La
storia è stata scritta per il 12 mesi di FF
Il
prompt di settembre è:
"Non
ho voglia di pensare al futuro. Non potremmo semplicemente goderci il
presente?"
Personaggi:
Draco Malfoy, nuovo personaggio
Rating:
verde
Genere:
commedia
Introduzione: Draco Malfoy non ha voglia di pensare. Dopo tutto quello che gli è successo negli ultimi due anni, tutto quello che vuole è dimenticare per una sera i problemi, le responsabilità, anche la propria identità. Per questo si rifugia nel più impensabile dei posti, un pub Babbano... Un incontro inaspettato getterà nuova luce su una serata da dimenticare...
Colpa del whisky
Sarà
colpa del whisky o sarà colpa del caffè
ma
non mi ricordo più di te
Sarà
che questa sera fa un freddo micidiale
sarà
che non ho neanche voglia di parlare
Londra, autunno 1997
Ancora
non riesco a capacitarmi di avere scelto come scenario della mia
fuga, tra i mille luoghi esistenti al mondo, proprio questo.
Se
qualcuno mi vedesse, prima resterebbe basito, poi forse riderebbe di
me.
Non
avrei la forza per accennare una reazione, probabilmente lo lascerei
fare.
La
situazione risulta comica persino per me, se mi sforzo di vederla
dall'esterno...
Draco
Malfoy, purosangue, discendente di una famiglia impeccabile, seduto
sullo sgabello malridotto di un pub polveroso. Un pub Babbano.
Mi
sfugge un fugace sorrisino, mentre stringo il bicchiere dozzinale di
vetro spesso tra le mani. Sono fuori luogo tra queste pareti, come
forse non lo sono mai stato prima.
Con
i miei abiti firmati, le scarpe lucide. Le mani curate e i capelli
perfettamente in piega.
Stono
terribilmente contro questa tappezzeria consumata dal tempo e dal
fumo.
Oppure
no.
Se
qualcuno incrociasse il mio sguardo, oltre a squadrare il mio
abbigliamento, potrebbe cambiare parere. Non sono poi così
diverso
dai pochi altri avventori, uomini stanchi, relitti umani.
Ho
gli occhi grigi cerchiati di nero. La pelle di un pallore giallastro
malsano.
Alzo
la testa e riesco a intravedere il mio viso nel riflesso di una
specie di specchio appeso dietro il bancone.
Non
ho bisogno di conferme, comunque, so di non essere all'apice del mio
splendore.
Sono
notti che non dormo come si deve, giorni che non mangio un pasto
decente.
Le
responsabilità, i problemi, mi gravano sulle spalle, e in
certi
momenti credo di non essere abbastanza forte per farmi carico di
tutto.
** * ** * ** * ** * ** * ** * ** * ** * **
La
guerra è finita, il Signore Oscuro è stato
sconfitto – in modo
definitivo, stavolta, almeno così dicono.
I
Buoni festeggiano e si leccano le ferite.
A
noi Malvagi è concessa solo la seconda delle due
attività.
Non
ho niente da festeggiare, io. Al momento il futuro mi sembra terreo,
imperscrutabile, foriero solo di brutte notizie.
Mio
padre è rinchiuso ad Azkaban. L'avvocato dice che le
possibilità di
assoluzione, al processo, sono buone.
“Pressione
psicologica, terrore, minacce di morte. Ci sono attenuanti in
quantità, signor Malfoy, non si preoccupi.”
Per
me queste non sono altro che parole. Non ho mio padre su cui fare
affidamento, adesso. Conta solo questo.
Mia
madre è solo un pallido spettro della donna che era. Cerca
di
fingere una serenità che non prova, cerca di farlo per me.
La recita
non le riesce.
È
pallida e delicata come un fantasma, tanto che certi giorni temo che
basterà un soffio di vento più forte degli altri
a portarla via.
“Mr.
Dabledy dice che tuo padre potrebbe uscire presto”,
mi ripete
dopo ogni incontro con l'avvocato.
Non
so se almeno lei creda a queste promesse dette più per
contratto che per reale convinzione.
Per
me sono solo parole.
Non
ho mia madre su cui fare affidamento, adesso. Conta solo questo.
