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Autore: Gertie    12/03/2007    1 recensioni
“Cosa farai quando sarai adulto?”
“… Il cavaliere.”
“E tu?”
“Anche io farò il cavaliere.”
“E massacreremo i sassoni insieme!”

La storia di Elynor, la sorella adottiva di Lancillotto.
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Nono
Nel quale sul campo scoppia l’inferno

L’esercito sassone ormai era giunto alla porta principale, che era stata barricata. Sentii chiaramente i tonfi degli arieti. Volevano sfondare i battenti.
Dietro la porta stava Artù, in sella ad uno stallone bianco.
Non sapevo dove fossero gli altri cavalieri, probabilmente in qualche posto nascosto per balzare di sorpresa in mezzo al fumo…
Uno schianto, e il portone cedette. I sassoni rimasero attoniti, quando si accorsero del silenzio che regnava nella cittadella.
Artù comparve di fronte a loro, il cimiero al vento.
La coltre di nebbia grigia rendeva la scena spettrale.
Il capo dei sassoni avanzò, fino a trovarsi di fronte alle froge allargate del cavallo scalpitante.
Sembrava che stesse guardando un fantasma.
I due comandanti si scrutarono in cagnesco.
Si sibilarono qualche parola, e poi Artù scomparve di nuovo dietro le porte.
L’altro uomo fece un gesto, e un drappello di guerrieri si azzardò ad entrare. Il campo della cittadella era stato bruciato, e ora non si vedeva più niente per il fumo.
Poco dopo, si udirono delle urla. Artù e i cavalieri si erano scagliati sul nemico, e a quanto pareva stavano avendo la meglio.
Il capo sassone e l’esercito rimanevano immobili fuori dai battenti.
La crudeltà di quell’individuo mi fece venire i brividi. Non andava neanche in soccorso dei suoi soldati.
Pensai a Lancillotto, lì, nel fumo, a galoppare avanti e indietro colpendo nemici e sperando di non essere disarcionato.
Deglutii.
Tra poco sarebbe toccato a me.
Ad un tratto calò di nuovo il silenzio all’interno della cittadella.
Costernati ed impazienti, i sassoni decisero di avventurarsi oltre le porte.
Quell’attesa mi stava facendo ammattire.
Ormai le mani tremavano, e la corda tesa dell’arco vibrava cigolando.
Ginevra mi guardò.
“Io guiderò il corpo a corpo.”
“Cosa??”
“Sono la regina. E’ il mio compito.”
“Ma io…”
“Tu rimarrai con Merlino e gli arcieri.”
“Voglio combattere con te!”
Quel breve scambio di battute si era svolto tra preoccupazione e rabbia malcelata.
Non avevo nessuna intenzione di stare a guardare dagli alberi i miei compagni e Ginevra che venivano assaliti!
Ci fu una pausa.
“Addio Elynor.”
Scossi la testa.
“Questo non è un addio, accidenti! Come fai ad essere così rassegnata all’idea di morire? Tu sei la regina, sei una grande combattente, sei destinata a restare per governare, e il fato non sarà così crudele col popolo degli Woad!” sibilai, stizzita e spaventata.
“Cosa te lo fa pensare??” ribatté Ginevra.
“Io… Non lo so!” dissi esasperata “Ma voglio lottare con la speranza di sopravvivere per riuscire a vedere un mondo migliore, non mi getterò nella mischia sapendo di dover morire sul campo di battaglia, ma pensando di servire con onore e convinzione la causa giusta per una libertà vera! E se anche cadrò sotto i colpi del nemico, avrò fatto tutto il possibile per ciò in cui credevo. E non saranno certo quelle sporche teste bionde a privarmi di una cosa così bella e preziosa! Quindi per favore non rassegnarti…” le parole mi si spezzarono in gola, con la voce che divenne tremante.
Avevo cercato di dimostrare a Ginevra tutto l’attaccamento alla vita che avevo.
Lei mi guardò e sorrise.
“Va bene, sorellina. Vieni con me, e vinceremo assieme.”
In quell’istante, si udì la tonante voce di Merlino.
“Tirate!!”
Lasciai andare la corda, e il dardo saettò in aria, portandosi dietro anche la mia paura.
Incoccai subito la seconda freccia, e al secondo ordine un’altra raffica trafisse i guerrieri sassoni che stavano correndo lungo il fianco sinistro del loro schieramento.
I corpi cominciarono a cadere, e si levarono urla agghiaccianti.
Per farmi coraggio, gridavo ogni volta che tendevo il mio arco, pronta a lasciar partire un nuovo dardo.
“Questo è per Lynet!”
