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Autore: FV_ZM    28/08/2012    1 recensioni
E' una storia totalmente vera, niente di inventato. La mia storia d'amore, la più bella che abbia mai avuto e come ha emozionato me,e come riesce ancora ad emozionarmi a due anni dalla sua fine,spero possa emozionare anche voi. Parla di due ragazzi, una 14enne e un 15enne..che si mettono insieme..dopo tante rununcie, litigate e sacrifici..un semplice amore adolescenziale? No, è molto di più..ma le cose più belle sono sempre destinate a finire..Come e perchè? Bhè, questo sta a voi scoprirlo leggendo:)
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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PROLOGO
 
“A te che sei l’unico al mondo
L’unica ragione per arrivare fino in fondo
Ad ogni mio respiro
A te io canto una canzone
Perché non ho altro
Niente di meglio da offrirti
Di tutto quello che ho
A te che mi hai insegnato i sogni
E l’arte dell’avventura
-
A TE CHE SEI LA MIGLIOR COSA
CHE MI SIA SUCCESSA
A TE CHE HAI PRESO LA MIA VITA
E NE HAI FATTO MOLTO DI PIU’ ”
 
 A te che mi hai cambiato la vita.
Ti Amo.

Avete presente quell’amore che più va avanti più diventa grande?
 
Un anno fa è cominciata la mia vera adolescenza.
Adolescenza, si chiama così quel periodo in cui ci sono degli alti e bassi, quando niente ti sembra andare per il verso giusto; un periodo in cui ci sono momenti felici, momenti in cui l’unica cosa che si riesce a fare è starsene sul letto, con l’ i-pod a palla e tutto il mondo che gira intorno, quando per te invece si è fermato.
 
5 righe che racchiudono quest’anno, che racchiudono la storia più importante, più bella della mia vita.
Forse saranno in pochi a leggere queste righe, forse nessuno mai verrà a sapere ogni singolo momento di questa storia, ma voglio scriverla, per non dimenticare mai quello che è stato di me e lui, neanche a 90 anni.
E’ passato un anno, un anno da quando l’ho visto arrivare, e dopo 4 mesi andar via. Un anno da quando è svanita una delle poche certezze che avevo.
26.05.10 – 25.09.10


                                      -PRIMO CAPITOLO-
L’inizio.
 
 
Questa e’ una di quelle storia iniziate per caso, quando succede che lui neanche ti piace, magari ti sta anche antipatico eppure poi cominci a pensarlo, a chiederti cosa succederebbe se ti dovesse piacere davvero.
Hai presente quando ci sono quelle persone che neanche ti conoscono e osano pensare che tu sia attratta da loro, per motivi molto insignificanti?
Così successe.
 
E’ Aprile.
Due anni e qualche mese mancano alla “fine del mondo”.
Eppure quell’aprile di quel dannato 2010 me lo ricordo come fosse ieri: un ricordo impresso nella mente che per il momento non ha nessuna intenzione di abbandonare la mia testa.
Mi capita spesso di alzarmi e pensare a cosa farò durante l’arco della giornata ma di prima mattina il massimo a cui riesco a pensare è il cibo a ricreazione e poi alle eventuali interrogazioni, anche se in quel periodo tutto mi interessava tranne la scuola.
Quel giorno però fu diverso. Sono le 10.25, ora di ricreazione, quando vengo a sapere che c’è un ragazzo, un anno più grande di me che pensa,anzi che è straconvinto di piacermi.
Bhè bella storia no? Queste persone le ho sempre odiate! Caspita, l’egocentrismo è proprio una brutta cosa, la peggiore che ci sia credo.
Il problema è che cominci a farci caso, e la vera brutta storia comincia lì: quando alla fine dei conti rimani incuriosita da quella notizia e non vedi di vedere la faccia tosta che ha il coraggio di sbilanciarsi così tanto sul parere di una persona che neanche conosce.
E invece, altro che odio, altro che curiosità! Così è cominciata la nostra storia, ed è così che sono cominciate le cazzate con le amiche, le corse sotto l’acqua, i pianti, le giornate No e quelle ancora peggio. E’ così che dopo tante delusioni, è tornato il sorriso.
 
