Serie TV > Supernatural
Ricorda la storia  |      
Autore: nes_sie    28/08/2012    3 recensioni
E allora Dean non sa cosa fare, pensa a quello che è successo, pensa che dovrebbero parlare di quel giorno, e che magari Sam ha ragione e devono trovare una soluzione per aiutarlo.
Ambientata dopo la puntata 7x21, quando Castiel lascia i fratelli Winchester per andare chissà dove.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tutto come prima

 

La TV accesa – la sola ad illuminare la stanza –, il brusio dei dialoghi in sottofondo di quella che sembrerebbe una telenovela e il leggero ticchettio della pioggia sulle porte e sulle finestre. Non si sente nient'altro all'interno del rifugio. Supino, si ritrova a fissare il soffitto sgangherato con aria pensierosa e cupa; così si alza subito dopo e le molle del divano cigolano sotto il suo peso. Appoggiato sui gomiti, si stropiccia gli occhi con una mano e pensa che non dovrebbe fare quello che sta per fare, che sarebbe meglio raggiungere Sam, nell'altra stanza che dorme da un pezzo, e dormire anche lui – o almeno provarci. Quand'è stata l'ultima volta che ha fatto una sana dormita? Chiude gli occhi, ma solo per un attimo: flash degli ultimi avvenimenti gli invadono la mente e lui vuole solo metterci una pietra sopra; chiudere definitivamente con quella cazzo di storia dei Leviatani, sbattersi una bella morettina, se vogliamo dirla tutta, e poi tornare al lavoro di sempre, alla vita di sempre... facendo il culo a quel figlio di puttana di Crowley, tanto per cominciare.

Ma c'è un'altra cosa che deve fare, prima.

 

***

Due settimane prima.


Aveva bisogno di bere e di saggiare un po' di normalità, aveva bisogno del loro “pellegrinaggio” a Las Vegas ¹ e, sì, anche di guadagnare dei bei bigliettoni con del sano Poker e sedute alla Slot Machine. Così lui e Sam avevano deciso di ripetere in quello stesso anno la tradizione ed erano partiti alla volta del Nevada.

 

Erano trascorsi tre giorni, tra i tavoli di Poker, i banconi dei bar nei club di spogliarelliste e la stanza che dividevano nel motel a pochi minuti dalla città del divertimento, e Dean era sembrato agli occhi del fratello come scostante, con la testa da tutt'altra parte: qualcosa gli teneva occupata la mente e gliela metteva sottosopra. Sam non era uno stupido, ma finse di non accorgersi di niente: Dean non era mai stato il tipo da pianti sulla spalla e consolazioni; preferiva accantonare la cosa e andare avanti, senza dare agli altri motivo di pensare che qualcosa lo tormentasse. Era fatto così e Sam lo sapeva bene; avrebbe aspettato che fosse Dean a fare il primo passo, così si limitava a lanciargli occhiate furtive di tanto in tanto e a tirare fuori la faccia da fratello-preoccupato-che-vorrebbe-fare-qualcosa-per-tirarlo-su. Stranamente, Dean non si accorgeva di nulla, il che lo metteva in allarme ancora di più.

E se Dean, poi, fece quel passo, di certo non lo aveva fatto verso Sam.

 

Un giorno avrebbe detto che era stato proprio Cass a trovarlo. Stufo della routine che si ripeteva da qualche giorno, ormai, aveva deciso di farsi un giro con la sua Baby e così era salito su, per imboccare una strada a caso. Guidava senza una meta, con i Metallica in sottofondo e i suoi pensieri grigi a fare da cornice. Lo aveva scorto così: di spalle, seduto, le gambe penzoloni nel vuoto che mostravano un paio di stravaganti calzini con dei coniglietti gialli, ad ammirare uno sprazzo del paesaggio di River Mountains – o almeno così sembrava, non appena sceso dall'auto. Portava gli abiti dell'ultima volta che l'aveva visto: la tenuta della clinica psichiatrica non più rigorosamente bianca, ma con qualche chiazza bruna dovuta a polvere e terra, e il solito trench logoro e rovinato. Sembrava fosse trascorso chissà quanto tempo, eppure non così tanto da fargli dimenticare che c'era ancora quell'angelo a fare parte della sua inutile e incasinata vita. Si era fatto avanti e con la mano si era aiutato a sedersi accanto a Castiel.

«Ciao, Cas...» aveva sussurrato appena.

Castiel aveva cominciato così a parlare. Parlava di tutto e di niente e Dean non riusciva a stargli dietro e fremeva dalla voglia di strattonarlo per il colletto del trench e urlargli in faccia di riprendersi, di smetterla di sparare cazzate. Ma rimaneva in silenzio, anche lui con le gambe penzoloni, ma lo sguardo di chi si era rassegnato: perché diavolo avrebbe dovuto svegliare il Bello Addormentato nella Terra dei Matti e riportarlo in quella realtà dove tutto si riduceva ad uno schifo di niente? Non l'aveva mai visto così sereno...

