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Autore: AriiiC_    29/08/2012    3 recensioni
'Marvel era il tipo che non sopportava una ragazza più di uno o due minuti. Soprattutto se quella in questione era Glimmer. Incapace con le armi, il cervello di una gallina. Tutto ciò che si poteva apprezzare di lei era il corpo.
Ovviamente, a lui non bastava.'

Quella sera, però, Marvel aveva conosciuto una Glimmer diversa, una Glimmer speciale.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Marvel era il tipo che non sopportava una ragazza più di uno o due minuti. Soprattutto se quella in questione era Glimmer. Incapace con le armi, il cervello di una gallina. Tutto ciò che si poteva apprezzare di lei era il corpo.

 Ovviamente, a lui non bastava.

 Doveva passare quelle che sarebbero potute essere le sue ultime settimane con lei. Stesso carro, stesso piano, stessi allenamenti e spazi comuni. Mancava solo che dovessero condividere anche letto e doccia. Odiava questa mentalità ristretta quasi quanto odiava lei. Alla mietitura col vestito da santarellina, sul carro col falso sorriso e la mano che salutava, agli allenamenti quando cercava di creare rapporti con un arco. Senza risultati, però. Gli occhi blu non pagavano il mare di segatura posta nel cranio al posto della materia grigia. La cosa peggiore erano i costanti tentativi che faceva per accalappiarlo. Le fusa, la testa sulla sua spalla, gli occhiolini e gli sguardi complici. Erano patetici, ma non lo diceva per educazione. Si ritrovava i suoi capelli a svolazzargli davanti impregnati di profumo, le labbra tinte di rosso a pochi centimetri dalle sue.

 La convivenza, già forzata, divenne impraticabile la sera dopo gli esami. Seduti sul divano con una Cashmere più bella di sempre. Il volto della biondina era apparso in Tv con un 9 colorato accanto. Il ragazzo non riusciva a spiegarselo, non sapeva cosa avesse potuto fare per conquistare gli strateghi. Un occhiolino, oppure s'era messa nuda? Lo voleva sapere: lo doveva sapere. Accanto a lui c'era un patetico 8, e questo lo aveva mandato in bestia. Come aveva potuto prendere meno della Barbie? Lui, il re delle lance, reso ridicolo da quella che non è mai stata più che una ragazzina. Non lo poteva sopportare. Era totalmente furioso. Non sapeva dove avesse sbagliato: i manichini li aveva presi tutti, anche quando erano in movimento. Nessuna lama era mai andata a vuoto. Ma lei era piaciuta di più, e ormai non poteva fare nulla per cambiare le cose.
 Il numero colorato lo tartassava riproponendosi continuamente, tanto che non era neanche riuscito a fare caso agli altri voti. Alla fine Glimmer s'era alzata saltellando e battendo le mani, entusiasta. Sembrava una bambina di cinque anni quando riesce in qualcosa la prima volta. Batteva i tacchi e andava via. Ma Marvel non gliel'avrebbe mai permesso: voleva spiegazioni, anche a costo di passare cinque minuti con lei. I suoi piedi avevano iniziato a correre prima che la testa se ne rendesse conto. In un attimo era arrivato davanti a lei, nel corridoio prima delle stanze. Aveva sbattuto con forza la porta aperta, cercando di riprendersi dal fiatone.
 «Ehi, come mai da queste parti?»
 Come mai? Gli piacerebbe tanto saperlo. Magari lei lo aveva frainteso, aspettandosi dei complimenti o delle coccole. In fondo, era convinta d'essere irresistibile. Si sentiva stupido, e aveva deciso di agire come se lo fosse. Voleva fare il dolce, fare ciò che lei sognava. Avrebbe guadagnato la sua fiducia, uccidendola per prima in arena nel peggiore dei casi.
 «Ciao. Volevo solo farti i complimenti per quel nove! Come hai fatto?»
 «Eheh, - un sorriso malizioso le si dipingeva sulle labbra. - non so se posso dirtelo. Non sarebbe giusto.»
 Era pericolosamente vicina. Troppo per i gusti di chiunque. Si sarebbe volentieri allontanato, se l'istinto non lo avesse spinto a portare le mani sui suoi fianchi. Così, senza apparente perchè. Gli occhi di lei s'erano illuminati al contatto. Marvel non era abituato a prendersi in giro, e sapeva che qualcosa, sotto sotto, c'era.
 «Solo... bèh, io ho preso otto, e mi piacerebbe tanto sapere come hai fatto.»
 La puzza di bruciato si sentiva lontano un miglio. Non poteva non essersene accorta.
 Infatti, per una volta, aveva capito.
 «Aspetta un momento. - Sguardo sospettoso, sorriso sparito. Si allontanava schiva, come una vittima cerca di fare dalle mani del carnefice. - A te interessa solo questo! Non te ne frega niente di me. La verità è che odi sapere che sono meglio di te.»
 «No ti assicuro che non è vero. - Non ha mai saputo dire le bugie. Cercava di riavvicinarsi. Questa volta non solo per strategia. - Non è come pensi.»

