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Autore: Scar    15/03/2007    13 recensioni
Mi sono ispirata al capitolo ventiquattro del Principe Mezzo-sangue, intitolato Sectum Sempra, ma invertendo le parti. Harry Potter non lancia il suo Sectum Sempra e Draco Malfoy ha la meglio con la sua maledizione Cruciatus, ma senza gli stessi effetti devastanti. Quali saranno i pensieri del Serpeverde di fronte al proprio gesto?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cominciai a scrivere questa one shot subito dopo 'Nella caverna' nel tentativo di cimentarmi in qualcosa di diverso. Avevo un primo pezzo abbandonato da qualche parte nei documenti, quando ho visto che Lisachan aveva indetto un concorso proprio sulle shounen-ai e shoujo-ai. Così mi sono buttata a pesce (bendato) e ho colto l'occasione per finire la fiction. Ancora non posso credere che sia arrivata quinta, perché, sinceramente, non credevo che sarebbe stata presa in considerazione.

CRUCIO


Tu ucciderai Albus Silente!

Nel medesimo istante, un moto d’orgoglio aveva solleticato il mio cuore. Troppo presto avrei compreso, che in quelle tre parole, si celava un’altra condanna. La mia.
Cosa mi restava da fare, se non piangere?
Femmina, fantasma, mezzosangue… indiscutibilmente illibata.
Categorie che avevo sempre considerato alla stregua di elfi domestici, se non meno.
Eppure...solo lei aveva accolto le mie ansie, le mie lacrime. A lei sola avevo permesso di avvicinarmi, a tal punto da offrirmi quel conforto che nessun altro avrebbe saputo darmi. Nessuno. Ma Salazar sa quanto ne avessi bisogno…molto più del sole, del Quidditch, delle carezze di Pansy.
Entrare in quel cesso desolatamente e perennemente allagato, parlare con lei, anche solo avvertire la sua grigia presenza al mio fianco, mi erano diventati indispensabili, ancor più che sentirmi sempre, ovunque e sopra tutti rigorosamente Malfoy.
Aiutarmi?Semplicemente ridicolo!
No, nessuno poteva. Tanto meno l’individuo che mi spiava sulla porta, inspiegabilmente aperta.
Era lì alle mie spalle, a fissarmi, quando non ne avrebbe avuto il diritto.
Era lì l’ultima persona che avrebbe dovuto vedermi in lacrime.
Fu così che la rabbia mi soffiò dentro come fuoco, incendiandomi. Una rabbia che non era l’odio ozioso e indolente con cui ero stato nutrito nell’austerità della mia casa, ma qualcosa di nuovo e insolito che fremeva nell’aria e allo stesso tempo mi pizzicava sotto la pelle, pronto ad erompere alla prima scintilla.
E allora, prima che l’attimo di stupore potesse bloccare ogni movimento, la mia mano andò a serrarsi intorno alla bacchetta e la mia gola soffiò un sortilegio innocuo, di quelli che fanno tanta scena quanto fragore; e io già me lo figuravo impaurito che si dava alla fuga per i corridoi, strepitando con disprezzo il mio nome. Ma lui non era il tipo che voltava la schiena ad una provocazione, avrei dovuto rammentarlo. Così, dopo che un paio d’incantesimi mi avevano strinato i capelli e assordato le orecchie, la mia Cruciatus lo colpì in pieno, piegandolo in due.

