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Autore: Aniel_    26/08/2012    3 recensioni
{Crossover Supernatural/Once upon a time}
La fata turchina si appollaiò sulla spalla di Sam. «Il vostro amico si sente solo. Riuscivo a leggerlo nei suoi occhi. È come se una maledizione si fosse insediata dentro di lui, una maledizione che deve essere spezzata.»
«Certo, come no.» osservò scettico il cacciatore.
«Il bacio del vero amore può spezzare qualsiasi maledizione.»
Dean scoppiò in una fragorosa risata. Bacio del vero amore, quante stronzate. Come se un bacio potesse convincere Castiel a rinunciare al potere e rimettere la anime del Purgatorio al proprio posto.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Aniel_
Fandom: Supernatural
Titolo
God and the hat.
Personaggi: Dean, Sam, Castiel, Bobby, Jefferson (OUAT), Fata Turchina (OUAT)
Pairing: Dean/Castiel
Raiting: verde
Genere: introspettivo, generale
Avvertimenti: slash, AU, crossover, one shot
Note: crossover nato grazie alla mia grande ossessione per Once Upon a Time. Il destiel è sempre presente, non posso farne a meno. 
Disclaimer: Supernatural non mi appartiene, per questo invidio il Dio Kripke, unico detentore di tanta meraviglia. Mi piacerebbe possedere Dean e Cas, ma purtroppo anche loro non mi appartengono!

GOD AND THE HAT

Dean Winchester aveva affrontato le più disparate situazioni nel corso della sua vita: era divenuto un cacciatore per vendicare la madre, aveva fatto un patto con il diavolo per salvare la vita del suo fratellino nerd, era finito all'inferno, era stato salvato da un angelo, aveva scoperto di essere il vestitino preferito dell'arcangelo Michele e aveva visto tornare suo fratello da una gabbia in cui aveva condiviso il proprio soggiorno con Lucifero in persona.
Eppure mai, e poi mai, avrebbe creduto di trovarsi di fronte a questo.
Mai avrebbe creduto che quel moccioso spiumato di Castiel perdesse le sue angeliche rotelle impersonando il ruolo di Dio.
Mai avrebbe pensato di trovarsi di fronte alla possibilità di farlo fuori. Mai.
Ma le vittime di quella nuova giustizia divina andavano ad incrementare giorno dopo giorno e Sam era sul punto di dare di matto e diventare un pazzoide con la bava alla bocca, questo perché "Dio", misericordioso come Dean lo aveva sempre immaginato, aveva fatto crollare il muro dei ricordi dell'inferno nella mente di suo fratello.
Avesse avuto bisogno anche di una sola buona ragione per far fuori quell'angelo imbranato, sicuramente sarebbe stata questa.
Ma non era semplice, nulla nella sua cazzo di vita lo era. Semplicemente non riusciva a farcela, non riusciva a mettere su un piano che li aiutasse ad uccidere Castiel.
Non voleva, non poteva.
E intanto i morti crescevano e Sam impazziva e lui, impotente come un bambino, si limitava a bere e a spostare le proprie attenzioni sulla sua Baby malconcia e fuori uso temporaneo. E Castiel uccideva e faceva giustizia a modo suo, in un mondo per niente abituato a questo genere di trattamento.
«Andiamo piccola, andiamo» mormorò, cercando di raddrizzare l'ennesimo pezzo di metallo distrutto della sua auto.
«Ehi» lo chiamò Bobby, battendo due colpi sulla carrozzeria, «ho trovato qualcosa. Vieni dentro.»
Dean rimase immobile: trovato qualcosa? Un'arma? Un'arma per uccidere Cas? Scosse il capo e lasciò che quelle domande scivolasse giù, verso il basso, insieme alla carcassa di dubbi che lo opprimevano e soffocavano.
