Io c'ero

Sono qui, aspetto.

Aspetto il segnale.

Perché oggi è una notte speciale.

Per voi e per noi.

Oggi cadono le stelle e per i vivi è un’occasione per esprimere desideri.

Lo facevo anche io, tanto tempo fa.

Ma adesso è ancora più importate.

E’ il momento di ricordare.

Perché a noi angeli non è permesso parlare e pensare alla nostra perduta vita.

Ora, invece, possiamo esprimerci.

Salgo su una stella.

Adesso tornerò lì, dove tutto è cominciato e dove tutto è finito: l’Hokkaido.

Una scia argentea si accende dietro di me.

Andiamo.

E immediatamente essa plana su una distesa bianca.

E’ neve.

I bambini ci giocano, è morbida.

Morbida e fredda.

Alle persone piace la neve.

Vedo dei bambini.

So che mi stanno guardando.

Perché io c’ero.

Poi voliamo verso la città.

Lì molte case illuminate si estendono sulla neve candida.

Dietro le finestre, tanti bambini speranzosi.

Vogliono sognare.

Ed è giusto.

Sognano perché sanno di avere una possibilità.

Anch’io lo pensavo, ma mi sono solo illuso.

Li vedo esultare e sorridere.

Mi hanno visto.

Adesso si calmano e chiudono gli occhi.

Stanno esprimendo un desiderio.

Lo so.

Perché io c’ero.

Schizzo più avanti.

Un campo da calcio si estende sotto di me.

Undici ragazzi giocano sotto le stelle con un pallone.

Un pallone bianco come la purezza della vita e nero come il buio totale che è la morte.

Un perfetto equilibrio.

Amavo questo sport.

Ci giocavo ed ero bravo.

Bravissimo, ma non perfetto.

Lo sarei diventato, forse.

Un ragazzo tira in porta.

Posso sentire il suo cuore battere, come se fosse il mio.

Forse perché so che deve battere così.

Il portiere prova a parare il tiro, ma esso è troppo forte.

Il ragazzo esulta.

So la felicità che si prova.

Perché io c’ero.

Sfilando sotto il paesaggio candido noto una casa che conosco bene.

La mia casa.

Mi avvicino.

Scendo dalla stella e sbircio dalla finestra aperta.

La camera è come me la ricordavo: due piccoli letti uno vicino all’altro con le coperte azzurre. Al centro un tavolino blu con due piccoli sgabelli color ghiaccio vicino, sopra un morbido tappeto rosso. Attaccato alla parete un piccolo caminetto acceso.

Ai lati dei libri sistemati in delle piccole librerie di legno e dei giocattoli dentro delle scatole a fiocchi di neve.

Sorrido.

Manchi solo tu.

D’improvviso la porta si apre e un bambino di sei anni, con una testolina coperta di capelli albini e dagli occhi color cenere appare.

Sei tu, il mio piccolo Shirou.

Cammini tranquillo fino al tavolino e ti siedi.

Sopra di esso c’è un quaderno, il tuo diario.

Sospiro.

-Shirou.-

Tu alzi la testa delle pagine del quaderno.

-C… Chi c’è?-

Chiedi spaventato.

-Sono io.-

Salgo dalla finestra.

Tu spalanchi le iridi cenere.

Sorrido.

Reagisci sempre uguale alle sorprese.

Poi sorridi, entusiasta.

-Atsuya! Quindi non eri morto!!- Esulti e corri ad abbracciarmi.

Le tue mani, però, abbracciano l’aria.

-Ma…-

Ci sei rimasto male, ovviamente.

Ma io sono solo uno spirito.

-Shirou, io sono morto. Sono venuto a farti visita, dal cielo.-

Tu mi guardi, sospettoso.

-Quindi sei… Un fantasma? E perché sei qui?-

-Non posso risponderti. Pensa solo che è un regalo delle stelle.-

-Mi manchi.-

-Anche tu.-

Sorrido, felice.

-Adesso dormi.-

Lui si mette fra le coperte.

-Buonanotte.-

Ti guardo.

Non ti preoccupare, sarò sempre qui, con te.

Il mio spirito viene risucchiato nella mia sciarpa.

Ti sarò più vicino di quanto credi.

Perchè io c'ero, e ci sarò sempre.