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Autore: _neverdeen    30/08/2012    3 recensioni
Mi asciugai le lacrime con la manica del cardigan e diedi un’ultima occhiata intorno, al vaso di peonie che cresceva magicamente vicino la finestra. Nessun fiore si sarebbe più spezzato.
Vi presento la mia Keira, una strega che ha qualcosa da raccontare, come me. E' la mia prima storia, quasi una pagina di diario, uno spaccato di vita. Siate comprensivi e commentate. ^^
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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                                                                                A Tale Of Memories

N.B. Le parti racchiuse tra asterischi (*) descrivono scene del presente, Buona lettura a voi.



* Salii in soffitta, sotto i miei piedi i gradini scricchiolavano e i passi risuonavano trasportati dall’eco. La mia mano scorreva lungo il corrimano liscio e freddo e con l’unghia grattavo qualche pezzo di vernice nera scrostata, saltando il 10 gradino malconcio solo per abitudine. Aprii la porta della soffitta ed entrai lentamente accendendo le luci; erano settimane che non mettevo piede lì dentro, era un luogo sicuro, la mia ultima spiaggia e non poteva essere profanato per ogni sciocchezza,no, avrebbe perso la sua patina fatata, il suo ruolo. Guardai il soffitto, la luce che filtrava tra i cristalli colorati del paralume rendeva l’effetto arcobaleno che tanto mancava al mondo. C’era solo buio fuori ma quelle luci potenti illuminavano la stanza quasi fossi una giornata assolata d’estate. Entrai e mi stesi sul letto, sprimacciai un po’ il cuscino e mi stesi. Sulla mia testa, incollate alla carta da parati blu oltremare da spessi strati di colla, spuntavano la frase “ I dream my life away” e centinaia di fotografie. Alzai lo sguardo, percorrendo con gli occhi la parte inferiore del collage, quella vicina al materasso. C’erano delle foto in bianco e nero, alcune a colori, certe neanche scattate in posa; ritagli di vita, pezzi di giornata, qualche articolo di giornale e dei disegni firmati [L. H.]

E subito un brivido mi percorse la schiena, morendo sulla nuca, lasciando che la pelle si increspasse. Bastava così poco per farmi vacillare. Io che avevo il coraggio di sfidare le creature della notte, non ero in grado di guardare degli stupidi disegni e mantenere la calma, evitare che una voragine di dolore mi inghiottisse; io che avevo quell’aria così spavalda. Già, tutte le volte che entravo in quella stanza e respiravo l’odore di felicità spezzata, barcollavo. Gli occhi bruciavano così li socchiusi, lasciando che quelle luci danzanti inebetissero la vista e mi trasportassero lontano da li. Accadeva ogni volta, effetto della magia, dicevano i grimori accatastati nel baule aperto nell’angolo sinistro, bastava desiderare di andare e il viaggio sarebbe cominciato. Chiusi gli occhi e partii per le lande sconfinate dei miei desideri. *



[Vancouver,anni prima, in un tempo imprecisato della sua vita]

 L’avevo sentito arrivare prima ancora che mettesse piede sul gradino, anche se la moquette attutiva il tonfo dei suoi passi. Non avevo un udito particolare, ma avevo imparato a conoscere tutti i suoi movimenti, i suoi gesti. Li avevo memorizzati, tutti. Decisi di non corrergli incontro, preferivo che fosse lui a venire da me, amavo quando entrava in camera sorridendo e lasciava il suo profumo nell’aria. Profumava di vita.

Continuai a scrivere frasi sconclusionate per completare il mio saggio, facendo finta di nulla. Scarabocchiavo, cancellavo e riscrivevo. Avevo appena premuto forte la penna sul foglio, lasciando oltre al punto un solco profondo, che le sue braccia mi cinsero le spalle e mi dondolarono qua e la, sempre più forte.

