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Autore: Sylphs    31/08/2012    10 recensioni
Un omaggio alla mia coppia preferita in Hunger Games, Cato e Clove. La morte di Clove vista attraverso gli occhi di Cato, il suo "risveglio", il momento in cui la macchina di morte del Distretto 2 cessa di esistere e torna il ragazzo, un ragazzo che può soffrire e amare.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cato, Clove
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’ultimo lamento
 

 
 
 
 
 
“Cato!” il grido di Clove squarcia l’aria, rimbomba per un attimo in tutta la radura e riecheggia nella foresta bagnata ormai dal sangue di quasi tutti i Tributi. La macchina di morte del Distretto 2 ha placcato la ragazza dal viso volpino del 5, interrompendo la sua corsa e gettandola brutalmente nel fango e nell’erba secca e sporca, e l’ha immobilizzata a terra con ridicola facilità, piazzando la punta della lancia ad un nulla dalla sua giugulare. La sua vittima si divincola terrorizzata nella sua presa d’acciaio, i capelli rossi sparsi a raggiera intorno al capo e gli occhi sbarrati nel viso livido, credeva di fare la furba, credeva di fregarlo nascondendosi nella Cornucopia e arraffando il suo premio prima di tutti loro, ma lui è il Favorito e nessuno può resistergli, neppure lei. È nato e cresciuto solo per vincere gli Hunger Games e non si farà portar via il suo unico scopo di vita, l’unica ragione per cui sta al mondo.
La determinazione degli altri Tributi nel non arrendersi alla morte lo infastidisce ogni volta. Non ne ha mai incontrato uno che accettasse a capo chino la sconfitta, tutti hanno provato a scappare, difendersi, pur sapendo di non avere speranze. La ragazza del 5 geme e si dibatte, quasi non capisca che il corpo alto e robusto della macchina di morte non cederà mai alle sue resistenze. E lui sorride pensando all’attimo in cui il suo sangue macchierà la lancia e farà un ulteriore passo verso la vittoria, verso la fine, quando vivere o morire non farà alcuna differenza. Quando tutto sarà solo oscurità.
Ma in quel momento un urlo spacca l’aria, un grido di aiuto, un appello lanciato ad un essere umano: “Cato!”
E la macchina di morte si interrompe, di scatto, come se gli avessero staccato la spina, la mano salda e implacabile con cui tiene la lancia puntata alla gola di Faccia di Volpe trema e il suo viso impenetrabile e spietato si spacca, perde la sua invincibile maschera di sicurezza e cattiveria, torna ad essere il viso di un ragazzo di diciotto anni catapultato in una realtà più grande di lui, il viso di Cato. Un solo istante di smarrimento, un solo battito di palpebre, poi i pensieri tornano a scorrere, a farsi chiari.
Clove. La sua compagna. La sua alleata. La sua amica. In pericolo.
“Clove!” il nome gli sale alle labbra spontaneamente, esplode con furore e disperazione incontrollati. Dimentica la vittima che si dibatte tra le sue braccia, dimentica lo scopo che lo ha sostenuto in quei giorni, dimentica il biasimo che sicuramente comparirà sui volto dei suoi genitori quando, in diretta, lo guarderanno abbandonare una preda già presa e correre in soccorso di quella che giudicano semplicemente un’altra partecipante. Cessa di tenerla inchiodata a terra, si alza in piedi con un unico, agile movimento e si butta in avanti senza neanche riflettere, a testa bassa, la lancia in pugno, come un condottiero romano che si scaglia contro all’esercito nemico. La macchina di morte del Distretto 2 gli grida di tornare indietro, di finire quell’avversaria subdola e pericolosa, di compiere quello che è sempre stato il suo dovere, ma Cato riesce a pensare soltanto al viso magro di Clove, incorniciato dai capelli neri raccolti a coda, e al suo corpo minuto ed esile che si divincola inutilmente proprio come quello di Faccia di Volpe. Ed è un’immagine che non può sopportare, anche se l’ha veduta ormai innumerevoli volte, anche se è diventata quasi la normalità.