 

Da quella volta, nelle due settimane, si erano incontrati ancora e sempre nello stesso posto. Rimanevano l'uno accanto all'altro ad ammirare lo splendido panorama che si stagliava davanti a loro: le pareti di roccia scoscese formavano lunghe diramazioni e i raggi del sole al tramonto si riflettevano sulla rocce rosse, creando uno spettacolo di colori e luci mozzafiato.

 

Quel silenzio surreale però venne un giorno interrotto. Castiel sfogliava una rivista di moda: di tanto in tanto entrava in qualche stazione di servizio e rastrellava ogni tipo di rivista gli capitasse a tiro nell'apposito scaffale. Era un passatempo come un altro, gli piaceva sentire il fruscio della carta mentre sfogliava le pagine.
«Dici che dovrei tagliarmi i capelli?»

«Uh... cos-... eh?»

«Secondo un sondaggio, piace di più l'uomo con i capelli rasati.» Aveva fatto una pausa, sfogliato ancora una volta la rivista, poi aveva rivolto lo sguardo verso un confuso Dean. «Mi starebbero bene i capelli rasati?»

«Beh, che ne so... Insomma, ma che domande sono?»

«Quindi credi siano meglio lunghi, ho capito. In fondo, anche Sam ha i capelli lunghi.»

«Mi spieghi che cavolo c'entra Sam?»

«Tu vuoi bene a Sam e adesso è tornato tutto come prima. Magari se allungo i capelli tornerà tutto come prima anche tra noi due.»

Castiel aveva abbassato lo sguardo ed era tornato con aria concentrata a consultare il magazine. Dean non sapeva cosa dire. Di solito, anche nei momenti meno opportuni aveva la battuta pronta o almeno tirava fuori dal suo vasto repertorio qualche perla delle sue, tipo qualcosa alla Jack Nicholson. Invece era rimasto come un ebete a fissare il profilo di Castiel, chiedendosi che cavolo c'entrasse Sam in tutta quella storia... e concordando con se stesso che Cas con i capelli rasati sarebbe stato decisamente male.

Erano passati ancora altri minuti e tra loro era di nuovo calato un silenzio che tuttavia era pieno di parole non dette.

Quella volta, però, fu Dean a romperlo.

«Senti, Cas, non hai bisogno di tagliarti o far allungare i capelli per fare tornare tutto come prima,» aveva cominciato. Le dita delle mani giocherellavano tra di loro. «Ehi, ti dirò di più: facciamo che non sia successo niente nell'ultimo periodo, okay? Non me ne frega niente, dico sul serio.»

Castiel si era scosso e dopo che aveva messo da parte la rivista si era girato completamente verso Dean, gli aveva messo entrambe le mani sulle spalle, così da guardarlo dritto negli occhi. Un sorriso era comparso sulle sue labbra; quelle labbra che a poco a poco si erano avvicinate a quelle di Dean e che le avevano sfiorate appena.

***

 

La stazione di servizio è quasi deserta. Di tanto in tanto, arriva un camion che fa rifornimento e poi riparte. Dean è appoggiato sulla sua Impala; con una mano regge un hamburger, l'altra la tiene dentro la tasca del giubbotto. Sta ripensando a quel bacio, anche se non vorrebbe, così scuote la testa e butta l'ultimo boccone nel cestino più vicino quasi con stizza. Sale in macchina e riprende il viaggio: stavolta in sottofondo ci sono i sospiri e i gemiti, che la sua mente ricrea, di due persone che mai avrebbe immaginato si sarebbero... amate.

 

***

 

Si trovavano ancora a River Mountains? Lo aveva trascinato da un'altra parte? Magari all'Inferno, o magari in Paradiso... chissà quale dei due fosse diventato peggiore.

Ecco, sentiva sotto le sue dita i granelli di terra rossa solleticargli i polpastrelli, il vento sbuffava attorno a loro e innalzava delle folate di sabbia scura che si infrangevano nelle rocce; il suo naso sfiorava quello di Castiel, entrambi respiravano forte, come se fino a quel momento avessero vissuto completamente in apnea, in attesa di quel “qualcosa” senza ancora un nome che mai era stato messo nei piani.
Si guardavano negli occhi come a voler trovare una risposta, celata dal verde e dal blu delle loro iridi, su quello che stavano facendo.

Ancora una volta, Dean aveva deciso di agire come sempre: al diavolo la vocina insistente di Sam, i froci e tutto il resto. Al diavolo.
Sotto di sé, tra le sue braccia, aveva Castiel, il suo Cas; il figlio di puttana che aveva voluto giocare a fare Dio, ma si era rivelato un gioco più grande di lui; il fottuto angelo che gli aveva salvato il culo così tante volte da averne perso il conto. Il suo Cas, che aveva voluto pagare per i propri errori e aveva salvato Sam. Il suo Cas, che in quell'istante, il quale sembrava essersi cristallizzato in un'istantanea che aveva catturato quegli occhi blu immensi e limpidi, lo stava guardando speranzoso.
Forse era stata una supplica, quella di Castiel; il tacito accordo di due anime che avevano accettato quella realtà. Dean, era sicuro, aveva davanti il vecchio Cas, non più il matto da legare con la passione per le battute idiote e le api.
Anche l'inferno nella sua testa si era arreso...


