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Autore: SylviaGi    27/08/2012    0 recensioni
(Western) Kelly Joe è una scrittrice appena giunta a RedCity. Attorno a lei ruoteranno il giovane falegname Nick McKey e il fratello maggiore Angus, ex pistolero futuro uomo di legge. Mentre tra i due cresce la rivalità la donna verrà presa in ostaggio dallo spietato bandito Aspide.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nick McKei
 
Kelly si trovava su quel treno da molte ore ormai. 
Era seduta accanto al finestrino e silenziosamente ammirava scorrere il  panorama selvaggio che molte volte aveva descritto nei suoi romanzi. Praterie aride e  deserte che un tempo,  in sella al suo roano, aveva percorso in lungo e in largo. Nessuno le avrebbe creduto se l'avesse raccontato: a soli vent'otto anni, Kelly Joe conosceva ogni angolo di quella terra. 
Il vecchio seduto di fronte a lei dormiva con la testa piegata in avanti.
Ogni tanto si svegliava, dava un’occhiata intorno e poi si riaddormentava nella stessa scomoda posizione.
La signora accanto al vecchio era vestiva così elegantemente, che Kelly aveva scosso il capo quando ne aveva scrutato i dettagli: New Orleans, aveva dedotto. Troppo fuori luogo in quella terra afosa.
Leggeva un romanzo ben rifinito e il suo elegante cappello alla moda le teneva seminascosto il viso imbrattato di cipria, mentre le mani curate coprivano gelosamente il titolo e l’autore del libro che Kelly aveva cercato più volte di scoprire.
Si limitò quindi a guardare dal finestrino le praterie infinite, macchiate dai rari cespugli verdi che non bastavano a colorarne il paesaggio ocra.
Non sapeva quanto mancava alla mia meta. A RedCity non era mai stata. Ma sicuramente non sarebbe stata diversa da tutti gli altri paesi che aveva visto nell'ovest, con le costruzioni in legno scolorite dal sole e attraversata da un'unica strada polverosa.
La ferrovia era ancora in costruzione e forse non sarebbe nemmeno giunta fino a destinazione con il treno. 
Si lasciava cullare dal vagone che scorreva lento sulle rotaie, con un rumore così monotono che avrebbe addormentato chiunque.
Ecco perchè tutti i passeggeri intorno a lei se ne stavano zitti ed intontiti ad aspettare, accaldati da un afa a cui Kelly aveva fatto ormai l'abitudine. 
Aveva acquistato una casa nei dintorni di RedCity tramite un'agenzia: non l'aveva neppure vista, ma nel disegno allegato all’atto di vendita appariva accogliente.
Una casa. Kelly non aveva mai avuto una casa. Le spaventava di più l'idea di mettere radici in un posto, che il pensiero di come fosse in realtà ciò che aveva già acquistato.
Il treno ad un tratto emise un fischio acuto ed assordante. I passeggeri si svegliarono sollevando un improvviso chiacchierìo.
Anche il vecchio seduto di fronte a Kelly si svegliò, notò che il treno aveva rallentato, e gli venne spontaneo chiedere:
“Siamo arrivati?”.
Kelly guardò dal finestrino: tre uomini a cavallo stavano parlando con il macchinista del treno. 
Si sporse fuori, tentando di sentire la conversazione, ma disturbata dal vociare dei passeggeri.
Un minuto dopo, il treno si rimise in cammino e i tre uomini a cavallo si allontanarono.
Un capostazione in una divisa impolverata e matida di sudore entrò nel vagone e spiegò a gran voce:
“Purtroppo la ferrovia non è ancora finita. Il treno non arriverò fino a RedCity. Quindi dovrete prendere le diligenze. Spiacente signori”.
A quell’affermazione tutti brontolarono dando vita ad accese discussioni, tranne l’elegante signora seduta di fronte a Kelly, che si era rimessa a leggere ignorando completamente la notizia.
Il vecchio scelse quindi di far conversazione con Kelly:
“Deve andare a RedCity signorina?”.
“Si. E voi?”.
Il vecchio sorrise:
“Anche io. Tutta questa gente si sta lamentando perché la ferrovia non è finita, ma fino a poco tempo fa questo viaggio lo facevo tutto in diligenza. Certo che ... quando scendevo, avevo tutte le ossa rotte”.
Rise, contento di aver trovato compagnia:
“E arrivavo a RedCity sempre senza soldi. Ogni volta c’era qualche bandito che la rapinava. Poi ho imparato a nascondere il denaro nelle scarpe. Oggi i banditi stanno diventando rari come le diligenze …”.
Kelly ascoltava volentieri le parole del vecchio, ma la signora elegante alzò gli occhi al cielo, disturbata dalla conversazione.
“Vuole chiudere il becco?” sbottò all’improvviso richiudendo con uno scatto il libro.
Il vecchio restò sbigottito dal suo comportamento, e riappoggiandosi al sedile con la schiena sussurrò:
“Anche le signore gentili sono diventate rare …”.
Ricevette una pericolosa occhiata da sotto il cappello, ma l’uomo continuò coraggioso:
“Siamo su un treno ... diamine. Non in una biblioteca”.
E il treno rallentò di nuovo.
La donna ripose il libro nella sua raffinata borsa e si preparò ad indossare la mantellina.
Kelly riguardò dal finestrino e vide una stazione: erano arrivati.
I passeggeri si prepararono a scendere.
Il vecchio si alzò, e sollevando brevemente il cappello in un segno di saluto disse, prima di avviarsi nel corridoio:
“La ringrazio per la compagnia signorina. Arrivederci”.
“Si scendee!” gridò il capostazione percorrendo rapidamente il vagone per controllare che nessuno stesse ancora dormendo.
Si soffermò, ad aiutare Kelly a prendere la valigia, poi scomparì in fretta nel vagone successivo.
Kelly scese dal treno.
La stazione era nuovissima e profumava di legno fresco. Una bella insegna scolpita diceva HolyLand.
Un uomo calvo ad uno sportello gridava esasperato:
“Mi dispiace signori! Ci sono solo due diligenze per il momento! Ne arriverà un’altra tra un’ora. Qualcuno adesso e qualcuno più tardi!”.
Le persone che stavano lì si divisero borbottando, correndo alle diligenze poco lontane.
“Calma gente! Calma!” gridava un vetturale “Al massimo ce ne stanno sei qui dentro!”.
Kelly decise che non era il momento di prendere la diligenza: avrebbe preso quella che sarebbe arrivata più tardi.
Girò attorno alla stazione, scoprendo una taverna. Si mosse per raggiungerla, mentre il suo lungo vestito sfiorava la terra arida e sollevava la polvere. Un vestito. Lei non aveva mai indossato vestiti, se non in determinate situazioni. Ma i tempi dei pantaloni erano finiti per Kelly. 
Il suo sguardo si staccò dai suoi stivali per osservare l’esterno della locanda.
Con la mano libera aprì la porta e diede un’occhiata dentro.
Molti uomini e donne stavano mangiando sui diversi tavoli.
Entrò, mentre il vento le richiuse la porta sbattendola, facendola sobbalzare di colpo: i clienti si voltarono a guardarla e per un attimo Kelly mi sentii a disagio.
Per fortuna una voce conosciuta la chiamò:
“Salve signorina! Scommetto che anche lei ha deciso di prendere la prossima diligenza”.
Il vecchio del treno, ora era seduto ad un tavolo vicino.
“Venga … se vuole farmi ancora compagnia …”.
Kelly si sedette al suo tavolo, guardandolo mentre stava finendo un piatto di fagioli dall'aria invitante.
“E’ meglio fare il pieno prima di riprendere il viaggio. Avete avuto la mia stessa idea”.
Una donna robusta si avvicinò asciugandosi le corpulente mani nel proprio grembiule:
“Fagioli o minestra?” domandò.
“Fagioli” le rispose Kelly senza pensarci.
Nonostante la gente attorno parlasse, la parola fagioli risuonò  in tutto il locale. 
“E’ la prima volta che va a RedCity?”.
“Si”.
La tavoleggiante arrivò con la fondina di legno, un bicchiere e un cucchiaio infilano in quest’ultimo.
“Io vado spesso a RedCity” continuò il vecchio “Sono di Tombstone. La conoscete?”.
“Si, la conosco”.
“E’ una bella cittadina, nonostante il nome lugubre”.
Kelly sorrise: 
"Ha un grande cimitero" ricordò.
“Ma a RedCity c’è tutto. La banca, il barbiere, i negozi, la falegnameria … e ci sono i miei unici due figli” aggiunse tutto fiero, versandosi da bere.
Mentre Kelly mangiava con gusto i fagioli, il vecchio non smise mai di parlare. 
Raccontò che era vedovo e che sua moglie morì di parto mettendo alla luce il suo ultimo figlio. Disse che non voleva lasciare Tombstone proprio perché sua moglie era sepolta là, nel grande cimitero.
Ma si recava spesso a RedCity a trovare i figli.
Kelly amava sentir parlare gli sconosciuti, ma non era abituata a raccontare nulla di sè: stavolta fece un'eccezione. Spiegò che aveva comperato una casa che si trovava a pochissima distanza dal paese, in un luogo chiamato “Yellowground”. Poi notò che si era fatto tardi e disse:
“Sarà meglio avviarci se non vogliamo perdere la diligenza”.
Il vecchio si alzò mettendosi il cappello che aveva appeso allo schienale della sedia e si diresse al banco.
Kelly lo seguì in fretta preparando il borsellino, ma quando lui lo vide, lo respinse con una mano tremolante:
“No. Voglio offrire io”.
Pagò la cena.
L’idea di continuare il viaggio con lui a Kelly piaceva. Il vecchio le era simpatico.
Si diressero all’uscita, lei con la valigia in mano.
“Mi piacerebbe aiutarla …” si scusò l’anziano uomo “Ma se alzo un solo piccolo peso, mi si spezzano le braccia”.
Aprì la porta e uno sparo di pistola tuonò all'improvviso dall'esterno.
Kelly lasciò la valigia di colpo. Le venne d'istinto cercare la propria arma, poi ricordò che non aveva più addosso la sua pistola.
