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Autore: Leke_96    29/08/2012    8 recensioni
Sbuffò e svogliata si stese a pancia in su sul comodo oggetto, le dita delle mani incrociate dietro la testa e le gambe accavallate, sussultò quando il prolungato squillo del telefono si disperse per la stanza.
Si allungo sul bracciolo e afferrò svogliatamente la cornetta del telefono.
-Pronto?-
-Controlla i bambini!-
[...]
Con un cigolio spettrale la porta si spalancò, un odore fetido le salì lungo le narici, con una mano davanti alla bocca represse un conato vomito, mentre con l’altra tastava le pareti della stanza in cerca dell’interruttore della luce, quando la trovò con uno scatto un fascio di luce illuminò due esili corpi senza vita.
Storia tratta da una leggenda metropolitana, spero che vi piaccia ^__^
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Barbara buttò la testa all’indietro appoggiandola alla testiera del grande divano di pelle nera.
I lunghi e lisci capelli neri le ricadevano inermi lungo le spalle, e i languidi occhi cerulei vagavano per la stanza alla ricerca di qualcosa d’interessante.
Per un momento pensò di leggere un libro, ma i pesanti tomi che facevano bella mostra sul tavolino di cristallo davanti alla televisione non avevano niente d’invitante, almeno per lei.
Sbuffò e svogliata si stese a pancia in su sul comodo oggetto, le dita delle mani incrociate dietro la testa e le gambe accavallate, sussultò quando il prolungato squillo del telefono si disperse per la stanza.
Si allungo sul bracciolo e afferrò svogliatamente la cornetta del telefono.
-Pronto?-
-Controlla i bambini!- rispose una voce roca e camuffata dall’altra parte della cornetta.
Le sopracciglia di Barbara saettarono verso il cuoio capelluto dando al suo volto un espressione confusa.
-Chi parla?- domandò mettendosi seduta, le gambe incrociate e una mano stretta attorno alle caviglie.
-Controlla i bambini!- esclamò di nuovo la voce seguita da una bassa risata gutturale.
-Insomma si può sapere chi parla?- domandò Barbara cominciando ad innervosirsi, era sicura che non si trattasse del padrone di casa, anche prendendo in considerazione l’ipotesi di una linea disturbata, la voce era troppo camuffata e bassa, per poter appartenere al padrone di casa.
Nessuno rispose dall’altra parte, l’unica cosa che si sentiva era il basso e roco respiro della persona dall’altra parte della cornetta.
La ragazza sbuffò alzando gli occhi al cielo e pensando ad uno scherzo di qualche cretino buttò la cornetta sul telefono riattaccandola in faccia al suo interlocutore.
Per alcuni minuti nella stanza regnò il silenzio, poi per la seconda volta il telefono squillò, per due minuti buoni continuò a squillare, riecheggiando per tutta la casa, per non svegliare i bambini afferrò la cornetta.
-Pronto?- domandò sperando di non sentire la stessa voce di prima.
-Hai controllato i bambini!-
Sbuffò alzandosi dal divano, cominciò a misurare la stanza a grandi falcate, i denti scoperti in ringhio muto.
-No, non li ho controllati i bambini!- rispose fermandosi davanti allo studio del padrone di casa –Contento?-
Riattaccò il telefono e lo buttò sul divano, una risata dietro alle sue spalle la fece voltare di scatto.
Osservò la porta in lucido legno d’acero, dalla fessura sul pavimento alcuni raggi di luce illuminavano il parquet.
Deglutìsonoramente, superòvelocementela portadella stanza correndo attraverso il corridoio, arrivò davanti ad una porta di legno bianca, finemente decorata: la stanza dei bambini.
La spalancò superando la soglia con due lunghi passi i suoi occhi cerulei vagarono per la stanza soffermandosi sui letti, le coperte disfatte ancora calde.
Ritornò in salotto fermandosi nuovamente davanti alla porta dello studio, nessuna luce dalla fessura, tastò le tasche posteriori dei pantaloni alla ricerca di qualunque cosa potesse essere usato come arma, estrasse un accendino di plastica trasparente osservando il poco liquido rimanente.
Non era molto, ma nel caso ci fosse stato veramente qualcuno almeno avrebbe potuto rallentarlo  un po’.
Afferrò la maniglia d’ottone stringendola talmente tanto forte che le nocche le divennero completamente bianche e con lentezza esasperante la girò in senso orario.
Con un cigolio spettrale la porta si spalancò, un odore fetido le salì lungo le narici, con una mano davanti alla bocca represse un conato vomito, mentre con l’altra tastava le pareti della stanza in cerca dell’interruttore della luce, quando la trovò con uno scatto un fascio di luce illuminò due esili corpi senza vita, la moquette verde macchiata di rosso.
Il cigolio della porta pervase la stanza, Barbara sgranò lentamente gli occhi tremante da capo a piedi.
La risata gutturale che aveva sentito al telefono le riempì le orecchie, la paura che cominciava a farsi strada dentro di lei, strisciando all’interno delle sue membra.
Quando si voltò il suo sguardo cadde sull’uomo che, con un ghigno, la fissava dall’alto in basso.
I piccoli occhi neri brillarono maligni, aveva i capelli grigi spettinati, e una cicatrice sulla guancia destra era increspata dal ghigno che gli deformava il volto.
Stretto in un pugno un coltello da macellaio era ancora gocciolante dal sangue dei due bambini.
Barbara non riuscì a muovere nemmeno un muscolo, la paura ormai aveva preso il controllo dei suoi arti, le gambe bloccate, come incatenate al pavimento, e gli occhi sgranati, le iridi azzurre che lasciavano trasparire il terrore che le bloccava il respiro.
-Te l’avevo detto di controllare i bambini!- sussurrò l’uomo ammiccando ai corpi sul pavimento.
Un urlo si disperse per la casa, un urlo agghiacciante e terrorizzato, continuò per alcuni secondi poi ci fu soltanto il silenzio.
 