“Questo è per Ban!”
“Questo è per Dagonet!”
Tutti i colpi andarono a segno, guidati dalla mia rabbia.
Poi, ad un tratto Ginevra lasciò il suo arco ed estrasse una spada.
Mi lanciò un’occhiata, al che abbandonai anche la mia arma e misi mano all’elsa della daga.
Poi, ad un segnale, ci gettammo allo scoperto gridando come ossesse.
I sassoni rimasero sbigottiti dalle truppe Woad che erano sorte dal bosco, ma non ci fu il tempo per loro di capire cosa stava succedendo, perché fummo loro addosso.
L’urto fu terribile.
Mi ritrovai nel mezzo di una confusione fatta di uomini, armi, sangue e grida di dolore.
Strinsi l’impugnatura della mia arma, e mi lanciai all’attacco.
Mi parai davanti ad un guerriero nemico che reggeva una mazza ferrata.
Prese ad agitarla con furia, e poi tentò di colpirmi.
Mi scansai appena in tempo, poi estrassi uno dei miei pugnali e glielo lanciai automaticamente alla gola.
L’uomo crollò rantolando e sputando grumi di sangue.
Ebbi appena l’occasione di riprendermi il pugnale che un compagno del caduto era già lì pronto a vendicarlo, e mi tirò una secca botta con il suo scudo.
Barcollai per il colpo, ma riuscii a raddrizzare la mia daga appena in tempo, così quando lui fece per buttarmi a terra si ritrovò trapassato.
Rinvigorita da quei due successi, mi piazzai a gambe larghe in mezzo alla turba confusa e pensai: “Venite, ce n’è per tutti!!”
Come se avesse udito le mie parole, un sassone mi si avventò contro brandendo la sua ascia.
Lo uccisi, ma mi resi conto con orrore che mi aveva ferito un braccio.
Con una smorfia di dolore mi guardai intorno.
Riconobbi Artù, in sella al suo destriero bianco, che lottava come un leone nella mischia.
Più in là Ginevra, assieme a delle compagne Woad, stava strangolando un uomo.
Merlino roteava il suo bastone, e l’eco dei colpi che sferrava sulle schiene si sentiva per tutto il campo.
Bors, ricoperto di sangue, urlava massacrando il corpo di un malcapitato che si era trovato sulla sua via.
Gli altri cavalieri erano come lui impegnati in un combattimento senza fine.
Ma dov’era Lancillotto?
Avevo giurato che lo avrei difeso, ma ora non riuscivo più a vederlo.
Mi feci strada menando fendenti alla cieca contro chiunque mi sbarrava il cammino.
Poi lo scorsi.
Era sceso da cavallo, e stava combattendo ferocemente, perché un gruppo di sassoni gli si era infoltito attorno, e lo aveva intrappolato.
Non esitai, e con un urlo mi scagliai sui nemici per aprirgli un varco.
Lui mi riconobbe, e mi fece un cenno col capo.
Insieme, spalla a spalla, respingemmo i guerrieri con violenza.
Ad un tratto, entrambi vedemmo Ginevra essere in difficoltà, che tentava disperatamente di resistere ad un avversario più forte di lei.
Liberai la strada a Lancillotto, che si precipitò in avanti in soccorso della ragazza.
Lo osservai mentre mulinava le due spade, incrociandole e separandole, per poi conficcarle nel petto dei nemici.
Raggiunse il sassone che aveva ferito Ginevra al ventre, e lo spinse via, lasciandolo rotolare a terra.
Io cercai di andare in aiuto della mia amica, ma ancora una volta fui ostacolata.
“Adesso basta!” sbottai, e mollai un colpo che spaccò l’elmo di un guerriero, che rimase rintronato e cadde con un tonfo.
Cercai di farmi largo tra la folla, ma quando arrivai accanto a Ginevra, mi accorsi che il dannatissimo sassone, quello che aveva ucciso Dagonet, che aveva ferito lei e che era sembrato ormai essere uscito di scena, stava prendendo la mira con una balestra.
Puntava Lancillotto, che era ancora intento a dar battaglia.
“No, maledizione!!” ringhiai, e incurante di tutto e di tutti scattai verso di lui.
Estrassi i miei pugnali d’osso, e uno dopo l’altro essi volarono fischiando fino al suo torace.
Ma la freccia era già partita.
Spiccai un balzo, portando le braccia in avanti.
Vidi il dardo saettare verso di me.
Mi sembrò di rimanere lì a galleggiare nell’aria per alcuni istanti, fino a quando non sentii uno strappo tra il collo e la spalla, che mi fece cadere all’indietro.
Rotolai su un fianco.
Gemendo per il dolore, tastai con una mano il luogo da cui proveniva quel dolore lancinante. E il dardo era lì, piantato. La ferita pulsava, ed irrorava sangue.