Sono
solo, completamente solo. E devo pensare a tutto.
Il
patrimonio di famiglia è sotto sequestro, al momento. Ci
è stato
permesso di tenere la Manor, ma non possiamo toccare il denaro nei
nostri conti.
Anche
su questo punto Dabledy è ottimista, ma lui non deve fare i
conti
quotidianamente con i creditori e gli avvoltoi.
Cerco
di tenere duro, di non mostrare debolezza. Tengo la testa alta come
un vero Malfoy, rispondo sprezzante a chi mi fa domande sulla nostra
situazione. Recito tutto il giorno, tutti i giorni. Ma lo sforzo, la
stanchezza iniziano a pesarmi addosso.
Mi
guardo allo specchio e sono di nuovo l'ombra di me stesso. Un
ragazzino sopraffatto dalle responsabilità e dai problemi,
come al
6° anno.
Ma
allora avevo amici su cui fare affidamento, e una famiglia alle
spalle. Mai avrei chiesto il loro aiuto, mai li avrei coinvolti nei
mie drammi, eppure sapevo che erano lì per me.
Che
ci sarebbero stati, se io avessi deciso di rompere gli indugi,
superare l'orgoglio, e chiedere.
Adesso
sono solo. Davvero.
Ognuno
è preso con la propria vita, con i propri guai.
Non
c'è più tempo per pensare agli altri.
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
La
tensione si è fatta via via più forte. Tante cose
da tenere in
equilibrio, solo due mani e due spalle nemmeno troppo prestanti per
cercare di farlo.
Quando
stasera sono rientrato alla Manor e ho sorpreso mia madre a osservare
con sguardo vuoto e spento una foto di alcuni anni fa che ritrae la
nostra famiglia... non ce l'ho fatta più.
Sono
uscito dalla porta da cui ero appena arrivato e ho deciso di staccare
la spina per una sera.
E
ora eccomi qui.
In
un malconcio pub Babbano, pronto a scolarmi il quinto – o era
il
sesto? Non credo di ricordarmelo con esattezza – bicchiere di
whisky.
I
problemi si sono fatti via via più piccoli, risucchiati dal
liquido
ambrato e forte.
Sto
per buttare giù il liquore, quando qualcuno mi ferma il
braccio.
“Direi
che per stasera può bastare così.” Una
voce femminile mi coglie
alle spalle.
“Direi
che non sono affari tuoi”, rispondo con fare impastato, e
quasi
stento a riconoscermi.
“Che
gentleman”, ribatte prontamente la voce. “Vedendo
la mise avevo
pensato di avere davanti un tipo diverso dal solito e invece... il
solito ubriacone.”
L'ironia
delle parole mi incuriosisce, tanto che finalmente mi volto nella
direzione da cui provengono.
Accanto
a me c'è una ragazza.
Una
ragazza molto carina.
Queste
sono le uniche informazioni che, d'impatto, la mia mente traballante
riesce a registrare.
Metto
a fuoco lo sguardo per vedere meglio.
Capelli
rosso scuro, legati dietro la testa. Ciocche ribelli che sfuggono.
Occhi azzurri. Pelle chiara, con delle simpatiche lentiggini sul
naso.
“Soddisfatto?”
Corrugo
la fronte, senza capire a cosa si riferisca.
“L'esame
scrupoloso a cui mi hai appena sottoposto.” Mi fa il favore
di
spiegare lei.
Sento
il calore salirmi sulle guance, e imporporarle leggermente.
Lei
non se lo lascia sfuggire.
“Sei
umano, allora. Visto il colorito cereo iniziavo ad avere qualche
dubbio...”.
Mugugno
qualcosa e torno a concentrarmi sul bancone e sul mio bicchiere
ancora intatto.
“Ancora
convinto di berlo, quello? Posso portarti un ottimo analcolico, in
alternativa.”
La
voce, che adesso ha anche un corpo abbinato, non molla.
La
ignoro, ma lei non si muove. Sento i suoi occhi addosso.
Dopo
un paio di minuti, sono io il primo a cedere.
“Non
hai niente di meglio da fare che importunare la gente?”
“Come
puoi vedere, tu sei il solo avventore del pub, quindi... direi di
no.”
