Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: FannieBlack    29/08/2012    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stata la storia con l'aggiunta di un piccolo personaggio: una presunta figlia di Sirius. Da qui è nata questa fanfiction apparentemente sconclusionata...
E' la prima che pubblico, siate clementi. :)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Incredibilmente, stamattina cercare di alzarmi è ancora più faticoso del solito. Se non avessi fame, probabilmente me ne resterei a letto finché qualcuno non venisse ad urlare contro la porta chiusa a chiave della mia stanza di darmi una mossa, e chissà, probabilmente deciderei di ignorare il consiglio. Però ho fame.
Stiracchiandomi e sbadigliando, getto un'occhiata intorno a me. Villa Malfoy non sarebbe neanche male come casa: è bella, imponente e nascosta agli occhi dei Babbani da alte siepi di tasso e un elaborato cancello di ferro; l'interno è arredato con gusto e pezzi d'epoca, e sebbene l'atmosfera sia vagamente inquietante, riesce anche ad affascinare. Ma a renderla invivibile sono le persone che ci abitano. I miei zii non sono esattamente il genere di persone che verrebbero definite "simpatiche": sono freddi, distanti e sgradevoli. O almeno con me, perché il modo in cui trattano Draco, mio cugino, è qualcosa di molto simile all'adulazione. E venerano le Arti Oscure, questo è certo. Non dimentichiamo che si rifiutano di darmi una sola, schifosa minima informazione sulla mia famiglia, benché sia chiaro come il sole che loro ne sanno qualcosa. Ciò che so io sono solo due cose: a, che un tempo devo aver avuto un padre, o comunque qualcuno che mi volesse bene o si prendesse cura di me come un genitore, perché spesso ho avuto qualche sogno in cui venivo cullata e vedevo sopra di me un viso sorridente, anche se da sveglia è quasi possibile ricordarmelo; b, qualche anno fa, curiosando in solaio, ho rinvenuto un arazzo che si è rivelato essere l'albero genealogico di zia Narcissa. Affascinata, ho seguito il sottile filo d'oro che collegava il suo nome a quello di Lucius Malfoy, e un altro che si dipanava a quello di Draco, finché ne ho notato uno che convergeva fino al mio nome. Sono rimasta a bocca aperta nel vedere scritto "Fannie Black"; i miei zii, nelle poche occasioni che ci sono state, mi hanno sempre presentata come "Malfoy", e a me non era mai passato per la testa prima che potessi avere un altro cognome. Col cuore in gola, sono risalita fino ai due nomi collegati al mio... solo per scoprire, con enorme disappunto, che entrambi erano stati bruciacchiati, come se qualcuno vi avesse premuto la bacchetta calda troppo a lungo. Quasi tutti gli altri nomi, che suppongo appartenessero ai miei avi, erano perfettamente leggibili, ma non c'è stato verso di scoprire l'identità dei miei genitori. Quella sera stessa, a cena, ho chiesto a zia Narcissa il perché di quelle bruciature, con la massima tranquillità. Lei è impallidita, zio Lucius si è infuriato, e sono stata mandata a letto senza neanche un boccone, per non parlare di uno straccio di risposta alla mia domanda.
No, decisamente Villa Malfoy non è un bel posto dove passare dieci anni della propria vita, specie se hai un cugino come Draco che fa di tutto per rendertela impossibile. Ma se c'è qualcosa che mi consola, oltre alla certezza assoluta di non fare davvero parte di questa famiglia, è che tra un meso me ne andrò. La settimana scorsa sono arrivate le lettere da Hogwarts per me e Draco, e non ho fatto i salti di gioia solo perché i miei zii avrebbero fatto un sacco di storie. Ma sono assolutamente entusiasta: finalmente lascerò questa casa e queste persone.
