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Autore: Haleey Gray    28/08/2012    1 recensioni
Breve scritto triste raffigurante un uomo alle prese con la sua vita virtuale. Ormai così radicata in lui da renderla quasi pura realtà.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*si fa avanti titubante* Ehm... salve a tutti! Che dire, è stato un parto vero e proprio convincermi a postare questa breve flash.
Il mio dubbio amletico è capire se in realtà il finale di codesta storia possa commuovere/rattristire/deprimere il mio originale intento o far ridere. Perchè sinceramente ci ho rimuginato sopra taaanto tempo e una conclusione bene non l'ho trovata.
Vabbè, come ho accennato nell'introduzione si parlerà (in modo moolto limitato dato la lunghezza) di un uomo (un singolo con l'intento di raffigurarne molti) ossessionato da internet, dai videogames e da qualsiasi altra cosa possa venirvi in mente alla parola: "mondo virtuale" in realtà sono due. Il mio intento era quello di mettere in evidenzia come spesso strumenti simili, che dovrebbero portarci a divertimento e svago, in realtà creino in noi una dipendenza tale da rendere la realtà fantasia e la fantasia realtà. Tutto questo però si concentra principalmente sul problema relativo sì alla dipendenza in generale, ma soprattutto ad essa applicata a soggetti che dalla vita vera e concreta non hanno mai avuto nulla.
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Ok, come sempre ho parlato troppo. È quasi più lunga della mia storia D:
Vabbuò, buona lettura ^^ e fatemi sapere il vostro parere se vi va.










Virtual.



Non aveva lavoro ma vantava il titolo di generale dell’esercito Americano. Dalla sua finestra spadroneggiava la bandiera dalle tante strisce e stelle bianche.
Era solo, disperso tra l’acustico rumore di vuoto e il freddo tangente della pura solitudine, ma aveva una splendida moglie dai capelli dorati e due vivaci figlioletti dagli occhi vispi, nati a distanza di un anno l’uno dall’altro.
Viveva, o forse sopravviveva, in un misero appartamento dall’aria pesante e la luce soffusa, simile a una cella di prigione. Non aveva le sbarre di ferro, questo era vero, ma la sensazione che scaturiva all’interno era praticamente la stessa. Eppure possedeva un’immensa villa immersa nel verde dei monti e il giallo dei girasoli.
Non una piega d’espressione sul viso consumato ormai dagli anni, ma rideva sempre di pura vita e brillava di eterna felicità.
Passava le lunghe giornate chiuso nella camera, a scorrere veloce con lo sguardo e la mente il computer che dietro si portava ovunque e che mai abbandonava. Eppure il fresco vento spesso giocava con i suoi spettinati capelli.





Poi gli staccarono la luce, e i suoi stanchi occhi si spensero insieme al lucido schermo luminoso, madre di indissolubili fantasie, e alla sua lontana ambizione, imprigionata tra deboli sospiri.






   
 
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