Quando entrò in casa e superò la soglia della biblioteca vide Bobby e Sammy contemplare uno strano contenitore: aveva la forma di un trapezio, dandogli più l'aria di una borsa per signore di uno scarsissimo marrone piuttosto che un contenitore. Si avvicinò e lo tastò con la punta delle dita, per poi aprirlo e sbirciare al suo interno.
Aggrottò lo fronte, scettico, cercando sostegno nei presenti che ricambiavano la medesima espressione.
«Questo è...è...» iniziò, solleticando il contenuto con i polpastrelli.
«È un cappello» concluse Sam, tirando fuori lo strano cappello a cilindro grigio e nero e rigirandoselo tra le mani.
«Bene...pensavo cercassimo un'arma, non l'ennesimo capo d'abbigliamento di pessimo gusto da far indossare a Cas. Insomma, non credo che faccia pendant con il trench.» replicò Dean, crollando sulla poltrona.
«C'è qualcosa di strano, Dean. Guarda qui...» rispose Bobby, afferrando il cappello e buttandovi dentro qualche cianfrusaglia tra cui qualche matita e ingredienti per un incantesimo. Non appena rigirò il cappello, Dean poté appurare che...beh, erano spariti, quasi come se il cappello li avesse divorati.
«Wowo» disse, alzandosi nuovamente in piedi, «con cosa abbiamo a che fare? Magia nera su un cappello da mago? Queste cose mi fanno venire i brividi!»
Bobby porse nuovamente il cappello a Sam. «Non ne ho la minima idea, ragazzo.»
«E cosa facciamo esattamente?»
«Ehi?» sussurrò Sam, cercando di richiamare la loro attenzione.
«...prendiamo Cas e lo infiliamo a forza qui dentro sperando che sparisca?» chiese Dean, ignorando il fratello. Era arrabbiato, furioso. Se avesse potuto distruggere qualcosa, probabilmente l'avrebbe fatto.
«Ehi...ragazzi...»
Bobby cambiò espressione. «Cosa ti aspetti che faccia, Dean? Nel caso non l'avessi capito non ho un fucile anti-Dio. Ho solo trovato questo stupido cappello e ho pensato che fosse strano!» sbottò.
«Oh, hai pensato...siccome abbiamo tempo per queste stronzate!» ironizzò.
«EHI!» ululò Sam e finalmente decisero di prestargli attenzione.
Sam aveva riposto il cappello a terra e non ci sarebbe stato nulla di strano se, incredibilmente, non avesse preso a vorticare su se stesso, alzando man mano una folata di vento...viola?
«Bobby, che cosa hai messo dentro quel coso?» domandò Dean, avvicinandosi lentamente.
«Una matita, un po' di salvia e...una moneta antica.» rispose, mentre il cappello continuava a girare, ingrandendosi.
«Quanto antica?» chiese Sam.
«Abbastanza da avere proprietà magiche.»
Il vento si fece più forte, creando una fitta nebbia scura, e improvvisamente Dean sentì il terreno mancare sotto i piedi e precipitò, sempre più giù, come se qualcuno lo avesse gettato in un pozzo senza fine. Qualcosa lo colpì ferocemente alla testa e tutto divenne buio e sfocato.
Quando Dean rinvenne sentì qualcosa di pesante premere contro la sua schiena, impedendogli di respirare regolarmente. Spalancò gli occhi e cercò di muoversi, ma quel qualcosa era troppo pesante per scrollarselo di dosso. Poi il qualcosa si mosse e mugugnò di dolore: solo in quell'istante appurò che si trattasse di Sam.
«Sammy...non respiro, maledizione!» si lamentò, spingendolo di lato con un colpo di reni che lo fece gemere contrariato.
«Che cosa è successo, Dean?» domandò il minore, alzandosi in piedi, quando una nuova imprecazione affiorò tra le sue labbra cozzando con la testa sul soffitto, «ma che cazzo è? Un soffitto per nani?»
Dean rise. «Questa è giustizia, fratellino.» rispose, guardandosi intorno.
