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Autore: shesproudofdemi    29/08/2012    7 recensioni
«Tu sei matto!»
Rise, ancora.
«E tu hai fatto la matta con me. - si fece subito serio. Mi prese le mani. - E non c'è cosa più bella.»
Annuii. Eravamo vicinissimi, lui era stupendo.
Ci baciammo, non potevamo fare altro. Un bacio dolce, fantastico. Si staccò piano piano da me e mi disse:«Sarò qui al tuo fianco, niente più paure, niente più pianti.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'll be here by your side, no more fears, no more crying.




«Oh ciao Evelyn! - mi disse mia madre venendomi incontro per darmi un bacio in fronte, come faceva ogni volta che tornavo a casa. - Come sono andate le prove oggi?» ritornò in cucina e girò la pasta in pentola, per poi rimettere il coperchio. 
Comunque, ero un'attrice. No, un attimo, non proprio un'attrice professionista... diciamo una ragazza diciannovenne con il sogno di diventare una specie di seconda Julia Roberts (non a caso, il mio idolo). 
Come ogni anno, la mia classe (di sole ragazze) organizzava uno spettacolo dopo la fine della scuola e io non potevo che farci parte. Quello era l'ultimo anno di liceo, lo show doveva essere il massimo!
Il regista, se così posso chiamarlo, è un uomo che diresse molti spettacoli e fece delle comparse in alcuni film famosi. Era un'uomo sui quarantacinque anni, quasi sempre imbronciato. Single, guardava spesso noi ragazze con un bel fisico (sì, non potevevamo lamentarci). Spesso ci metteva anche le mani addosso, con la scusa dell' "aspetta ti posiziono io su questa parte del palco". Avevamo tutte dei lividi nell'interno coscia e sui fianchi, ma ovviamente non lo sapeva nessuno. E nessuno ebbe mai avuto il coraggio di denunciarlo: cosa non si fa per la propria passione?!
«Bene mamma, è andato bene, come al solito.» no, per niente. Le sorrisi lo stesso. «Che mangiamo oggi?
»
«Una semplice pasta al pomodoro fresco.» mi guardò, la guardai, scoppiammo a ridere. «Avevo solo pomodori in frigo.» rise di nuovo.
«Fa niente. Papà e Luke?» Luke era mio fratello, aveva tredici anni. 
«Sono andati a confermare l'iscrizione per la nuova scuola calcio di Luke, dovrebbero tornare a momenti.» annuii. «E se non tornano a momenti, noi mangiamo comunque senza aspettarli.» ridemmo insieme, di nuovo. Sempre così il nostro rapporto: rari litigi, tante risate.
«Comunque alle tre e mezza devo ritornare a scuola, prove extra oggi.» dissi quella frase quasi schifata, per colpa di quell'uomo (anzi, animale) che ci faceva da regista.
«Come mai?» mi chiese mia madre, mettendomi il piatto di pasta sul tavolo e facendomi segno di iniziare a mangiare. Feci spallucce, non sapevo il perché di queste prove extra.



«Picket, qua.» mi ordinò il regista. Andai vicino a lui e, con la sua tenuta stretta sul mio fianco, mi accompagnò al centro del palco. Sospirai, deglutii, strinsi i denti più che potevo, il fianco faceva male, e tanto. Ero da sola al centro della scena, con il copione in mano. Le mie compagne di classe erano sull'angolo destro del palco, il regista su quello sinistro. Diciamo che non era uno dei momenti più belli della mia vita; abituata ad essere protagonista negli spettacoli sì, ma essere al centro dell'attenzione no.
«Cosa devo f-
» non ebbi il tempo di finire la frase che improvvisamente tutte le luci della sala si spensero. 
C'era silenzio. 
Io avevo l'ansia. 
Dovevo muovermi?
O stare ferma?
Urlare? 
Chiedere aiuto?
Era tutto organizzato e calcolato da quell'essere schifoso?
O un caso?
Le luci si accensero così come si spensero: senza avviso e senza che nessuno facesse nulla.
La prima cosa che feci fu guardare il regista, ma, al contrario delle mie aspettative, non toccava nessuna delle mie compagne.
Sarà stato un blackout, pensai (e sperai, più che altro).
Il regista si girò verso di me e mi venne vicino, mise la sua mano violenta sul mio piccolo fianco e iniziò a strattonarmi. L'unica cosa che riuscii a muovere autonomamente fu la bocca: tremava, stavo per piangere. Mi faceva male tutto, non riuscivo a tirargli un pugno, a prendere in mano la situazione, ad avere coraggio. Le mie compagne di classe urlavano: non mi erano per niente d'aiuto. Gli ordinavano di stare fermo e lui diceva che stava solo trovando la posizione giusta, bastardo.

«Scusate, anche qui si sono spente le luci poco fa?» arrivò allarmato un ragazzo. E che ragazzo!, aggiungerei. Aveva dei capelli castano chiaro, leggermente più corti ai lati e un po' alzati in alto. Magro, alto, camicia a quadri verde chiaro e verde scuro, maniche a tre quarti e un pantalone beige. Occhi scuri, lineamenti perfetti. Uno spettacolo. 
Io, al contrario, avevo la maglia tutta storta, i capelli spettinati, le lacrime agli occhi e una faccia stanca, fiacca, angosciata da quella brutta situazione che ogni giorno mi perseguitava.
Il ragazzo mi guardò e corse immediatamente sul palco. Spinse il regista, lo allontanò di minimo tre metri da me. Gli andò vicino e lo guardava furioso.
«NON TI PERMETTERE PIU', MERDA DI UOMO!» gli urlò con tutta la forza che aveva in corpo, per poi farsi partire un pugno proprio sotto al mento del direttore dello spettacolo. 
«ANIMALE!» continuò ad urlare.
Il tutto avvenne in due secondi massimo.
Iniziai a piangere come una bambina e caddi per terra. Mi coprii il viso con le mani e iniziai a singhiozzare. Appena mossi la pancia ebbi una fitta sul fianco sinistro che mi costrinse a piegarmi. 
Con fatica provai ad alzarmi, ma il ragazzo mi prese le mani e mi aiutò a tornare in piedi. Cessarono le lacrime.