 «Invece è esattamente così! Sai cosa? - Aveva risposto di no. Come un deficiente. - Sono più brava di te e non ci puoi fare nulla: è questo che ti fa incazzare!»
 
«Sai cosa? - Cerca di imitarla con tono beffardo. - Non credo proprio!»
 «Infatti lo sono, e l'esame lo ha appena dimostrato!»
 Era vero, ma ormai il ragazzo era con la testa altrove. S'era perso nei suoi occhi e nel suo profumo. Continuava ad odiarli, ma 'sta sera erano diversi. Erano forti, decisi. Erano veri, come il cielo e il mare. Come una ragazza dovrebbe essere. Certo la sua intelligenza non era migliorata, ma la visione che lui aveva di Glimmer era totalmente diversa. Era un angelo: tosta e testarda, senza la paura di mostrarsi migliore della persona con cui parla e con la determinazione che serviva per vincere. Bella come la Luna.
 In un attimo lei sgattaiolava via, silenziosa dentro la stanza. Non aveva fatto in tempo a chiuderla a chiave che lui era entrato. Pareti bianche, baldacchino viola. Bagno piastrellato sul pavimento e con muri chiari. Si era spogliata fino a rimanere in biancheria come se lui non esistesse. Era ancora arrabbiata: non ci voleva una scienza a capirlo. Non sapeva come farla calmare, come spiegarle che le cose non sono come pensa. Il reggiseno cadeva strategicamente. E lo slip anche. La camminata era sexy. Voleva farlo andare ai matti, ma lui si riprometteva che sarebbe rimasto lucido. Non lo aveva neanche guardato entrando piano nella toilette. Marvel aveva sentito una doccia aprirsi e una ventata di profumo alla fragola era arrivata. Doveva rimanere calmo. Chi sa a cosa stava pensando lei mentre il getto caldo le colpiva la schiena. Ad un certo punto l'acqua aveva smesso di scorrere. Sarebbe arrivata da lì a breve. Doveva tenere nervi saldi. Eccola che arrivava. Capelli bagnati sulla spalla, accappatoio mezzo slacciato che lasciava intravedere tutto. Il suo cervello era già a farsi fottere. Gli si era seduta accanto, lo voleva provocare e ci stava riuscendo.
 «Ho paura. - La bambina stava prendendo il sopravvento. - Non voglio morire.»
 «Non farmi ridere! - Cercava di apparire ostile il più possibile. - Non puoi venire qui e avere paura di morire!»
 «Non sto scherzando! - Si era alzata in piedi, ormai mezza nuda. - Non voglio finire così! E non voglio neanche che anche tu lo faccia!»
 In pochi secondi nessuno dei suoi pensieri reggeva più. C'erano solo gli occhi blu dall'espressione rattristata e delusa. Le sue labbra carnose erano secchissime, le lacrime le solcavano le guance. Marvel s'era lanciato e le aveva baciato le labbra con una violenza che non aveva programmato. Era un bacio col sapore del sale, della rabbia, tanti capelli e un pizzico di sorpresa. Lei non se lo aspettava, e nessuno potrà mai biasimarla. In pochi secondi che sembrarono un'eternità lui si allontanò, guardandola di nuovo. La riprese tra le braccia stringendola forte. Eccolo lì, dopo ben più di cinque minuti. E non l'aveva solo sopportata, bensì se n'era, in un certo senso, innamorato. Cose da non credere. Invece la chioma chiara era sulla sua spalla, e gli occhi continuavano ad essere arrossati. Sentiva nello stomaco qualcosa che glielo faceva contorcere per la ragazza che aveva odiato fino a poco tempo prima. Sentiva un bisogno strano, che non aveva mai sentito prima. Le prendeva il viso in mano, e ci metteva tutta la dolcezza che non aveva usato. Era assurdo: lui e lei, lei e lui. Aveva conosciuto una Gimmer nuova, una Glimmer diversa da quella che aveva sempre pensato fosse. Non ci avrebbe mai pensato prima, eppure era accaduto.
 E non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo, da ora in poi.
 Era sì una ragazzina, ma la sua ragazzina.



 

 Da quel giorno Marvel aveva iniziato a credere ai così detti colpi di fulmine.
E non solo lui.

  
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