Torno
a guardarla e noto il grembiule bianco che porta intorno ai fianchi.
“Lavori
qui?”
“Ci
sei arrivato, genio.”
Certo
che ha una bella lingua lunga, la cameriera.
Mi
chiudo di nuovo nel mio silenzio.
Questa
volta è lei a spezzarlo. “Scusami, non dovrei
essere così
pungente.”
Silenzio.
“Io
sono Andy, comunque.”
“Dr...
Harry.”
“Non
hai proprio la faccia da Harry, sai?”
“Perché
che faccio ho?”
“Quella
di qualcuno che cerca di annegare i suoi problemi nell'alcool.
Fidati, ne ho visti tanti provarci, e nessuno ha avuto grande
successo.”
Scuoto
le spalle.
So
che ha ragione, ma questa è la mia serata di
libertà e non lascerò
certo che una cameriera impicciona me la rovini.
“Da
cosa di preciso stai cercando di scappare?”
“Direi
che non sono affari tuoi.” La mia risposta secca.
“Deve
essere qualcosa di grosso, se un ragazzo che sembra avere tutto si
riduce a tanto.”
La
sua affermazione mi fa riflettere.
Non
posso certo dirle cosa mi affligge – è una
sconosciuta, una
Babbana per giunta.
Tra
l'altro non saprei nemmeno da che parte cominciare...
Mio
padre è in prigione, mia madre è uno spettro, tra
poco sarò
costretto a impegnare la casa per pagare da mangiare.
E
l'elenco potrebbe continuare.
La
ragazza che fa la cameriera mi incalza.
“Ok,
niente domande sul passato. Cosa vedi nel tuo futuro?”
Cos'è,
una psicologa? Una consulente scolastica?
“Non
ho voglia nemmeno di pensare al futuro”, ribatto
laconico. “Non
potremmo semplicemente goderci il presente?” Il
mio tono è
ironico, mentre prendo in mano il bicchiere e lo inclino verso di lei
in un muto brindisi.
“Simpatico”,
ribatte.
Porto
il vetro alle labbra, ma invece di buttare giù il contenuto
in un
sorso, lo assaggio appena e poi lo poso di nuovo sul bancone.
Devo
ammettere che questo incontro inaspettato mi ha incuriosito e
distratto.
“Hai
qualche idea migliore?” la provoco.
Lei
aggrotta la fronte. È il suo turno di restare perplessa.
“Sì,
per godersi il presente in modo più proficuo.”
Il
mio ghigno si allarga quando sono le sue gote, questa volta, a
tingersi di un bel rosso vivo.
Appena
si accorge del mio divertimento mi tira contro lo straccio che teneva
alla vita e mi sibila uno: “Stronzo”.
“Una
vera lady”, ribatto io.
Lei
mi guarda per qualche secondo, poi scoppia a ridere.
E
io con lei.
“Touche”,
dice alla fine, quando ci siamo ricomposti entrambi. “Cosa ne
dici,
ora, di quell'analcolico?”
Faccio
segno di sì con la testa, e la osservo mentre lascia il mio
fianco e
si sposta dall'altra parte del bancone.
La
mia prima impressione trova conferma, ora che la mia testa si
è
leggermente alleggerita e le idee sono più chiare. Fisico
snello,
proporzionato. Anche se non è altissima le gambe sono belle.
Una
ragazza molto
carina.
Continuo
a guardarla mentre armeggia per un po' con le bottiglie e i cartoni
di succo di frutta.
“Cosa
ci fa un ragazzo di classe come te, qui? Almeno questo posso
saperlo?”
Alzo
le spalle. “Passavo di qui per caso.”
“Che
non sei di queste parti l'avevo capito. Non ti avevo mai visto
prima.”
“Lavori
qui da tanto?” è il mio turno di essere curioso.
“Qualche
mese. Il posto non è male come sembra, e in ogni caso i
soldi mi
servono.”
Anticipa
un paio delle mie domande con questa unica risposta concisa.
“Dimmi
come ti sembra”, mi dice passandomi un bicchiere allungato,
pieno
fino all'orlo di un liquido color rosso intenso.