Con il cuore appena più leggero, mi vesto e scendo per la colazione. Come ogni mattina, zio Lucius è immerso nella lettura della Gazzetta del Profeta, zia Narcissa è alle prese con i capricci di Draco, e Dobby, l'elfo domestico di casa, prepara una colazione che sarebbe abbondante anche per un reggimento, figuriamoci per quattro persone. Rivolgendogli un sorriso gentile, perché è sempre stato l'unico essere che qui dentro non mi abbia trattato come una specie di inquilina indesiderata, prendo posto al tavolo augurando un - Buongiorno - privo di tono.
Zio Lucius alza gli occhi illuminati di malignità dal quotidiano. - Ah - commenta, con quella sua voce fredda e strascicata. - Guarda chi ha deciso di degnarci della sua presenza. Buongiorno, Fannie.
Lo fa solo per irritarmi. Forse farei meglio a ripetermelo, perché non mi pare il caso di irritarmi e scatenare tutta una serie di discussioni già all'ora di colazione.
- Sai, sarei venuto a svegliarti tra poco - dice Draco, lasciando trasparire anche fin troppo chiaramente la delusione che gli provoca questa mancata occasione. I suoi modi di svegliarmi sono molto, molto particolari.
- Davvero? - domando, disinteressata - E per qualche ragione?
- Più tardi tu, tua zia e tuo cugino andrete a Diagon Alley - risponde zio Lucius, togliendo la parola a Draco. - Vedi bene che normalmente nessuno avrebbe ritenuto la tua presenza indispensabile, ma purtroppo per certe faccende c'è bisogno della tua presenza fisica.
- Bene - rispondo, attenta a non lasciarmi sfuggire troppo entusiasmo, perché sarebbero capaci di vietarmi di andare se si accorgessero quanto mi rende felice. - Tra quanto andiamo?
- Appena siete pronti - risponde zia Narcissa, con la sua solità acidità che riserva solamente a me.
Per un po' è il silenzio, mentre Dobby serve tè, caffè e pane tostato. Poi Draco sfodera il suo miglior tono lamentoso e petulante che usa in genere per ottenere qualcosa. - Mamma, mi compri una scopa?
Io abbasso gli occhi sulla mia tazza, digrignando i denti: l'ha fatto apposta, quel vermiciattolo, sa quanto io adori volare... sebbene non sia propriamente al corrente che quando non c'è mi diverto a prendere la sua Comet Duecentosessanta sotto l'agitata sorveglianza di Dobby, pronto ad avvertirmi nel caso del ritorno dei Malfoy.
Comunque, sua madre non sembra molto disposta a dargli soddisfazione. - Ne hai già una, Draco - ribatte irritata, - e comunque agli studenti del primo anno non è permesso averne di personali, quindi non potresti portarla a prescindere.
- Che regola stupida - sbuffa Draco, con un'eloquente occhiata a suo padre. Lui, essendo nel Consiglio d'Amministrazione di Hogwarts, probabilmente potrebbe farla eliminare nel giro di qualche ora. Ma zio Lucius, per mancanza di voglia o per la troppa concentrazione sul giornale, non si degna di rispondere al figlio.
Nascondo nella tazza il sorrisetto beffardo che mi è affiorato alle labbra. Stavolta ti è andata male, cugino. Anche Draco deve essersene accorto, perché dà un malmostoso morso al suo pane tostato come se fosse la causa di tutti i suoi problemi.
Calato il silenzio, mi ritrovo con lo sguardo sui Malfoy, a soppesare distrattamente quel che li distingue da me. Non sono molte, a pensarci bene. A meno di contare che i loro capelli sono lisci e di un biondo quasi platinato, mentre i miei sono rosso scuro, i loro occhi grigi appena più chiari dei miei, i miei lineamenti solo un po' meno affilati. Ma il pallore costante si ritrova in tutti noi, e c'è qualche punto comune tra il loro portamento e il mio. Per il resto, però, non sono una di loro. Sono anni che lotto per non esserlo.
Come sempre, ci pensa Draco a interrompere le mie riflessioni, a causa della sua incapacità di stare zitto per più di tre minuti. - Accidenti, non vedo l'ora di andare a Hogwarts - esclama entusiasta. - Non vedo l'ora di essere smistato... Dicono tutti che Serpeverde è la casa migliore, ci vanno tutti i Purosangue.