Il vecchio si accasciò lì, sulla porta.
Si chinò su di lui, vedendo del sangue allargarsi sulla sua camicia.
Si guardò attorno in fretta, poi si allungò per aprire la valigia e prendere l'arma, ma vide due uomini allontanarsi velocemente, in sella ad un cavallo bianco e uno nero.
Avevano sparato al vecchio a sangue freddo, di proposito, e si domandò il perché, infuriata dentro.
Sollevò la testa dell’uomo che stava disteso a terra: con un enorme sforzo il vecchio riaprì gli occhi.
“Volevo … fare un sorpresa ai miei figli …” disse con un filo di voce roca “Non mi aspettavano neanche stavolta … Questa sarà la mia ultima sorpresa”.
Fece un lieve sorriso che il dolore gli tolse subito.
“Se un giorno li conoscerete … dite loro di non andare a Tombstone … che tanto … non ho più nulla”.
Kelly vide di sfuggita la diligenza arrivare.
“Ve lo prometto” fece in tempo a dire, poi il vecchio si abbandonò al suo sonno profondo, morendogli tra le  braccia.
Si alzò imprecando. Era tanto che non lo faceva. Non era una cosa da signora imprecare. 
Ma nessuno intorno a lei pareva interessarsi a quello che era appena successo. 
In quella stazione, punto d’appoggio della nuova ferrovia, la gente si preoccupava  a continuare i loro viaggi, ignorando tutto il resto. 
Tre persone salirono sulla diligenza. 
Kelly dovette muovermi. 
Abbandonò il vecchio dov’era, avviandosi.  
Il vetturale le prese la valigia per caricarla sul tetto. Lei nemmeno se ne rese conto.
Salì a bordo ancora confusa. Non vide nemmeno le tre persone sedute accanto a lei.
Perchè uccidere un povero vecchio? A quale scopo? 
Lo guardò dal piccolo finestrino della diligenza: il vento sollevava la polvere da terra e lo vedeva appena, ancora steso sull’uscio della taverna.
Finalmente due signori con il grembiule da cucina uscirono dal locale e sollevarono il suo corpo senza vita, portandolo via. 
Dannazione. Bestemmiò ancora tra sè. Avrebbe dovuto rimanere lì, comunicare che il vecchio veniva da Tombstone e che probabilmente avrebbe voluto essere sepolto là, accanto alla moglie. 
E chi si sarebbe preso la briga di condurlo a Tombstone? Nessuno ad HolyLand. 
E la diligenza partì.
Lo scalpitio dei quattro cavalli sollevò un gran polverone e Kelly perse di vista la taverna.
“Scusi … lei sa quanto manca ancora per RedCity?” le chiese una signora.
Kelly non riuscì a rispondere.
Qualcun  altro  rispose: una voce maschile.
“Arriveremo a RedCity per il tramonto”.
Mise a fuoco l’uomo, mentre guardava l’ora da uno splendido orologio tascabile.
Ai suoi piedi aveva una valigetta nuova in pelle marrone.
“Lei è un dottore?” le domandò la stessa signora con aria curiosa.
“Come ha fatto a capirlo?” chiese lui stupito.
La donna dagli occhi troppo chiari, quasi sbiaditi, sorrise maliziosamente mostrando una dentatura alquanto irregolare:
“L’ho capito dalla sua valigetta: anche il mio dottore ne ha una uguale. Vero Maria?”.
L’amica seduta accanto a lei fece si con la testa rapidamente, poi tornò a guardare fuori dal finestrino. Sembrava la imbarazzasse avere un’amica così  buffa.
“Sarà il nuovo medico di RedCity?” domandò ancora la signora.
“Si. Voi sarete una mia paziente?”. 
Lo chiese in modo così affascinante che la donna arrossì.
“Oh magari dottore … Purtroppo vado a RedCity solo per trovare mia sorella Janet. Voglio presentarle Maria … E’ stata così gentile ad accompagnarmi”.
Maria si voltò facendo un sorriso di circostanza.
La strada era diventata alquanto dissestata. Si udivano le ruote scendere nelle buche, dando scossoni seccanti, e dovette rallentare.
Kelly tornò in sè, dimenticando per un istante il vecchio, lo sparo, i due uomini a cavallo. 
Tornando lucida. Aveva visto morire un sacco di gente sotto i propri occhi: una persona in più non l'avrebbe turbata.
Intravide all'orizzonte un uomo a cavallo. Si stava avvicinando rapidamente e Kelly notò che aveva il volto semicoperto da un fazzoletto. A quanto pare le emozioni non erano finite.
Prese rapidamente il proprio borsellino, e lasciò solo qualche spicciolo: i soldi di valore li infilò in fretta in uno stivale, sotto gli occhi curiosi del dottore e delle due donne, che la guardavano stupiti.
“Guai in vista” spiegò Kelly, nello stesso istante in cui si udirono spari di pistola, che fecero strillare Maria e la sua amica.
I cavalli nitrirono spaventati e il vetturale fermò la diligenza.
“Fai scendere tutti!” gridò il bandito smontando da cavallo.
Il vetturale si apprestò immediatamente ad aprire lo sportello.
Kelly fu la prima a scendere, per niente impaurita, seguita dalle due donne e per ultimo il dottore.
Il bandito teneva la pistola spianata su tutti loro.
Fissò la giovane donna da capo a piedi, ed altrettanto fece Kelly con lui, notando l’abbigliamento scuro, gli alti stivali neri, un corpo praticamente perfetto.
Lui allungò la mano libera, facendole cenno di consegnargli il borsellino.
Kelly lo slegò dal polso e glielo diede. 
Le sue dita si fecero largo tra la fessura della stoffa, allentando la corda sottile che lo teneva chiuso.
Trovò solo le monetine, l’atto di vendita della casa ed un fazzoletto.
“Solo questi?” chiese mentre sbirciava il foglio di carta.
“Come vede ... ho speso tutto" rispose Kelly, gettando uno sguardo all'atto.
Il fuorilegge curvò le sopracciglia all'inaspettata risposta della donna, appena visibili sotto il cappello dalle larghe tese. Aveva lunghi capelli scuri, semi coperti dal fazzoletto che gli nascondeva per metà il volto abbronzato. E due occhi verdi dallo sguardo penetrante: si accorse che Kelly lo stava fissando.
Si tenne gli spiccioli e le ridiede il borsellino. 
Ricavò qualcosa di sostanzioso dalle tasche del dottore, poi rapinò anche le due signore: quest’ultime gli consegnarono stupidamente anche i gioielli che indossavano, tremando come foglie.
L’uomo tornò da Kelly soddisfatto, e rimase per un istante a guardarla da capo a piedi. Quella donna non aveva la benchè minima paura di lui. Si chiese chi fosse, nonostante ora conoscesse il suo nome. Dopo aver abbassato le lunghe ciglia in segno di un insolito saluto, il bandito si diresse al suo cavallo, rimontandolo e galoppando lontano.
Non appena il fuorilegge si allontanò, le due donne si misero a litigare tra di loro.
Maria dava la colpa all’amica per averla convinta a venire con lei.
Il dottore cercò di calmarle inutilmente, poi il vetturale rifece salire tutti all’interno della diligenza.
La rapina mise tutti di cattivo umore, e per il resto del viaggio più nessuno parlò.
Kelly per non pensare alla morte del vecchio ad Holyland, concentrò i suoi pensieri sul bandito che li aveva appena derubati. 
Non lo avevo visto in faccia completamente, ma le era piaciuto. Come spesso lei faceva, essendo scrittrice di romanzi, iniziò a fantasticare trame ed eventi ad occhi aperti, utilizzandolo come protagonista.
 
 
Il dottore non aveva sbagliato quando aveva detto che sarebbero arrivati a RedCity per il tramonto.
Quando scese dalla diligenza Kelly si sentì stanchissima.
Prese la valigia che il vetturale mi porse dal tetto e si accorse che le due signore ed il medico si erano già allontanati.
Si avviò per la strada polverosa, notando gli edifici più in mostra: la banca, l’emporio, la chiesa, e finalmente il Saloon. L’Hotel era al piano superiore di quest’ultimo.
Decise che avrebbe cercato una stanza per dormire, e l'indomani si sarebbe recata a Yellowground in cerca della sua casa.
Aprì le ante di legno ed entrò nel Saloon, trovandomi davanti una sala ampissima piena di gente.
Per lo meno, pulito. Pensò.
Ignorando qualche ubriaco che tentò di bloccarle il passaggio, si diresse al banco chiedendo al barista:
“Avete una stanza per stanotte?”.
L’uomo smise di asciugare i bicchieri per ascoltarla meglio: proprio in quel momento la musica del vecchio pianoforte attaccò e tre ragazze salirono su di un palco a ballare. 
Alzavano i loro vestiti colorati, mostrando per pochi istanti i loro mutandoni. Portavano buffi cappellini dalle piume colorate e graziose scarpe dai tacchi alti, ma alquanto consumate. Una buffa, ma discreta imitazione di un can can francese.
Ballavano, sorridevano, ed il pubblico gradiva pienamente lo spettacolo.
“Ho la stanza” rispose il barista quasi gridando, cercando di farsi udire sopra il vociare nel locale “Si faccia accompagnare da Connie. E’ la ragazza con i capelli rossi. Attenda qui quando ha finito”.
Kelly attese paziente, guardando il balletto e ricordando per un istante una ragazza che aveva conosciuto molti anni prima che faceva lo stesso lavoro, ma non ricordava più il nome. Qualche minuto dopo tutto finì. Tra gli applausi e i fischi, la ragazza dai capelli rossi si avvicinò al banco:
“Bill! Dammi un doppio whisky” ordinò al barista, ma lui le porse una chiave.
“Mostra la stanza a questa signorina” e indicò Kelly con il capo.
La ragazza la guardò, prese la chiave ma disse:
“Dopo! Adesso ho sete”.
Si prese da sola la bottiglia di whisky posata sul banco e si versò il liquore in un bicchiere.
Ne bevve un sorso, poi tornò a guardare la donna di fronte a lei:
“Come ti chiami?” le domandò formalmente.
“Kelly Joe. Tu devi essere Connie”.