E’ successo tutto quello che non mi sarei mai aspettata a cominciare dal fatto che invece di passarci sopra dopo aver dato un volto all’egocentrismo fatta persona, mi sono fatta coinvolgere dalla situazione che si era venuta a creare, o meglio che altre persone in qualche modo avevano creato,  e così pensai che forse sarebbe stato divertente stare al suo gioco.
Cominciai a guardarlo, a fissarlo in quei mini 5 minuti di tempo libero nel cortile. Che poi in realtà son ben più i 5 minuti, addirittura 15, ma ci sono i 10 minuti in cui dovevi mangiare, andare in bagno e rifarti il trucco, seguire le tue amiche per i loro love in giro per le scale, accompagnare l’amica dal fidanzato e lasciarli da soli, accompagnare l’altra amica al bagno, sparlare dello stile di chi ti sta antipatico, inseguire i prof per sapere il voto dell’interrogazione e fare il lecchino, e poi ritrovarti con la tua migliore amica a fissare (nel caso ci sia) il ragazzo che ti piace.
E via al piano. 5 minuti per fargliela credere, per aumentare questa sua convinzione e per poi smontargli al momento giusto tutto il film che si era fatto con i suoi amici.
Passare davanti la sua classe e far finta di essere una di quelle schizzate innamorate pazze che non aspettano altro che poter guardarlo negli occhi e pensare “si mi ha guardato, gli piaccio sicuro!”
Cominciai a entrare nel vivo del gioco, cominciai a fare delle strategie la sera per farlo cadere nella “trappola”.
Ma più passava il tempo, più cominciavo ad affezionarmi a quel ruolo; più passava il tempo, più cominciavo a vederlo sotto un’altra luce.
Le voci continuavano ad arrivarmi, stavo riuscendo nel mio intento, lui era sempre più convinto di piacermi e forse a forza di scherzarci tutto ciò stava diventando realtà.
Decisi di parlarci.                                
Parlarci per chiarire il mio ruolo, per chiarire che era tutta una falsa la mia, che lui non mi piaceva.
Lo feci ed ebbi una grandissima sorpresa: lui non pensava quello di me.
C’erano state incomprensioni, sbaglio di persona, tutto un grande malinteso.
Una settimana con quella falsa e non so neanche io il perché ma alla fine ci rimasi male nel sapere che non ero io la persona di cui lui pensava quelle cose.
Fu lì, in quel nano secondo, in quell’attimo che mi accorsi che mi piaceva, tanto, più di quando potessi pensare.
Il giorno seguente a ricreazione andai vicino la sua classe alla macchinetta delle merende precisamente e fu lì che per la prima volta ci scambiammo uno sguardo voluto, non di quelli d’amore, ma capii che mi aveva riconosciuto.
Lui mi guardò e io sorrisi. Fu lì che per la prima volta ci parlammo dal vivo.
Mi domandò se ero io la ragazza della sera prima e annui; lui mi ribadì di nuovo che c’era stato qualche problema di comprendonio e io non riuscii a dire altro che “tranquillo, non fa nulla”.
Il cuore mi batteva forte.
 
Non avevo certezze in quel periodo.
La scuola, la famiglia, nulla che andava per il verso giusto.
Rischiavo di avere debiti,litigavo con i miei, li vedevo impegnarsi per me e io che non riuscivo a renderli orgogliosi.
L’unica certezza era lui, e quello che sentivo dentro, Per Lui.
 
Ho un carattere diverso, diverso da molte ragazze orgogliose che non farebbero nulla per ottenere quello che vogliono. Sapevo di non essere proprio fantastica fisicamente parlando, soprattutto quando vedevo una delle mie più care amiche corteggiata da tutti. Ma sapevo di avere molto, molto da offrire umanamente. È vero sono gelosa, ma so per certo di essere dolce, sensibile e tendo a dare il meglio di me quando tengo a una persona.
 
E’ il 10 aprile.
Una mia amica riesce a procurarmi il suo numero e non sapevo se seguire il mo istinto, o aspettare e cercare di farmi conoscere.
Optai, come d’altra parte ho sempre fatto, per seguire il mio istinto.
Dirgli tutto era il desiderio più grande. Lui non sapeva quale fosse il mio numero e magari avrei potuto nascondergli la mia identità.
Sapete cosa?
Non durò.
Mandai questo messaggio essendo io per prima molto scettica.
Ma lo feci.
 
E’ l’11 Aprile.
Io ero al concerto dei Tokio Hotel e mi arrivò una telefonata da un numero che non era il suo e che la mia rubrica non conosceva, ma capii e non risposi.
Non avevo il coraggio. Per la prima volta in vita mia non avevo il coraggio di svelare la mia identità.
Pensai; pensai a cosa avevo da perdere. In fondo un si o un palo in più non avrebbe fatto differenza.
Decisi di rispondere. Chiesi chi era e lo stesso fece lui con me.
 
Mio fratello seduto accanto a me si insospettì al susseguirsi sempre della stessa domanda “chi sei? chi sei?” e mi prese il telefono.
Con la sua solita voce da duro disse: “chi c***o sei?”
Risi. Tra una risata e un'altra gli chiesi di chiedere se era “Roberto Wellman”; lo fece e mi sarei rimasta sorpresa se non fosse stato lui.
A quel punto presa da imbarazzo, paura, mimai di riattaccare.
Scoppiammo entrambi in una risata infinita.
Poco più tardi gli mandai un messaggio con scritto mio nome e cognome.
Non ebbi risposta.
 
Mi godei il concerto, ogni singola nota mi ricordava lui, ogni urlo, ogni lacrima che usciva avevano dentro un po’ di lui. Ero ansiosa per il suo giudizio ma allo stesso felice perché ora non mi nascondevo più dietro un “ciao”, dietro un saluto di cortesia per i corridoi.
 
E’ il 12 Aprile.
Non lo volevo vedere. Non mi aveva ancora risposto e non volevo incontrare il suo sguardo ma alla fine fui costretta a cedere. La voglia di sapere cosa gli passasse per la testa, cosa pensava di me, cosa pensava di fare, era tanta,troppa.
Durante l’ora di educazione fisica decisi di mandargli un messaggio in cui gli chiedevo esplicitamente cosa volesse fare con me.
E lui tranquillamente mi rispose dicendomi che non voleva mettersi con me, perché si era lasciato da poco e non voleva avere relazioni in quel momento.
 
Piansi.
 

  
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