- Ed è lì che andrai anche tu, figliolo - replica zio Lucius con una punta d'orgoglio. - Come tutti quanti in famiglia, d'altronde... Almeno - e qui si premura di scoccarmi un'occhiata di disprezzo - fino ad ora.
Frecciate, frecciate, frecciate. Ormai ci ho fatto il callo, ma è sempre sgradevole essere presa di mira per qualsiasi cosa. Imponendomi di restare tranquilla, ma senza poter evitare di assumere un tono un po' sarcastico, rispondo: - Non sapevo di essere effettivamente parte della famiglia. Dove sarebbe il problema se non finissi nella vostra stessa, nobile Casa?
- La scelta è tua - replica zio Lucius freddamente. - Ma se davvero progetti di non rispettare la tradizione, non aspettarti comprensione da noi. Da sempre noi Malfoy siamo stati dei Serpeverde, e sarebbe ridicolo se proprio adesso arrivassi tu con l'imbarazzante novità di essere finita altrove.
- Io - rispondo lentamente - non sono una Malfoy.
- Che ti piaccia o no lo sei - replica zio Lucius sprezzante. - Dimmi, chi si è preso cura di te per dieci anni della tua vita? Chi ti ha accolta in casa propria come una figlia, dopo che sei rimasta completamente sola? O preferisci conservare il tuo rispetto per una famiglia che non hai mai conosciuto?
- Non prendiamoci in giro - sbotto, punta sul vivo, - voi non mi avete mai fatta sentire esattamente come una di famiglia. Che razza di devozione dovrei provare per voi? E' chiaro che mi riservate la stessa considerazione che avreste per un peso sgradevole e di cui ci si vuol liberare al più presto!
- Allora butta al vento secoli di storia - replica zio Lucius, altrettanto infervorato. - Avanti, illuminaci, dove ti piacerebbe essere smistata? Tra quei perdigiorno dei Tassorosso, i secchioni dei Corvonero? O magari, Merlino non voglia, tra quei Babbanofili falliti dei Grifondoro?
- Ognuna di queste Case - ribatto, la voce tremante di indignazione - ha le sue ottime qualità. Di certo, tutte quelle di Serpeverde messe insieme non bastano a farne una sola di queste!
A giudicare dalla faccia dello zio, è quasi sicuro che tra un istante tirerà fuori la bacchetta e mi lancerà come minimo uno Stupeficium; solo poche volte l'ho visto così indignato e arrabbiato. Ma il momento non arriva, lui si limita a fissarmi con disgusto finché decide di alzarsi, salutare moglie e figlio e andarsene al lavoro. Tra il sollevato per non essere stata stregata e il dispiaciuto di non aver potuto portare avanti la discussione, mi lascio andare contro la sedia con uno sbuffo.
- Complimenti, Fannie - sghignazza Draco divertito. - Solo tu sei capace di farlo arrivare al Ministero così di malumore.
- Oh, chiudi il becco, Draco - sbotto irritata.
- Non parlare così a tuo cugino - mi ingiunge all'istante zia Narcissa. Non perde mai occasione per rimproverarmi, vuoi che sia anche solo per un'unghia più corta rispetto alle altre. - E adesso muovetevi, non voglio dover arrivare in Diagon Alley a sera fatta.
Senza indugiare oltre, abbandono il mio pane tostato per salire in camera mia, ben decisa a evitare altri motivi per accrescere la mia irritazione. Be', dopotutto, forse ho le mie buone ragioni a volermene andare da qui.
***
- Dovremmo dividerci - constata freddamente zia Narcissa, - o saremo costretti a passare qui l'intera giornata.
Oh, ma certo, diciamo pure che è per quello. E considerando che siamo in tre, chi è che dovrà restarsene da solo, zia?
- Fannie, tu procurati la bacchetta e tutto quello che ti serve - dice infatti, mollandomi in mano un piccolo sacchettino pieno di monete. - Draco, tu e io intanto andiamo al Ghirigoro. Ci troviamo tra un'ora al negozio di Madama McClan.