“Già” fece lei sedendosi sull’alto sgabello “Connie la rossa”.
Si voltò a guardare le sue colleghe nella sala:
“Quella bionda in braccio a quel cowboy è Debbie. Quella con i capelli neri che sta parlando con il pianista è Sam. Come vedi siamo un trio molto colorato. Tu hai conosciuto la rossa. Piacere Kelly”.
Le strinse simpaticamente la mano, e Kelly sorrise.
Bevve ancora un sorso del suo whisky:
“Sei nuova qui a RedCity. Non sei una faccia conosciuta ...” indagò Connie.
“Mi vedrai spesso, perchè ho comprato una casa a Yellowground”.
Connie fece una smorfia:
“Yellowground?" riflettè rapidamente "Dev’essere a sud di RedCity, nell’arida prateria. Non mi sembra un bel posto però …”.
Kelly non fu turbata dalle parole della ballerina. Non le importava se la casa era in mezzo al niente, l'importante  che ci fosse.
Ripensò all’agenzia che gliel'aveva venduta. Dicevano tutti che era formata da persone serie e la gente ne paveva parlato bene; non potevano averla imbrogliata.
Un cowboy dai baffi sottili iniziò a girarle intorno, sempre più vicino.
“Stai attenta” le sussurrò subito Connie con il bicchiere tra le labbra per non farsi sentire “Questo è il più grande guastafeste di RedCity”.
Kelly lo ignorò completamente, ma lui domandò a Connie:
“Ehi rossa! Chi è la tua amica?”.
“Si chiama Kelly Jack” gli rispose Connie sbuffando e guardando il fondo del suo bicchiere.
“Kelly …” fece eco l’uomo continuando a fissarla.
Kelly notò che intorno a lei si fece uno strano silenzio.
La ballerina mollò il bicchiere sul banco:
“Lasciala stare Jack. Vattene via”.
Intervenne anche il barista:
“Ehi Jack! Non voglio ancora casini nel mio locale”.
Ma l’uomo si avvicinò così tanto alla donna, che lei riuscì a sentirne l’odore di whisky uscirgli dalla bocca. Fece un inevitabile smorfia di disgusto, poi indietreggiò di un passo, ma Jack l'afferrò di scatto stringendola a lui con prepotenza. A Kelly mancò il respiro e tentò di liberarsi spintonandolo inutilmente. 
Se fosse entrata in quel locale come era abituata a fare, in pantaloni, cinturone e pistola, nessuno si sarebbe avvicinato a disturbarla. Maledì i suoi nuovi abiti da donna indifesa.
“Lasciala Jack!” ordinò una nuova voce autoritaria.
L’ubriaco nemmeno si voltò:
“Stai zitto Angus!”.
Con rapidità l'uomo che era intervenuto si avvicinò: voltò Jack dinnanzi a sé e gli piantò un pugno nello stomaco che lo stordì, poi un altro in faccia che lo fece piroettare contro un tavolo.
Il giovane era alto, biondo, con i lineamenti del viso forti e decisi ma armoniosi, le spalle larghe.
Nonostante i pugni poderosi appena ricevuti, Jack non sembrò abbattuto: si preparò a caricare contro il suo avversario.
Bill attirò l’attenzione di Connie:
“Conducila nella sua stanza prima che la situazione degeneri”.
Connie stavolta non se lo fece ripetere e  prese per un braccio Kelly trascinandola su per le scale.
“No aspetta … Voglio vedere come va a finire” protestò lei.
La ragazza non si fermò:
“Lascia perdere. Io questo spettacolo l’ho visto fin troppo spesso”.
“Pure io, ma i personaggi sono diversi".
Connie aveva la particolarità di gesticolare parecchio con le mani mentre parlava:
“Allora sai come finisce: il buono fa uscire il cattivo dal Saloon minacciandolo con la pistola”.
Arrivarono davanti alla stanza e Kelly ricordò la valigia.
Connie alzò gli occhi al cielo sbuffando:
“Ok, tu rimani qui. Non ti muovere. Vado io a prenderla”.
Kelly aspettò, indecisa se ubbidirle o no. 
“Visto?” fece la ragazza tornando immediatamente con la mia valigia “Il buono ha buttato fuori il cattivo”.
"No, non ho visto" brontolò Kelly. 
Connie le sorrise e posò la valigia a terra accingendo ad aprire la stanza.
Kelly non potè fare a meno di chiederle:
“Chi è il cowboy che mi ha difesa?”.
“Angus McKey. E’ uno dei più bravi con la pistola qui a RedCity. Tempo fa faceva il pistolero per conto di uno. Poi ha smesso. Si dice che prenderà il posto dello sceriffo Perkins tra qualche mese”.
“Non l'ho nemmeno ringraziato …”.
La ragazza entrò nella camera con la valigia e Kelly vide il letto sospirando.
“Ora fatti una bella dormita. Avrai modo presto di rivedere il tuo salvatore se rimarrai a RedCity”.
La salutò facendole l’occhiolino e richiudendosi la porta alle spalle.
Kelly cercò nella valigia qualcosa da indossare per la notte e finalmente si sdraiò sul letto.
Non fece in tempo a ripensare alla morte del vecchio, al bandito della diligenza, al biondo Angus: si addormentò subito profondamente.
 
 
Il mattino dopo la svegliarono i rumori e le voci che provenivano dalla strada.
Kelly si alzò e si avvicinò alla finestra scostando la tenda bianca ricamata: vide per la prima volta RedCity di giorno, illuminata da un sole ancora tiepido. Vide carri e cavalli andare avanti e indietro nella loro quotidianità, donne che entravano ed uscivano dai rari negozi a fare compere, i bambini che correvano con i libri a scuola, e uomini che scaricavano tronchi da un carro alla falegnameria del paese.
Un paese uguale a tutti gli altri, constatò. 
Lasciò la tenda e si lavò nel catino. La sua brocca era colma d’acqua.
Dopo essersi sistemata i capelli e vestita, riprese la  valigia e lasciò la stanza.
Scese le scale e vide subito Bill al bancone che gentilmente la salutò:
“Buongiorno signorina. Dormito bene?”.
“Benissimo grazie”.
A quell’ora del mattino aveva solo due clienti seduti ad un tavolo in un angolo.
Kelly chiese il conto e pagò. Poi si diresse all’uscita.
Ma appena fuori vide due cavalli legati alla stanga che attirarono subito la sua attenzione: uno bianco e uno nero.
Diede un’occhiata oltre la vetrata, guardando i due uomini seduti all’interno.
Erano loro: gli assassini del vecchio ad Holyland.
Si spostò lungo il marciapiede di legno, cercando di trattenere l’agitazione, urtando un signore e scusandosi prima di chiedergli:
“Dove posso trovare lo sceriffo?”.
“Proprio in fondo al paese” indicò.
Kelly si mise a correre sotto i portici, battendo i suoi stivali sulle lunghe assi.
Giunse a perdifiato davanti all’edificio con l’insegna “Sheriff Office”, ma un biglietto sulla porta diceva “Torno Subito”.
Voltò su me stessa, sospirando amaramente. La brutta abitudine di non farsi gli affari suoi non era scomparsa. Ogni volta che si occupava di faccende non sue, ne rimaneva inevitabilmente coinvolta. Si guardò attorno sperando di veder tornare lo sceriffo. 
Nel portico della casa vicina, un uomo si dondolava pigramente su di una sedia a dondolo. 
La vide, ed alzò con due dita il cappello dalle tese rialzate, guardandola curioso.
Lei lo riconobbe: era Angus McKey.
“Cerco lo sceriffo” gli disse in fretta.
Lui capì che la donna era agitata. Si alzò dicendole:
“Non c’è. E’ andato dal nuovo medico. Cos’è successo?”.
Kelly riprese fiato, spiegando:
“Ci sono due assassini al Saloon. Ieri a Holyland hanno ucciso un vecchio”.
Angus rientrò in casa in fretta e ne uscì imbracciando un fucile.
“Andiamo” esclamò scendendo dal portico e dirigendosi al Saloon.
Kelly lo seguì come un’ombra, faticando a stargli dietro: Angus era alto, deciso e veloce.
“Come sai che sono due assassini?” le chiese senza voltarsi.
“Li ho visti con i miei occhi. Hanno sparato a sangue freddo ad un vecchio che stava in mia compagnia”.
Quando giunsero al Saloon i due uomini ne stavano uscendo.
“Sono loro?” chiese Angus senza diminuire l’andatura, raggiungendoli.
“Si”.
I due uomini guardarono sorpresi il biondo che ora stava puntando il fucile di fronte a loro.
“Alzate le mani signori” intimò Angus.
“Che diavolo vuoi?” chiese uno dei due.
Angus non si fece impressionare. Con tono ironico rispose:
“Vi porto un momento dallo sceriffo”.
I due si guardarono per un istante.
Angus puntò meglio la canna del fucile facendo loro alzare  le mani.
“E per quale motivo?”.
“Si dice che avete ucciso un uomo ieri”.
Kelly si nascose inutilmente dietro Angus: si sentì per un istante al centro dell’attenzione.
Una pistola spuntò all’improvviso nelle mani di uno dei due: senza esitare costui sparò.
Angus McKey venne colpito ad un braccio e Kelly gridò indietreggiando, sbattendo contro la parete esterna del Saloon.
I due assassini salirono in fretta a cavallo e si allontanarono al galoppo.
Angus si strinse il braccio con una smorfia sofferente, lasciando quasi cadere il fucile.
Kelly si avvicinò a lui, volendo controllare la ferita, faticando a togliergli la mano con cui la copriva.
“Fammi vedere” pretese.
Gli alzò la manica della camicia insanguinata, notando che il braccio era stato colpito di striscio. 
Questo significava che non c’era la pallottola all’interno. Niente di grave dunque.
“Andiamo dal dottore” suggerì ugualmente.
“Non ce n’è bisogno … è solo un graffio”.
“Non fare storie … Vieni, ti accompagno”.
Si avviarono. Kelly non sapeva dove abitava il dottore, così si ritrovò a seguire Angus nuovamente, camminando al suo fianco.
