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Autore: Pendragon of the Elves    30/08/2012    7 recensioni
[Memorie di Adriano]
[Racconto ispirato e costruito su "Memorie di Adriano", di Margerite Yourcenar]
"Cosa penserebbero i miei sudditi, cosa penserebbe la fiera e potente Roma, vedendo ridotto così il suo sovrano, cosa direbbero a vedere il grande Adriano piangere come un disgraziato di fronte ad una statua. Ma cosa potrebbero saperne tutti loro? Cosa potrebbero sapere, come potrebbero capire che io non sono che un uomo? Come potrebbero capire che quell'effige mi è troppo cara. Cosa potrebbero sapere loro di Antinoo. Il mio Antinoo."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Idolo di Sale


In questo momento, proprio ora, so di essere patetico. Non so, però, quanta pietà potrei incutere ai senatori in questo momento se mi vedessero. Se mi vedessero: perché tengo sempre i miei sentimenti lontani dai miei programmi di governo, il mio cuore lontano da Roma, il mio dolore lontano dai miei nemici. In molti potrebbero trarre vantaggi da questo mio stato, probabilmente nemmeno loro non sanno quanti. Perché io sto male, malissimo, tanto che la vita ha perso ogni colore, ogni sapore. Sono rimaste solo le sere solitarie e il sale amaro delle lacrime. E continuo a sentire questo vuoto, questo vuoto terrificante che mi rende così paurosamente fragile.
Ed ora sono qui, davanti ad una fredda statua, a piangere. Perché solo in questi momenti solitari posso sfogarmi pienamente. È triste e dolce allo steso tempo dirlo, ma solo la morta pietra può assistere allo spettacolo della mia sofferenza. Non permetto a nessun altro di scorgere queste mie lacrime, a nessun altro di carpire i sospiri del mio cuore, questo debole cuore mortale che batte per un'anima morta. Nessuno mi capisce, sento che nessuno potrebbe capirmi. Perché nessuno ha subito la mia perdita. E nulla può guarirmi da questo male, perché la mia perdita è stata troppo grande. Nulla: nemmeno la vista di quel volto che tanto ho amato.
Forse perché mi ostino a cercare le tracce di calore di un corpo nel freddo insensibile del marmo, i lineamenti e l'immagine di pietra di quello che una volta fu il mio amore. Forse perché mi fissa da un volto di marmo, scolpito da qualcuno che non lo conosceva come lo conoscevo io. Forse perché cerco di rivedere lo stesso sentimento che mi sorprendeva la mattina in quegli occhi allegri e che ora sono fermi e vitrei, incastonati in palpebre dure. Forse perché cerco di sovrapporre un idolo fermo e perfetto al ricordo del corpo tumefatto, steso sul fondo del Nilo, bello come un dio dormiente ma gonfio e morto come un annegato. Forse perché non ho mai creduto che se ne fosse andato per sempre.
Non posso certo vantarmene, ma ho passato la vita negli accampamenti militari e sui campi di battaglia. L'ho vista, la morte, aleggiare su quelle colline cosparse di cadaveri, posarsi sulle palpebre dei caduti, irrigidirne le membra e portarsi via l'anima. Per quanto fosse cruda e grottesca ho capito quanto fosse crudele e terribile solo quando si è posata su di lui, quando ha spento quegli occhi e posato il suo bacio mortale sulle labbra che tanto mi avevano fatto dannare. La morte se l'è portato via, prima che potessi dargli l'ultimo addio, prima che avessi il tempo di vederlo invecchiare assieme a me.
Cosa penserebbero i miei sudditi, cosa penserebbe la fiera e potente Roma, vedendo ridotto così il suo sovrano, cosa direbbero a vedere il grande Adriano piangere come un disgraziato di fronte ad una statua. Ma cosa potrebbero saperne tutti loro? Cosa potrebbero sapere, come potrebbero capire che io non sono che un uomo? Come potrebbero capire che quell'effige mi è troppo cara. Cosa potrebbero sapere loro di Antinoo. Il mio Antinoo. L'adorabile fanciullo greco dalla pelle liscia come i petali delle rose, benedetta dal colore sole, dai riccioli biondi come gigli dorati, dall'indole candidamente capriccisa, dalle nuvole fosche di oscurità che adombravano subitaneamente quel suo volto sereno, dai lineamenti tali che lo rendevano simile al giovane Apollo. E quell'espressione dolce e amara sul suo volto di fanciullo, l'espressione più saggia delle giovinezza del suo corpo, che trasudava malinconia e sapienza. Ma il suo cuore conservava sempre l'ardore della gioventù, l'amore che solo un bimbo può trovare. E i suoi occhi, i suoi occhi eleganti e profondi, più fertili di segreti e arcani della più fonda culla di faraoni dell'Egitto, così dolci, così ingenui; quegli occhi da cerbiatto, così sapientemente abili nel riempirsi di amore e divenire inaspettatamente languidi e tentatori. Non avevo mai smesso di stupirmi di come quella amabile creatura, flessuosa e forte come un giovane cavallo, potesse farsi domare così docilmente e, allo stesso tempo,  divenire l'impietoso tiranno del mio letto. Di come crescesse bello e fiorente, come un elegante salice, come plasmandosi dai miei sogni, secondo i miei desideri, come se fossero le mie labbra e le mie mani a forgiare il suo corpo ogni notte. Come se lo modellassi per completarmi, come se la sua anima mi si offrisse in sacrificio come ad un dio. Al mio corpo quanto al mio cuore mancano quei risvegli accanto alla sua figura addormentata, quella sensazione di potenza e felicità ad essere con lui, sentendomi, senza temere blasfemia, audace come Achille, completo accanto al suo Patroclo. Chi l'avrebbe mai detto che, come il prode Pelide, avrei assistito alla morte dell'amato. Io sicuramente no. Forse la mia mente non voleva accettarlo. Forse fu per quello che i miei occhi si rifiutarono di vedere i foschi pensieri che avevano preso ad agitarsi foschi sul suo volto adombrandolo come le nubi tempestose il più puro e limpido cielo. Quel desiderio terribile che la sua mente aveva architettato per me, per non provocarmi il dolore di verderlo invecchiare.
Io non glie l'avevo mai chiesto, non glie lo avrei mai chiesto. Anche se quando era con me sentivo il divario degli anni che ci separavano ma non mi era un peso, solo ora che non c'è sento quanto io sia vecchio e solo senza di lui. Senza di lui sono solo un vecchio, sopravvissuto al suo stesso amore, senza speranza di consolazione. Avrei preferito mille e mille volte vedere la vita segnarlo come fa con tutti piuttosto che vedere la morte appropriarsi del suo corpo giovane. Per questo ora sono qui, a piangere davanti ad una statua, tentando inutilmente di rievocare nella mia mente il suo fantasma, riuscendo soltanto a impregnare la sua immagine di lacrime. Piango, straziandomi, di fronte a questo crudele ma innocente idolo di sale.
 

Fine
 

  
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