Si
abbina con i suoi capelli e le sue lentiggini.
Sorrido
impercettibilmente, senza volere, a questo pensiero.
“Perché
ridi?” Certo che non le sfugge proprio niente.
Evito
di rispondere bevendo un sorso del mio drink.
È
buono. Il gusto è dolce, ma non troppo. Un mix perfetto tra
sapori
diversi. Arancio, credo, e anche pesca... poi non saprei.
“Arancio
e pesca?” chiedo per avere conferma.
Annuisce,
bevendo dal proprio bicchiere.
“E
qualcos'altro che non riesco a riconoscere...”.
“Frutto
della passione”, mi sorride allegramente, “sai, per
festeggiare
degnamente il nostro incontro.”
Le
sorrido di rimando e mimo un brindisi, toccando appena il vetro con
il vetro.
Poi
restiamo in silenzio per un po'.
È
strano. Per la prima volta da molto, molto tempo mi sento bene.
Sono
riuscito a mettere da parte per un'ora i brutti pensieri, e non ho
avuto bisogno di perdere conoscenza per farlo. Una piacevole
novità.
Potrei
prendere in considerazione l'idea di vederla ancora... è una
Babbana, senza dubbio.
Ma
questo ha molta importanza adesso? Conta più del fatto che
è
riuscita a farmi ridere di nuovo? Ad allentare la morsa che mi
attanaglia lo stomaco da settimane? Potrebbe addirittura piacermi...
“Dovrei
chiudere.” La sua voce mi strappa ai miei pensieri.
“Me
ne vado subito”, le rispondo precipitosamente. Provo la
sensazione
di essere stato colto in fallo. Non voglio certo essere un impiccio.
“Potrei
dirti che sarei felice di rivederti”, mi blocca lei quando
già
sono con un piede sulla porta, “se non avessi paura di
passare per
la solita ragazzina illusa.”
Mi
volto con un mezzo sorriso sulla bocca.
“Potrei
risponderti che ti incontrerò ovunque tu voglia, se non
temessi di
passare per il ragazzo che ci prova in modo spudorato.”
Sorride
anche lei.
“Domani,
qui, alla solita ora?”
“Non
interferirò con la tua promettente carriera
lavorativa?” la
provoco io.
“Penso
di riuscire a gestirla.”
“A
domani allora.”
“A
domani, Harry che non sembra affatto un Harry.”
*** * *** * *** * *** * *** * *** * *** * *** * ***
Esco
dal locale ancora sorridendo, ed è sempre col sorriso sulle
labbra
che mi materializzo, pochi attimi dopo, fuori dai cancelli della
Manor.
Vedere
quella che potrebbe non essere più la mia casa tra poco
tempo mi
provoca una fitta allo stomaco, ma arriva in mio soccorso il viso
allegro e lentigginoso di quella strana ragazza.
Il
panico passa, il respiro si regolarizza.
I
problemi sono ancora qui che mi aspettano. Non è cambiato
niente.
Eppure mi sento stranamente fiducioso, stranamente bene.
Per
questo penso proprio che tornerò di nuovo da lei, domani.
Una
cura molto migliore di una sbornia, no?!
7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'
NdA
Ci avviciniamo alla fine di questa avventura del 12 mesi. Ho voluto, in dirittura d'arrivo, tornare a parlare di qualcuno che amo in modo particolare, e dipingerlo proprio come lo amo (che sia o meno aderente all'IC): combattuto, esaurito, sempre ironico. Me lo figuro con gli occhi della mente, seduto a quel bancone, con il bicchiere pieno tra le mani... le occhiaie e troppi pensieri per la testa.
Il titolo e la citazione iniziale sono presi dalla canzone Colpa del whisky, di Vasco Rossi.
Il personaggio di Andy, così come quello dell'avvocato Dabledy, sono una mia invenzione.
Avrete notato il fatto che, volendo evitare di rivelare la propria identità, Draco dica Harry come primo nome che gli viene in mente. Non ho saputo resistere a inserire questa battuta. La si può vedere in molti modi. Un accennino, ino, ino di slash, oppure una deformazione professionale di Draco (tanto tempo ha passato a odiare Potter, che ora gli torna alla mente nei momenti più disparati).