«Graz-» venne fuori un sussurro, ma lui lo sentì. Tutte le sue attenzioni erano concentrate su di me.
«No, no.» mi sorrise e io iniziai a piangere di nuovo. Ero troppo debole e stanca, non facevo altro che bagnarmi le guance.
«Possiamo abbracciarci?» gli chiesi con un tono più basso di prima. Avevo bisogno di lui, di un abbraccio di un uomo che mi facesse sentire protetta in quel momento. Uno degli abbracci migliori di quelli del mio papà.

Sorrise quasi commosso e mi abbracciò, accarezzandomi dolcemente la schiena. Ricambiai l'abbraccio con più forza che potevo, un "grazie" non bastava.
«Devi smetterla di piangere però.» mi allontanò e mi asciugò le lacrime. Il suo tocco era leggerissimo, troppo dolce.
«N-non riesco.»
«Dai.» tornò a circondarmi i fianchi e a sussurrarmi nell'orecchio che lui era lì per me e che mi avrebbe aiutata. Restammo così per cinque minuti, dopodiché decisi di parlare.
«Sono Evelyn, piacere.» gli porsi la mano. Sorrise guardandola.
«Liam.» me la strinse.
«Comunque sì, la luce sì è spenta anche qua.» saltò fuori all'improvviso Carol, inopportuna come sempre. 
La guardammo tutti male, povera. 
«Ah. Emmh, scusate, stavamo lavorando dietro le quinte con le luci per il vostro spettacolo e improvvisamente è saltata la corrente. Colpa mia!
» alzò una mano in segno di scusa.
«Capito. Beh, io vado eh. Ci vediamo!» Carol si dileguò all'istante seguita dal resto delle mie compagne. Sul palco, quindi, rimanemmo solo Liam, il verme che era in stato di coma credo, ed io.
«Grazie Liam, davvero.»
«E' la prima volta che ti tocca?» mi chiese prendendomi per mano e accompagnandomi a sedere sulle poltrone in prima fila.
«Non tocca solo me, ma anche tutte le altre mie compagne di classe. Le prove vanno avanti da un mesetto circa e per cinque ore al giorno siamo costrette a subire le sue violenze. Cinque anni che faccio parte del cast, cinque anni che lui ci mette le sue manacce addosso. Pensa, ci avevamo fatto anche l'abitudine!» mi grattai la fronte. Sembrava stessi parlando di una cosa normale, anche se di normale non aveva niente.
«Perché non avete mai avuto il coraggio di fare qualcosa? Denunciarlo, urlare quando vi toccava... non so. Io sono sempre stato qui dietro, sarei venuto subito!»
«Credevamo che avrebbe fatto peggio una volta che lo sarebbe venuto a sapere.»
Scuoteva la testa con un'espressione disgustata.

«Che schifo, che schifo! Non ci posso credere.» iniziò a scrutare ogni movimento di quell'essere sul palco. Era ancora steso per terra, stava per muoversi e portare la mano sul mento. Mi correggo, la sua schifosa e violenta mano. «Non lo sanno nemmeno i tuoi genitori?» continuò.
«Ovviamente no! E non devono saperlo!»
«Ma perché? Perché Evelyn? Certo che devono saperlo! Sei loro figlia, nessuno può toccarti. Hanno il dirit-»
«No Liam! No, non voglio. Adesso mi hai salvata, basta, è tutto finito. Non voglio che lo sappiano per il momento, magari più avanti sì, ora no.»
«Come vuoi.» mi sorrise. Doveva smetterla, mi mandava in tilt! E se sorrideva lui, automaticamente lo facevo anche io. 
Quell'essere schifoso riprese le forze e si alzò in piedi. Aveva gli occhi socchiusi, forse doveva ancora realizzare. 
Ci guardò.

«Cosa vuole fare?» chiesi sottovoce a Liam non smettendo di osservare ogni momento del regista.
«Non lo so, ma so cosa voglio fare io.» in meno di un secondo mi prese la mano e corse verso l'uscita. Rideva, rideva, rideva; e io insieme a lui. 
Ci trovammo fuori la scuola in tempo record, quant'era veloce?! E bello. 
Si appoggiò al recinto di una piccola aiuola e portò le mani sulle ginocchia. Lo imitai. Avevamo il fiatone, ma continuavamo a ridere.
«Tu sei matto!»

Rise, ancora.
«E tu hai fatto la matta con me. - si fece subito serio. Mi prese le mani. - E non c'è cosa più bella.» 
Annuii. Eravamo vicinissimi, lui era stupendo.
Ci baciammo, non potevamo fare altro. Un bacio dolce, fantastico. Si staccò piano piano da me e mi disse:
«Sarò qui al tuo fianco, niente più paure, niente più pianti.»







Occheeeei, ciao a te! <3
L'altro giorno avevo voglia di scrivere una OS e mi venne l'idea di scrivere qualcosa di un po' tragico, perciò ecco qua. 
Spero ti sia piaciuta e, che dire, grazie di esser arrivato fin qui a leggere.
Non sapevo chi dei One Direction usare come protagonista e dato che oggi è il compleanno di Liam, ho scelto proprio lui per festeggiare :) 

HAPPY BIRTHDAY MR. PAYNE, WE LOVE YOU! (?) *ww*
Grazie ancora, mi farebbe molto piacere una recensione.
  
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