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Autore: shaula    31/08/2012    1 recensioni
Dieci e dieci.
Con il mozzicone ormai spento in una mano e il cellulare nell'altra, con una giornata pesante sulle spalle e con un'irrefrenabile, quasi imprescindibile voglia di farla scivolare via.
So cosa devo fare.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si torna al lavoro. 

Le colleghe strippano, le cose non si trovano, già dall'ingresso sono colpita dalla vaga sensazione che in un mese la scuola si sia trasformata, invecchiata, e che la mia sezione non sia più mia. Un sospiro, mentre ad occhi chiusi mi sembra quasi di sentirli già i bambini che tra due settimane torneranno qui, a farmi urlare per un soffio di silenzio.

Poi per fortuna arriva un abbraccio, un bacio, un sorriso, un "come sono andate le vacanze? ma dai, Barcellona?" e si riparte.

Mi rimbocco le maniche e inizio a riaprire gli scatoloni, a sistemare il materiale, con la collega che "Se dipingiamo quattro grandi alberi alle finestre per le stagioni?". E per fortuna si ride, si scherza, ci si dimentica persino del pranzo al sacco, un panino e due pomodori per fare sera senza perdere tempo. E nelle nostre teste e parole, i bambini tornano ad essere i nostri cuccioli, i nostri piccoli che ogni anno sono meno piccoli.

Alla fine però torno a casa, da sola. E quando il panino finisce la mia mano rapida corre al pacchetto in fondo alla borsa. Lo so che lui non vuole, ma lui non c'è e questa è la settimana nera, quella in cui lui è a casa quando io sono a scuola, e se ne va al lavoro dieci minuti dopo il mio ritorno. Un bacio, un appunto, a volte un post-it attaccato al frigo. Oggi neppure quello, ho ritardato un minuto di troppo. Oggi è un'altra sera nera, nel cuore, nella mente e nel cielo, dove le stelle si lasciano sconfiggere da un velo di nubi. Ed è caldo. Una gatta che si struscia sulla gamba mi risveglia dal torpore dei miei vaneggiamenti e deliri. Il mio delirio da adulta angosciata.

 CONCORSO


Perchè sono una precaria tra le tante, una che a parole si è arresa all'evidenza della vita, ma che in fondo al cuore, rigorosamente in silenzio, spera ancora di non arrivare alla pensione facendo la supplente. Ah, già, quale pensione? Lacrime e cenere senza neppure che me ne accorga, eppure sono già le dieci e ho rimasto solo un mozzicone spento nella sinistra, e il cellulare nell'altra mano. Non so quando l'ho preso in mano. Ma so cosa fare. So chi chiamare, come tu sai chi cercare quando i tuoi anni ti sembrano troppi da affrontare.

Non è una questione di sangue: E non li sento gli otto anni che ci dividono.
Io chiamo te quando devo staccare, dimenticare che sono grande, che gli anni passano, il lavoro logora, e le amiche da quando sono madri non parlano mai d'altro che dei loro figli, e non esiste nient'altro e non si può parlare d'altro. E tu chiami me se devi sfogarti, chiedere consiglio per capire le donne "perfette e maledette" o darti una prospettiva da fuori "perchè da fuori certe cose si vedono meglio". O magari solo per passare qualche ora a dire cazzate, a fingere di non pensare a lei, bella come il sole, dolce come miele, ma che sa di te e del tuo amore, eppure passa da un ragazzo ad un altro senza considerarti mai neppure di striscio. Potrei dirle che è una cretina perché si sta perdendo un ragazzo fantastico. Ma sono di parte, il mio giudizio non vale perchè ti voglio un gran bene. Allora dico a te che sei cretino e che devi trovartene un'altra. Lo so che non è facile, lo so che il cuore non si muove a comando. Ma vorrei vederti felice come io lo sono con lui. Te lo meriti. Una volta mi hai detto che lo invidi, che è un uomo fortunato, e che speri un giorno di trovare una matta come me con cui condividere il resto della vita. Avevi solo diciotto anni, e quella mattina eri stato il suo testimone.
Volevo ringraziarti per quelle parole, per stasera, per ogni volta, e volevo dirti che, anche se da qual giorno devo chiamarti ufficialmente "cognato", già da prima, e per sempre, tu sei mio "fratello".








Serata nera fino alla nostra chiacchierata al telefono. 
Adesso i problemi restano, ma il cuore è più leggero. Grazie Roby.



 

Lo so che il tempo corre frenetico, che è da una vita che non mi faccio sentire se non per leggere di sfuggita e di nascosto qualche storia, che non recensisco, che non rispondo ai messaggi, che non controllo se qualcuno ha letto qualcosa dei miei deliri passati (e di tutto questo me ne scuso), ma stasera le parole hanno preteso una spazio vitale nella mia mente e nella rete. E stasera le ho lasciate vincere.

D.







  
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