 
 
 
 
 
Quando i coniugi Abate rincasarono quella sera, non percepirono il famigliare chiacchiericcio della televisione, ne videro la loro babysitter venire loro incontro com’era solita fare.
Entrati nel salotto la loro attenzione fu catturata dalla porta dello studio spalancata, quando i due si avvicinarono all’uscio quello che videro bloccò il respiro ad entrambi.
Il corpo della babysitter seduto alla poltrona, con un lungo taglio sulla giugulare, che sanguinava copiosamente, nelle mani stringeva due avambracci brutalmente amputati.
Il fetido odore di sangue e morte pervase le narici di marito e moglie, mentre con sconcerto apprendevano che gli arti che la ragazza stringeva erano quelli dei loro figli.
Un secondo urlo si disperse per la casa, la donna si coprì gli occhi con le mani, cercando conforto tra le braccia del marito.
L’uomo l’abbracciò forte distogliendo lo sguardo da quella scena raccapricciante, l’ultima cosa che vide in quella stanza prima di correre a chiamare la polizia, fu il grosso coltello da macellaio macchiato di rosso che giaceva sulla moquette vicino a delle macchie di sangue ancora fresche.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice.
 
Holà!
E con questo raggiungiamo il sadismo più puro… povera Barbara, e pensare che nella leggenda vera si salva…beh io ho voluto scriverla seguendo quella versione in cui oltre i bambini il killer uccide pure la babysitter.
Ditemi un po’ che ne pensate, teoricamente dovrebbe fare paura, ma già ste storie di per sé non fanno paura a nessuno, figuriamoci poi come l’ho scritta io (uno schifo totale xD)
Ad ogni modo ora che il mio sadismo ha raggiunto i massimi storici vi lascio!
Ciao a tuttiiiiiiiiii!! <3
Piccola postilla: Non so perché Barbara non abbia chiamato la polizia, quando ha capito che c’era qualcuno in casa, quindi non chiedetemelo, perché non saprei come rispondervi!
  
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