Una stanza regolare - se non fosse per il fatto che si trattasse di una stanza sferica- li circondava, nulla di sospetto o demoniaco, fatta eccezione per uno specchio rettangolare posto a mo' di porta. Vi si avvicinò con circospezione, tastando la cornice con le dita.
«Allora Harry, cosa vedi?» chiese al minore, accarezzando la superficie vitrea quando la sua mano affondò in qualcosa di denso e fresco. La ritrasse immediatamente, spaventato. «Che diavolo è?»
Sam lo raggiunse e fece lo stesso, affondando e ritraendo la mano da quella strana porta/specchio. «Uno Stargate?»
Dean si massaggiò le tempie, esasperato. «Dobbiamo andarcene, Sammy. Dov'è quello stupido cappello?»
Sam parve soppesare la questione, in silenzio. «Io credo che dovremmo attraversare lo specchio» disse infine, senza la minima esitazione.
«Perdonami, ma non ho intenzione di attraversare un bel niente. Non sappiamo cosa ci sia dall'altra parte, quindi no grazie!»
«Potrebbe essere l'unico modo, Dean. O vuoi restare qui dentro per sempre?»
«Beh, almeno io non tocco il soffitto con la testa!»
«Coglione.»
«Puttana.»
«Fesso.»
Rimasero in silenzio un altro paio di minuti. Per la prima volta in vita sua Dean si sentì completamente a corto di idee. Forse perché non sapeva dove fossero finiti e come mai un cappello li avesse risucchiati in una stanza per nani con uno stargate alla porta. A volte odiava il soprannaturale! Se non avesse saputo per certo che quello stronzo di Gabriel avesse tirato le cuoia già da tempo, sicuramente avrebbe pensato ad uno dei suoi giochetti.
«Beh, vuoi restare qui? Fa' pure. Io vado!» annunciò Sam, inspirando un respiro profondo e poggiando entrambi i palmi sulla superficie, fin quando, con una piccola spinta, oltrepassò lo specchio.
«Sam!» sbottò Dean, «Sam?»
Non udì nulla.
Maledizione, Sammy.
Annuì stancamente e prese la rincorsa, oltrepassando lo specchio con un rapido salto. Una lieve brezza calda gli accarezzò il volto e un acre puzza di fumo invase le sue narici. Tossì e cercò con lo sguardo Sam, il quale, interdetto, osservava stupito una strana creatura appollaiata su un fungo gigante.
Di per sé, questo era già strano.
Dean osservò la creatura, maledettamente simile ad un lombrico grande cinquanta volte più del normale e...blu. Stava sognando, non c'erano altre spiegazioni. Si stropicciò gli occhi, nella speranza che tutta quella follia svanisse, ma la creatura rimase lì, immobile, con una pipa tra le labbra.
«Chi...sei...tu?» domandò, con voce profonda, sbuffando una nuvola di fumo.
«Ehm...io...» iniziò Sam, con gli occhi grandi come piattini da caffè.
«Chi...sei...tu?» ripeté.
«Dean...se ti dicessi di aver capito dove siamo finiti, mi crederesti?»
Dean esitò. «Siamo di fronte ad un verme gigante blu e parlante fatto di crack. Potrei crederti sulla parola, amico.» rispose, affiancandolo.
«Ok, la buttò giù così...siamo nel Paese delle Meraviglie.»
Dean spostò lo sguardo sul fratello, aggrottando la fronte e mostrando un sorrisino derisorio. «Si Alice, il Paese delle Meraviglie dei fattoni. Andiamo, Sam! È assurdo persino per noi.»
«Quello è il Brucaliffo, Dean. Questi sono i funghi che ti fanno crescere e rimpicciolire. Il cielo è rosa, laggiù c'è un labirinto e a pochi metri da noi ci sono delle carte umane da poker che dipingono le rose bianche di rosso. Dove credi che siamo? Perché non ha per niente l'aria di un viaggio mentale nella Panic Room di Bobby!»