Lo aveva baciato Dean, con foga, con disperazione, con la voglia di cancellare dalle mente tutto quanto: chi era, perché viveva, come era finito lì... con lui.
E Castiel aveva risposto, a quel bacio; aveva sospirato di piacere e di soddisfazione per quella lunga attesa finalmente interrotta, e aveva assaporato le labbra di Dean e lambito la sua lingua.

Un corpo che non aveva mai avuto sotto di sé, così estraneo eppure simile al suo; le sue mani si muovevano con naturalezza, accarezzavano il corpo di Castiel, arrivavano fin dove non aveva mai osato spingersi perché troppo “innaturale” per lui. Sentiva il respiro appagato di Castiel solleticargli un orecchio, il bacino spingere verso il suo, sfiorarsi, strusciarsi, accendendo un desiderio che non aveva provato fino ad allora, che se lo sentiva nello stomaco, gli arrivava al cervello ed esplodeva fino ad invadere tutto il corpo. Il bottone della patta della divisa di Castiel saltava, la cerniera scendeva da sola, la mano di Dean scansava il tessuto dei boxer e lo accarezzava.

Poi era stato un turbinio di emozioni, sensazioni nuove, piaceri che erano sempre rimasti inespressi. Nudi, Dean abbracciava da dietro Castiel, le sue braccia gli circondavano il busto, le gambe erano intrecciate; la fronte di Dean era appoggiata alla spalla dell'altro, gli occhi erano chiusi, la bocca semiaperta che lasciava sfuggire i gemiti. E spingeva, spingeva e non sentiva nient'altro che il corpo del suo angelo, che fremeva e tremava di piacere.

Non aveva alcuna intenzione di rompere quella bolla in cui si erano rifugiati, in cui avevano messo da parte i “ruoli” che recitavano ogni giorno in quella loro assurda vita. Quel giorno sarebbe stato solo una parentesi, sarebbe rimasto custodito nei loro ricordi.

Poi, tutto sarebbe tornato come prima – aveva pensato Dean, ancora stretto a Castiel, ancora l'odore di ciò che era successo ad impregnare l'aria attorno a loro, ancora il cuore che batteva all'impazzata e gli mozzava il fiato.

 

***

Sa di non aver sbagliato. Castiel gli aveva detto dove lo avrebbe trovato, dopo, e adesso invece è ancora in macchina, con le mani incollate al volante e nessuna voglia di scendere da lì.

 

«...io dico che dovremmo smetterla di rimanere con le mani in mano e fare qualcosa. Lui l'ha fatto per noi, non possiamo abbandonarlo a se stesso.»

«E invece faremo esattamente questo, Sammy.»

«Ma... Dean, non dirai sul serio! Non poss-»

«Non c'è nulla che possiamo fare per lui!»

...è felice, ora.

 

Scaccia dalla mente ormai provata da giorni quei pensieri e scende dalla macchina. Sbatte con forza la portiera e si fa avanti tra la ghiaia del parco di fronte a sé.
Si guarda intorno, tra i ragazzini che corrono in ogni direzione e qualcuno si scontra con lui, i vecchietti seduti sulle panchine di legno che parlottano tra loro, e lo vede: ai piedi di un albero, di spalle e il volto proteso verso l'alto.

Si fa strada e si avvicina ancora un po'; rimane semplicemente a guardarlo, mentre Cas è ancora di spalle. Forse non si è accorto della sua presenza. E allora Dean non sa cosa fare, pensa a quello che è successo, pensa che dovrebbero parlare di quel giorno, e che magari Sam ha ragione e devono trovare una soluzione per aiutarlo. Ma poi Castiel si rivolge a lui, d'improvviso, senza però distogliere lo sguardo ancora assorto: «Sei tornato, Dean.»
«Ehi, Cas... che ci fai qui?»
«Guardo le api.»






Note:
(1) Perché il pellegrinaggio a Las Vegas? Perché i fratelli Winchester sono soliti fare una volta l'anno un viaggio a Las Vegas, in cui Dean va in giro per i locali mentre Sam preferisce rimanersene per conto suo.
Questa storia è dedicata a  IoNarrante, la quale mi ha tormentata per mesi e mesi affinché le scrivessi una Destiel. Non so se ci sono riuscita, non so neanche cosa sia questa "cosa" che ho scritto ma a lei è piaciuta, per cui contenta lei, contenti tutti... no? 
Grazie a chi passerà di qui.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: nes_sie