“Ieri sera mi hai difeso da quel Jack, ora volevi catturare da solo quei due delinquenti. Ma chi sei? L’eroe di RedCity?”.
Angus sorrise lievemente.
Lei ne approffittò per ringraziarlo:
“Comunque grazie …”.
Angus sollevò il viso a guardarla, e Kelly gli scoprii gli occhi castani, splendidi.
“Sei la nuova maestra?”.
Alla sua domanda, lei rise:
“N … no”.
“E allora? Chi sei?”.
Il  tono di voce di Angus era alquanto diretto. Se non fosse stato per le occhiatine che lui ogni tanto le mandava mentre camminavano, Kelly lo avrebbe insultato.
“Mi chiamo Kelly Joe”.
“Ben arrivata a RedCity Kelly Joe”.
Erano giunti a casa del dottore.
Angus vi entrò senza bussare.
Nel salotto all’interno c’era il medico che stava parlando con lo sceriffo, un uomo di una certa età, con i capelli e i baffi bianchi. 
Il dottore non appena vide la giovane donna esclamò:
“Ci rivediamo signorina … che è successo?”.
Guardò il braccio sanguinante di Angus e si apprestò a dargli un’occhiata veloce.
“Gli hanno sparato” spiegò in fretta.
“Vieni, per di qua” disse il dottore ad Angus, conducendolo in un’altra stanza.
Kelly rimase sola con lo sceriffo. Lui si presentò:
“Piacere. Sceriffo Perkins. Chi è stato a sparare a McKei?” volle sapere.
“Due uomini, al Saloon”.
“Dove sono adesso?”.
“Sono fuggiti. Angus ha tentato di portarli da voi”.
Lo sceriffo scosse il capo bevendo un sorso dal suo bicchiere, con fare indifferente.
“Saranno ormai lontani adesso …” disse “Quando imparerà Angus a farsi gli affari suoi?”.
Alla sua ultima frase Kelly brontolò tra sè:
"A quanto pare Angus mi assomiglia".
"Cosa?" chiese lo sceriffo, che l'aveva udita farfugliare qualcosa.
"Nulla" tagliò corto lei, infuriata dentro per il comportamento menefreghista dello sceriffo.
Rimasero in silenzio ad aspettare. 
Dopo un lungo quarto d’ora McKey ed il dottore uscirono dall’ambulatorio.
Angus aveva il braccio bendato.
“Va meglio ora?”.
Non rispose a Kelly, si rivolse allo sceriffo con tono irato:
“Non farà niente per catturare quei due delinquenti?”.
Perkins terminò il suo whisky senza rispondergli.
Angus alzò la voce:
“Ci sono due assassini là fuori che hanno già ucciso un uomo e nemmeno si muove? Almeno faccia disegnare il volto di quei due su di un manifesto!”.
“Senti McKey!” sbottò Perkins arrabbiandosi “Sono anni che faccio questo mestiere e so benissimo quando mi devo muovere. Tu piuttosto: non sei ancora il mio sostituto!”.
Angus si ritrovò a fissare esterrefatto lo sceriffo.
“La ringrazio Dottor Dean” disse, senza nemmeno guardare il medico, ancora con lo sguardo puntato su Perkins “Arrivederci”.
Kelly seguì Angus fuori dall’abitazione.
Era infuriato: camminava svelto e a capo chino, silenzioso.
Lei dovette correre per affiancarlo:
“Ti do ragione Angus … io la penso come te”.
Sbucarono sulla Main Street.
Angus sembrò calmarsi quando raggiunse la sua casa e si fermarono sotto il portico.
A disagio, Kelly chiese:
“Io devo andare a Yellowground. Conosci qualcuno che mi ci può portare?”.
“Vai alla falegnameria e chiedi al signor Darfon”.
Il suo tono di voce era freddo e spiccio, alquanto distaccato.
Capendo che non era il momento giusto per fare conversazione, Kelly si preparò a salutarlo:
“Va bene… grazie di tutto … a presto”.
Fece per avviarsi, ma Angus la richiamò:
“Kelly …”.
“Si?”.
Sostenne il suo sguardo sorpreso, dicendole:
“Mi dispiace di non essere riuscito a catturare quei due …”.
“Non fa niente, almeno tu ci hai tentato. Ti hanno solo preso alla sprovvista. Conosco la tua fama e mi hanno detto che sei in gamba”.
Lo lasciò così, dirigendosi alla falegnameria dopo averlo salutato. Ritrovò la sua valigia fuori dal Saloon.
Si diresse ad un uomo che stava intarsiando un'anta:
"Il signor Darfon?".
L'uomo dai lunghi baffi sollevò lo sguardo sulla donna:
"Si?".
"Avete qualcuno che mi può portare a Yellowground?".
"Yellowground" ripetè l'uomo pensieroso "Nick".
Si voltò a guardare l'interno della falegnameria, urlando:
"Nick! Dannazione! Dove sei?".
Ne uscì un ragazzo quasi correndo, con folti capelli corti chiari, che si asciugava le mani in un panno.
"Scusatemi signor Darfon ... eccomi".
Alzò finalmente il viso e vide la donna. Pensò avesse più o meno la sua età. 
Si ritrovò curioso e sorridente. 
"Quando ti chiamo devi rispondere subito! Ora porta questa signorina a Yellowground. E vedi di non trattenerti a lungo". 
Nonostante la predica, il ragazzo continuò a sorridere:
"Ciao. Io sono Nick" si presentò alla donna prendendole la valigia "Da questa parte". 
Kelly lo seguì. C'era un carro lì vicino, con il cassone vuoto e scoperto.
"Nervosetto il tuo capo eh?" gli disse lei complice. 
Nick si strinse nelle spalle:
"Che ci vuoi fare? E' fatto così ..." sollevò la valigia per posarla nel cassone "... ma gli fa comodo che io abbia un carro" aggiunse "Questo è mio". 
Lo disse con orgoglio, aiutando Kelly a salire a cassetta. 
Quando la raggiunse sedendosi vicino a lei, impugnò le redini e con un ampio sorrise le disse: 
"Sai ... sei la prima ragazza che vedo in giro senza un cappellino". 
"Detesto ... i cappellini. Non servono a nulla. Gli Stetson al contrario evitano polvere e sole negli occhi, e riparano dall'acqua". 
A Nick venne d'istinto cercare il suo cappello dalle tese rialzate dietro cassetta. Lo prese e se lo mise in testa, ridendo di gusto:
"Io dico che un bel cappellino non ti starebbe male. Ci sono donne a RedCity che non attendono un altro regalo da un uomo". 
Anche Kelly rise:
"Tu non provare a regalarmene uno e io lo utilizzerò come un porta agrumi".
Nick rise ancora di più, scuotendo il capo e dando il via ai cavalli. 
Poche volte gli era capitato di trovarsi così a suo agio con una sconosciuta.
"Allora ... ce l'hai un nome?" le chiese.
"Kelly". 
"Da dove vieni Kelly?". 
Lei si voltò a guardare alla sua destra.
"Da ogni dove ..." rispose, smettendo di sorridere. 
Nick la scrutò attentamente quando si rivoltò, capendo che la domanda l'aveva messa a disagio. 
Quindi optò per drammatizzare.
"Bè ... è un bel posto". 
E Kelly tornò a sorridere.
Erano usciti dal paese e stavano percorrendo una strada deserta. 
Il giovane Nick non resistette a farle un'altra domanda:
"Dunque ..." iniziò con tono ilare "Ho scoperto che ti chiami Kelly, che odi i cappellini e che vieni da ogni dove. Ultima domanda e poi giuro che non te ne farò più. Che ci vai a fare a Yellowground? Non c'è niente in quel posto". 
"Una casa" rispose subito Kelly "Ho comprato una casa lì". 
"Non ricordo ci sia una casa". 
Nick fece rallentare i cavalli, riflettendo e guardandosi attorno.
"Siamo già a Yellowground ..." la informò in tono grave. 
Kelly si levò in piedi, scrutando l'orizzonte, vedendo solo prateria e rare piante.
"Aspetta" esclamò all'improvviso Nick "Ora ricordo ... c'è una casetta qui vicino".
Attese che la donna si sedesse per far ripartire il carro e lasciare la strada, addentrandosi della prateria.
"Tieniti forte ..." l'avvertì riferendosi alle buche "Eccola, parlavo di quella" e fermò il carro indicando una casetta.
Ancora una volta Kelly si alzò, e sorrise:
"Si, dev'essere quella".
Saltò giù dal carro e quasi correndo la raggiunse.
Nick la seguì curioso.
La casa aveva un bel portico e Kelly ne salì gli scalini. 
Non riuscì ad aprire il catenaccio della porta, e Nick venne in suo aiuto. Riuscì ad aprire la porta.
Lei entrò e vide la cucina quasi completamente arredata.
Qualche vagabondo ci aveva fatto tappa perchè c'erano resti di passaggio.
Si guardò attorno curiosa e perplessa, mentre Nick era rimasto sulla porta, appoggiato allo stipide: 
"Non è male ..." osò dire stringendosi nelle spalle  "Una volta sistemato qualche asse del pavimento e aggiustati i serramenti, dovrebbe migliorare". 
"Già" si limitò a dire Kelly.
"Io do un'occhiata qui fuori" fece Nick allontanandosi.
Kelly controllò le altre due stanze. Una camera piccola e un'altra molto più grande. Vide il letto in ferro battuto e una tinozza in perfetto stato. 
Ma polvere e ragnatele ovunque. 
Ci avrebbe messo mesi a ripurirla, pensò.
Nick ritornò con la sua valigia, che posò accanto al tavolo.
"Sei fortunata" disse con un sorriso "Hai l'acqua".
Le indicò la pompa fuori, all'esterno, ma Kelly nemmeno la vide. 
Il suo sguardo cadde su due cavalli che si stavano avvicinando: uno bianco e uno nero, e rispettivi cavalieri. 
Richiuse la porta di botto, facendo sobbalzare il ragazzo.
"Hei. Che c'è?" chiese lui sorpreso e ignaro.
"Abbiamo già visite" rispose Kelly accellerando il respiro. 
"Chi?".