- Mamma, io voglio andare da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch! - si lagna Draco mentre i due si allontanano.
- Non ti comprerò una scopa, Draco!
- Non voglio comprarla, voglio solo vederla...
Se quando li rincontro Draco stringe tra le mani un pacchetto contenente una nuova Nimbus 2000, giuro che gliela spezzo. Siamo passati prima davanti alla vetrina, e quel manico di scopa sempre essere formidabile già solo a vederla, figurarsi a cavalcarla!
Quando mia zia e mio cugino sono ormai invisibili tra la folla di Diagon Alley, mi rendo che conto che sono effettivamente rimasta sola e non ho idea di dove andare. Okay, Fannie, niente panico. Partiamo dal presupposto che sei una strega: di cosa hai maggiormente bisogno? Di una bacchetta magica. E dove si trovano le bacchette magiche? Da Olivander, il miglior fabbricante forse dell'intero mondo. Quello che devi fare è solamente trovare il negozio.
Tutto a dritto e quando arrivi alla Gringott svolta a destra; queste le indicazioni di un gentile passante a cui ho chiesto dove si trovasse la bottega. Okay, ho raggiunto la banca e ho girato a destra... Telami e Tarlatane, la casa editrice di Whizz Hard Book, la sede della Gazzetta del Profeta... Eccolo lì, un negozietto all'apparenza insignficante sovrastato da una vecchia e scrostata insegna di legno scritta a caratteri dorati: Olivander, fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C. Emozionata, mi faccio largo tra la folla di persone che si accalcano in ogni direzione, finché raggiungo la porta del negozio... e vado a sbattere dritta contro qualcosa di molto grosso e decisamente robusto.
Colta alla sprovvista, faccio due veloci passi indietro, alzando la testa per vedere contro che cosa sono andata maldestramente addosso. E rimango sbalordita nel constatare che quel qualcosa è una persona. Una persona che è alta due volte un uomo normale e larga almeno tre, con barba e capelli così ricci e ispidi che l'unica parte del volto che si riesce a distinguere sono due occhi neri e lucenti. Un po' imbarazzata, un po' intimidita, mormoro: - Mi scusi.
- Fa niente, ragazzina - risponde l'uomo, con una voce gentile che smentisce all'istante il suo aspetto selvaggio. - Che ci fai in giro da sola per Diagon Alley? Non dovresti essere con i tuoi?
- Mia zia e mio cugino hanno pensato che fosse meglio dividerci - rispondo, ben attenta a non rivelare che non so nemmeno se i miei siano ancora vivi. - Sa, per risparmiare tempo.
Il volto del gigante si incupisce. - Chi sono questi tuoi parenti? Mi sa che dovrei farci una bella chiacchieratina...
- I Malfoy - rispondo, senza poter evitare che una nota amara sporchi la compostezza del nome.
- Malfoy? - ripete, ora gli occhi sgranati dalla sorpresa - Perdiana, com'è che ti chiami?
- Fannie Malfoy - rispondo senza pensarci, dandomi immediatamente della stupida. La forza dell'abitudine è davvero molto potente. - Volevo dire Black... In realtà i Malfoy mi hanno presa in affidamento, credo.
L'uomo sembra assolutamente sgomento. - Ah - riesce solo a dire alla fine, come se non avesse parole. - Black. Be', capito.
Incuriosita, lo guardo in quei piccoli occhi scuri. Capisco la sorpresa nel sentire il nome Malfoy, dato che è conosciuto nel mondo magico per la sua fama non proprio immacolata, ma non credevo che anche Black avrebbe suscitato tanto scalpore. Prima di poter chiedere delucidazioni, però, il gigante sembra accorgersi di come ha reagito, e si affretta ad aggiungere: - Io sono Rubeus Hagrid, comunque. Custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts. Immagino che tu stia al tuo primo anno, eh?