La vista mi si annebbiò, e non riuscii a rialzarmi in piedi.
Strinsi i denti, ma mi sfuggì un lamento.
Lancillotto si voltò, e mi vide a terra.
Si inginocchiò, e mi prese la testa fra le mani.
“Elynor… Elynor…” continuava a dire, con voce rotta.
Io aprii la bocca, ma ne uscì un fiotto di sangue.
Mi spaventai, e inghiottii quel sapore metallico.
Lancillotto sbarrò gli occhi, si rialzò e impugnò le sue due spade.
Lo vidi lanciarsi contro il sassone che aveva la balestra, come una tigre che si avventa sulla preda.
Fu questione di minuti. L’uomo aveva già perso sangue per le ferite causategli dai miei pugnali, e a Lancillotto non restò che decapitarlo. Il sangue schizzò dappertutto, formando chiazze brunastre.
Il cavaliere tornò da me e mi prese in braccio.
Sentivo il suo cuore battere impazzito.
Ero terrorizzata. Percepivo le forze che piano piano fluivano via dal mio corpo, e mi sentivo sempre più debole.
La ferita bruciava in maniera insopportabile.
Lancillotto si stava dirigendo con passo malfermo verso la foresta dalla quale eravamo sbucati fuori io e gli Woad al momento dell’assalto.
“Resisti Elynor, ti prego, stringi i denti e resisti…” mi mormorava con voce tremante.
Avevo voglia di gridare. Vederlo così mi faceva male al cuore.
Ci inoltrammo tra gli alberi, e dopo un po’, lui mi depose a terra, ai piedi di una quercia.
Piegai il capo per guardarlo in volto.
Stava piangendo. Le lacrime gli scorrevano lente lungo le guance, mischiandosi al sangue.
“Tranquilla…” mi disse, tentando di camuffare la sua disperazione.
Vidi che avvicinava le mani alla freccia conficcata nella mia spalla, così feci un tentativo di scostarmi, ma con scarso successo.
“Cercherò di non farti troppo male, te lo prometto…” mi sussurrò lui, e si preparò ad estrarre il dardo.
Chiusi le palpebre.
“Conto fino a tre, e poi tiro.” annunciò Lancillotto.
Annuii piano.
“Uno…”
“Due…”
“Tre!”
Ci fu una specie di schiocco, e poi il dolore si fece più acuto per un attimo.
Mi morsi il labbro per non gridare, ma gli occhi mi si inumidirono.
“Brava Elynor… Brava, piccola mia.” sentii una mano sulla mia fronte, poi un pezzo di stoffa calda che mi si avvolgeva attorno al braccio.
Aprii di nuovo le palpebre.
“Lancillotto…” mormorai, con un filo di voce.
Lui avvicinò il suo viso al mio.
“Non ti preoccupare, c’è Merlino qui con me. Ti sta curando le ferite…”
Tentai di sorridergli, per dargli l’impressione di stare già meglio.
Lui mi diede un bacio a fior di labbra, mi accarezzò i capelli e poi si rialzò.
Sentii uno strano ronzio nelle orecchie, e la vista mi si annebbiò.
Mi passai la lingua sulle labbra aride.
Me ne stavo andando per sempre?
Avrei abbandonato Lancillotto, Merlino, Ginevra, Artù e i cavalieri?
La testa mi si fece pesante.
Alzai lo sguardo verso l’alto. Tra le cime degli alberi e il fumo, lassù, il falco di Tristano volava disegnando ampi cerchi e lanciando acuti richiami.
Seguii i suoi movimenti lenti per qualche istante, finché mi sentii ipnotizzata.
L’ultima cosa che vidi fu Lancillotto, che preso dall’ira sguainò nuovamente la sua spada e corse verso il campo di battaglia gridando: “Non mi toglieranno la cosa più preziosa che ho… Pagheranno per questo, dannazione!”
Poi le immagini si sciolsero in ombre confuse…


Sigh sigh sob… Adoro questo capitolo, ed è quello che mi ha preso più tempo per la scena di battaglia… Spero tanto che sia riuscita bene!
Allora, chissà cosa vedremo nel prossimo capitolo… Lancillotto assetato di vendetta, Elynor in fin di vita…
RIMARRETE COL FIATO SOSPESO PER UN PO’ Ahahahah… Come sono perfida!
Un ringraziamento ad
Eleuthera, che mi ha recensito nello scorso capitolo: per la miseria, come tutti avranno potuto notare, per ora mi sono presa una piccola licenza poetica… Spero che questo non disturbi coloro che avrebbero preferito la morte subitanea di Lancillotto (con seguente infarto di Elynor) Ma RICORDATE… La storia non si è ancora conclusa!
E con questo vi saluto, al prossimo capitolo!

Gertie
  
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