Nick fece per accostarsi alla finestra, ma Kelly lo strattonò.
"Non lo farei se fossi in te" lo avvisò "Sono due assassini e io la loro scomoda testimone di un delitto". 
"E vogliono farti fuori, giusto?".
"Probabile che siano qui per questo, si". 
Si udì una voce fuori gridare:
"Sappiamo che sei lì dentro senorita! Vieni fuori tu o entriamo noi a prenderti?". 
Kelly si precipitò alla sua valigia, aprendola freneticamente.
"Che vuoi fare?" chiese Nick preoccupato.
"Difendermi" trovò la sua pistola e il fucile ripiegato. Con uno scatto chiuse quest'ultimo con fare esperto, dopo aver controllato che fosse carico "Sai sparare?".
Nick era rimasto stupito nel vedere ciò che la donna aveva in valigia. 
Prese la pistola che Kelly gli porse:
"Non porti il cappellino ... ma in compenso ..." ironizzò ancora sconvolto "Si, so sparare".
"Bene" fece lei passandogli le munizioni "Così non sprecheremo pallottole".
Kelly si posizionò alla finestra, aprendola lentamente senza esporsi.
"Andatevene!" gridò.
"E no senorita!" rispose uno di loro fuori, divertito "Abbiamo qualcosina di cui parlare". 
La canna del fucile di Kelly appoggiò sul piano della finestra, lentamente.
Nick era posizionato accanto alla porta, ma si era incantato a guardare la donna a pochi passi da lui. Non aveva visto niente di simile in vita sua. Lei non aveva il benchè minimo timore, al contrario, sembrava si divertisse. 
La vide sollevarsi piegando il capo sul fucile, spostando l'arma con una rapidità assurda, mirando e premere il grilletto in un batter d'occhio. 
Il colpo risuonò violento nella cucina. Fuori si sentì imprecare.
Nick si spostò alla finestra della stanza vicina e sbirciò all'esterno.
Uno dei due uomini era accasciato a terra, con una mano sulla spalla sanguinante.
"Perdiana! L'ha colpito" esclamò a bocca aperta. 
"Andatevene ho detto!" ripetè Kelly "O non esiterò a sparare di nuovo".
L'uomo rimasto in piedi alzò le mani in segno di resa:
"Va bene!" gridò "Ce ne andiamo! Ma non finisce qui, lurida puttana!". 
Aiutò il suo compagno a montare a cavallo, poi si allontanarono al galoppo, scomparendo all'orizzonte. 
Kelly posò il fucile sul tavolo e guardò Nick avvicinarsi:
"Grazie per l'aiuto" lo derise con un sorriso. 
Il ragazzo era ancora sottosopra e non sorrideva più. 
Lasciò la pistola accanto al fucile, dicendo serio:
"Non so chi sei ... Kelly, ma hai spaventato anche me". 
Si mise le mani nelle tasche a disagio, avvicinandosi all'uscita. 
La donna fece un profondo sospiro, spiegando rapidamente.
"Il mio nome è Kelly Joe. E fino a qualche mese fa mi aggiravo senza una meta. Ho viaggiato per il Texas, Mexico, Utah, fino in Montana. Ho imparato a difendermi ed ho visto cose che nemmeno potrei descriverti. Non sono nessuno Nick ... solo una pioniera che ha perso la famiglia prima di sapere dove stavo andando". 
Nick l'ascoltò con attenzione, poi chiese:
"Oggi perchè sei qui?". 
Kelly si ritrovò a guardarlo negli occhi solari prima di rispondere sinceramente:
"Perchè è giunta l'ora di vivere da qualche parte, di provare a dormire in un letto mio".
Nick abbassò lo sguardo sul pavimento, e decise di ritrovare il suo umorismo:
"Dimmi che sei in cerca di marito".
Lei rise di botto, poi alzò le spalle dicendo:
"Può darsi ...". 
Lo guardò aprire la porta:
"Devo andare, altrimenti il signor Darfon mi farà la predica".
Kelly si ricordò che doveva pagarlo e cercò il proprio borsellino.
"No aspetta ...".
Nick scosse il capo, poi le sorrise dolcemente prima di andarsene:
"A presto ... Kelly".
 
Cominciò a mettere a posto la casa.
Spalancò porte e finestre.
Gettò in un angolo tutte le cianfrusaglie che non le servivano.
Prese secchio e stracci e pulì.
Tolse le ragnatele. Non ebbe nemmeno il tempo di pranzare. 
Appese il fucile accanto alla porta. 
Nel pomeriggio Nick tornò. 
Rimase sulla porta a guardare il meraviglioso lavoro che la donna aveva fatto.
"Ha già cambiato aspetto. Complimenti. Hai fatto miracoli". 
Lei si asciugò la fronte imperlinata di sudore con un braccio:
"Come mai non sei al lavoro?".
"Io sto lavorando" fece lui ridendo "Sono venuto per prendere nota del materiale occorrente per aggiustarti il pavimento".
"Va bene" acconsentì Kelly con un sorriso, invitandolo ad entrare "Ma quando torni in paese vengo con te. Ho una lunga lista anch'io ... per l'emporio".
"Ricordati le munizioni" fece Nick chinandosi su di un asse sconnesso "Quei due non tarderanno a farti visita un'altra volta".
"Già annotate". 
Il ragazzo fece i suoi calcoli a mente, poi si rialzò per suggerirle: 
"Fossi in te avviserei lo sceriffo comunque".
"Già fatto. Ma Perkins non ha mosso un dito". 
Nick scosse il capo:
"Non mi stupisce. Quell'uomo non vede l'ora di godersi la sua vecchiaia".
Kelly diede uno sguardo alla tinozza nella camera e pensò di farsi un bagno prima di recarsi in paese.
Il suo aspetto era davvero ridotto male.
"Puoi rimanere il tempo di farmi un bagno?".
"Non c'è problema. Controllo i serramenti intanto ...".
"Bene".
Kelly prese il secchio ed uscì a prendere l'acqua. Riempì la tinozza quel poco che bastava per lavarsi. 
Mentre in fretta s'insaponava non poteva fare a meno di pensare al giovane che si aggirava in casa sua.
Nick era dolcissimo e davvero simpatico. Si accorse che mentre faceva il giro delle finestre per controllarne lo stato, lui si era soffermato per un attimo a quella della camera, sbirciandola all'interno nella tinozza. Ma il ragazzo era troppo discreto per approffittare della situazione. Kelly aveva notato che si era allontano rapidamente. Uscì dalla tinozza, si asciugò e guardò il suo vestito ridotto come uno straccio. Quindi frugò nella valigia.Vide i suoi pantaloni di sempre, e la camicia color panna. Resistette alla tentazioni d'indossarli, e prese l'ultimo vestito marrone che aveva con sè. Indossò quello, i suoi unici stivali a cui era affezionata, poi uscì dalla camera raccogliendo i capelli in fretta. 
"Sono pronta ... andiamo". 
Nick la stava aspettando sul portico. 
Sul carro diretti in paese, i due chiacchierono allegramente.
Kelly si sentiva a suo agio con Nick e iniziò a raccontargli tutto ciò che le passava per la testa.
E per Nick era un vero piacere scoprirla.
"...quindi ti mantieni scrivendo romanzi".
"Esattamente. Ogni settimana vado in banca a prelevare i miei ricavi e diritti. Ho scritto ben diciotto romanzi e ho praticamente raccontato tutto ciò che ho vissuto, visto e conosciuto". 
"Per sapere il tuo passato dovrei leggerli pure io" fece Nick "Ma sono troppo pigro per farlo".
Kelly si ritrovò a guardarlo attentamente, studiandone il profilo. 
I suoi lineamenti erano dolci, e per un momento le venne voglia di tuffare le mani nei suoi capelli arruffati. 
Si era tolto il cappello e lei glielo aveva preso mettendoselo in testa. 
Nick non aveva replicato: aveva sorriso socchiudendo gli occhi, guardandola mentre indossava qualcosa di suo. Una sensazione che gli piacque tantissimo. 
Giunsero a RedCity, e scesero dal carro fuori dall'emporio.
Kelly quando entrò iniziò a guardare la merce esposta, accorgendosi che non c'era nessuno dietro il banco. 
"Signor Barrymore!" chiamò Nick allegramente raggiungendola, poi le disse "E' sordo, ma dice di non esserlo". 
"E non gridare accidenti!" esclamò un'ometto uscendo dal retrobottega "Non sono mica sordo".
Kelly e Nick si misero a ridere di gusto.
Poi lei acquistò di tutto: accessori per la cucina, due lampade a petrolio, stoffa, sapone, cibo, coperte, scatole di proiettili. 
Non trovò i fiammiferi, perchè il signor Barrymore li aveva momentaneamente esauriti. 
Pagò il conto, mentre Nick caricò la merce sul carro. 
"Ti prometto che a lavoro compiuto avrai una bella mancia" le disse lei uscendo. 
Lui si riprese il suo cappello comunicandole:
"Faccio un salto dal signor Darfon a caricare il materiale per il pavimento. Vuoi venire anche tu o preferisci fare un giro nel frattempo?". 
Kelly pensò ad Angus e rispose:
"Vai pure. Ti raggiungo tra un po'".
Nick annuì e salì a cassetta spostando il carro. 
Kelly si diresse alla casa di Angus. 
Le sembrò doveroso fargli una visita dopo quello che lui aveva fatto per lei.
Bussò alla sua porta sperando che ci fosse.
Sentii qualcuno muoversi all'interno e subito dopo Angus le aprì. Indossava solo i pantaloni. 
Di colpo imbarazzata Kelly arrossì:
"Ciao ... Passavo di qui e volevo sapere come stai".
Angus le fece un lieve sorriso: 
"Vieni ... entra" la invitò.
Lei entrò in casa, fortemente a disagio:
"Sono di fretta, perchè dovrei ...".
Angus la interruppe:
"Stavo cercando di cambiarmi la fasciatura. Un'impresa da solo ...".
Kelly spostò lo sguardo sul tavolino al centro del salotto. C'erano bende e un catino di acqua sporca di sangue. 
"Ti aiuto ..." buttò lì, ingoiando saliva visibilmente.