Non fingere…non può far tanto male. Sono più fiacco di te ora…

No, non fingeva affatto. Il sangue prese a schizzargli dal naso, frantumato dalla violenza di un pugno invisibile.
Era forse quello il suo punto debole?
Il mio lo conosco bene.
Vuoi sapere qual è? Meglio di no. Potresti montarti la testa e non dormirci più la notte…
Non c’era neppure più rabbia dentro me, ma sicuramente qualcos’altro di altrettanto accecante aveva preso il suo posto.
Ebbene, sì. Avere Potter alla mia mercé in quei momenti mi stava regalando una sorta di vorace eccitamento, una cruda emozione, sospesa tra il desiderio di vederlo morto e la voglia di affondare i denti nella sua carne.
La mia missione, i miei fallimenti, la mia inquietudine, tutto si era avvolto in un vortice furioso che spazzava via ogni traccia di coerenza. E fu proprio in quegli attimi di follia che i miei occhi caddero sul suo volto sudicio di sangue, sulle labbra livide e, per finire, sulle mani irrigidite che raspavano il petto come se volesse frugarci dentro e scacciare la cosa che lo stava divorando. Soltanto allora, una scossa di ragionevolezza attraversò la mia mente stordita.
Lasciai cadere la bacchetta e corsi verso di lui, inginocchiandomi sul pavimento bagnato e costellato di gocce di sangue. Cercai di sorreggerlo prima che si abbattesse privo di sensi. Pensai che avesse talmente gridato da non aver più fiato nei polmoni e che perciò si fosse afflosciato, lì davanti a me, come un sacco vuoto. In ogni caso, qualcosa di incredibilmente doloroso aveva rimpiazzato la mia eccitazione.

Io…io non volevo, Potter. Mi senti? Non volevo!

Avrei dovuto fare qualcosa, ma vederlo ridotto in quello stato, consapevole che la mia maledizione fosse andata a segno per la prima volta e senza che me ne fossi reso conto, non mi era d’aiuto nelle mie valutazioni. A malapena badai agli ululati di Mirtilla Malcontenta e di come l’avessi mandata al diavolo, o di come si fosse dileguata indispettita dentro una tubatura. Restai lì, incapace di emettere un sospiro, fradicio, emotivamente spossato e praticamente solo; tra le mani il lavoro più ingrato e un’impresa a dir poco irrealizzabile.
Dovevo aiutarlo.
Deglutii rumorosamente, mentre decine e decine d’immagini di tentativi falliti mi annebbiavano la vista. Potevo essere visto da qualcuno, fermato, interrogato, affatturato… fatto a pezzi dalla sua schiera interminabile di adoratori.
No. La scelta migliore era lasciarlo dov’era e sparire prima che rinvenisse.

Magari, non era niente di serio.
Magari, pochi minuti e avrebbe riaperto gli occhi.
Magari, non avrebbe più ricordato da cosa o da chi fosse stato colpito.
Magari, no.
Il panico.

Ehi, Potter! Mi senti? Non farti pregare. Svegliati!

L'urlo della mia disperazione si strozzò in un sussurro, e fu quasi per caso che mi ritrovai con le labbra attaccate al suo orecchio, a supplicarlo.
Ci riprovai. Una seconda, una terza, una quarta…per Merlino, troppe volte. Lui se la dormiva alla grossa e io ormai avevo il suo odore sparso nelle narici…

Il suo odore...

Senza riflettere, mi chinai fino all’altezza della sua clavicola; con il naso schiacciato contro la curva del suo collo mi trovai a fiutare come un cane l’osso, solo che attaccato al mio osso c’era più che qualche lembo di carne. Erano vene palpitanti, pelle calda e, ovviamente, il suo odore: un marchio animale, mascherato dietro la vaga fragranza di una saponetta per bambini e una marca scadente di colonia.
Perfetto!
Avevo di che restare insonne per quella notte e per le altre ancora successive. Non era già sufficiente il Signore Oscuro?
Qualcosa mi afferrò lo stomaco e la realtà mi precipitò addosso come piombo. Presi un profondo respiro, poi un altro, cercando di ricacciare indietro l’umido che si affacciava nuovamente dietro i miei occhi, sforzandomi di ignorare il mio battito che pulsava beffardo sotto la pelle. Provai a respirare più lentamente. Nulla da fare.
Allora lo strinsi a me, stringendomi a mia volta contro di lui: la sola ragione per cui tutto era diventato terribilmente complicato nella mia vita, anche respirare.