- Sì - rispondo. - Ho sentito parlare di lei. Dicono che Silente la stimi molto.
Il petto di Hagrid sembra gonfiarsi come un palloncino per l'orgoglio. - Infatti è così - conferma, senza riuscire a nascondere l'autocompiacimento. - Sì, Silente si fida molto di me, sai, mi dà sempre dei compiti importanti da svolgere, come oggi... Mi ha incaricato di accompagnare il giovane Harry Potter a fare i suoi acquisti per la scuola.
- Harry Potter? - ripeto, sconcerata - Quel... quello che ha sconfitto Tu-Sai-Chi?
- Proprio lui - conferma Hagrid, per poi abbassare la voce. - Ma non farglielo notare quando lo incontri... sai, lui non è che sapeva di essere famoso...
- Cosa? - esclamo, indignata - Ma come, lui non...?
Ma Hagrid, con uno sguardo veloce al negozio di Olivander, mi fa segno di tacere. Ne sta uscendo un ragazzino magro, con i capelli neri e gli occhi verdi, che ha l'aria un po' smarrita ma soddisfatta. Dev'essere lui, il Ragazzo che è Sopravvissuto. Sapevo che viveva con i suoi parenti Babbani, ma non avrei mai immaginato che non sapesse... insomma, lui è famoso in tutto il mondo magico, come può...?
- Trovata la bacchetta, Harry? - domanda Hargid in tono allegro, distogliendomi dai miei pensieri.
- Sì - risponde il ragazzo mostrandogliela. - Agrifoglio e piuma di fenice, undici pollici.
- Perfetto - commenta Hagrid soddisfatto. - Ehi, guarda un po' chi ho incontrato, Harry... anche questa ragazzina frequenterà il suo primo anno a Hogwarts, proprio come te...
- Fannie - preciso con un sorriso, tendendo la mano al ragazzo.
- Harry - si presenta lui, un po' imbarazzato.
- Io adesso dovrei andare - aggiungo rivolta a Hagrid. - E' stato un piacere...
- Aspetta - mi ferma il gigante. - Perché non resti con noi? Non è saggio che un'undicenne vaghi da sola per Diagon Alley. Potresti perderti e finire chissà dove.
- Non ce n'è bisogno... - cerco di dire, arrossendo. Penso che nessuno si sia mai preoccupato per me così... è un po' strano, in effetti, dopo dieci anni che ho imparato a cavarmela da sola.
- A noi non dispiace - mi rassicura Hagrid fermamente. - Vero, Harry?
- Oh, ehm... certo che no - risponde lui, che non si aspettava di venire chiamato in causa.
- Allora è deciso - conclude Hagrid. - Tu vai dentro, noi ti aspettiamo qui
- Ehm... grazie - rispondo, sorpresa, aprendo la porta di Olivander. Appena me la richiudo piano alle spalle, tutti i rumori esterni di Diagon Alley sembrano scomparire, rimpiazzati da un silenzio polveroso come le file e file di bacchette magiche accatastate sugli scaffali.
- Buongiorno - saluta un vecchio signore appena uscito dall'ombra, facendomi sobbalzare. - Primo anno a Hogwarts, suppongo.
- Esatto - rispondo nervosamente. Quest'uomo dev'essere Olivander in persona.
- Non dica altro - dice, adesso acceso d'entusiasmo. Estrae un metro a nastro dalla tasca che, senza bisogno di essere comandato, comincia a prendermi le misure più improbabili, perfino la distanza tra una narice e l'altra, mentre Olivander prende a chiacchierare ininterrottamente delle proprietà di legni e nuclei e a tirar fuori scatoline dagli scaffali.
- Proviamo con questa - dice il vecchio mago, facendo un cenno al metro che si accascia a terra con un leggero tonfo. - Ciliegio e crine di unicorno, undici pollici e tre quarti, molto flessibile. Coraggio.