Un camino spento troneggiava alla parete.
"Siediti ..." le disse lui, poi si accorse che sul divano c'erano dei vestiti che si affrettò a spostare "Scusa il disordine". 
Kelly si sedette e Angus accanto a lei, porgendogli il braccio ferito.
"Sei poi andata a Yellowground?" chiese. 
"Si. La casa che ho comperato per fortuna esiste" farfugliò Kelly prendendo una benda pulita e cercando di non guardare il petto dell'uomo che le stava così vicino.
Aveva un colore abbronzato,  muscoli virili, e le spalle larghe. Traspirava calore da ogni parte del corpo.
Evitò di guardarlo anche in viso, perchè Angus era davvero bello: a capo chino, con i capelli lunghi che gli coprivano in parte il volto, e gli occhi semi chiusi a fissare le sue mani che iniziavano a bendargli il braccio.
"Quindi ti sei stabilita qui ... in questo paese sperduto nel niente". 
"Non è diverso dagli altri Angus ... e poi tra un po' arriverà il treno. Porterà più gente e commercio". 
"Ci sono tante altre città ben più importanti: Kansas City, New Orleans ...". 
Kelly fece una smorfia:
"No. Preferisco ancora le praterie". 
Angus rimase per un attimo in silenzio, a guardarla lavorare. Poi disse:
"Che non sei una maestra già lo so ...".
Kelly sorrise lievemente:
"Neanche un'infermiera se è per questo" e si rese conto che la fasciatura non era venuta un gran chè.
"Sempre meglio di quella che stavo cercando di fare io" la consolò lui.
Angus aveva un modo di parlare che a Kelly piaceva moltissimo.
Faceva scorrere le parole lentamente,  per questo lui appariva sempre calmo, ma la faceva sentire a disagio.
Ora che aveva finito di aiutarlo, lui alzò finalmente il viso, incontrando lo sguardo chiaro di lei. 
Per un attimo di perse in quello sguardo: imbarazzato ma sensuale.
Gli era piaciuto sentire il tocco delle sue dita sulla propria pelle. 
Avrebbe voluto trovare una scusa per intrattenerla ancora, ma non gli venne in mente nulla. 
La porta si spalancò di colpo e Angus alzò brevemente gli occhi al soffitto scocciato, quando Nick entrò sorridendo chiedendo:
"Angus abbiamo ancora quella scorta di fiammiferi in ...". 
Lasciò la frase sospera nell'aria quando vide Kelly seduta sul divano.
"Kelly ... che ci fai qui?" e il suo sorriso si spense. 
Fortemente a disagio, la donna spiegò:
"Sono venuta a controllare la ferita di Angus".
"Quale ferita?" Nick guardò Angus e vide il braccio fasciato "Che ti sei fatto ancora?". 
Lui si alzò e riordinò distrattamente il tavolino:
"Due uomini, stamattina al Saloon".
Ora Nick guardò Kelly e lei annuì:
"Gli stessi uomini" lo informò.
Anche se non voleva farlo trasparire, Nick restò turbato nel vedere Kelly accanto ad Angus. Si spostò di cattivo umore a cercare qualcosa nei cassetti di una credenza. 
La donna intuì che pure Nick abitava lì e si ritrovò a guardarli entrambi e a fare confronti. Si assomigliavano, anche se Nick era più giovane di Angus.
"Ma ... voi due siete fratelli?" chiese infine. 
Rispose Nick, con un:
"Si ... purtroppo". 
E all'improvviso le sorse un dubbio:
"Vostro padre abitava a Tombstone?". 
Nick rinunciò a cercare nei cassetti e si soffermò a guardare con attenzione Kelly.
"Si, perchè?".
Angus la fissò serio, e disse cupo:
"Come sarebbe a dire ... abitava". 
Kelly andò nel panico:
"Ecco io ... l'ho conosciuto sul treno. Stava venendo qui ...". 
Angus chiuse gli occhi, collegando i pezzi e intuendo:
"Continua" le ordinò.
"Ma a Holyland ...".
Kelly non potè proseguire.
Con il braccio sano Angus scaraventò tutto quello che c'era sul tavolino contro la parete in un solo gesto.
Il rumore fece sobbalzare la donna e mandò Nick su tutte le furie: 
"Cosa!" e alzò la voce perchè non capiva "Ma a Holyland cosa!".
"Quei due ..." balbettò Kelly "Lo hanno ucciso fuori dalla taverna".
Nick la guardò esterefatto:
"Forse ... non era nostro padre ...".
"Mi ha raccontato che aveva due figli qui a RedCity, e che era vedovo e ... di dirvi di non andare a Tombstone, che tanto non aveva più nulla". 
A Nick salirono le lacrime agli occhi, ma il suo dolore si tramutò in rabbia. Si voltò al fratello, che dava loro le spalle, le mani aggrappate al camino e gli chiese a denti stretti:
"Chi erano quei due Angus?".
Lui non rispose e Nick strinse così forte i pugni da far sbiancare le nocche, riformulando la domanda:
"Erano uomini di Ruper? Erano loro?".
Angus non si voltò mentre finalmente rispose:
"Non lo so, ma può darsi ...". 
"Chi è Ruper?" chiese Kelly.
Nick assunse un tono sarcastico:
"Un uomo spregevole. E Angus lavorava per lui. Il mio fratellone sa sparare troppo bene per fare il falegname". 
Angus si voltò ed affrontò il fratello, puntadogli un dito contro:
"Ti ricordo che sei stato tu a convincermi di mollarlo su due piedi". 
La voce di Nick diventò fioca: 
"Ed ha scelto il modo peggiore per costringerti a tornare da lui". 
Angus aprì un cassetto vicino e ne tirò fuori un cinturone con una pistola: se lo allacciò alla vita.
"Che hai intenzione di fare?" chiese Nick guardandolo, e sperò che non tornasse davvero a lavorare per lui.
Angus tirò giù dalla parete un fucile e lo gettò al fratello:
"Andiamo a dare una lezione a quel bastardo". 
Nick prese l'arma al volo: annuì con un lieve sospiro. 
"Kelly. Prendi pure il mio carro e tornatene a casa" disse alla donna, ma lei obiettò subito:
"Non ci penso nemmeno. Io voglio venire con voi". 
"E' fuori discussione" fece Angus infilandosi una camicia e calzando il cappello "Nick ha ragione. Tornatene a casa". 
"No" insistette lei "So sparare bene anch'io e quei due uomini sono stati a casa mia stamattina. Voglio essere sicura che non torneranno più". 
Angus sbuffò infastidito e Nick prese le sue difese:
"Non sta mentendo Angus ... Kelly sa sparare bene sul serio". 
Restò per un momento a guardarla scettico, e lei decise:
"Passiamo un salto a casa mia. Prendo le mie armi e poi ci avviamo". 
Angus abbassò lo sguardo e si avviò:
"Aspettiamo a slegare i cavalli dal carro dunque". 
Nick e Kelly lo seguirono.
 
Sembrava che Kelly si stesse recando ad una festa. 
Le sorrideva l'idea di continuare a fare ciò che aveva sempre fatto: andare in cerca di guai. 
L'adrenalina che lei pensava di evitare accasandosi, l'aveva di nuovo provocata, e questo non poteva che renderla eccitata.
Piombò in casa dirigendosi in fretta alla sua valigia, indossando i pantaloni e la camicia, sentendosi di nuovo se stessa, ridando forma al suo Stenton e calzandolo, mentre i due fratelli fuori preparavano i cavalli. Prese la pistola e li raggiunse. Angus quando la vide la guardò sorpreso ma non disse nulla. Nick invece fece un lieve sorriso pensando che quella doveva essere la vera Kelly Joe.
Le fece posto sulla sua sella e lei non esitò ad infilare lo stivale nella staffa e a  salire per sedersi davanti a lui. Angus tirò le briglie e voltò il suo cavallo avviandosi.
Cavalcarono lontano dalla strada. Nick non sapeva dove si trovava il covo di Ruper e si limitò a seguire Angus.
Per qualche minuto, dimenticò la morte del padre, perchè avere Kelly seduta davanti, stretto contatto, lo mandò in visibilio. Lei aveva i capelli sciolti spettinati che le scendevano sulla schiena e potè sentire il profumo della sua pelle. Non resistette nel sfiorarle i fianchi mentre con le redini in mano gestiva il cavallo. Angus non aveva fatto una piega quando lei era salita accanto a lui: questo significava che poteva continuare a corteggiarla.
"Mi aveva offerto la cena".
La voce di Kelly lo riportò alla brusca realtà:
"Cosa?".
"Tuo padre ... Mi aveva offerto la cena ad Holyland".
Nick non disse nulla. Alzò lo sguardo sul fratello davanti a loro. Parlavano a bassa voce: non poteva sentire chiaramente ciò che si stavano dicendo.
"Ti conosco poco Nick, ma hai un animo buono" continuò Kelly "Non ti sei nemmeno arrabbiato con tuo fratello, al contrario, lo stai seguendo per aiutarlo ancora ...". 
Ancora una volta Nick tacque, ma si  rattristò. Si appoggiò a lei con un sospiro, sfiorandole la spalla con il mento, chiudendo per un istante gli occhi. 
Kelly lo lasciò fare. Gli ricordò Devid O'Hara, il giovane ragazzo biondo che per accompagnarla in una delle sue avventure, aveva perso la vita. La sua dolce immagine le apparve davanti, così viva che non si accorse di essersi voltata ad accarezzare il viso di Nick. Quando incontrò i suoi occhi castani, si rese conto che stava commettendo un grosso sbaglio. Ritirò la mano immediatamente:
"Scusa".
"E di cosa?" chiese lui con un filo di voce, lo sguardo addolcito su di lei. 
Kelly lo sentì eccitarsi contro il proprio fondoschiena. Le sfuggì un sorrisino e lui inevitabilmente arrossì.
Virile e sensibile.
"Ci siamo ..." le parole di Angus attirarono la loro attenzione "Meglio lasciare qui i cavalli". 
C'erano grandi rocce e una collina che a quell'ora, stava prendendo un colore rossastro. 