L’ha lasciata sola. Erano andati alla Cornucopia insieme, ma quando la ragazza del 5 gli era schizzata accanto con lo zaino in spalla la macchina di morte aveva reagito per Cato e si era separato dalla sua compagna, partendo all’inseguimento della nemica e gridandole frettolosamente: “Va alla Cornucopia!”  
Ed ora lei è in pericolo, e lo invoca, e Cato si sente straziare dalla disperazione che le legge nella voce, perché è colpa sua, solo colpa sua. In quei giorni l’ha data per scontata, ha concepito la sua presenza come un qualcosa di eterno e di sicuro e non si è mai preoccupato che potessero portargliela via, non ha mai approfittato del tempo concesso loro, non ha mai preso in considerazione l’ipotesi di perderla, preso com’era ad inseguire l’obiettivo che gli avevano martellato in testa fin dall’infanzia e a rincorrere una vittoria che, ora lo capisce perfettamente, senza di lei non avrebbe alcun senso. Clove ha marciato con lui, ha dormito con lui, ha ucciso con lui, si è rannicchiata accanto al fuoco con lui e non se n’è mai accorto fino in fondo, ha sprecato tutti quei momenti elaborando piani, giocando a fare il capo, vantandosi delle uccisioni che nel frattempo, in profondità, lo laceravano. E si odia, si odia per davvero, e capisce quanto lei sia importante per lui, quanto la ami solo ora che sta per perderla per sempre.
Proprio così, è innamorato di Clove. Ma fino ad adesso, aveva sempre giudicato l’amore un sentimento scomodo ed inutile per un Favorito, per colui che avrebbe vinto la settantaquattresima edizione degli Hunger Games. Supplica il nulla di poterla salvare, di rimediare al proprio errore, promette addirittura che rinuncerà alla vittoria, che cederà quel maledetto onore alla Ragazza in Fiamme, magari trascinando con sé nella sconfitta il suo innamorato, se gli sarà data la possibilità di godere davvero del tempo che gli resta accanto a Clove. Ma lei ha cessato di urlare, di invocare il suo aiuto, e scorge in lontananza una sagoma enorme e imponente allontanarsi con due zaini in spalla, una più esile arretrare a sua volta e, a terra, una figura supina, immobile.
No!
“Clove!” il suo è il grido di una bestia ferita, di un uomo addolorato. Corre come un invasato, divorando la distanza che lo separa dalla sua compagna a grandi falcate, il sudore gli scorre copioso sul viso, gli inumidisce i capelli biondi, i suoi muscoli si contraggono e mandano fitte e le sue gambe muscolose percuotono impazzite il terreno, pompando frenetiche. L’aria gli sibila in un flusso continuo e smorzato dalle labbra, la bocca è piena di saliva e gli occhi, per la prima volta, sono annebbiati e umidi, sono gli occhi di un essere umano.
Finalmente la raggiunge, finalmente può lasciarsi cadere in ginocchio vicino al suo corpo che sussulta negli ultimi spasmi dell’agonia, e non gli importa che suo padre possa vederlo e vergognarsi della sua debolezza, che perda, agli occhi del suo Distretto, la fama eterna e indissolubile di macchina di morte, del concorrente più spietato e implacabile del gioco. Gli importa solo della ragazza che mugola sempre più debolmente, quella ragazza bassa e agile, abilissima coi coltelli, i capelli corvini arruffati e gli occhi scuri colmi di una sofferenza atroce. Le grandi mani di Cato, che finora hanno solo ucciso, spezzato colli, lacerato carni innocenti, raccolgono l’alleata con una delicatezza assoluta, la appoggiano contro al suo petto che si abbassa e si alza ad un ritmo forsennato con il riguardo che si usa verso un oggetto prezioso. Non c’è sangue, e in un primo momento la speranza gli accende il viso, ma poi vede la rientranza nel cranio e la sua mente esperta, la sua mente forgiata unicamente per saper sopravvivere a quella carneficina gli dice con fredda logica: “È spacciata”.