“Hey Scricciolo, sorpresa di vedermi? Fece lui, stampandosi un sorriso luminoso sul viso. Uno di quelli che ti incanta.

“ No, affatto. Ti ho sentito arrivare, proprio non capisci che per sorprendermi non dovresti trascinarti fin qui, ma camminare” Lo punzecchiai come al solito, anche se lui non pareva recepire il messaggio. Con una scrollata di spalle pose fine al discorso e prese posto sul mio letto, stendendosi a suo agio quasi fosse in camera sua

“Ti ho portato un nuovo disegno, devi dirmi che ne pensi”

Mi alzai dalla sedia, grattando il pavimento e mi avvicinai, sedendomi in un angolo del letto. Presi la borsa che aveva gettato a terra e ne tirai fuori il suo blocco da disegno. Facendo molta attenzione lo aprii, sfilando piano il primo foglio. Aveva ritratto uno spicchio del nostro promontorio preferito, marcando col carboncino ogni dettaglio, persino gli uccelli che affollavano il cielo in formazione e le nuvole cariche di pioggia. Tutto sembrava vivo, in movimento. Reale. Dai tratti veloci sulla carta di leggeva tutto il suo mondo.

“ Penso che sia stupendo, come tutti i tuoi disegni. Sei sicuro che possa tenerli?” dissi con fare esitante, mi sembrava di privarlo di qualcosa di suo, di violare il suo mondo tenendo in camera mia i suoi capolavori, perché lo erano.” Non è che poi ti pentirai di averli dati a me e di vederli esposti qui, sul muro di camera mia?”

“Kei, quante volte devo ripetertelo” mi cantilenò a voce basse, alzando gli occhi al cielo “sei la mia migliore amica, preferisco che li abbia tu. Li tratterai con riguardo, lo so, perché sai quanto ci tengo. A casa mia sarebbero solo maltrattati. Tienili qui” guardò il muro già colmo di disegni e altri fotomontaggi che ritraevano la nostra quotidianità” Quella carta da parati ha bisogno di vita. Me li ridarai quando ce ne andremo da qui, insieme. Ci aspetta il mondo lì fuori”

Me lo ripeteva da quando aveva incollato quelle lettere di carta alla parete “ I dream my life away”.

Perché Logan voleva andare lontano, uscire quel paese che gli andava stretto. Eravamo ragazzi, avevamo 18 anni, volevamo vivere. E gli amici si sa, vivono insieme.

Tra di noi non c’era imbarazzo,ne’ incomprensioni. Sapevamo di poter contare l’uno sull’altra, di essere legati, ma non avevamo mai confuso quei sentimenti, quel quasi amore, con qualcosa di passionale, eravamo solo amici. Grandi amici, veri amici. Lui era il mio porto sicuro, io ero per lui lo stesso. Non sarebbe cambiato nulla, mai. Così almeno pensavo. Ma il “mai” non era alla mia portata, avrei dovuto saperlo. Era un tempo troppo lungo per essere controllato, immaginato o anche solo pensato. Neanche noi streghe potevamo eludere il tempo nella sua infinità, e io, che ancora non avevo il pieno controllo della mia magia, non potevo permettermi di essere tanto superba da voler fermare il suo scorrere per noi due. L’avrei capito, a caro prezzo. Un prezzo tanto caro che non l’avrei più dimenticato.


“Scricciolo, che ne dici di scendere in cortile e giocare un po’ con i tuoi abracadabra? I tuoi non ci sono ma hai bisogno di esercitarti, farò io da supervisore” Balzò dal letto e mi trascinò con lui, giù per le scale, a rotta di collo. “muoviti lentona, voglio vedere che sai fare.”

Senza che potessi dire nulla se non mugugnare ci trovammo già in cortile, sul retro di casa, tra le siepi che i miei tanto avevano a cuore. Persi posto sull’altalena sotto al gazebo, Logan mi diede le spalle e fece razzie di boccioli di peonie, poi tornò da me con un sorriso.