Si arrampicarono tra le rocce. 
Angus si voltò un paio di volte per vedere se Kelly era in difficoltà, ma poi notò che se la stava cavando benissimo.
"Passando di qui ... non ci vedranno arrivare" comunicò.
Un istante dopo, Angus fece cenno a Kelly e a Nick di non fiatare.
Si appiattì all'ultima roccia, guardando giù. Loro lo imitarono.
Kelly vide una baracca più in basso, e fuori stesi a terra, c'erano i corpi di tre uomini.
Regnava un silenzio surreale.
"Sono morti ..." sussurrò Nick.
Angus si alzò:
"Rimanete qui. Scendo io". 
Anche Kelly si alzò:
"Io scendo con te. Nick rimarrà a coprirci se qualcosa andrà storto".
Angus finse di non averla udita e iniziò a scendere.
Non appena raggiunsero i tre cadaveri, Angus ne rivoltò uno con uno stivale.
Scosse il capo incredulo:
"Carlos ... e quelli sono Paz e Coy". 
Aveva la pistola in pugno, e pure Kelly adesso.
Lei alzò di poco la tesa del suo cappello con la canna della propria pistola:
"Tuoi ex compari immagino ..." osò dire.
"Già ...". 
Angus si spostò lentamente verso la porta della baracca rimasta spalancata.
Entrò attento, seguito dalla donna.
C'era una piccola cassaforte a pochi passi da loro, aperta.
Angus ne controllò il contenuto: solo fogli, praticamente ripulita.
Kelly sentì un lieve rumore provenire dalla scrivania in fondo all'unica stanza.
Si mosse cauta, scoprendo un uomo robusto vestito di nero seduto a terra. 
Aveva una brutta ferita alla pancia e dalla bocca gli uscivano rivoli di sangue.
"Angus ..." chiamò Kelly e lui la raggiunse vedendolo. Restò immobile a guardarlo, impassibile.
L'uomo tossì e sputò sangue, alzando lo sguardo sull'uomo che gli si piazzò di fronte:
"Mc ...Key" riuscì a dire a stento.
"Ruper". 
"Come mai ... sei qui?". 
"Ero venuto per piantarti una pallottola in pancia, ma a quanto pare ci ha pensato qualcun'altro. Chi è stato?". 
Non c'era ironia nelle sue frasi. Angus era serissimo.
"I miei ... ultimi due acquisti. Tu te ne sei andato e io ho dovuto rimpiazzarti. Vigliacco tu, e bastardi loro". 
"Sono gli stessi che hai pagato per far uccidere mio padre?".
"Si ... Se ti muovi, fai in tempo a beccarli ... sono appena andati via" e tentò di sorridere ma gli costò caro, perchè spirò così.
Angus si voltò imprecando.
Poi si diresse alla porta.
A grandi falcate si avviò giù per il sentiero. 
Kelly fece cenno a Nick di scendere prima di continuare a seguirlo.
I sassi rotolarono durante la loro discesa, poi sbucarono ad uno spiazzo dove scoprirono uno dei due assassini che stava richiudendo una borsa sul proprio cavallo nero. 
L'uomo vide Angus e la donna avvicinarsi. Disse tranquillamente:
"Ci rivediamo ..." prima di impugnare una pistola e puntarla su di loro con un sogghigno.
Kelly indietreggiò lentamente. Probabilmente li avevano sentiti arrivare, e si chiese dove fosse il secondo uomo. 
"Si, ma stavolta sono più preparato" fece Angus. 
Fu di una rapidità incredibile. Sollevò la pistola tendendo il braccio ferito e fece fuoco. 
Lo sparo echeggiò nella vallata con un boato.
E subito dopo un'altro.
Kelly aveva scorto il secondo uomo sbucare da dietro una roccia, quello a cui lei aveva già sparato quella mattina. Non esitò un secondo. Stava colpendo Angus alle spalle e lei premette il grilletto centrandolo in pieno petto.  
Angus si era voltato a guardare l'uomo crollato a terra, poi si soffermò su Kelly che riponeva la sua pistola.
Non le disse nulla, ma lei lesse nel suo sguardo: c'era un grazie, e anche ammirazione. 
Angus staccò gli occhi dalla donna solo quando vide il fratello raggiungerli. Si dedicò a controllare la borsa  rimasta sul cavallo nero.
"Bè ... direi che avete fatto in fretta" fece Nick con un sorriso di soddisfazione "Bravissima Kelly. Non avevo dubbi che te la saresti cavata alla grande". 
I complimenti di Nick la misero a disagio.
Preferì il silenzio del fratello maggiore. 
E si chiese il perchè. 
Restò immobile a guardare Angus montare sul cavallo nero, tirandogli le briglie e facendolo girare su stesso. 
"Ci vediamo a casa Nick" disse lui, prima di allontanarsi al galoppo. 
Solo allora Kelly si voltò e affiancata dal giovane tornò indietro. 
 
Il tramonto era ormai calato.
Nick era al fianco di Kelly, in sella al cavallo che di solito montava Angus.
La sbirciava da nascosto, ammiradone il viso angelico sotto lo Stenton marrone scuro. Le piaceva, e tanto, ma nel contempo c'era qualcosa in lei che lo faceva sentire inferiore. Era avvolta da un passato troppo vissuto, e la riteneva più in gamba di lui. Amaramente pensò che l'avrebbe vista meglio al fianco di suo fratello, ad un ex pistolero, che accanto ad un semplice falegname. Ma era bella, ammaliante, e poche ragazze fino ad allora lo avevano intrigato così. 
"Sei pensieroso".
Interruppe i suoi pensieri, Kelly, e Nick sorrise lievemente.
"Ti aiuterò a scaricare la merce dal carro" tergiversò lui "Poi andremo alla festa di benvenuto del dottor Dean, mangiando a sbaffo tutto ciò che troveremo sui tavoli. Che ne dici?".
Kelly rise:
"Un'idea allettante". 
Fecero galoppare i cavalli per arrivare prima a Yellowground. 
Mentre Nick portava la merce in casa, Kelly abbandonò di nuovo la camicia e i pantaloni per indossare il vestito marrone. Non si raccolse i capelli, poi aiutò Nick a rimettere i cavalli al carro.
Quando giunsero in paese si accorsero che era illuminato da numerose lanterne accese, che la gente aveva affollato l'esterno e l'interno della sala dei convegni, un posto che Nick spiegò, veniva spesso usato per riunioni, festeggiamenti e tanti altri eventi.
Nick lasciò il carro alla falegnameria, poi prese per mano Kelly conducendola allegramente tra la folla.
Lui era ilare, parlava e sorrideva con tutti, con chiunque gli capitasse a tiro. Kelly capì che era davvero benvoluto in paese. Una giovane donna lo prese sotto braccio e lo condusse dal dottor Dean, circondato a sua volta da un gruppo di persone. 
Connie la rossa sbucò dal nulla e si palesò davanti a Kelly salutandola amichevolmente e chiedendole:
"Ho saputo che ti sei stabilita a Yellowground. Allora ... è davvero brutto come immagino quel posto?".
"No" le sorrise Kelly "E' solo un po' isolato".
Connie non era vestita da ballerina da Saloon quella sera, ma con un abito ugualmente appariscente.
"Ti ho vista arrivare con Nick McKey. Se sei interessata a lui ti consiglio di tenertelo stretto perchè è molto corteggiato".
Lo indicò con il mento tra il gruppo poco più lontano, ancora con la giovane donna sotto braccio.
Aveva un profilo perfetto, e un sorriso travolgente.
Kelly scosse il capio con una lieve smorfia:
"Non lo so Connie" le confidò "E' tanto caro ma ...".
"Ma non sei attratta da lui" dedosse Connie.
A lei piaceva la compagnia della rossa. Fin dal primo momento che l'aveva conosciuta le andò a genio. Probabilmente un giorno sarebbero diventate grandi amiche. 
Connie si era appena riempita la bocca di tartine quando continuò a dire gesticolando animatamente:
"Nick è troppo socievole e buono. Sicuramente lo vedi di più come un amico che come un futuro compagno".
"Può essere ... si. Anche se è davvero carino".
Kelly era contenta che Connie fosse lì a tenerle compagnia, perchè non conosceva ancora nessuno a RedCity e Nick l'aveva in qualche modo involontariamente accantonata. Si sarebbe sentita a disagio senza Connie vicina. Prese anch'egli l'ennesima tartina e quasi le andò per traverso perchè Angus passò dinnanzi a loro e le lanciò uno sguardo inaspettato ed intenso, prima di uscire dalla sala.
Connie restò a bocca aperta ed assunse un'espressione divertente:
"Mamma mia come ti ha guardata Angus!" esclamò dandole una gomitata complice "Dopo una simile occhiata tu dovresti seguirlo fuori Kelly".
"Non ... avrei nulla da dirgli".
"Non dovevi mica ringraziarlo per averti difesa al Saloon?".
"Già fatto".
Connie le versò rapidamente due bicchieri di liquore e glieli porse:
"Allora portagli semplicemente da bere. Non ti dirà di no. Pensa che io in tanti anni sono riuscita a dirgli quattro parole e solo perchè ero ubriaca".
Kelly non potè fare a meno di ridere. Prese i bicchieri ed uscì a cercarlo. 
Ma di Angus non c'era più traccia. Delusa tornò dentro e riposò i bicchieri. Connie si era allontanata e Nick si avvicinò. Il suo umore era cambiato. Sembrava triste. 
"Che è successo?" gli chiese Kelly preoccupata. 
"Nulla" rispose brevemente lui senza guardarla negli occhi, uscendo.
Lei lo seguì e non appena fu all'esterno lo scoprì in un angolo con la schiena appoggiata alla parete di un edificio vicino, i pollici infilati nella cinta dei pantaloni, il capo chino.
Si avvicinò adagio, chiamandolo debolmente:
"Nick ...". 
Lui alzò il viso, e Kelly si accorse che stava piangendo.
"Ho cercato di non pensarci ..." si giustificò subito lui "Ma poi mi hanno chiesto di mio padre e io forse ... ho realizzato solo ora ...".