Ma Cato non vuole ascoltarla, non vuole crederle, malgrado lo abbia aiutato fino a quel momento, per una volta desidera soltanto essere un ragazzo di diciotto anni fragile e inesperto, che non sa nulla degli Hunger Games. La Ragazza di Fuoco, la sua nemica più odiata, sta scappando, ma non la insegue. Sa, in ogni caso, che non può essere stata lei a ridurre Clove in quel modo. L’unico ad averne la facoltà è il gigante del Distretto 11, il solo a stargli alla pari per forza fisica, Thresh.
“Clove” la sua voce, sempre così salda e sicura, è spezzata da singhiozzi violenti, incontrollabili, lacrime finora mai versate gli scorrono sul volto e cadono leggere su quello cadaverico della compagna, dell’alleata, dell’amata: “Clove, ti prego, resta con me! Resisti! So che puoi farcela, Clove. So che ne sei in grado. Va tutto bene, Clove, resta con me”.
Ripete quelle suppliche in modo isterico e continuo, più che a lei sembra che parli a se stesso, e comunque Clove non può sentirlo, non può rispondergli, non può vedere le sue lacrime. Cessa pian piano di sussultare, la sua orrenda agonia giunge a termine e si abbandona mollemente al suo abbraccio disperato e folle, il viso si compone in un’espressione quasi serena, dopo la terribile smorfia di sofferenza di poco prima, e gli occhi scuri si volgono al cielo insopportabilmente azzurro, perdendosi tra le nuvole. Cato ha visto molti morti nel corso degli Hunger Games, la maggior parte dei quali ha smesso di vivere a causa sua, e sa riconoscere un cadavere, ma quando sente la ragazza afflosciarsi inerte contro al suo petto il cuore, appena risvegliatosi, dà uno strappo lancinante, una pulsazione sorda, e un grido senza forma umana squassa la foresta, risuona ovunque: “CLOVE, NO!”
Non può essere morta, non lei! Non può averla perduta, perché senza di lei, senza la sua presenza, perfino lo scopo che gli hanno inculcato perde ogni significato, e non sa più chi è, cosa deve fare, che senso abbia il sangue che gli macchia le mani.
Scrolla il corpo inerte di Clove, si china e la bacia freneticamente sulle guance, sul mento, sulle labbra ancora calde, e ripete inutilmente al vuoto: “No, Clove, resta con me, ti prego! Resta con me, puoi farcela, Clove!”
Glielo aveva gridato mentre fuggivano dagli Aghi Inseguitori, lui in testa e lei subito dietro, e la ragazza, pur terrorizzata e affannata, aveva annuito, fiduciosa, aveva accelerato il passo, non l’aveva lasciato. In seguito non ci aveva più fatto caso, ma ora rammenta di essersi spesso voltato indietro, per controllare che lei lo seguisse, che non si fosse fermata, che gli insetti assassini non l’avessero presa, e che anche allora aveva avvertito per la prima volta il terrore cieco di perderla. Ma poi la macchina di morte era tornata e aveva dimenticato ogni cosa, ogni emozione.
Non ha più senso vincere, rendere il suo Distretto orgoglioso di lui. È una gioia che solo una macchina priva di sentimenti può provare, ed ora che ha compreso di amare Clove, non può più rifugiarsi in essa. Si è illuso di essere un dio, un essere soprannaturale, ma  è solo un giovane essere umano, e gli esseri umani non possono vivere solo per le vittorie. Gli esseri umani soffrono. Gli esseri umani amano.
Si trascinerà avanti fino alla fine come una carcassa, concluderà quella follia, sarà di Capitol City fino in fondo. Persa Clove, nulla conta più. E alla fine arriverà la morte, benevola, cercata.
Si stringe al petto il corpo di colei che lo ha reso finalmente Cato e urla di nuovo, con tutte le forze, il suo ultimo grido umano.
 
Angolo autrice: questa piccola shot senza pretese è dedicata a Cato e a Clove, la mia coppia preferita in Hunger Games. Mi è dispiaciuto che nel libro non compariva l’ultimo discorso di Cato, quello pronunciato durante l’assalto degli Ibridi, perché mostrava appieno la sua disperazione, la sua mancanza di speranze, e penso che sia dovuta soprattutto alla perdita della compagna. Spero di non aver partorito un disastro e che mi farete sapere cosa ne pensate!
Un bacio,
Sylphs    
  
  
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