“Questi mi piacciono molto, ma solo quando sono completamente sbocciati. Così le peonie non sono nulla di che. Falle sbocciare. So che è una magia elementare ma..mi piace quando lo fai. “ disse con una scrollata di spalle.

“ Solo stavolta Logan, non puoi distruggere il giardino per queste strane romanticherie” Mi concentrai e i fiori sbocciarono, raggiungendo la massima apertura della corolla, dei colori vividissimi e profumi intensi. Li guardò, ne prese uno e se lo rigirò tra le mani. Aveva una particolare sfumatura violetta che si schiariva man mano che ci si avvicinava ai bordi.

“ Questo lo porto con me, mi serve per un disegno” Fece prima di intascarsi il fiore riponendolo nella tasca più larga della felpa. Con i piedi spinse l’altalena che prese a dondolare sempre più velocemente.

Sembrava una scena quotidiana, nulla di extraordinario, solo due amici che si dondolavano sull’altalena fino a che:

“Ma che quadretto felice, peccato dover rovinarlo”. Una voce sconosciuta e fredda pronunciò quelle parole con quello che suonava già come macabro divertimento.

Ci guardammo intorno, nessuno aveva messo piede in casa ne’ in giardino, eravamo apparentemente soli. Poi dall’albero alle nostre spalle si alzò un’ ombra, che elegantemente scese in giardino e toccò terra. Era un ragazzo, giovane, bello, con degli occhi freddi come il ghiaccio e i vestiti sporchi di sangue. Aveva un’espressione folle e ci guardava con insistenza. Capii subito che era un vampiro, nonostante fossi una strega alle prime armi, era così palese che nessuno avrebbe potuto fingere di non conoscere la vera natura di quell’ essere. Istintivamente, di fronte al suo sguardo folle, strinsi la mano di Logan, per racimolare tutto il mio coraggio e per assicurarmi che non facesse mosse azzardate. Conoscevo il suo carattere impulsivo ed ero consapevole che contro quel mostro non avrebbe avuto chance.

“ Chi sei? E che vuoi da me? “ Le mie corde vocali produssero un suono deciso e fermo che mi sorprese, anche se una crescente ansia mi attanagliava le viscere.

“ Non ti interessa il mio nome, ti basta sapere che sono un messaggero… I vampiri stanno per prendere il controllo del mondo, finalmente. Abbiamo un esercito e siamo pronti per controllare gli umani. E’ ora che quegli essere insulsi imparino il loro vero posto. I bassifondi! Sono qui per chiederti di allearti con noi. Sei una strega, una delle famiglie più potenti, saresti un aiuto prezioso. Allora, che ne dici?

“ Mai. Non sarò una dei vostri alleati, io non sarò mai un’assassina. Non vi aiuterò a rendere il mondo un parco giochi per i vostri desideri deviati. Lasciaci in pace, qui non c’è nulla per voi.” Il solo pensiero mi disgustava. Rendere gli umani schiavi dei bisogni dei un mondo vampirico era assurdo.

Sorrise. “Sapevo che avresti risposto così, mi avevano informato. Ma pensa, potere, gloria, vita eterna. Saresti la regina del mondo, tutto quello che desideri sarebbe realtà. Non ti interessano i tuoi sogni?” chiese adulatore.

“Pensi davvero che ti creda? Pensi non sappia che sarei la prima a morire? Davvero credi sia così stupida?”

Mi alzai di colpo, trascinando su con me anche Logan. Era rimasto in silenzio tutto il tempo, consapevole che quel mondo non gli apparteneva, stringendo forte la mia mano. Dovevo pensare, pensare in fretta. Eravamo vicini all’ingresso. Da lì partiva la protezione magica che avevano imposto i miei, lì saremmo stati salvi. Con lui al sicuro, avrei potuto scacciare via il vampiro.