Kelly annuì con un sospiro, ricordando:
"Quando è stato ucciso il mio ... non ho avuto il tempo di realizzare. Ho dovuto pensare a come mettermi in salvo per giorni. Una festa non può cancellare il tuo dolore adesso".
Nick si asciugò una lacrima con un polso, sentendosi all'improvviso ridicolo.
Ma Kelly capì che avrebbe pianto a dirotto se non ci fosse stata lei. Gli fece tenerezza e lo abbracciò con affetto.
Nick si aggrappò a lei e la strinse forte a sè.
Oltre la spalla del giovane, Kelly scorse in lontananza la casa dei McKei, e l'ombra di Angus sul terrazzo immobile a guardarli. Poi a capo chino l'ombra si dileguò nella notte.
Kelly lasciò Nick, chiedendogli:
"Ti va di riaccompagnarmi a casa? Sono stanca".
"Certamente"  e insieme si diressero alla falegnameria. 
Nick non era più in vena di corteggiamenti. Lasciò Kelly a Yellowground dicendole che sarebbe tornato da lei l'indomani, per lavorare, poi andò a casa, silenzioso e triste. 
 
Il mattino dopo Nick giunse di buon ora. Kelly aveva appena preparato una limonata e gliene offrì un bicchiere prima che lui prendesse dal carro gli attrezzi di lavoro. 
"Angus si è recato ad Holyland" la informò "Con i soldi di Ruper farà in modo di pagare qualcuno che lo aiuti a portare il corpo di nostro padre a Tombstone". 
Lei ascoltò e la notizia le provocò un brivido.
"Non sarà un compito facile per Angus ...".
"Già ...". 
Nick scolò il bicchiere, poi si mise al lavoro. 
A metà mattinata Kelly lo raggiunse per chiedergli se poteva usare il carro per recarsi un salto in paese a prendere della stoffa: voleva fare delle tende e Nick non le disse di no.
"Sarò qui per l'ora di pranzo" le promise lei "Così cucinerò qualcosa da mangiare anche per te". 
"No dovrai disturbarti" spiegò Nick "Quando lavoro per qualcuno mi porto sempre il pranzo da casa. Darfon non vuole che approfitto dell'ospitalità dei clienti" e le aveva indicato una cesta all'ombra di una pianta vicina.
Così Kelly si recò in paese. Lasciò il carro fuori dall'emporio ed entrò, trovandolo come sempre vuoto.
Prima di chiamare il signor Barrymore nel retrobottega curiosò le varie stoffe. Le sfuggì lo sguardo oltre la finestra e vide  un uomo in sella ad un cavallo nero passare al trotto. 
Lasciò le stoffe per aprire la porta e guardare fuori: Angus smontò da cavallo ed entrò  in casa. 
Il signor Barrymore comparve in quell'istante nella bottega e Kelly comprò in fretta la stoffa che fortunatamente aveva già scelto. Poi attraversò la strada posando gli stivali sul terrazzo di casa McKey.
La voce di Angus si udì all'interno quando lei stava per bussare alla porta rimasta semi aperta.
"Puoi fare meno casino quando arrivi? Butterai giù il terrazzo un giorno o l'altro". 
Kelly ignorò l'affermazione e bussò lievemente facendo capolino.
Angus quando la vide si giustificò subito dicendo:
"Scusami ... Ho visto il carro di mio fratello qui fuori e credevo fosse lui". 
"No ... Nick è a casa mia ... ad aggiustarmi il pavimento". 
Kelly oramai era nel salotto e Angus se ne stava seduto sul divano, con i gomiti posati sulle ginocchia divaricate, tra le mani un vecchio cappello impolverato. 
Lei lo riconobbe quel cappello. 
"A quanto pare sei riuscito a far portare tuo padre a Tombstone".
"Si" Angus posò stancamente il cappello sul tavolino "Il tizio che ho pagato non ha preteso che lo accompagnassi fin là".
"Sei sicuro che arriverà fino a Tombstone?".
"Non credo gli convenga arrivare a destinazione senza di lui" tagliò corto, facendole intendere che lo aveva minacciato "Non ero in vena di molte trattative mentre scavavo in quella fossa". 
"Immagino".
Ci fu un imbarazzante silenzio tra i due: poi Angus si alzò per raccogliere una borsa da cavallo, aprendola e prendendo qualche banconota.
Gliele porse:
"Sono i soldi di Ruper. E' giusto che una parte siano tuoi".
"No Angus. Lo considerate un risarcimento per la perdita di vostro padre. Io non c'entro nulla". 
"Non fare storie" l'ammonì lui mettendoglieli in una mano "Tu c'entri eccome". 
Se non fosse stato per Kelly, i fratelli McKey nemmeno avrebbero saputo che fine aveva fatto il loro padre. Se non fosse stato per Kelly, forse lui stesso non sarebbe stato lì in quel momento: non aveva dimenticato che gli aveva salvato la vita al covo di Ruper, ma Angus era troppo orgoglioso per dirlo. 
Lei accettò il denaro, poi trovò il coraggio di dirgli:
"Non credo che passerò ancora a disturbarti in futuro, Angus ... ma mi farebbe veramente piacere se qualche volta verresti tu ... a disturbare me". 
La guardò negli occhi azzurri e per un attimo si perse in quegli occhi.  Kelly aveva pronunciato quelle frasi con voce tremante e Angus capì che l'invito era dettato da qualcosa di più della semplice cortesia. 
Si sentì lusingato, ma assunse un tono distaccato per difesa:
"E' mio fratello quello interessato a te Kelly. Io ho già fatto abbastanza danni alla mia famiglia". 
Lei si sentì spiazzata dalle sue parole. Non riuscì più a dire nulla.
Lentamente, amareggiata, uscì di casa. 
 
Quando Kelly tornò a Yellowground trovò Nick addormentato sotto l'albero dove probabilmente aveva pranzato. C'era il cesto vuoto accanto a lui e un libro ancora aperto sul suo petto, sopra la camicia quasi completamente sbottonata. 
Prima si soffermò a guardargli il viso rilassato e dolce, poi gli prese il libro per posarlo vicino, leggendone il titolo: "Vento del nord". 
Nick si svegliò in quel momento. 
"Non posso crederci!" esclamò lei stupita "Stai leggendo i miei romanzi! Avevi detto che eri troppo pigro per farlo".
Nick si riprese il libro gelosamente alzandosi. 
"Sono tutti alla biblioteca" farfugliò.
"Sei andato alla bibliteca per cercare i miei libri?".
"Si, e non credevo di trovarli". 
Kelly indicò il romanzo:
"Quello è il n. 10. Non dirmi che ne hai letti già nove".
Nick si accarezzò il capo a disagio:
"Li ho letti". 
All'improvviso a lei venne da ridere, ma il ragazzo era serio, mentre chiese rivolgendosi al libro che aveva in mano:
"Kelly ... davvero hai visto tutta questa gente morta? Intendo ... la tribù Cherrokee". 
Anche lei si fece seria.
"Si, l'ho vista".
Lui cercò i suoi occhi e quando li trovò le disse:
"Hai provato a salvarli ... ti stimo per questo". 
"Non ci sono riuscita".
L'argomento la stava turbando molto.
Nick posò il libro a terra, poi sollevò una mano per accarezzarle una guancia.
La guardò dolcemente e si avvicinò ancor più a lei.
"Ho letto come è stato ucciso tuo padre. Indiani ... Pawnee per la precisione".
Giunse a cingerla alla vita, attirandola a sè.
Kelly era imbarazzata, ma sentì il calore che emanava il suo corpo. Abbassò lo sguardo sulla sua camicia aperta, sul suo petto liscio ed abbronzato. Nick le sollevò il mento con un dito. 
Poi socchiuse gli occhi, prima di baciarla. Sentì le sue labbra consensenzienti, e continuò a baciarla con una tenerezza infinita. Kelly gli tuffò le mani nei capelli dalle morbide onde fanciullesche, appoggiandosi a lui, e per un attimo desiderandolo. Ma poi tentò di ritrarsi, lasciando la sua bocca e accorgendosi che lui era già in balìa di una passione incontrollabile. 
"Nick ... no" riuscì a sussurrare lei. 
Nick non la lasciò. Nemmeno la sentì. Kelly dovette indietreggiare, lasciandolo. 
Finalmente lui capì, e fece un sospiro esasperato.
"Mi dispiace tanto Nick ... " mormorò la donna passandosi nervosamente una mano tra i lunghi capelli. 
"Non dirmi che c'entra mio fratello" fece lui. 
"No ..." e si accorse che stava mentendo. 
Ma non gliel'avrebbe detto. 
Dopo la frase udita da Angus, non avrebbe messo in cattiva luce il fratello agli occhi di Nick. 
E nemmeno si sarebbe messa a fargli la corte dopo aver chiarito la situazione. 
Angus la intrigava, ma non era questo il periodo per dimostrarglielo ancora.
"Tu mi piaci Nick ..." tentò di giustificarsi lei, prendendo spunto dalle parole di Connie la rossa "Ma ti vedo più come un amico che come un compagno. Un amico speciale ... che non intendo illudere". 
Kelly pensò che se non avesse conosciuto Angus, forse si sarebbe concessa a Nick.
Lo vide rassegnarsi, mentre si allacciava la camicia. 
"Non importa ..." disse semplicemente lui, ma con il broncio.
"Mi dispiace ...".
"Ho detto che non importa".
Raccolse le sue cose per riporle sul carro, allontanandosi la lei.
Kelly si sentì triste: forse l'avevo perso pure come amico.
Ma Nick si voltò e le fece un sorriso di conforto dicendole:
"Pretendo una torta quando ho finito di sistemarti anche i serramenti. Ma non dovrai dirlo al signor Darfon, chiaro?". 
Kelly sorrise, dopo aver fatto un sospiro di sollievo.
"Non sono capace di fare di torte, ma giuro che ce la metterò tutta". 
Nick scosse il capo ridendo. Non era più imbronciato, ma ilare come sempre. 
La guardò mentre saltellando lo raggiunse, prendendo le stoffe dal carro, poi si mosse per rimettersi al lavoro, contento di non aver almeno rovinato la loro amicizia.
  
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