Dean aprì le labbra per replicare ma le chiuse immediatamente. Il Paese delle Meraviglie? Davvero? Odiava quel posto sin da quando aveva visto il cartone animato, sicuramente non contava di finirci dentro. Sicuramente non contava che esistesse.
«Sam...questo posto non esiste!» osservò, a denti stretti.
«Per essere un posto che non esiste è parecchio reale, non trovate?» chiese canzonatoria una voce alle loro spalle. I fratelli si voltarono velocemente e notarono un uomo, vestito in maniera piuttosto strana, con un mantello di pelle, capelli lunghi e brizzolati, uno strano cappello sulla testa - simile a quello che avevano trovato- e un taglio orizzontale profondo e raccapricciate sul collo.
«Non è reale!» sputò fuori Dean, con rabbia.
Lo sconosciuto rise. «Quanto sei arrogante per credere che il tuo mondo sia l'unico? Sono infinitamente di più, devi aprire la tua mente. Confinano tra loro, stretti in una lunga striscia di terre. Ognuno reale come quello a fianco. Tutti con le loro regole. Alcuni hanno la magia, alcuni no. E alcuni hanno bisogno di magia. Se siete arrivati qui significa che il vostro mondo è intriso, anche solo in una minima parte, di magia. Quindi, con quale presunzione definite irreale questo mondo quando il vostro è speciale quasi quanto questo?»
Dean cercò Sam con lo sguardo. «Che cosa vuole questo pazzoide?» chiese a bassa voce.
«Non hai capito di chi si tratta?»
«Di qualcuno che ha perso le sue rotelle?»
Lo sconosciuto intervenne. «Mi danno del pazzo continuamente, quando l'unica cosa che vorrei è tornare a casa, dalla mia bambina!» urlò, puntando loro contro un paio di forbici appuntite. L'uomo si sfilò il cappello e lo lanciò tra le braccia di Dean, «fatelo funzionare. Vi prego. Fatelo funzionare.»
Dean si rigirò il cappello tra le mani. «Tu sei...il cappellaio matto?»
«Non sono matto! Vi prego. La mia Grace mi sta aspettando per il thé. Voi potete farlo funzionare, voi potete...»
«Basta così Jefferson» lo ammonì una voce femminile alle sue spalle.
Dean e Sam si sporsero appena per individuare la fonte della voce, ma tutto quello che riuscirono a cogliere fu un luccichio di colore blu muoversi lento attorno al cappellaio.
«Oh Dio, no.» imprecò Dean.
«È...una fata?» domandò Sam, esterrefatto.
«Sono la fata turchina. Non so come siate giunti in questo mondo, ma credo di aver incontrato qualcuno dei vostri.» li informò la fata, con un sorriso, per poi rivolgersi nuovamente a Jefferson, «non saranno loro ad aiutarci Jefferson. Dobbiamo essere pazienti.»
Dean iniziò a scaldarsi. «Come sarebbe a dire uno dei nostri?»
La fata si avvicinò. «Un uomo con indosso un trench beige si trova al di là del labirinto della Regina di Cuori. Non sa come è arrivato qui e a quanto pare i suoi "poteri" non funzionano.»
«Castiel è qui?»
La fata turchina si appollaiò sulla spalla di Sam. «Il vostro amico si sente solo. Riuscivo a leggerlo nei suoi occhi. È come se una maledizione si fosse insediata dentro di lui, una maledizione che deve essere spezzata.»
«Certo, come no.» osservò scettico il cacciatore.
«Il bacio del vero amore può spezzare qualsiasi maledizione.»
Dean scoppiò in una fragorosa risata. Bacio del vero amore, quante stronzate. Come se un bacio potesse convincere Castiel a rinunciare al potere e rimettere la anime del Purgatorio al proprio posto. E poi un bacio di chi esattamente? Di un hamburger?
«Dean forse...forse ha ragione» intervenne Sam.