“Entra in casa ora.” Gli sussurrai, spingendolo forte tanto la rischiare che perdesse l’equilibrio ma riuscendo a farlo entrare entro i confini dell’incantesimo. “Resta li, qualsiasi cosa succeda” Gli ordinai. Mi volevano viva, di certo non mi voleva morta, altrimenti mi avrebbe uccisa da prima. Ero ancora inesperta e non avevo mai affrontato un vampiro. Ero appena entrata a far parte di quel mondo e anche se mi miei genitori mi avevano ripetuto più volte come affrontarli la mia mente era una tabula rasa in quel momento. Avevo paura ma non riuscivo distogliere lo sguardo dai suoi occhi, dal suo sguardo folle.

“ Ti ho avvertita, l’hai voluto tu” Mi sibilò. Poi sparì. Il punto che fissavo prima era vuoto, solo prato. Sentii una mano fredda stringermi il polso destro, con forza; una forza sovrumana. Con la coda dell’occhio distinsi il suo profilo al mio fianco. Accadde tutto velocemente ed io sembravo muovermi al rallentatore. Una mano, forse, fece pressione sullo sterno, spingendomi al suolo. Aprii gli occhi e mi ritrovai il vampiro a cavalcioni, seduto sul mio stomaco con i denti affilati vicinissimi alla pelle del mio braccio.

“Vediamo se un po’ di sano dolore ti farà cambiare idea, strega” Poi un dolore atroce. Con i suoi denti squarciò la pelle del braccio in lunghezza, lasciando profondi solchi dal polso fino all’incavo del gomito. Il sangue fluiva a fiotti e il dolore mi annebbiava la vista. Non potei evitare di urlare anche se sentivo l’aria nei polmoni finire. L’eco del mio grido straziato sembrava riportarmi di nuovo sulla terra, riacquistavo lucidità. Ma le conseguenze di quel grido furono altre. Logan, vedendomi a terra, tentò di salvarmi, uscendo dal raggio di protezione che la soglia di casa gli assicurava. Corse in giardino, ad almeno 50 metri dalla sua salvezza. Mi accorsi troppo tardi di lui, il corpo di quell’essere mi oscurava la vista. Quando fu all’altezza della sua spalla lo vidi tentare di tirar via da me quel vampiro, invano.

“ Che carini, si proteggono a vicenda i due bambocci” Fece lui con cattiveria. Un sorriso gli si affacciò sul viso, deformando ancora di più la sua espressione. “Questo non ti piacerà affatto, ragazzina”

Si sollevò, lasciando finalmente l’aria rientrare nei miei polmoni. Ma non era abbastanza, quell’aria era come veleno. “Logan va via, rientra in casa. Logan!” Urlai con tutta la forza che avevo, sperando che la mia voce arrivasse alle sue orecchie mentre l’ansia che avevo provato fino a quel momento si espandeva in tutto il corpo. L’orrore mi si parò davanti agli occhi e la disperazione inghiottì l’aria. Aveva preso Logan per il collo, trascinandolo lontano da me e guardandomi con macabra delizia. “ Ti avevo avvertita, da oggi porterai sulla tua coscienza il peso della sua vita. Il tuo innamorato morirà a causa tua” Disse ridente. I suoi occhi divennero neri come la pece e i denti si avvicinavano sempre di più alla gola di Logan, verso la sua giugulare. Urlai disperata, lo pregai, avrei fatto qualsiasi cosa per salvarlo. Ma fu inutile .Le sue zanne lacerarono la sua gola, le sue grida divennero sempre più flebili fino a cessare del tutto. Perse colore, perse le forze e socchiuse gli occhi. Guardandomi mi sussurrò un ‘Ti voglio bene’ poi i suoi occhi verdi si spensero, inclinò la testa e un ultimo sospiro uscì dalle sue labbra. Le mie gambe tremavano, non riuscivano a sostenere il peso misero del mio corpo, mi impedivano di avvicinarmi.

