerme a sé, facendolo aderire al suo, e le sussurrò all’orecchio il suo amore. Le confessò sottovoce le sue menzogne della sera precedente, le trasmise il suo calore, le fece sentire il suo cuore battere per lei, le ripeté ancora una volta quelle due parole che esprimevano i suoi sentimenti, e solo allora sentì le braccia di Sana alzarsi e stringersi attorno a lui.

Erano di nuovo insieme, con l'oppurtunità di esserlo per sempre.

 

 

Eccomi tornata!! Chiedo perdono per non essermi fatta viva per ben tre settimane, ma sono stata davvero impegnatissima! Prima la scuola che aveva serrato i ritmi, poi la gita a Vienna, e infine il “post-gita” devastante, dal momento che non sono stata molto bene e avevo moltissime ore di sonno arretrate!^^’

Ma ora, eccovi finalmente l’ultimo capitolo! Spero di avervi soddisfatti con il finale, anche se forse potrei ancora aggiungere un breve epilogo. Voi cosa ne pensate? Be’, se mi verrà bene, forse in seguito posterò anche quello, altrimenti possiamo proprio dire …

 

THE END!!!

 

A proposito del finale: questo era quello che avevo in mente, più o meno, nei primi momenti in cui avevo iniziato a scrivere, e che ho sviluppato seguendo anche i vostri commenti. C’è però un finale alternativo – che non ho scritto, ancora, ma al quale ho pensato più volte mentre mi avvicinavo al termine della ff – e che forse pubblicherò, tanto per farvi sapere come sarebbe potuta andare a finire nell’altro modo.

 

Ah, una cosa: i dialoghi tra Sana e Naozumi nel momento in cui vengono interrotte le nozze non sono interamente opera mia, ma sono stati tratti (e adattati) dal telefilm Summerland. In effetti, è stato proprio quel dialogo a darmi l’idea per questa storia!

 

E ora, che altro dire se non ringraziare tutti quelli che mi hanno supportato fin dall’inizio della ff, i cui nomi sono stati citati già più di dieci volte, chi ha commentato il capitolo precedente (Gin_15, laura, viola, SyriaPluto, Lady Anderson, isachan,Mary, LizDreamer, miki18, Amber, miki90, Coco Lee, *Little Star*, Cicci 12, giulia_88, eles, seed, .¤·° Sara °·¤., pinacchia, akitohayama4ever. Raga, siete tantissimi, mitici!) e chi commenterà questo?!

GRAZIE 1000 RAGAZZI!!!

Alla prossima fic! Perché credo di avere un’altra idea … ^__^

 

- Daisy -

  
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