«Certo, perché no? A Strambilandia il bacio del vero amore può convincere un fottutissimo angelo divenuto Dio a riporre le armi! Come abbiamo fatto a non pensarci!» ironizzò, «posso vederlo?» chiese alla fata.
Sam lo afferrò per un braccio.«Dean...»
«No Sam. Non ha poteri qui, giusto? Benissimo, voglio vederlo. Puoi portarmi da lui?»
La fata titubò per qualche istante, ma alla fine annuì. Lo invitò a seguirlo e il cacciatore si adeguò, mentre un Sam nervoso restava a far compagnia al Brucaliffo e al Cappellaio.
Il labirinto era fitto e le siepi alte e rigogliose. Sperò che quell'esserino blu sapesse dove andare perché non aveva alcuna intenzione di girare al suo interno per sempre. Sentì il cuore pompare sempre più velocemente ad ogni passo, fin quando non si ritrovò faccia a faccia con il motivo delle sue ansie: Castiel era in piedi, con quella solita posa curvata da bambino curioso, e il trench che cadeva largo sulle sue spalle.
«Dean?» domandò perplesso, accorciando le distanze.
«Cas.» rispose il cacciatore quando la fata sparì lasciandoli soli.
Castiel lo accarezzò con lo sguardo, quasi non riuscisse a credere di averlo accanto. «Come sei finito qui?»
«Un cappello...un...onestamente non ne ho idea. E tu?»
Le labbra dell'angelo si stirarono in una linea bianca e sottile. «Non lo so. Credo che qualcuno mi abbia condotto qui. Qualcuno con grandi poteri...più potente di me.»
Dean sgranò gli occhi. «Dio? Credi che Dio ci abbia portati qui?»
«Non lo so, potrebbe essere. Se fosse così...non potrei più tornare indietro.»
«Di cosa stai parlando, Cas?»
Gli occhi dell'angelo si intristirono, così tanto che il cacciatore sentì una morsa dolorosa attanagliargli il petto. «Cosa credi che mi succederà quando tornerò indietro? Ho ucciso e rubato anime, ho cercato di purificare un mondo corrotto secondo un mio criterio e ho perso gli unici amici che avevo per colpa della mia arroganza. Io non posso tornare, Dean.»
Dean non capì esattamente il motivo di quel gesto ma al diavolo!, era nel Paese delle Meraviglie, sicuramente non si sentiva nella posizione di giudicare le proprie stranezze, così si limitò ad afferrare quel trench logoro e stringere l'angelo a sé, con fermezza.
«Possiamo sistemare tutto, puoi sistemare tutto. Devi solo restituire quelle anime e ti prometto che ce la caveremo. Ti chiedo solo di aver fiducia in me, un'ultima volta.»
Il viso di Castiel affondò nel collo del cacciatore e sebbene Dean sapesse di dover provare imbarazzo o fastidio, al contrario sentì crescere dentro di lui uno strano calore che lo fece stare bene.
«Sei pronto a tornare a casa, moccioso?» gli chiese, cercando il suo sguardo e non aspettò che quelle labbra rosse e piene si schiudessero per una risposta, semplicemente le catturò con le proprie in un bacio lento e amaro come la colpa, colpa che avrebbero dissipato insieme. Quel bacio era soluzione, era l'approdo sicuro in un mare in tempesta, e si strinsero forte l'uno all'altro mentre una fitta nebbia viola li avvolgeva nuovamente, trascinandoli lontano, riconducendoli a casa.
Quando Dean riaprì gli occhi si trovava nella cucina di Bobby con una mano intrecciata a quella di Castiel, e con Sam e il padrone di casa a guardarli scombussolati.
«Che succede?» domandò Bobby, arrancando qualche passo.
Dean strinse la presa su Castiel, il quale imbarazzato teneva lo sguardo chino. «Succede che andiamo a sistemare tutto questo casino.» li informò, e l'avrebbe fatto.
L'avrebbe fatto davvero.

FINE

   
 
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