“ Questa è solo una dimostrazione di ciò che ti accadrà, strega, pensaci su” E così com’era arrivato quell’essere sparì, lasciando cadere con violenza il corpo del mio amico su un letto d’erba.

“Logan, Logan..ti prego no..non mi lasciare, l’avevi promesso. Logan” mugugnavo ignorando il sangue che perdevo la braccio. Non mi importava di me, non mi importava del mondo, mi importava solo di lui. Mi trascinai fino a lui, tremando come una foglia. Strinsi la sua mano e con la mia inclinai il suo viso verso il mio, sperando che fosse ancora possibile aiutarlo.Ma il mio Logan non c’era più. I suoi occhi riflettevano l’immagine di un cielo che non avrebbe più visto, la sua bocca semiaperta non avrebbe più cantato nessun suono, le sue mani non avrebbero stretto più le mie, lo spettro del suo ultimo sogno aleggiava nell’aria. Tutto si muoveva a velocità ridotta. Il mondo era finito, e allora perché nessuno era accorso, perché la natura non era ammutolita per l’orrore? La mia mente era in caduta libera, incapace di cogliere l’impossibile, perché Logan, il mio Logan, non poteva essere morto, l’evidenza di tutti i miei sensi doveva essere falsa. Le lacrime solcarono lo strato di terriccio che sul mio viso che afferrai Logan per le spalle e lo strattonai, ma lui non si mosse. Accanto al suo corpo, notai, giaceva spezzata la peonia che gli avevo regalato. Posai la testa sul suo petto, mentre l’ansia che avevo provato esplodeva in disperazione. Poi il buio.



*Mi svegliai e piano aprii gli occhi. Avevo pianto davvero, le lacrime avevano bagnato la stoffa del cuscino in profondità. Avevo pianto, di nuovo. Quel ricordo era l’unico che mi procurava dolore vero, che mi lacerava il petto e lasciava bruciare i miei occhi. Erano passati tanti anni, ma Logan mi mancava terribilmente, come il primo giorno. Il ricordo del suo sorriso,del suo calore e dei suoi sogni erano ciò che ancora mi dava la forza per sperare. Lui non avrebbe mai voluto che io mi lasciassi andare alla deriva. Era per lui che ancora cercavo di migliorare il mondo, perché i suoi sogni potessero ancora vivere e con i suoi anche i miei. Per lui quella stanza era rimasta immutabile nel tempo, perché quello era il nostro rifugio dal mondo. Il tempo lì scorreva diversamente, tutto era fermo a quegli anni, quando il sole era caldo e la mia vita era viva. Tutto ciò che ero, tutto ciò che ero stata era lì, circondato da foto e disegni, da sogni e speranze assopite. Mi alzai dal letto e guardai la finestra. Il mio riflesso era lo stesso di quel giorno anche se una miniscuola cicatrice sul polso mi ricordava il tempo passato. Non avrei più permesso a nessun vampiro, demone o altro di rovinarmi la vita, a nessun mostro avrei dato l’occasione di far del male a me o ad altri. Nessuno avrebbe sofferto come Logan, nessuno. Avrei fatto di tutto per evitarlo, avevo bisogno della loro grazia per ricordarmi di trovare la mia. C’era ancora qualcuno lì fuori, in quel mondo marcio, che meritava di un giardino pieno di vita. Tutte queste cose non cambieranno mai per tutti noi. All’angolo del vetro faceva capolino il disegno del promontorio, firmato Logan Harrison. Mi asciugai le lacrime con la manica del cardigan e diedi un’ultima occhiata intorno, al vaso di peonie che cresceva magicamente vicino la finestra. Nessun fiore si sarebbe più spezzato.

“Farò in modo che ci sia ancora un domani, Logan.” Sussurrai a me stessa e, mordicchiandomi le labbra, uscii dalla stanza, ritornando al mondo freddo e vuoto che dovevo cambiare. *
  
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