Agito per un attimo quel bastoncino di legno, un po' impacciata, ma Olivander me lo toglie subito dalle mani. Mi offre un'altra bacchetta, stavolta in quercia e corda di cuore di drago, ma di nuovo senza successo. E me ne porge tante altre, senza evidentemente ottenere il risultato che aspetta, perché me le toglie quasi ancora prima che le abbia toccate, e con emozione sempre più crescente, quasi fossi una sfida particolarmente complicata ed eccitante.
- Scelta difficile, signorina...?
- Black - rispondo, stavolta stando ben attenta a non dire l'altro cognome.
- Ah, Black - ripete Olivander, e non so se sia uno scherzo della luce o la mia semplice immaginazione, ma mi pare di cogliere un lampo attraversare quegli occhi scoloriti. - Sì, be', troveremo quella adatta a lei, stia tranquilla... anzi, sarà la bacchetta a trovarla! Non si dimentichi mai che è la bacchetta a scegliere il mago, o la strega, signorina Black...
E via con un'altra sfilza di bastoncini, rigidi e flessibili, lunghi e corti, scuri e chiari. Credo di averne contate almeno ventotto, ma potrei anche essermi confusa, con tutte queste ciance sulle peculiarità del mestiere della fabbricazione delle bacchette. Questa è la ventinovesima.
- Squoia e corde di cuore di drago - annuncia Olivander, guardandola per un attimo con interesse. - Dodici pollici e mezzo, decisamente rigida... una bacchetta che donerà la sua fedeltà ad una sola persona! La provi, su.
Ormai stanca, prendo l'ennesima bacchetta tra le dita... e rimango come folgorata. Sento chiaramente una scarica elettrica mista a un fiotto di calore bruciante attraversarmi la mano e risalire fino al gomito. Sbalordita, alzo gli occhi su Olivander, che sembra finalmente soddisfatto.
- Credo sia questa - sussurro, sgomenta.
- Oh, lo credo anche io - conviene il fabbricante, allegro come non era stato fin'ora. - Sono sette galeoni, signorina Black. Combinazione insolita, se devo dirle la verità... Di solito, per controbilanciare la potenza delle corde di cuore di drago, tendo ad usare più che altro legni forse meno potenti, o al contrario abbino la sequoia ad un nucleo un po' più innocuo... Sono materiali molto potenti, sa? Credo che lei compierà grandi gesta, signorina.
Un po' spiazzata da questa aspettativa, pago il dovuto e esco dal negozio con la mia nuova bacchetta. Grandi gesta, io? D'accordo, forse fin'ora avrò dimostrato di avere capacità un pochino più elevate di quelle di Draco, sebbene nessuno si degni di ammetterlo, ma insomma, è il massimo che ho fatto. Cosa potrei mai combinare, in fondo? Non vorrei essermi sbagliata sulla mia bacchetta.
- Allora, trovata? - chiede Hagrid allegramente, vedendomi tornare. Mi ero quasi dimenticata che lui e Harry mi stavano aspettando qui fuori.
- Alla fine sì - rispondo incerta. - Ce ne sono volute ventotto, ma forse ne è valsa la pena. Sequoia e corde di cuore di drago, dodici pollici e mezzo.
Hagrid fischia leggermente tra i denti, impressionato. - Dev'essere proprio una bella bacchetta. Sai che si attribuisce alla sequoia la caratteristica di portare fortuna? Dovresti essere in grado di fare ottime magie, con quella. Bene, adesso andiamo, prossima fermata al Ghirigoro!
E siamo già a due, rifletto mentre torniamo indietro verso la libreria. Sarà bene che io sia all'altezza delle aspettative di tutti quanti, o giuro che tornerò da Olivander e lo stregherò con una delle sue stesse creazioni per avermi consegnato quella sbagliata.
Ecco qui il secondo capitolo :) Forse sarà un po' lunghino, ma le parole sembravano voler uscire da sole mentre scrivevo e non riuscivo a fermarle! Se mi lasciaste qualche commento ve ne sarei molto grata; intanto, grazie a chi ha perso un po' del suo tempo per leggere questo tentativo di fanfiction :)
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: FannieBlack