Fanculo, Potter! Ti odio… e non sai quanto…
E odio anche il tuo odore…


Serravo le sue spalle; le dita avide come artigli,ancora insoddisfatte.
Mirtilla mi aveva regalato la proiezione di un conforto, ma il calore di quel corpo così aderente al mio mi offriva qualcosa di più concreto, tristemente dolce, e poi… e poi era una vita che contemplavo quell’insano gesto, assieme alla voglia esaltante di spaccargli la faccia.
Ricominciai a singhiozzare, quasi senza accorgermene, stringendolo con rinnovata energia, cullandolo, o forse cullavo me stesso. Probabilmente.
Ero talmente assorto in quell’abbraccio, così perso nel suo odore, da non accorgermi che qualcosa aveva cominciato a prendere vita contro il mio petto: un alito più caldo, una pulsazione più rapida, un impercettibile sussulto.
Si voltò, e i suoi occhi s’iniettarono nei miei, freddi e taglienti come schegge di vetro.
Ci fissammo per qualche istante e, ad un tratto, non mi parve più tanto importante che mi vedesse piangere per la seconda volta. Accennai anche un sorriso, nell’attesa di chissà cosa.
Invece, lui si divincolò bruscamente e si allontanò, strisciando sul pavimento; con uno sguardo che vagò nell’arco di un istante dallo stupore al disgusto, si portò in piedi, vacillando, e le mie braccia ricaddero sulle ginocchia, sconfitte.
Avrei voluto che mi parlasse, che mi facesse qualcosa, qualunque cosa. Invece, niente. Non mi degnò di un'altra occhiata, nemmeno di una di quelle più cattive. Mi lasciò solo, questa volta definitivamente, inginocchiato ancora su un torbido miscuglio d’acqua, fiori sanguigni e lacrime.

E adesso...
adesso il respiro è come una fredda lama che squarcia il petto, mentre mi lancio disperato tra i corridoi che fatico a riconoscere. Tutto è così tetro e confuso.
Davanti a me, ombre incappucciate strepitano tra trionfo e sgomento, nebbia e puzzo di sangue; le seguo, anche se finirò per perdermi, perché tanto… dentro mi sono già perso da tempo.
Fuggo dai luoghi e dalle persone che amo e, contrariamente a tutto quello che ho sempre affermato, era lì la mia vera casa, lì l’ultima speranza.
E' accaduto. Alla fine, Silente è morto, e il suo carnefice è la più scura tra quelle ombre. Lui non esulta. Lo sento solo ansimare, mentre arranco nella sua scia.
Mi allontano per sempre dai luoghi e le persone che amo e contrariamente a tutto quello che ho sempre affermato era lì la mia vera casa, lì l’ultima speranza.
E' accaduto. Alla fine Silente è morto e lui è la più scura tra quelle ombre. Non esulta. Lo sento solo ansimare, mentre arranco nella sua scia.

Corri, Draco… corri!

E anche se in realtà dovrei temerlo, è il solo di cui possa fidarmi.
Mi odierai per questo, lo sento. Come mi odierai per tutta la rabbia e il dolore che scaveranno un antro cupo e freddo nel tuo petto; giorno dopo giorno, avveleneranno il respiro e ogni tua parola.
So bene che non esiste perdono da parte tua per le mie colpe, per quello che sono, quello che sento, per tutte le lacrime che affliggono i tuoi occhi incessantemente e che, proprio per questo, sanno graffiarmi a sangue, fin dentro la mia anima perduta.
Ho paura.
Forse non rivedrò l’alba, al termine di questa lunga e tormentata notte, ma se accadrà…che Dio mi aiuti!
Perché il mio domani sarà un fardello di scelte sbagliate che avranno l’odore acre del sangue e il gusto amaro della sofferenza.
Ho paura.
E non mi resta che il pensiero di te custodito in fondo ai miei sogni, a darmi l’illusione di non essermi perso del tutto.
Magari, saranno proprio queste immagini dolci e dolenti a darmi il coraggio, un giorno, di fare la cosa giusta.
  
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